Edilizia e urbanistica: illegittimo il permesso di costruire fondato su un progetto falso

NOTA

La sentenza ritiene che il permesso di costruire rilasciato in base a una falsa rappresentazione della realtà accertata in sede penale è illegittimo (nella specie, il giudizio penale aveva permesso di accertare che la quota del dislivello tra due terreni confinanti era di 6,50 m. anziché 2 m., come dichiarato dal progettista in progetto, di talché i due piani del costruendo efidicio, che in base ai progetti avrebbero dovuto essere interrati, erano invece fuori terra, con conseguente aumento della cubatura, mancato rispetto dei distacchi e delle inclinate dei fabbricati circostanti e superamento dell’altezza massima consentita)

Ai fini del giudizio di legittimità del permesso di costruire, osserva altresì il Collegio, le risultanze dibattimentali del processo penale sfociato nella condanna penale per falso ieologico del progettista e del legale rappresentante della società interessata, per quanto “(…) non abbiano la vincolante forza del giudicato ai sensi dell’art. 651 c.p.p. o dell’art. 654 c.p.p., hanno tuttavia, per la loro chiarezza e la loro precisione, un valore probatorio forte e decisivo.”.

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N. 02160/2013REG.PROV.COLL.

N. 07688/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7688 del 2012, proposto da:
Condominio di Roma, via Cassia, n. 566, rappresentato e difeso dall’Avv. Paolo Stella Richter, Rosanna Serafini, con domicilio eletto presso Paolo Stella Richter in Roma, viale Giuseppe Mazzini, n. 11;

contro

Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentata e difesa per legge dall’Avv. Andrea Magnanelli, domiciliata in Roma, via del Tempio di Giove, n. 21;

nei confronti di

Igea 98 s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Luisa Fonti e dall’Avv. Giovanni Valeri, con domicilio eletto presso l’Avv. Giovanni Valeri in Roma, viale Mazzini, n. 11, Palazzina H, int. 3;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA: SEZIONE II BIS n. 02592/2012, resa tra le parti, concernente il permesso di costruire relativo alla realizzazione di un edificio a carattere residenziale e commerciale sito in via Cassia, n. 560.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Capitale e di Igea 98 s.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 marzo 2013 il Cons. Massimiliano Noccelli e uditi per le parti l’Avv. Luisa Fonti, l’Avv. Pasquale Di Rienzo (su delega dell’Avv. Paolo Stella Richter) e l’Avv. Domenico Rossi (su delega dell’Avv. Andrea Magnanelli);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso proposto avanti al T.A.R. Lazio, il Condominio di Roma, via Cassia, n. 566, e Roberto Graziella impugnavano il permesso di costruire n. 1281/2003, rilasciato dal Comune di Roma alla Igea 98 s.r.l. per la realizzazione di un edificio, con destinazione residenziale e commerciale, su un terreno limitrofo a quello di proprietà condominiale.

I ricorrenti deducevano tre distinti motivi di illegittimità e, in particolare, la violazione e la falsa applicazione delle N.T.A. del nuovo PRG del Comune di Roma, adottato con delibera consiliare n. 33/03, la violazione e la falsa applicazione della l. 1902/54; la violazione e la falsa applicazione delle norme urbanistiche vigenti; l’eccesso di potere per errore nei presupposti.

Si costituivano in giudizio Igea 98 s.r.l. e il Comune di Roma, contestando l’avversaria domanda e chiedendone il rigetto.

Il T.A.R. Lazio, sez. II bis, con la sentenza n. 2592 del 17.3.2012, rigettava il ricorso proposto dal Condominio, compensando le spese di lite tra le parti.

Avverso tale sentenza proponeva appello il Condominio di Roma, via Cassia, n. 566 (di qui in avanti, per brevità, il Condominio), lamentandone l’erroneità, e ne domandava la riforma, con conseguente accoglimento del ricorso proposto in prime cure.

