Diritto U.E.: sulle condizioni di ammissibilità di una normativa regionale che subordina l’insediamento di nuovi esercizi di ottica a criteri attinenti alla densità demografica e alla distanza tra detti esercizi

NOTA

L’Avv. Gen. U.E. NIILO JÄÄSKINEN rassegna alla Corte U.E. le seguenti conclusioni “L’articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che una normativa di diritto interno, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che prevede limitazioni attinenti alla densità demografica e alla distanza minima obbligatoria fra gli esercizi di ottica, costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento. Nelle circostanze come quelle del procedimento principale, tale restrizione non sembra essere giustificata dall’obiettivo di tutela della sanità pubblica, salvo che la normativa in questione non derivi da una politica coerente volta a garantire un approvvigionamento equilibrato delle cure sanitarie, circostanza che spetterà al giudice del rinvio verificare. Nel caso di specie, il requisito della distanza minima tra gli esercizi di ottica non può essere comunque giustificato alla luce del motivo imperativo di interesse generale di tutela della sanità pubblica.”

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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

NIILO JÄÄSKINEN

presentate il 30 gennaio 2013 (1)

Causa C‑539/11

Ottica New Line di Accardi Vincenzo

contro

Comune di Campobello di Mazara

(domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana)

«Attività di ottico – Libertà di stabilimento – Sanità pubblica – Articolo 49 TFUE – Normativa regionale che subordina ad autorizzazione l’apertura di nuovi esercizi di ottica – Limitazioni demografiche e geografiche– Giustificazione – Idoneità a raggiungere l’obiettivo perseguito – Proporzionalità»

1. Con la sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana chiede in sostanza alla Corte se il diritto dell’Unione osti ad una normativa regionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che subordina l’insediamento di nuovi esercizi di ottica a criteri attinenti alla densità demografica e alla distanza tra detti esercizi.

2. Le questioni pregiudiziali sono state sollevate nell’ambito di una controversia tra Ottica New Line di Accardi Vincenzo (in prosieguo: la «Ottica New Line») e il comune di Campobello di Mazara, avente ad oggetto una decisione con la quale quest’ultimo ha autorizzato Fotottica Media Vision di Luppino Natale Fabrizio e C. s.n.c. (in prosieguo: la «Fotottica») a esercitare in via permenente l’attività di ottico nel proprio territorio.

3. La presente causa si inserisce nel solco della giurisprudenza riguardante le misure nazionali che subordinano l’esercizio della libertà di stabilimento, nell’ambito di professioni che presentano un collegamento con la sanità pubblica, a un regime di autorizzazione che costituisce una restrizione (2). Occorre ricordare che le caratteristiche specifiche dell’attività di ottico sono già state esaminate dalla giurisprudenza, da cui si evince che esse si distinguono dai servizi rientranti a pieno diritto nella tutela della sanità pubblica (3). Nel caso di specie, la Corte dovrà precisare se, ed eventualmente entro quali limiti, i principi fissati nella sentenza Blanco Pérez e Chao Gómez (4), relativa all’insediamento di farmacie, possano essere applicati ad esercizi di ottica.

I – Contesto normativo

A – Il diritto dell’Unione

4. Il considerando 22 della direttiva 2006/123/CE (5), così recita:

«L’esclusione dei servizi sanitari dall’ambito della presente direttiva dovrebbe comprendere i servizi sanitari e farmaceutici forniti da professionisti del settore sanitario ai propri pazienti per valutare, mantenere o ripristinare le loro condizioni di salute, laddove tali attività sono riservate a professioni del settore sanitario regolamentate nello Stato membro in cui i servizi vengono forniti».

5. Articolo 1, paragrafo 1, della suddetta direttiva dispone quanto segue:

«La presente direttiva stabilisce le disposizioni generali che permettono di agevolare l’esercizio della libertà di stabilimento dei prestatori nonché la libera circolazione dei servizi, assicurando nel contempo un elevato livello di qualità dei servizi stessi».

6. L’articolo 2, paragrafo 2, lettera f), della direttiva 2006/123 così recita:

«2. La presente direttiva non si applica alle attività seguenti:

(…)

f) i servizi sanitari, indipendentemente dal fatto che vengano prestati o meno nel quadro di una struttura sanitaria e a prescindere dalle loro modalità di organizzazione e di finanziamento sul piano nazionale e dalla loro natura pubblica o privata».

B – La normativa nazionale

7. Ai sensi dell’articolo 1 della legge regionale siciliana 9 luglio 2004, n. 12 recante «Disciplina dell’esercizio dell’attività di ottico e modifica alla legge regionale 22 febbraio 1999, n. 28», (in prosieguo: «la legge regionale n. 12/2004»):

«1. Ai fini del rilascio dell’autorizzazione per l’esercizio dell’attività di ottico da parte della competente autorità comunale oltre al possesso dell’iscrizione nell’apposito registro speciale di cui all’articolo 71 della legge regionale 1° settembre 1993, n. 25, si tiene conto del rapporto tra residenti e esercizi di ottica, per assicurare una razionale distribuzione dell’offerta nel territorio. Tale rapporto è stabilito in un esercizio di ottica per ogni fascia di popolazione di 8 000 residenti. La distanza tra un esercizio e l’altro non deve essere inferiore a 300 metri. I limiti suddetti non si applicano agli esercizi che si trasferiscono da una sede in locazione ad una sede di proprietà o che sono costretti a trasferimento per sfratto o per altri motivi di forza maggiore. Sono fatte salve le autorizzazioni rilasciate alla data di entrata in vigore della presente legge.

2. Qualora sussistano comprovate esigenze territoriali, l’autorità comunale competente provvede al rilascio della relativa autorizzazione o al trasferimento di una autorizzazione esistente, in deroga alle disposizioni di cui al comma 1, dopo avere acquisito il parere obbligatorio della commissione provinciale presso la camera di commercio di cui all’articolo 8 del regolamento di esecuzione dell’articolo 71 della legge regionale 1° settembre 1993, n. 25, emanato con decreto presidenziale 1° giugno 1995, n. 64.

3. Nei comuni in cui la popolazione residente non supera gli 8 000 abitanti l’autorità comunale competente può comunque rilasciare, senza il parere della commissione di cui al comma 2, fino ad un massimo di due autorizzazioni. Sono fatte salve le istanze istruite anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge».

