Contratti della P.A.: sull'ex art. 81, co. 3-bis codice dei contratti

NOTA

Con il parere in rassegna, l’AVCP si occupa dell’interpretazione dell’art. 81, co. 3-bis, D. Lgs. 12 aprile 2006 n. 163, vigente nel periodo settmbre-novembre 2011, prima dell’abrogazione disposta dall’art. 44, D.L. 6 dicembre 2011 n. 201, convertito, con modificazioni, nella L. 22 dicembre 2011 n. 214 (in questo sito).

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Alla SOGEI Spa

04/04/2012

REG 17/2012

OGGETTO:Richiesta di parere in ordine all’articolo 81, comma 3-bis del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163

In esito alla nota del 24 febbraio 2012, con la quale è stato chiesto un parere sull’aggiudicazione di alcune gare d’appalto, indette nel periodo settembre-novembre 2011, in vigenza dell’art. 81, comma 3-bis, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (di seguito Codice), introdotto dal decreto-legge 13 maggio 2011 n. 70, poi abrogato dall’art. 44 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazione dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, il Consiglio dell’Autorità, nell’adunanza del 4 aprile 2012, ha approvato le seguenti considerazioni.

In via preliminare, si fa presente che il bando di gara per l’aggiudicazione di un contratto costituisce la lex specialis della gara stessa che è insuscettibile di disapplicazione fino a quando le sue specifiche prescrizioni non vengano rimosse nelle forme di legge; da ciò discende che la stazione appaltante è tenuta ad applicare le clausole inserite nella lex specialis in modo rigoroso e incondizionato. Quindi, l’aggiudicazione delle gare deve avvenire secondo i criteri indicati nel bando a cui l’amministrazione si è autovincolata e ciò a garanzia del rispetto dei principi di imparzialità dell’azione amministrativa e di par condicio tra i concorrenti (cfr. sul punto Consiglio di Stato, sez. V, 4 marzo 2008, n. 874; Consiglio di Stato, sez. IV, 20 dicembre 2002 n. 7258; Consiglio di Stato, sez. IV, 5 aprile 2005, n. 1519).

Nello specifico, si osserva che il problema sollevato nel quesito proposto ruota intorno all’interpretazione della disposizione contenuta nel comma 3-bis dell’art. 81 del Codice, ora abrogato dall’art. 44 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.

Si tratta di una disposizione molto controversa su cui l’Autorità, stante la delicatezza del profilo e l’impatto sul mercato, ha predisposto il documento di consultazione “Prime indicazioni sui bandi tipo: tassatività delle cause di esclusione e costo del lavoro”, pubblicato sul proprio sito internet, ed ha effettuato un’audizione pubblica ed una consultazione on-line.

Il comma 3-bis dell’art. 81 del Codice, come evidenziato nel menzionato documento, poteva prestarsi a diverse interpretazioni. Secondo una prima ricostruzione, la stazione appaltante avrebbe dovuto indicare ex ante nel bando di gara l’importo del costo del lavoro. Di conseguenza, l’importo complessivo posto a base di gara doveva essere suddiviso in tre parti: una parte pari al costo del lavoro (tempo previsto per esecuzione del lavoro moltiplicato per i minimi salariali), una parte pari al costo della sicurezza ed una parte pari al costo dei materiali, dei noli a caldo e a freddo, delle attrezzature e delle spese generali, nonché all’utile delle imprese. Dal momento che sulle prime due parti la norma sembrava non consentire ribassi, ne derivava che il confronto concorrenziale si sarebbe svolto su una percentuale (molto ridotta per commesse ad alta intensità di lavoro) del costo complessivo. Tali ribassi non sarebbero stati verificabili in alcun modo, se non con riferimento al costo dei materiali, dei noli a caldo e a freddo, delle attrezzature e delle spese generali, nonché all’utile. Evidentemente, l’effetto concreto e finale che, in tal caso, si sarebbe determinato non appariva conforme all’obiettivo di contrasto al lavoro irregolare che si era prefisso il legislatore. Sul piano applicativo, la determinazione del costo del personale in fase di indizione dei bandi di gara poneva notevoli problemi operativi in relazione a talune tipologie di appalti: non tutti i lavori e le forniture sono riconducibili alla logica del servizio ad alta intensità di manodopera conoscibile ex ante dalle stazioni appaltanti.

Alla luce delle criticità sopra riassunte, l’Autorità si è orientata, nel citato documento di consultazione, per una differente ipotesi interpretativa secondo la quale l’aggiudicazione deve avvenire in favore della minore offerta complessiva, dopo aver verificato la congruità del costo del lavoro sulla base dei tempi e dei costi orari della manodopera (con il tassativo rispetto dei minimi salariali), indicati dal concorrente in sede di verifica. Questa conclusione trovava conferma nella stessa disposizione: affermare che l’offerta migliore (l’offerta aggiudicataria) è determinata al “netto delle spese relative al costo del personale valutato sulla base dei minimi salariali definiti dalla contrattazione collettiva nazionale di settore tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale” sembra significare semplicemente che le offerte dei concorrenti (ed in particolare quella del concorrente risultato aggiudicatario) non possono essere giustificate sulla base di un mancato rispetto dei livelli e dei minimi contrattuali del personale necessario, come del resto previsto dall’articolo 87, comma 3 del Codice, non modificato (in tal senso cfr. TAR Piemonte, sez. I, sentenza n. 1173, 04.11.2011, e TAR Lecce, sez. III, sentenza n. 140, 25.01.2012).

Inoltre, un’ulteriore conferma indiretta della correttezza dell’interpretazione dell’Autorità pare ravvisarsi anche nell’art. 44, comma 1, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 che effettua una ricognizione delle norme che regolano il rispetto della misura minima garantita dai contratti vigenti del costo del lavoro e delle misure di adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Pertanto il legislatore, al comma 2 dell’art. 44 del decreto-legge citato, ha provveduto ad abrogare il comma 3-bis dell’art. 81 del Codice ritenendolo non necessario, atteso che la salvaguardia dei minimi salariali e della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro veniva comunque assicurata da altre disposizioni cogenti.

Da quanto prospettato nel quesito, sembrerebbe che nei bandi di gara in questione non sia stata seguita la prima interpretazione della norma, in quanto il costo del lavoro (normalmente dato dai tempi di impiego della manodopera moltiplicato per i costi orari di questa) ed il costo della sicurezza non sono stati indicati nel bando ex ante dalla stazione appaltante, ma dovevano essere indicati dai concorrenti.

Il disciplinare prevedeva, poi, che in una busta a parte dovessero essere indicati “gli elementi che hanno portato alla definizione del costo del lavoro di ciascuna figura professionale impiegata nell’esecuzione del contratto nonché dei costi relativi alla sicurezza, indicati nella dichiarazione d’offerta, determinati in conformità alle disposizioni espressamente previste dall’articolo 81, comma 3 bis, del d.lgs. 163/2006”. Questa disposizione parrebbe indicare che SOGEI nel bando abbia seguito la seconda interpretazione prospettata dall’Autorità nel citato documento di consultazione, in quanto l’obbligo per tutti i concorrenti di documentare il costo del lavoro in sede di offerta non può che significare che l’offerta migliore vada identificata con quella di minor importo complessivo (come sostenuto dall’Autorità), sempre che, dalla verifica di congruità del costo del lavoro, questo risulti accettabile per tempi di impiego, per qualità professionale dei soggetti impegnati nella prestazione e per rispetto dei minimi salariali.

Avv. Giuseppe Busia