Assegno perequativo ad personam e aumento stipendiale conseguente ad accesso a nuova qualifica

NOTA

L’assegno perequativo ad personam previsto dall’art. 202 d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, come modificato dall’art. 3, comma 57, l. 24 dicembre 1993, n. 537 – riconosciuto al professore straordinario in funzione della garanzia di un trattamento economico non deteriore rispetto a quello percepito nell’Amministrazione di provenienza (nella specie, ruoli della magistratura del Ministero della Giustizia) – è riassorbibile nei casi di aumento stipendiale conseguente al superamento del periodo di straordinariato, limitatamente all’aumento conseguito per effetto dell’accesso alla nuova qualifica (nel caso deciso, per effetto del passaggio alla qualifica di professore ordinario).

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N. 03632/2011REG.PROV.COLL.

N. 03232/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3232 del 2006, proposto dall’Università degli Studi del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro”, in persona del Rettore in carica, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

contro

la signora Vipiana Piera (Maria), non costituita in giudizio nel presente grado;

per la riforma della sentenza del T.A.R. PIEMONTE – TORINO, SEZIONE prima, n. 195/2006, resa tra le parti, concernente RIDETERMINAZIONE ASSEGNO PERSONALE

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 marzo 2011 il Cons. Bernhard Lageder e udito per le parti l’avvocato dello Stato Santoro;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso n. 1530 del 2000, la prof.ssa Vipiana Piera (Maria), docente di diritto amministrativo presso l’Università del Piemonte Orientale, impugnava dinnanzi al T.A.R. per il Piemonte gli atti con i quali l’Università, nel marzo 2000, aveva provveduto a rideterminare ex art. 8, comma 4, l. 19 ottobre 1999, n. 370, a far tempo dalla sua nomina a professore ordinario (con decorrenza 1° novembre 1997), l’assegno personale pensionabile che le era stato riconosciuto ai sensi dell’art. 3, comma 57, l. 24 dicembre 1993, n. 537, con decorrenza dal 1 novembre 1994, in occasione della nomina a professore straordinario, in misura pari alla differenza fra stipendio in godimento nella carriera di provenienza (magistratura ordinaria) e quello spettante nella carriera universitaria, per la quale essa aveva optato dopo aver vinto il relativo concorso.

L’assegno ad personam, ammontante a lire 17.945.754, in esito alla rideterminazione era stato ridotto all’importo di lire 15.277.197.

La ricorrente proponeva altresì azione volta all’accertamento del proprio diritto a veder conservato l’assegno personale nell’ammontare originariamente riconosciuto, nonché azione di condanna dell’Amministrazione resistente al pagamento delle somme illegittimamente ritenute.

2. L’adito T.A.R., con la sentenza in epigrafe, provvedeva come segue:

– (i) dichiarava l’inammissibilità dell’azione di annullamento per mancata impugnazione del provvedimento concretamente lesivo, ossia del decreto del direttore amministrativo n. 256 del 16 marzo 2000, col quale era stato rideterminato l’assegno de quo (mentre le note impugnate n. 1208 del 9 marzo 2000 e n. 1474 del 23 marzo 2000 costituivano mere comunicazioni, prive di efficacia lesiva);

– (ii) accoglieva, invece, parzialmente le azioni di accertamento e di condanna (ritenute ammissibili, sul rilievo che erano stati fatti valere diritti soggettivi a contenuto patrimoniale inerenti a rapporto di pubblico impiego attratto nell’orbita della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo), riconducendo la fattispecie dedotta in giudizio nell’ambito di applicabilità della disposizione, di natura innovativa, contenuta nel comma 5 dell’art. 8 l. 19 ottobre 1999, n. 370 (anziché della disposizione d’interpretazione autentica contenuta nel precedente comma 4, applicata dall’Università), di conseguenza affermando il diritto della ricorrente a conservare l’assegno ad personam nell’importo originariamente stabilito fino al giorno precedente l’entrata in vigore della l. n. 370/1999, ossia fino al 26 ottobre 1999, e condannando l’Università “a restituire alla ricorrente le somme trattenute sullo stipendio, per effetto della rideterminazione dell’assegno personale, con riferimento al periodo compreso tra il 1 novembre 1997 (data alla quale ha retroagito la rideterminazione dell’assegno) e il 26 ottobre 1999”, maggiorate di interessi legali e rivalutazione monetaria;

– (iii) respingeva la domanda di accertamento del diritto della ricorrente a conservare l’assegno personale nell’importo originariamente stabilito per il periodo successivo al 26 ottobre 1999;

– (iv) dichiarava le spese di causa interamente compensate fra le parti.