II – Fatti all’origine della controversia principale, questioni pregiudiali e procedimento dinanzi alla Corte

8. Con decisione del 18 dicembre 2009, il Comune di Campobello di Mazara autorizzava la Fotottica ad aprire un esercizio di ottica nel proprio territorio. Dall’ordinanza di rinvio emerge che tale decisione del 18 dicembre 2009 è stata pronunciata in violazione dell’articolo 1, paragrafo 1, della legge regionale n. 12/2004, dato che l’insediamento di detto esercizio non rispondeva ai requisiti della densità demografica e della distanza tra gli esercizi di ottica previsti dalla suddetta disposizione.

9. La Ottica New Line impugnava la summenzionata decisione del 18 dicembre 2009 dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia. Con decisione del 18 marzo 2010, tale giudice respingeva il ricorso previa disapplicazione dell’articolo 1, paragrafo 1, della legge regionale n. 12/2004, avendolo ritenuto incompatibile con il diritto dell’Unione.

10. La Ottica New Line interponeva appello avverso quest’ultima decisione dinanzi al giudice del rinvio, il quale si interroga sulla possibilità di applicare per analogia all’insediamento degli esercizi di ottica i principi derivanti dalla citata sentenza Blanco Pérez e Chao Gómez. Secondo il giudice del rinvio, è pacifico che la professione di ottico, ancor più della professione di farmacista, è soggetta a considerazioni di ordine commerciale. Tuttavia, non si può del tutto escludere che l’introduzione e il mantenimento di un regime particolare di distribuzione nel territorio degli esercizi di ottica risponda a un interesse sanitario analogo.

11. Alla luce delle suesposte considerazioni, il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) se il diritto dell’Unione (…) in materia di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi debba essere interpretato nel senso che corrisponde a un motivo imperativo di interesse generale, correlato alla esigenza di tutelare la salute umana, una disciplina interna – nella specie, l’articolo 1 della legge della Regione autonoma siciliana n. 12/2004 – che subordini l’insediamento degli esercizi di ottica nel territorio di uno Stato membro (nella specie, su parte di detto territorio) a limiti di densità demografica e di distanza tra gli esercizi, limiti che in astratto configurerebbero una violazione delle fondamentali libertà sopra richiamate;

2) in caso di risposta affermativa alla precedente questione, se alla stregua del diritto dell’Unione (…), il limite di densità demografica (un esercizio per ogni ottomila residenti) e il limite della distanza (trecento metri tra un esercizio e l’altro), stabiliti dalla legge della Regione autonoma siciliana n. 12/2004 per l’insediamento di esercizi di ottica nel territorio regionale, siano da reputarsi adeguati al raggiungimento dell’obiettivo corrispondente al motivo imperativo di interesse generale sopra indicato;

3) in caso di risposta affermativa alla prima questione, se, alla stregua del diritto dell’Unione europea, il limite di densità demografica (un esercizio per ogni ottomila residenti) e il limite della distanza (trecento metri tra un esercizio e l’altro), stabiliti dalla legge della Regione autonoma siciliana n. 12/2004 per l’insediamento nel territorio regionale di esercizi di ottica, siano proporzionati, ossia non eccessivi rispetto al raggiungimento dell’obiettivo corrispondente al motivo imperativo di interesse generale sopra indicato».

12. La presente domanda di pronuncia pregiudiziale è stata registrata nella cancelleria della Corte in data 21 ottobre 2011. Osservazioni scritte sono state depositate dai governi ceco, spagnolo e olandese nonché dalla Commissione europea.

III – Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

13. Osservo, in via preliminare, che tutti gli elementi della controversia di cui al procedimento principale sono circoscritti al territorio di un unico Stato membro, se non addirittura di un’unica regione. Dato che non implica alcun aspetto di carattere transfrontaliero, la questione pregiudiziale potrebbe quindi essere dichiarata irricevibile.

14. È pacifico infatti che le disposizioni del Trattato FUE in materia di libertà di stabilimento non sono applicabili a una situazione i cui aspetti sono tutti limitati al territorio di un unico Stato membro (6).

15. Conformemente alla giurisprudenza della Corte, la risposta a siffatta questione può essere utile, tuttavia, al giudice del rinvio, in particolare nell’ipotesi in cui il diritto nazionale gli imponga di far beneficiare un cittadino nazionale degli stessi diritti di cui godrebbe in base al diritto dell’Unione un cittadino di un altro Stato membro nella medesima situazione (7).

16. Nel caso di specie, l’ipotesi menzionata in tale giurisprudenza riguarda, nel contesto del procedimento principale, i diritti di cui godrebbe il cittadino di uno Stato membro diverso dalla Repubblica italiana, in base al diritto dell’Unione, se si trovasse nella stessa situazione di Fotottica, che intende aprire un esercizio di ottica e si trova ad affrontare il ricorso di un altro esercizio fondato su una normativa regionale che istituisce un sistema di autorizzazione previa il cui rilascio è subordinato alla sussistenza di requisiti particolarmente rigorosi e idonei a ostacolare i diritti di cui detto imprenditore god ai sensi del Trattato.

17. Di conseguenza, poiché non è manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione non possa essere utile al giudice del rinvio ai fini della sua pronuncia, la presente domanda deve essere dichiarata ricevibile.

IV – Analisi delle questioni pregiudiziali

A – Osservazioni preliminari sulle caratteristiche delle attività di ottico

18. La presente domanda di pronuncia pregiudiziale solleva essenzialmente la questione se le attività di ottico presentino un collegamento sufficientemente stretto con la tutela della sanità pubblica da poter giustificare misure nazionali restrittive della libertà di stabilimento garantita dal Trattato. Mi ripropongo perciò di analizzare, in via introduttiva, taluni aspetti generali inerenti a tale questione.

19. In primo luogo, vorrei evidenziare il fatto che, a mio avviso, e nonostante le differenze esistenti a livello nazionale (8), l’attività esercitata dall’ottico presenta, in genere, carattere misto. Così, ai fini dell’analisi della normativa di cui al procedimento principale, che disciplina l’esercizio delle attività di ottico, occorre operare una distinzione tra due aspetti.