Si costituivano nel presente giudizio sia Roma Capitale che Igea 98 s.r.l., contestando l’appello ex adverso proposto, e ne chiedevano il rigetto.

All’udienza del 19.3.2013 il Collegio, uditi i difensori delle parti, tratteneva la causa in decisione.

2. L’appello deve essere accolto.

2.1. Il Condominio ha impugnato il permesso di costruire n. 1281/2003, rilasciato da Roma Capitale in favore di Igea 98 s.r.l., assumendo che esso sia stato rilasciato sulla base di un progetto falso, siccome accertato anche incontestabilmente nel giudizio penale, perché in realtà contrastante con lo strumento urbanistico vigente, e senza tener conto, peraltro, di una precedente costruzione, realizzata sul terreno, da computare nella volumetria assentibile.

2.2. Con il primo motivo il Condominio appellante si duole che il T.A.R. non abbia tenuto adeguatamente in considerazione, traendone le debite conseguenze in punto di diritto ai sensi dell’art. 654 c.p.p., le conclusioni alle quali è pervenuta la sentenza di condanna, passata in giudicato, emessa dal Tribunale penale di Roma nei confronti del legale rappresentante e del progettista di Igea 98 s.r.l., sentenza confermata dalla Corte d’Appello di Roma e, infine, dalla Corte Suprema di Cassazione.

In particolare con la sentenza dell’8.4.2011 la Corte d’Appello, nel condannare il legale rappresentante e il progettista di Igea 98 s.r.l. per il delitto di falso ideologico perpetrato nella presentazione del progetto depositato il 1°.9.2003 a corredo della domanda del permesso di costruire, aveva accertato inequivocabilmente che il dislivello tra la via Cassia e gli edifici circostanti, che sui progetti presentati dalla società era pari a 2 metri, in realtà era di 6,50 metri, sicché i due piani, che in base ai progetti avrebbero dovuto essere interrati, erano invece fuori terra, con conseguente aumento della cubatura, mancato rispetto dei distacchi e delle inclinate dei fabbricati circostanti e superamento dell’altezza massima consentita.

2.3. Il T.A.R. ha disatteso la censura mossa sul punto dal Condominio ricorrente in prime cure, ritenendo, sulla documentazione in atti, che emergerebbe che si tratti non di vizi originari del progetto, ma di realizzazione di opere in difformità dal progetto, come si desumerebbe anche dalla D.D. n. 1531 del 17.11.2005, con la quale è stato disposto l’ordine di demolizione delle opere realizzate abusivamente (p. 8 dell’impugnata sentenza).

L’appellante deduce che la falsità del progetto presentato da Igea al Comune, accertata nel giudizio penale, non attiene solo alla mera attuazione dell’opera, come assume il T.A.R., ma inficia ab origine il permesso, come aveva del resto ritenuto, seppur con un obiter dictum, anche la Corte d’Appello, concludendone che “con una corretta rappresentazione del dislivello il permesso di costruire non avrebbe potuto essere rilasciato”.

2.4. L’argomentazione del T.A.R. è erronea, sia in fatto che in diritto.

Anzitutto la Suprema Corte, nel confermare la sentenza della Corte territoriale, ha rilevato che questa, con un apprezzamento di fatto adeguatamente e congruamente motivato, aveva accertato che gli imputati, rispettivamente legale rappresentante e progettista di Igea 98 s.r.l., avevano “attestato l’esistenza di un minore dislivello tra il terreno e gli edifici circostanti; che infatti nei grafici il dislivello era attestato in m. 2, mentre nella realtà era di m. 6,50; che ciò aveva comportato che due piani dell’edificio, che avrebbero dovuto essere interrati, erano stati invece costruiti fuori terra, cosicché il fabbricato realizzato era completamente difforme dal progetto ed in violazione delle distanze dall’edificio finitimo” (Cass. pen., sez. III, 16.1.2012, n. 2458).