3. Avverso tale sentenza interponeva appello l’Università, deducendo i seguenti motivi:

a) l’erronea applicazione e interpretazione degli artt. 8, commi 4 e 5, l. 19 ottobre 1999, n. 370, in relazione agli artt. 3, commi 57 e 58, l. 24 dicembre 1993, n. 537, e 36 d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382;

b) la violazione degli artt. 16, comma 6, l. 30 dicembre 1991, n. 412, e 22, comma 36, l. 23 dicembre 1994, n. 724, che sanciscono il divieto di cumulo tra rivalutazione monetaria e interessi per i crediti retributivi a decorrere dal 31 dicembre 1994;

c) l’erronea statuizione restitutoria, essendo le somme oggetto della pronuncia di condanna in parte mai state trattenute e in parte già restituite.

L’appellante chiedeva dunque, in riforma della gravata sentenza, l’integrale rigetto del ricorso in primo grado.

4. Sebbene ritualmente evocata in giudizio, l’appellata ometteva di costituirsi nel presente grado.

5. All’udienza pubblica dell’8 marzo 2011 la causa veniva trattenuta in decisione.

6. Il primo motivo d’appello, di cui sopra sub 3.a), è fondato e merita accoglimento.

6.1. Sulla base dell’acquisita documentazione, la fattispecie concreta dedotta in giudizio va ricostruita come segue.

La ricorrente in primo grado, proveniente dalla carriera della magistratura ordinaria, con decreto rettorale del 20 ottobre 1994, in seguito a concorso, è stata nominata professore straordinario per la disciplina di diritto amministrativo presso la Facoltà di Economia dell’Università degli studi di Venezia, a decorrere dal 1 novembre 1994.

Per effetto di detta nomina, in sede di determinazione del trattamento economico le era stato attribuito, oltre allo stipendio corrispondente alla classe iniziale a tempo pieno, l’assegno personale pensionabile ex art. 202 d..R. 10 gennaio 1957, n. 3, come modificato dall’art. 3, comma 57, l. 24 dicembre 1993, n. 537, nella misura di lire 17.945.754, in funzione della garanzia di un trattamento economico non deteriore rispetto a quello percepito nell’Amministrazione di provenienza.

La stessa, con decorrenza dal 1° novembre 1997, è stata nominata professore ordinario per la disciplina di diritto amministrativo presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Torino, sede di Alessandria, con attribuzione del correlativo trattamento economico (pari all’importo di lire 49.211.324) e fermo restando l’assegno personale pensionabile di lire 17.945.754.

Con provvedimento n. 256 del 16 marzo 2000 del Direttore amministrativo dell’Università degli Studi del Piemonte Orientale, oggetto di contestazione, tale assegno personale è stato rideterminato nell’importo di lire 15.277.197, con riduzione per l’importo di lire 2.668.557, risultante dalla differenza tra l’importo di lire 49.211.324 (corrispondente allo stipendio classe 0, I° progressione economica, spettante con decorrenza dal 1 novembre 1997, in esito alla nomina a professore ordinario e al correlativo superamento del periodo di straordinariato) e l’importo di lire 46.542.767 (corrispondente allo stipendio classe 0/1, percepito al 31 ottobre 1997).

La rideterminazione dell’assegno personale – consistente nel suo parziale assorbimento in conseguenza della revisione in melius del trattamento economico complessivo spettante alla ricorrente in primo grado nella superiore qualifica (di professore ordinario) medio tempore acquisita –, è stata motivata con richiamo all’art. 8, comma 4, l. 19 ottobre 1999, n. 370.