20. Da un lato, è pacifico che il più delle volte i pazienti o i clienti si recano negli esercizi di ottica muniti principalmente di prescrizione rilasciata da medici oftalmologi per acquistare articoli destinati a correggere difetti della vista come gli occhiali o le lenti a contatto. Inoltre, quando è autorizzato ad eseguire esami della vista, a misurare l’acuità visiva, a definire e a controllare la correzione ottica necessaria, a individuare i disturbi della vista e a trattare i difetti della vista attraverso mezzi ottici correttivi, a consigliare i clienti al riguardo e a indirizzarli verso uno specialista oftalmologo, l’ottico esercita un’attività rientrante nella nozione di servizio sanitario e rispondente ad esigenze di sanità pubblica.

21. D’altro canto, il personale specializzato degli esercizi di ottica svolge diverse attività di carattere tecnico, come l’assemblaggio della montatura, la riparazione degli occhiali, la sostituzione delle lenti e l’adattamento della posizione degli occhiali. Inoltre, i negozi di ottica vendono normalmente tutta una serie di prodotti e di accessori ottici, come occhiali da sole, custodie per occhiali, prodotti per la pulizia nonché strumenti ottici, come le lenti binoculari, ecc. Sotto tale profilo, questa parte dell’attività di ottico, che potrebbe essere qualificata come «paraottica», non può essere considerata come rientrante nella nozione di servizio sanitario e riveste quindi carattere commerciale.

22. Sebbene questi due aspetti siano, nella maggior parte dei casi, intrinsecamente connessi, non si può tuttavia escludere che la parte «paraottica» sia prevalente, se non addirittura esclusiva, se questa è la scelta operata dal legislatore nazionale. Per poter qualificare l’attività di ottico in un particolare Stato membro, è quindi necessario esaminare caso per caso la sfera delle sue attribuzioni secondo la normativa nazionale applicabile.

23. Vorrei ricordare, in proposito, alcuni elementi derivanti dalla citata sentenza Ker‑Optika, che militano, a mio avviso, a favore dell’approccio misto suggerito. Infatti, dopo essere stata chiamata a pronunciarsi sulla legittimità del divieto di vendita online di lenti a contatto, la Corte ha dichiarato che la messa in relazione di un cliente con un ottico qualificato e con le prestazioni da quest’ultimo fornite poteva ridurre i rischi per la sanità pubblica. Così, pur ritenendo che la normativa in discussione non rispondesse al requisito della proporzionalità nel perseguire l’obiettivo di tutela della sanità pubblica, la Corte ha tuttavia ammesso che riservando la consegna di lenti a contatto ai negozi di ottica, la normativa nazionale era quantomeno idonea a garantire la realizzazione di detto obiettivo (9).

24. Nella stessa linea di pensiero, mi sembra che la regola formulata dalla Corte nella giurisprudenza derivante dalla sentenza LPO (10), secondo la quale lo Stato membro può prescrivere che le lenti a contatto siano consegnate da personale qualificato, possa essere applicata, nel rispetto del principio di proporzionalità, a qualsiasi materiale ottico il cui uso possa comportare rischi per la salute dei pazienti. Tale regola sembra ormai emergere, del resto, dalla sentenza McQueen (11), secondo la quale, al ricorrere di taluni presupposti, è legittimo riservare, per motivi di sanità pubblica, l’esame della correzione di difetti puramente della vista a una categoria di professionisti come gli oftalmologi, escludendo gli ottici che non esercitano la professione medica.

25. Per contro, la Corte ha riconosciuto chiaramente, nella citata sentenza Ker‑Optika, la dissociabilità della visita medica preliminare, che richiede un esame fisico del paziente, dalla vendita di lenti a contatto in quanto tale. Poiché si tratta di un atto che può essere compiuto da persona che non uno specialista, o eventualmente sotto la sua supervisione, la Corte ha confermato che, da questo punto di vista, l’attività degli esercizi di ottica si distingueva nettamente dagli elementi rientranti nella tutela della sanità pubblica.

26. Tale posizione si inserisce nell’evoluzione di una giurisprudenza più risalente, relativa al principio dello studio professionale unico ai fini dell’esercizio delle professioni di medico generico, nonché di medico dentista o veterinario, il quale, a giudizio della Corte, costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento che non può essere giustificata da imperativi di sanità pubblica, poiché non sarebbe necessario che il medico si trovi in prossimità del paziente o del cliente in modo continuativo (12). Nelle conclusioni presentate nella causa Commissione/Grecia (13), l’avvocato generale Ruiz‑Jarabo Colomer ha proposto correttamente di applicare tale approccio anche agli ottici (14). È utile inoltre menzionare l’analisi svolta nelle medesime conclusioni a proposito della dualità dei rapporti giuridici nell’ambito degli esercizi di ottica (15).

27. Di conseguenza, mi sembra che la giurisprudenza della Corte relativa all’attività di ottico riconosca che la suddetta professione non rientra, nel suo insieme, nella tutela della sanità pubblica intesa in senso stretto.

28. Infine, sebbene la direttiva 2006/123 non sia espressamente menzionata nelle questioni pregiudiziali, vi fa riferimento il testo stesso della decisione di rinvio. Senza addentrarsi in un’analisi esaustiva dell’applicabilità di tale direttiva nel caso di specie, rilevo che, in ogni caso, la direttiva in parola si applica ad ogni tipo di servizi quali definiti al suo articolo 4, punto 1, fatte salve le eccezioni elencate agli articoli 1‑4 della medesima. Tuttavia, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera f), della direttiva 2006/123, in combinato disposto con il considerando 22 della medesima, i servizi sanitari sono esclusi dal suo ambito di applicazione, purché sussistano alcune condizioni. Da un lato, che si tratti dei servizi diretti a valutare, mantenere o ristabilire lo stato di salute dei pazienti; dall’altro, detti servizi devono essere forniti dai rappresentanti di una professione sanitaria regolamentata nello Stato membro.

29. Osservo inoltre che, in Italia, la professione di ottico è una professione regolamentata ai sensi della direttiva 2005/36/CE (16). La professione di ottico è prevista al punto 1, dell’Allegato II, relativo ai corsi di formazione nel settore paramedico e sociopedagogico e si configura quindi come una professione per il cui esercizio è necessaria una formazione ai sensi dell’articolo 11, lettera c), punto ii), della suddetta direttiva.

30. Mi ripropongo di analizzare le questioni pregiudiziali sollevate proprio alla luce di tutte le suesposte considerazioni.