Si può convenire in linea di principio con la difesa dell’appellata, allorquando essa rileva che l’art. 651 c.p.p., invocato dal Condominio, non può trovare applicazione, per l’assorbente rilievo che il presente giudizio non riguarda né il risarcimento né le restituzioni conseguenti ai fatti accertati nel giudizio penale.

Deve anche e del pari essere esclusa, per altro verso, l’applicazione dell’art. 654 c.p.p., in quanto non risulta che al processo penale presero parte né il Comune di Roma né Igea 98 s.r.l.

2.5. Ciò premesso, tuttavia, non può il Collegio nemmeno ignorare le risultanze dibattimentali che, per quanto non abbiano la vincolante forza del giudicato ai sensi dell’art. 651 c.p.p. o dell’art. 654 c.p.p., hanno tuttavia, per la loro chiarezza e la loro precisione, un valore probatorio forte e decisivo.

E tali risultanze non sembra aver rettamente inteso e debitamente considerato il giudice di prime cure.

Di fronte a tali risultanze la considerazione del T.A.R. che le opere costruite siano abusive rispetto a quanto “apparentemente” autorizzato dal permesso di costruire non solo non è ostativa, ma anzi recede di fronte al più assorbente e grave rilievo che tali opere sono in realtà il portato di un progetto che, laddove non fosse stato falsificato, mai sarebbe stato approvato dal Comune, perché contrastante con le prescrizioni urbanistiche.

L’ordine di demolizione delle opere abusive, emanato dal Comune, non è che la necessaria e inevitabile conseguenza della falsificazione del progetto presentato al Comune e originariamente assentito, essendo in realtà le opere realizzate conformi al progetto “autentico” dell’impresa, ma difformi da quello falsificato e presentato al Comune per ottenere il permesso di costruire.

Diversamente opinando e negando, come sembra fare il T.A.R., l’incidenza di tali riscontrate falsità sull’originaria validità del permesso di costruire, infatti, sarebbe per absurdum meno penalizzante, per chi aspira ad ottenere il titolo edilizio, presentare un progetto falso e in apparenza conforme agli strumenti urbanistici, con conseguente rilascio del titolo abilitativo – che sarebbe tuttavia, in ipotesi, legittimo, fatto salvo il successivo ed eventuale potere sanzionatorio di abbattere le opere abusive – anziché presentare, come è doveroso, un progetto “veritiero” e assentibile fin dall’inizio.

L’assurdità di tale conclusione dimostra l’erroneità della premessa, poiché è ovvio che un titolo edilizio che si fondi su una falsa e artatamente distorta rappresentazione progettuale, frutto di attività delittuosa, è illegittimo, laddove quella vera contrasti con gli strumenti urbanistici, quanto meno per l’errore nel quale è indotta – pur involontariamente – la p.a., con il conseguente sviamento del suo potere di disciplinare un ordinato assetto del territorio, e debba essere annullato, senza che sia consentito al privato intraprendere la costruzione di un edificio sulla base di esso, per poi vedersi sanzionata, eventualmente e solo ex post, la difformità rispetto al progetto (falso) presentato al Comune con l’ordine di demolizione.

2.6. Ne discende, quindi, che il titolo edilizio debba essere annullato, con conseguente accoglimento del primo motivo proposto dal Condominio in prime cure.

3. Merita altresì accoglimento, per ragioni analoghe a quelle sopra espresse, anche il secondo motivo proposto dal Condominio appellante.

Questo si duole che il T.A.R. abbia erroneamente ritenuto che si dovesse applicare all’istanza presentata da Igea 98 s.r.l. l’indice edificatorio di 1,5 mq/mc, previsto dal previgente PRG, anziché quello di 0,96 mq/mc, introdotto dal NPRG.

Secondo il giudice di prime cure, infatti, alla data del 12.5.2003, allorché fu presentata l’istanza relativa alla proposizione del progetto edilizio per la realizzazione dell’edificio, era già stato adottato il NPRG (Del. C.C. 19/20 marzo 2003, n. 33) e avrebbe dovuto, quindi, trovare applicazione la norma ivi contenuta (art. 105 NTA), secondo cui le prescrizioni del NPRG “nel periodo intercorrente tra l’adozione e la definitiva approvazione, non si applicano: […] alle concessioni richieste entro il 18 giugno 2002 e non ancora rilasciate alla data di adozione del presente PRG, relative ad aree non interessate dalla Variante delle Certezze”.