Ne è sorta la diatriba interpretativa meglio esposta sopra sub 2.(ii), risolta dal T.A.R. nel senso della riconduzione della fattispecie nell’ambito di applicabilità del comma 5 del citato art. 8, con decorrenza a far tempo dall’entrata in vigore di detta disposizione normativa.

6.2. Con riguardo al quadro normativo, nel quale si colloca la fattispecie dedotta in giudizio, si osserva che i commi 57 e 58 dell’art.3 l. 24 dicembre 1993, n. 537, testualmente dispongono:

57. Nei casi di passaggio di carriera di cui all’articolo 202 del citato testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, ed alle altre analoghe disposizioni, al personale con stipendio o retribuzione pensionabile superiore a quello spettante nella nuova posizione è attribuito un assegno personale pensionabile, non riassorbibile e non rivalutabile, pari alla differenza fra lo stipendio o retribuzione pensionabile in godimento all’atto del passaggio e quello spettante nella nuova posizione.

58. L’assegno personale di cui al comma 57 non è cumulabile con indennità fisse e continuative, anche se non pensionabili, spettanti nella nuova posizione, salvo che per la parte eventualmente eccedente”.

I commi 4 e 5 dell’art. 8 l. 19 ottobre 1999, n. 370, dispongono:

4. L’articolo 3, comma 57, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, si interpreta nel senso che l’assegno personale ivi previsto ed attribuito in applicazione degli articoli 36, ultimo comma, e 38, ultimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, ai docenti e ai ricercatori universitari, è rideterminato all’atto della conferma o del superamento del periodo di straordinariato per effetto del trattamento stipendiale spettante anche a seguito del riconoscimento dei servizi previsto dall’articolo 103 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980. Il maggiore trattamento stipendiale derivante da interpretazioni difformi da quella di cui al presente comma è riassorbito con i successivi miglioramenti economici. È fatta salva l’esecuzione dei giudicati non conformi all’interpretazione autentica recata dal presente comma.

5. Nei casi in cui la normativa vigente consenta al personale assunto o rientrato nei ruoli dei professori e ricercatori universitari di conservare l’importo corrispondente alla differenza tra il trattamento economico complessivo goduto nel servizio o nell’incarico svolto precedentemente e quello attribuito al professore o ricercatore universitario di pari anzianità, tale importo è attribuito come assegno ad personam da riassorbire per effetto sia della progressione economica e dell’assegno aggiuntivo di cui agli articoli 36, 38 e 39 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, sia di ogni altro incremento retributivo attribuito al personale docente e ricercatore delle università”.

L’art. 36, ultimo comma, d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 – applicabile ai professori universitari (mentre l’art. 38, pure richiamato dal sopra citato art. 8, si riferisce ai ricercatori) – statuisce che

In sede di primo inquadramento e successivamente nelle ipotesi di passaggio di qualifica di carriera, o da una ad altra fascia, al personale con stipendio superiore a quello iniziale di inquadramento o rispettivamente di accesso a posizione superiore, sono attribuiti nella nuova posizione stipendiale tanti scatti del 2,50 per cento necessari ad assicurare uno stipendio di importo pari o immediatamente superiore a quello in godimento”.

6.3. Orbene, dalla lettura delle richiamate disposizione emerge de plano che la norma applicabile alla fattispecie concreta dedotta in giudizio è quella contenuta nel comma 4 dell’art. 8 l. 19 ottobre 1999, n. 370, recante l’interpretazione autentica dell’art. 3, comma 57, l. 24 dicembre 1993, n. 537, e ricognitiva della regola, secondo cui l’assegno perequativo ad personam previsto da tale ultima disposizione di legge – la quale aveva introdotto il principio della tendenziale non riassorbibilità dell’assegno ex art. 202 d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 –, resta riassorbibile nei casi (quale quello sub iudice) di aumento stipendiale conseguente al superamento del periodo di straordinariato, limitatamente all’aumento conseguito per effetto dell’accesso alla nuova qualifica (nel caso di specie, per effetto del passaggio alla qualifica di professore ordinario).