B – Sulla sussistenza di una restrizione alla libertà di stabilimento

31. Osservo anzitutto che sebbene il giudice del rinvio sottoponga alla Corte tre questioni successive e distinte, la problematica di cui viene richiesta un’interpretazione è incentrata sulla questione se il diritto dell’Unione osti ad una normativa come quella regionale di cui trattasi. Di conseguenza, propongo di riformulare le questioni in tal senso e di fornire alle stesse una risposta globale.

32. Il procedimento principale riguarda inoltre l’esercizio dell’attività di ottico in modo permanente, il che implica la stabilità e la continutà dell’attività economica esercitata in uno Stato membro per un periodo di tempo indeterminato. Pertanto, nonostante la formulazione relativamente ampia delle questioni pregiudiziali, che hanno ad oggetto sia la libertà di stabilimento che la libera prestazione dei servizi, ritengo che la risposta da fornire debba essere limitata alla problematica della libertà di stabilimento.

33. Con tali questioni, il giudice del rinvio chiede in sostanza se il diritto dell’Unione osti ad una normativa come quella della regione siciliana, che subordina l’insediamento degli esercizi di ottica al ricorrere di requisiti attinenti alla densità demografica e alla distanza tra tali esercizi.

34. Secondo una giurisprudenza costante, l’articolo 49 TFUE impone la soppressione delle restrizioni alla libertà di stabilimento. Devono essere considerate tali tutte le misure che vietano, ostacolano o scoraggiano l’esercizio di tale libertà (17).

35. Rientra in tale categoria, in particolare, una normativa che subordini l’insediamento di un’impresa di un altro Stato membro al rilascio di un’autorizzazione previa, poiché questa può ostacolare l’esercizio, da parte di siffatta impresa, della libertà di stabilimento, impedendole di esercitare liberamente le proprie attività tramite una stabile organizzazione. Infatti, da un lato, detta impresa rischia di sopportare gli oneri amministrativi ed economici aggiuntivi che qualunque rilascio di un’autorizzazione simile comporta. Dall’altro, il sistema di previa autorizzazione esclude, dall’esercizio di un’attività autonoma gli operatori economici che non rispondono ai requisiti prefissati al cui rispetto è subordinato il rilascio di tale autorizzazione (18).

36. Inoltre, una normativa nazionale costituisce una restrizione quando subordina l’esercizio di un’attività ad una condizione connessa al fabbisogno economico o sociale che tale attività deve soddisfare, in quanto mira a limitare il numero dei prestatori di servizi (19).

37. Per quanto attiene al procedimento principale, occorre rilevare, in primo luogo, che la normativa nazionale subordina l’apertura di un esercizio di ottica al rilascio di un’autorizzazione previa da parte dell’autorità comunale competente. In secondo luogo, tale normativa consente l’apertura di un esercizio di ottica per ogni fascia di 8 000 residenti della regione. In terzo luogo, detta normativa osta a che gli ottici possano esercitare un’attività economica indipendente nei locali di loro scelta, poiché impone loro di rispettare, come regola generale, una distanza minima di 300 metri dagli esercizi già esistenti.

38. Pertanto, tale normativa scoraggia, se non addirittura ostacola, le imprese di ottica di altri Stati membri ad esercitare le loro attività in Sicilia tramite un esercizio stabile.

39. Desidero inoltre sottolineare che, nonostante la sua natura apparentemente non discriminatoria, la normativa regionale in questione mi sembra atta a comportare effetti indirettamente discriminatori in ragione della nazionalità degli operatori interessati.

40. Dalla legge regionale n. 12/2004 emerge infatti che i limiti all’apertura di esercizi di ottica non si applicano in caso di trasferimento da una sede in locazione ad una sede di proprietà dell’ottico, o in caso di trasferimento forzato, conseguente, in particolare, ad uno sfratto. È assai probabile che siffatta deroga favorisca maggiormente gli abitanti della Sicilia rispetto alle persone di origine non insulare, in particolare i cittadini di altri Stati membri.

41. Di conseguenza, una normativa regionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento ai sensi dell’articolo 49 TFUE.

C – Sulla giustificazione della restrizione

1. Individuazione di un motivo imperativo di interesse generale

42. Come ipotizzato dal giudice del rinvio, si tratta di stabilire se, nel settore disciplinato dalla normativa regionale in questione, che limita l’insediamento di esercizi di ottica, possa trovare applicazione un motivo imperativo di interesse generale connesso alla tutela della salute umana.

43. Secondo la giurisprudenza, un provvedimento nazionale il quale, anche se applicabile senza discriminazioni in base alla nazionalità, è atto ad ostacolare o scoraggiare l’esercizio, da parte dei cittadini dell’Unione, delle libertà fondamentali garantite dal Trattato può giustificarsi con motivi imperativi d’interesse generale, a condizione che esso sia atto a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non vada oltre quanto necessario al raggiungimento di tale obiettivo (20).

44. È pacifico che la tutela della sanità pubblica figura tra le ragioni imperative di interesse generale che, in forza dell’articolo 46, paragrafo 1, CE, possono giustificare restrizioni alla libertà di stabilimento. Più precisamente, siffatte restrizioni possono essere giustificate dall’obiettivo di garantire un approvvigionamento di medicinali alla popolazione sicuro e di qualità. La rilevanza di detto obiettivo generale è confermata, in particolare, dall’articolo 168, paragrafo 1, TFUE in forza del quale un livello elevato di tutela della salute umana è garantito nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche e le azioni dell’Unione (21).

45. A tal proposito, il giudice del rinvio riconosce la sussistenza di un nesso tra l’attività di ottico e l’interesse collettivo di tutela della sanità pubblica, cosicché esisterebbe, nella fattispecie, un motivo imperativo atto a giustificare la restrizione alla libertà di stabilimento summenzionata.