Rileva il T.A.R. che tale disciplina transitoria, volta a rendere più agevole il passaggio dal precedente al nuovo strumento urbanistico, consentirebbe la prosecuzione nell’applicazione del precedente PRG, in un periodo di salvaguardia limitata nel tempo.

3.1. L’affermazione del T.A.R., ad onta delle critiche mosse dall’appellante, il quale assume che le norme di salvaguardia non sarebbero derogabili nemmeno dal nuovo PRG per il loro effetto vincolante predefinito dalla legge, merita condivisione.

Questo Consiglio ha già avuto modo di chiarire, sul punto, che la normativa sulla obbligatorietà delle misure di salvaguardia, riguardante il divieto per l’autorità monocratica di rilasciare titoli edilizi contrastanti con il piano adottato, non riguarda “l’esercizio del potere di pianificazione del consiglio comunale, che – nel dare il contenuto al piano adottato – può disporre la prevalenza di alcune previsioni del piano tuttora vigente, per la realizzazione di ben identificati interventi edilizi”, come nel caso di specie, purché “determini un criterio obiettivo e certo, anche sotto il profilo temporale” (Cons. St., sez. IV, 4.5.2009, n. 2793).

Appare dunque legittima la previsione della norma transitoria dell’art. 105 NTA, intesa a consentire l’applicazione del vecchio piano regolatore per alcune tipologie di concessioni richieste in un lasso di tempo limitato.

3.2. Non può nemmeno trascurarsi per altro verso, come ha correttamente rilevato il T.A.R., che Igea 98 s.r.l. ha presentato istanza relativa alla proposizione del progetto edilizio per la realizzazione dell’edificio sul terreno in oggetto – analogo a quello già sottoposto al Comune in data 25.6.1990, prot. n. 47278, non assentito con ordinanza n. 71/92 – in esecuzione della sentenza del T.A.R., sez. II, n. 2700/2003, che aveva annullato la citata ordinanza, impugnata dalla stessa Igea.

Il primo giudice ha rilevato che dalla relazione tecnica a corredo della domanda emerge che si tratta dello stesso progetto edilizio già presentato nel 1990 al Comune.

Non rileva, in senso contrario, che il “nuovo” progetto fosse stato presentato solo dopo l’approvazione del NPRG poiché esso, riproposto formalmente ex novo solo a seguito delle vicende che avevano condotto all’annullamento della precedente ordinanza n. 71/91, era meramente riproduttivo di quello originariamente e illegittimamente non assentito.

Tale circostanza, invero, non appare contestata nemmeno dallo stesso Condominio appellante, sicché per tale aspetto appare corretta la decisione di ritenere applicabile al “nuovo” progetto il vecchio indice fondiario previsto dal previgente PRG.

3.3. Ma, anche volendo accedere alla più corretta – nei termini sopra precisati – tesi dall’applicazione del vecchio indice fondiario di 1,5 mc/mq previsto dal PRG (all’epoca) vigente per l’area in questione, come sostiene la parte appellata, non vi è dubbio che il progetto presentato al Comune superasse ampiamente anche tale limite.

Al riguardo occorre rilevare quanto segue.

Il T.A.R., con ordinanza istruttoria n. 6573/11 del 21.7.2011, richiedeva al Comune di Roma una relazione tecnica dettagliata sulla vicenda in esame.

A tale richiesta faceva riscontro il Comune di Roma, depositando una nota dell’8.11.2011, corredata di una documentata relazione tecnica.