Il riferimento testuale, contenuto nella norma d’interpretazione autentica, all’assegno personale previsto dall’art. 3, comma 57, l. n. 537/1993 – oltreché a quello riconosciuto ex art. 36, ultimo comma, d.p.r. n. 382/1980, per effetto di progressioni interne alla carriera universitaria, costituente un’applicazione speciale del principio del divieto della reformatio in peius sancito dall’art. 202 d.P.R. n. 3/1957 –, vi include in modo chiaro e univoco l’assegno ad personam attribuito in occasione del passaggio di carriera nell’ambito di una stessa, oppure anche di diverse amministrazioni (purché statali), e dunque anche l’assegno personale attribuito all’odierna appellata in misura pari alla differenza tra il trattamento economico complessivo già in godimento quale magistrato ordinario e quello spettante quale professore straordinario.

Tale assegno personale è, pertanto, soggetto a riassorbimento, in applicazione dell’interpretazione autentica recata dall’art. 8, comma 4, l. n. 370/1999 all’art. 3, comma 57, l. n. 537/1993, limitatamente all’aumento conseguito per effetto del superamento del periodo di straordinariato e con decorrenza dalla conferma nella nuova qualifica di professore ordinario (nella specie, dal 1° novembre 1997).

La natura di norma d’interpretazione autentica del citato comma 4 dell’art. 8, cui consegue la sua applicabilità anche a fattispecie pregresse non ancora esaurite, discende, oltreché dall’autoqualificazione legislativa, dalla funzione, di sostanziale natura ermeneutica, di chiarire l’ambito applicativo del principio di non riassorbibilità dell’assegno ex art. 202 d.P.R. n.3/1957, stabilito dall’art. 3, comma 57, l. n. 537/1993.

La limitazione – operata nell’impugnata sentenza – dell’ambito applicativo del comma 4 del citato art. 8 ai casi di progressione economica dei docenti all’interno della carriera universitaria, contrasta con il riferimento, di portata generale e senza ulteriori specificazioni, all’assegno personale di cui all’art. 3, comma 57, l. n. 537/1993, contenuto nella norma interpretativa.

Il comma 5 del citato art. 8 invece contempla le fattispecie più specifiche, nelle quali la normativa vigente consente al personale assunto o rientrato nei ruoli dei professori (e ricercatori) universitari di conservare l’importo corrispondente alla differenza tra il trattamento economico complessivo goduto nel servizio o nell’incarico svolto precedentemente e quello attribuito al professore (o ricercatore) universitario di pari anzianità, e ne prevede, con norma innovativa, la riassorbibilità anche in relazione agli aumenti stipendiali conseguenti sia alla progressione economica e all’assegno aggiuntivo di cui all’art. 36 (e agli artt. 38 e 39) d.P.R. n. 382/1980, sia ad ogni altro incremento retributivo – e dunque non limitatamente a quello conseguente alla conferma o al superamento del periodo di straordinariato –, con effetti peraltro meno favorevoli per il personale docente che vi rientra, rispetto a quelli scaturenti dall’applicazione del precedente comma 4, poiché l’assegno, in una prospettiva a lungo termine, nel corso del rapporto d’impiego sarà, normalmente, destinato ad essere riassorbito totalmente.

7. Per le esposte ragioni, l’operato dell’Amministrazione, applicativo del meccanismo di riassorbimento (più limitato) delineato dalla norma d’interpretazione autentica contenuta nel comma 4 del citato art. 8 l. n. 370/1999, deve ritenersi pienamente legittimo, sicché, in riforma della gravata sentenza, il ricorso di primo grado deve essere integralmente disatteso.

Restano assorbiti i motivi di appello, di cui sopra sub 3.b) e 3.c), presupponenti la reiezione del primo motivo, il quale invece, per quanto sopra esposto, ha trovato accoglimento.

8. Considerata la natura delle questioni versate in giudizio, si ravvisano i presupposti di legge per dichiarare le spese del doppio grado interamente compensate fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello (Ricorso n. 3232 del 2006), come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, respinge integralmente il ricorso in primo grado (Ricorso n. 1530 del 2000 T.A.R.-Piemonte); dichiara le spese del doppio grado interamente compensate fra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 marzo 2011 con l’intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti, Presidente

Maurizio Meschino, Consigliere

Roberto Garofoli, Consigliere

Bruno Rosario Polito, Consigliere

Bernhard Lageder, Consigliere, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 15/06/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)