46. L’ordinanza di rinvio precisa, al riguardo, che secondo la normativa italiana, l’ottico esercita un’attività ausiliaria alle professioni sanitarie in quanto fornisce, controlla e adatta i mezzi di correzione dei difetti della vista: lenti, montature per occhiali, lenti a contatto, ausili visivi per gli ipovedenti. Secondo tale normativa, egli può effettuare esami semplici di misurazione della vista. Inoltre, se in possesso di apposito diploma, l’ottico/optometrista può anche occuparsi del trattamento dei difetti della vista, utilizzando mezzi ottici correttivi. L’ottico/optometrista misura inoltre, con apparecchiature specifiche, la qualità della visione e ne individua i difetti; si occupa quindi di scegliere, prescrivere e fornire il mezzo correttivo più adeguato, adattandolo alle esigenze del paziente. Inoltre, è suo compito svolgere un’attività di prevenzione dei disturbi visivi. Infine, l’attività principale degli esercizi di ottica consiste nella vendita degli occhiali e delle lenti a contatto realizzati su prescrizione medica.

47. Osservo tuttavia che tale descrizione, effettuata dal giudice del rinvio, si fonda sul testo del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 e non sulla normativa siciliana controversa. Orbene, il giudice del rinvio non precisa quale sia l’eventuale rapporto tra queste due fonti normative.

48. Alla luce di quanto da me osservato in via preliminare, sono tuttavia propenso a ritenere che il concetto di professione di ottico, sotteso alla normativa nazionale, consenta di riconoscere che la normativa regionale di cui trattasi nel procedimento principale può essere in via di principio giustificata da un motivo imperativo di sanità pubblica.

49. Tuttavia, è altresì necessario che la menzionata normativa persegua effettivamente il suddetto obiettivo, il che dovrebbe emergere manifestamente dal testo delle norme applicabili all’esercizio della professione di ottico in Sicilia. Infatti, dal momento che l’obiettivo generale di tutela della sanità pubblica si presenta in varie forme, una restrizione è giustificata, a mio avviso, dalla sussistenza di un legame forte e adeguato tra lo scopo perseguito dalla normativa controversa e il motivo imperativo di interesse generale in questione.

50. A tal proposito, mi rincresce innanzi tutto che il governo italiano non abbia presentato osservazioni che avrebbero potuto apportare chiarimenti utili riguardo alla ratio e alla finalità perseguita dalla normativa siciliana in questione. Orbene, spetta allo Stato membro interessato dimostrare che la misura – nazionale o locale – idonea a costituire una restrizione sia effettivamente giustificata.

51. Inoltre, tenuto conto, da un lato, della natura mista delle attività di ottico, menzionata nelle mie osservazioni preliminari, e, dall’altro, della circostanza che le misure di pianificazione delle infrastrutture di ottica presentano, eventualmente, un carattere particolarmente restrittivo, sono del parere che il livello di necessità a partire dal quale una misura nazionale che regola l’apertura degli esercizi di ottica può ritenersi idonea ad essere giustificata dall’obiettivo di tutela della sanità pubblica, debba essere più elevato che rispetto all’ipotesi di un’attività regolamentata che si ricollega manifestamente, nella sua integralità o in modo prevalente, alla fornitura di servizi sanitari (prestazioni mediche e ospedaliere, farmacie).

52. Nel caso di specie, ai sensi della legge regionale n. 12/2004, la restrizione alla libertà di stabilimento deriva, da un lato, da una limitazione di carattere demografico e, dall’altro, da una limitazione di carattere geografico.

53. Per quanto riguarda la limitazione attinente alla densità demografica, ritengo che siffatta misura possa perseguire l’obiettivo di tutela della sanità pubblica, in quanto sia diretta, in particolare, a garantire un equo approvvigionamento di prodotti ottici alla popolazione e una distribuzione equilibrata dei negozi di ottica nel territorio siciliano. Come rilevato a suo tempo dalla Corte, gli Stati membri possono decidere che gli esercizi e le infrastrutture sanitarie siano sottoposti ad una pianificazione al fine di garantire l’accessibilità dei servizi sanitari nelle aree economicamente meno appetibili, attraverso la fissazione di una soglia minima del numero di abitanti servito da un esercizio di tal genere (22). Per tale ragione, una distribuzione del genere dei servizi di ottica potrebbe contribuire ad assicurare a ciascun negozio di ottica un numero sufficiente di clienti.

54. Per quanto riguarda, invece, la limitazione geografica, sebbene quest’ultima possa risultare, in via principio, complementare a quella relativa alle fasce di popolazione (23), non rinvengo, nella specie, alcun collegamento con l’obiettivo di tutela della sanità pubblica. Infatti, siffatta restrizione si limita a restringere la concorrenza, avendo come effetto di impedire un’eccessiva concentrazione di negozi di ottica in una determinata area (in un quartiere oppure in un centro commerciale); orbene un obiettivo di questo tipo mi sembra estraneo alla tutela della sanità pubblica.

55. Sono tuttavia del parere che siffatta limitazione di carattere geografico possa rientrare nel suddetto obiettivo sempreché sia concepita in modo sufficientemente ampio da rispondere alla stessa finalità della limitazione di carattere demografico (24). Più in generale, una limitazione di carattere geografico, può essere parte dell’obiettivo di tutela della sanità pubblica solo a condizione di essere fondato su criteri pertinenti. Così una limitazione di carattere geografico può contribuire, in un ambiente urbano, a garantire un approvvigionamento equilibrato di prodotti medicali o ottici, mentre può avere, per contro, soltanto un effetto anticoncorrenziale in un ambiente rurale o periurbano.

56. Tenuto conto degli elementi risultanti dagli atti, non mi sembra prima facie dimostrato che la normativa siciliana rientri, nel suo insieme, nell’obiettivo di tutela della sanità pubblica. Ricordo che la giurisprudenza della Corte relativa alla professione di ottico non assimila detta professione alle professioni sanitarie in senso stretto.

57. Tuttavia, poiché l’attività di ottico può riguardare sia l’aspetto relativo alla sanità pubblica che quello relativo ai “servizi paraottici”, occorre esaminare caso per caso la ponderazione di questi due aspetti che ha portato all’adozione di un testo normativo nazionale costitutivo di una restrizione alla libertà di stabilimento. È imperativo che il giudice del rinvio determini, alla luce degli elementi summenzionati, quale sia la reale finalità perseguita dalla normativa siciliana onde poter fornire una risposta certa alla questione della sua eventuale giustificazione.

58. Qualora la Corte tuttavia considerasse, alla luce degli elementi risultanti dagli atti, che imponendo limitazioni attinenti alla densità demografica e alla distanza da rispettare tra gli esercizi di ottica, il legislatore siciliano sia stato ispirato dall’obiettivo di tutela della sanità pubblica, occorre esaminare, in subordine, i criteri giustificativi complementari fissati dalla giurisprudenza.