Da tale nota si desume che è lo stesso tecnico della Igea 98 s.r.l. a riconoscere, nella relazione presentata al Comune, che “il lotto oggetto della richiesta di edificazione ha una superficie di 3762 mq e non di 4502,37 come dichiarato dal precedente progettista nel permesso di costruire originario” (p. 3 della relazione).

La non veritiera attestazione di una superficie superiore nel progetto originario, dunque, consentì ad Igea 98 s.r.l. di ottenere il permesso di costruire nonostante il superamento anche dell’indice preesistente di 1,5 mq/mc, al punto che nella medesima relazione, a p. 3, si afferma che Igea si risolse a chiedere una serie di varianti, tra le quali quella protocollata come n. 99370/06, i “cui elaborati grafici allegati prevedono una serie di interventi di demolizione con l’intenzione di ricondurre la cubatura all’interno dell’indice di mq 1,5”.

Appare evidente, quindi, che la imprecisa – per non dire infedele – rappresentazione dei dati contenuti nell’originario progetto, anche per tale riguardo, condusse al rilascio di un permesso di costruire pure per questo aspetto illegittimo, permesso che deve, anche per questa ragione, essere senza indugio annullato.

3.4. L’accoglimento di tali motivi assorbe tutte le ulteriori questioni dedotte in prime cure e riproposte nel presente giudizio di appello.

4. Per completezza motivazionale si deve qui solo aggiungere, in ordine al terzo motivo di appello, con il quale il Condominio ha lamentato che il Tribunale avrebbe omesso di scrutinare il secondo motivo del ricorso originario, inerente alla circostanza che una parte della superficie del terreno indicato nel progetto era già stata asservita ad una precedente costruzione e, dunque, non poteva essere utilizzata nel calcolo, che tale motivo non appare fondato.

Qui basti rilevare in sintesi che all’atto del rilascio del titolo, infatti, Igea 98 s.r.l. con atto d’obbligo del 24.10.2003 si era impegnata a demolire un vetusto manufatto esistente sull’area.

In tale atto si riconosce, da parte di Igea 98 s.r.l., la proprietà “di un terreno della superficie di metri quadrarti 4.502,37, con sovrastante fabbricato da demolire”, disponendo il vincolo dell’intera area di proprietà a servizio della progettata costruzione.

A seguito della concessione del permesso, come descritto nell’atto d’obbligo, il manufatto è stato demolito, secondo quanto sembra emergere anche dalle fotografie allegate alla relazione di consulenza tecnica d’ufficio depositata nel giudizio civile che ha viste coinvolte le parti in ordine alla questione del rispetto delle distanze legali.

Sembra dunque essere smentita o, almeno, superata la tesi, sostenuta dall’appellante, secondo cui dall’esame di un precedente atto d’obbligo, rilasciato tempo addietro agli originari proprietari dell’area, la superficie da detrarre, ai fini del calcolo della volumetria massima ammissibile, sarebbe risultata sicuramente superiore a 443 mq.

5. In conclusione, per gli esposti motivi, l’appello va quindi accolto, con conseguente riforma della sentenza impugnata, e in accoglimento del ricorso di primo grado deve essere, conseguentemente, annullato il permesso di costruire n. 1281/2003, rilasciato da Roma Capitale in favore di Igea 98 s.r.l.

6. Le spese di entrambi i gradi del giudizio, liquidate in dispositivo, seguono solidalmente la soccombenza delle parti appellate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, accoglie il ricorso di primo grado, annullando il permesso di costruire n. 1281/2003 rilasciato da Roma Capitale ad Igea 98 s.r.l.

Condanna in solido Igea 98 s.r.l. e Roma Capitale a rifondere in favore del Condominio di Roma, via Cassia, n. 566, le spese di entrambi i gradi del giudizio, che liquida nel complessivo importo di € 10.000,00, oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 marzo 2013 con l’intervento dei magistrati:

Paolo Numerico, Presidente

Diego Sabatino, Consigliere

Andrea Migliozzi, Consigliere

Fulvio Rocco, Consigliere

Massimiliano Noccelli, Consigliere, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 18/04/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)