2. Analisi degli altri criteri necessari a giustificare la restrizione

59. A prescindere dall’esistenza di un obiettivo legittimo ai sensi del diritto dell’Unione, la giustificazione di una restrizione alle libertà fondamentali stabilite dal Trattato presuppone che la misura in questione sia idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non vada oltre quanto è necessario a tale fine (25). Una normativa nazionale, inoltre, è idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo addotto solo se risponde realmente all’intento di raggiungerlo in modo coerente e sistematico (26).

60. Nella sua ordinanza di rinvio, il giudice a quo intendeva verificare, al riguardo, se sia possibile applicare nella fattispecie la soluzione derivante dalla citata sentenza Blanco Pérez e Chao Gómez, nella quale la Corte ha dichiarato che il diritto dell’Unione non osta, in via di principio, a una normativa nazionale che subordina l’insediamento di nuove farmacie a limiti relativi alla densità demografica e alla distanza tra le farmacie, in quanto siffatti limiti consentono di distribuire le stesse in modo equilibrato nel territorio nazionale, di garantire così a tutta la popolazione un accesso adeguato al servizio farmaceutico e, pertanto, di aumentare la sicurezza e la qualità dell’approvvigionamento di medicinali alla popolazione.

61. Tale conclusione si fondava sulla giurisprudenza in cui si ammetteva che esercizi e infrastrutture sanitarie formassero oggetto di pianificazione. Quest’ultima può comprendere un’autorizzazione previa per l’insediamento di nuovi prestatori di cure, quando essa risulti indispensabile per colmare eventuali lacune nell’accesso alle prestazioni sanitarie e per evitare una duplicazione nell’apertura delle strutture, in modo che sia garantita un’assistenza sanitaria adeguata alle necessità della popolazione, che copra tutto il territorio e tenga conto delle regioni geograficamente isolate o altrimenti svantaggiate (27).

62. Non sono tuttavia convinto che tale conclusione possa essere pienamente e direttamente applicata alle prestazioni fornite dagli ottici.

63. È vero che il giudice del rinvio puntualizza che non si può affatto escludere che l’introduzione e il mantenimento di un regime particolare di distribuzione territoriale degli esercizi di ottica rispondano a un interesse sanitario. Secondo detto giudice, si potrebbe affermare che, in difetto di qualsiasi normativa, gli esercizi di ottica finirebbero per concentrarsi nelle località ritenute redditizie dal punto di vista commerciale, con la conseguenza che le località economicamente meno appetibili risentirebbero di una carenza di ottici.

64. Mi sembra tuttavia che sussista una notevole differenza, in termini di sanità pubblica, tra le missioni che possono essere affidate alle farmacie, da un lato, e quelle affidate agli esercizi di ottica, dall’altro.

65. In primo luogo, tale differenza si accentua soprattutto in relazione al criterio dell’urgenza che caratterizza l’accesso ai prodotti farmaceutici rispetto ai prodotti ottici.

66. Infatti, come è già stato precisato dalla Corte, nella creazione di un quadro normativo applicabile alle farmacie, è imperativo garantire alla popolazione un accesso adeguato al servizio farmaceutico e, di conseguenza, aumentare la sicurezza e la qualità dell’approvvigionamento di medicinali alla popolazione (28).

67. Per tale ragione, le normative nazionali spesso prevedono non solo norme sulla distribuzione demografica o geografica, ma impongono altresì alle farmacie obblighi diretti a garantire l’accesso permanente ai medicinali. Può trattarsi, ad esempio, di giornate di turno o dell’obbligo di fornire medicinali dietro prescrizione medica entro un determinato lasso di tempo.

68. Per contro, il servizio fornito dagli ottici, anche qualora risponda ad esigenze di sanità pubblica, non presenta mai siffatto carattere di urgenza.

69. In secondo luogo, la giurisprudenza della Corte ha già affrontato taluni aspetti della distinzione che va operata tra le farmacie, i negozi di ottica e i laboratori di analisi biomediche, sotto l’aspetto del rischio in cui incorrono i pazienti in caso di consegna errata o inappropriata di un medicinale rispetto al rischio in cui incorrono in caso di errore commesso nella consegna di prodotti ottici. Così, «a differenza dei prodotti di ottica, i medicinali prescritti o utilizzati per motivi terapeutici possono malgrado tutto rivelarsi gravemente tossici se assunti senza necessità o scorrettamente, senza che il consumatore sia in grado di prenderne coscienza al momento della somministrazione. Inoltre, una vendita di medicinali ingiustificata da un punto di vista medico comporta uno spreco di risorse finanziarie pubbliche non comparabile a quello derivante da una vendita ingiustificata di prodotti di ottica» (29).

70. La Corte ha altresì precisato che il rischio derivante da una consegna inappropriata di prodotti di ottica non è paragonabile al rischio in cui si incorre in caso di errata esecuzione di analisi biomediche, anche se può avere effetti negativi per il paziente (30).

71. Infine, a prescindere dalla questione di stabilire in qual modo le attività degli ottici possano essere assimilate alle attività dei farmacisti ai fini dell’analisi delle restrizioni alla libertà di stabilimento, occorre in ogni caso esaminare se la normativa regionale siciliana sia idonea a garantire l’obiettivo di tutela della sanità pubblica e non vada oltre quanto è necessario per conseguirlo.

72. Tenuto conto della genericità dell’ordinanza di rinvio al riguardo, spetterà al giudice nazionale verificare se esista in Sicilia una reale politica di pianificazione applicabile agli esercizi di ottica, fondata su considerazioni relative alla tutela della sanità pubblica. Si dovrebbe esigere, in particolare, che i lavori preparatori della normativa in questione includano un esame comparativo dei criteri sui quali si fonda la legge regionale n° 12/2004 nonché la giustificazione della loro scelta.

73. Sebbene i requisiti fissati dalla suddetta legge regionale appaiano assai rigorosi, non escludo che, fatte salve le misure di adeguamento del tipo di quelle previste dalla giurisprudenza (31), la normativa degli esercizi di ottica di cui trattasi possa rivelarsi adeguata.

74. La Corte, infatti, ha così dichiarato che la salute e la vita delle persone occupano una posizione preminente tra i beni e gli interessi protetti dal Trattato e che spetta agli Stati membri stabilire il livello al quale essi intendono garantire la tutela della sanità pubblica e il modo in cui tale livello deve essere raggiunto (32).

75. A tal riguardo, la legge regionale n. 12/2004 prevede la possibilità di adeguare i criteri di autorizzazione summenzionati «qualora sussistano comprovate esigenze territoriali» e «dopo aver acquisito il parere obbligatorio della commissione provinciale presso la camera di commercio (…)». Inoltre, la legge succitata consente il rilascio, senza consultare la predetta commissione, di due autorizzazioni al massimo nei comuni la cui popolazione non supera gli 8 000 abitanti.

76. Nella fattispecie, non mi sembra che tale metodo di adeguamento corrisponda ai requisiti risultanti dalla giurisprudenza secondo la quale «un regime di previa autorizzazione amministrativa, perché sia giustificato anche quando deroga ad una libertà fondamentale, deve essere fondato in ogni caso su criteri oggettivi, non discriminatori e noti in anticipo alle imprese interessate, in modo da circoscrivere l’esercizio del potere discrezionale delle autorità nazionali affinché esso non sia usato in modo arbitrario (…). Un tale regime di previa autorizzazione amministrativa deve anche basarsi su un sistema procedurale di facile accesso e tale da garantire agli interessati che la loro domanda sarà trattata entro un termine ragionevole ed in modo oggettivo ed imparziale, dovendo inoltre eventuali dinieghi di autorizzazione poter venir considerati nell’ambito di un ricorso giurisdizionale» (33).

77. Orbene, l’espressione «qualora sussistano comprovate esigenze territoriali», contenuta nella legge regionale n. 12/2004, non sembra sufficientemente precisa da poter circoscrivere il margine di discrezionalità dell’amministrazione regionale.

78. Inoltre, come sottolineato correttamente dalla Commissione, la composizione della commissione provinciale il cui parere deve essere obbligatoriamente considerato ai fini dell’autorizzazione all’apertura di un esercizio di ottica in deroga alle norme generali, si presta a discussioni (34). Infatti, dal momento che la suddetta commissione è composta da quattro rappresentanti dell’associazione professionale degli ottici, la medesima sembra essere in contrasto con il principio, elaborato dalla giurisprudenza, secondo cui l’intervento, nella procedura di autorizzazione, di organismi composti da operatori concorrenti, già presenti nel territorio considerato, costituisce una restrizione alla libera prestazione dei servizi o alla libertà di stabilimento (35).

79. Osservo infine che, nella causa Blanco Pérez e Chao Gómez summenzionata, la normativa regionale prevedeva incentivi all’insediamento di farmacie nelle aree svantaggiate o meno redditizie, elemento manifestamente assente nella presente causa (36).

80. Tenuto conto di tutti gli argomenti suesposti, nutro seri dubbi riguardo al carattere appropriato dei criteri che regolano l’insediamento degli esercizi di ottica, previsti dalla legge regionale n. 12/2004.

81. In ulteriore subordine, resterebbe da esaminare se la restrizione fissata dalla legge regionale n. 12/2004 non vada oltre quanto necessario per il raggiungimento dello scopo perseguito.

82. Come emerge dall’ordinanza di rinvio, numerosi comuni siciliani hanno una popolazione compresa tra 8 000 e 16 000 abitanti, ma la normativa regionale sembra meno restrittiva nel caso dei comuni la cui popolazione non superi gli 8 000 abitanti. Mi sembra quindi che, in tale situazione demografica, la legge siciliana abbia come effetto di limitare, in modo eccessivo, l’accesso al servizio fornito dagli ottici nei casi in cui il numero di abitanti si collochi a metà tra le fasce di popolazione fissate dalla legge regionale n. 12/2004.

83. Pertanto, alla luce di tutte le osservazioni esposte in precedenza, mi sembra che la normativa di cui trattasi nel procedimento principale sia eccessiva, incoerente e inidonea al raggiungimento dello scopo perseguito.

V – Conclusione

84. Propongo alla Corte di rispondere come segue alle questioni pregiudiziali sollevate dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana nel modo seguente:

L’articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che una normativa di diritto interno, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che prevede limitazioni attinenti alla densità demografica e alla distanza minima obbligatoria fra gli esercizi di ottica, costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento. Nelle circostanze come quelle del procedimento principale, tale restrizione non sembra essere giustificata dall’obiettivo di tutela della sanità pubblica, salvo che la normativa in questione non derivi da una politica coerente volta a garantire un approvvigionamento equilibrato delle cure sanitarie, circostanza che spetterà al giudice del rinvio verificare. Nel caso di specie, il requisito della distanza minima tra gli esercizi di ottica non può essere comunque giustificato alla luce del motivo imperativo di interesse generale di tutela della sanità pubblica.

1 – Lingua originale: il francese.

2 – Sentenze del 1° giugno 2010, Blanco Pérez e Chao Gómez et Chao Gómez (C‑570/07 e C‑571/07, Racc. pag. I‑4629).V., del pari, sentenze del 21 aprile 2005, Commissione/Grecia (C‑140/03, Racc. pag. I‑3177); del 10 marzo 2009, Hartlauer (C‑169/07, Racc. pag. I‑1721) e del 21 giugno 2012, Susisalo e a. (C‑84/11, non ancora pubblicata nella Raccolta) nonché ordinanze del 6 ottobre 2010, Sáez Sánchez e Rueda Vargas (C‑563/08) e del 29 settembre 2011, Grisoli (C‑315/08).

3 – Sentenze del 25 maggio 1993, LPO (C‑271/92, Racc. pag. I‑2899), del 1° febbraio 2001, Mac Quen e a. (C‑108/96, Racc. pag. I‑837), del 21 aprile 2005, Commissione/Grecia (C‑140/03, Racc. pag. I‑3177), e del 2 dicembre 2010, Ker‑Optika, (C‑108/09 Racc. pag. I‑12213).

4 – V. sentenza Blanco Pérez e Chao Gómez e Chao Gómez (C‑570/07 e C‑571/07), cit.

5 – Direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (GU L 376, pag. 36).

6 – Sentenze del 3 octobre 1990, Nino e a. (C‑54/88, C‑91/88 e C‑14/89, Racc. pag. I‑3537, punto 11), del 30 novembre 1995, Esso Española (C‑134/94, Racc. pag. I‑4223, punto 17), del 17 luglio 2008, Commissione/Francia (C‑389/05, Racc. pag. I‑5397, punto 49), nonché sentenza Susisalo, cit. (punto 18).

7 – V., in particolare, sentenze del 30 marzo 2006, Servizi Ausiliari Dottori Commercialisti (C‑451/03, Racc. pag. I‑2941, punto 29), del 5 dicembre 2006, Cipolla e a. (C‑94/04 e C‑202/04, Racc. pag. I‑11421, punto 30), Blanco Pérez e Chao Gómez e Chao Gómez, cit. (punto 36), nonché del 22 dicembre 2010, Omalet (C‑245/09, Racc. pag. I‑1377, punto 15).

8 – Infatti, si deve necessariamente constatare, in proposito, che l’attività di ottico riguarda, nei diversi Stati membri, varie professioni. Secondo la banca dati delle professioni regolamentate nell’Unione europea (consultabile al seguente indirizzo Internet: http://ec.europa.eu/internal_market/qualifications/regprof/index.cfm), il termine ottico riunisce, in particolare, le seguenti professioni regolamentate: ottico (ottico occhialaio), ottico specializzato in lenti a contatto, optometrista e «optical equipment maker».

9 – V. sentenza Ker Optika, cit. (punto 64).

10 – Sentenza del 25 maggio 1993 (C‑271/92, Racc. pag. I‑2899, punto 11).

11 – V. sentenza McQueen, cit. (punto 38).

12 – Sentenza del 16 giugno 1992, Commissione/Lussemburgo (C‑351/90, Racc. pag. I‑3945, punto 22).

13 – V. sentenza Commissione/Grecia, cit, nell’ambito della quale la Corte si è pronunciata in ordine al divieto imposto a un ottico diplomato di gestire più negozi di ottica. La normativa nazionale in discussione riservava la possibilità di aprire un negozio di ottica esclusivamente ai titolari di una licenza di ottico che avessero ottenuto a tal fine un’autorizzazione personale e non cedibile.

14 – V. conclusioni nella causa Commissione/Grecia, cit. (paragrafo 37).

15 – V. conclusioni nella causa Commissione/Grecia, cit. (paragrafo 34).

16 – Direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali (GU L 255, pag. 22).

17 – V., in tal senso, sentenze Mac Quen e a., cit. (punto 26); del 17 ottobre 2002, Payroll e a. (C‑79/01, Racc. pag. I‑8923, punto 26); del 14 ottobre 2004, Commissione/Paesi‑Bassi (C‑299/02, Racc. pag. I‑9761, punto 15), e del 21 aprile 2005, Commissione/Grecia, cit. (punto 27).

18 – V., in tal senso, sentenza Hartlauer, cit. (punti 34 e 35).

19 – V. sentenza Hartlauer, cit. (punto 36).

20 – V., in particolare, sentenza del 31 marzo 1993, Kraus (C-19/92, Racc. pag. I‑1663, punto 32).

21 – V. sentenza Susisalo, cit. (punto 37).

22 – V. sentenza Blanco Pérez e Chao Gómez, cit. (punti 70‑76).

23 – V. sentenza Blanco Pérez e Chao Gómez, cit. (punto 84).

24 – Mi sembra che il presupposto del rispetto di una distanza minima tra gli esercizi di ottica possa rientrare nell’obiettivo di tutela della sanità pubblica purché sia diretta a garantire una distribuzione geografica equilibrata tra i suddetti esercizi. Tuttavia, il limite di 300 metri mi sembra atto a realizzare tale obiettivo solo nelle aree urbane, caratterizzate da un’alta densità demografica.

25 – V., in tal senso, sentenze del 26 novembre 2002, Oteiza Olazabal (C‑100/01, Racc. pag. I‑10981, punto 43), del 16 ottobre 2008, Renneberg (C‑527/06, Racc. pag. I‑7735, punto 81), dell’11 giugno 2009, X e Passenheim‑van Schoot (C‑155/08 e C‑157/08, Racc. pag. I‑5093, punto 47), nonché del 17 novembre 2009, Presidente del Consiglio dei Ministri (C‑169/08, Racc. pag. I‑10821, punto 42).

26 – V., in particolare, sentenze Hartlauer, cit. (punto 55) e Presidente del Consiglio dei Ministri, cit. (punto 42).

27 – V. sentenze Hartlauer, cit. (punti 51 e 52) e Blanco Pérez e Chao Gómez, cit. (punto 70).

28 – Sentenza Blanco Pérez e Chao Gómez, cit. (punto 78).

29 – Sentenza del 19 maggio 2009, Apothekerkammer des Saarlandes e a. (C‑171/07 e C‑172/07, Racc. pag. I‑4171, punto 60).

30 – Sentenza del 16 dicembre 2010, Commissione/Francia (C‑89/09, Racc. pag. I‑12941, punto 58).

31 – V., per esempio, sentenza del 12 luglio 2001, Smits e Peerbooms (C‑157/99, Racc. pag. I‑5473).

32 – V. sentenza Blanco Pérez e Chao Gómez, cit. (punto 44 e giurisprudenza ivi citata).

33 – Sentenza Smits e Peerbooms, cit. (punto 90). In tale sentenza la Corte ha ammesso che le infrastrutture di assistenza ambulatoriale, come gli studi medici e gli ambulatori, possono formare oggetto di una pianificazione.

34 – Dalle osservazioni della Commissione emerge che, conformemente all’articolo 8 del decreto del presidente della regione 1° giugno 1995, n. 64 recante «Regolamento di esecuzione di cui all’articolo 71 della legge regionale 1 settembre 1993, n. 25», la commissione provinciale in questione è composta da quattro rappresentanti dell’associazione di categoria, di cui due sono designati dalle organizzazioni degli esercenti l’attività di ottico a livello provinciale e due dalle organizzazioni degli esercenti l’attività di ottico a livello regionale.

35 – Sentenza del 15 gennaio 2002, Commissione/Italia (C‑439/99, Racc. pag. I‑305, punti 39 e 40).

36– Si trattava di un sistema volto a dare la priorità, al momento della concessione di nuove autorizzazioni, ai titolari di farmacie.