Sulla cognomizzazione dei predicati nobiliari

NOTA

Il parere si pronuncia per la reiezione del ricorso straordinario proposto avverso il provvedimento di diniego di aggiunta di cognome e predicati nobiliari invocato dal cittadino (cd. cognomizzazione dei predicati nobiliari).

La Sezione I premette che i predicati nobiliari, nell’ordinamento costituzionale repubblicano, restano al di fuori del mondo giuridico e non costituiscono contenuto di alcun diritto (la XIV Disposizione Finale della Costituzione prevede che “i titoli nobiliari non sono riconosciuti. I predicati di quelli esistenti prima del 28 ottobre 1922 valgono come parte del nome”).

Il Collegio osserva che il cognome della persona è andato via via assumendo la funzione anche di strumento identificativo della persona, e in tale sviluppo si inserisce anche la cd. cognomizzazione del predicato nobiliare, che ricorre quando una specifica denominazione (di varia origine: geografica, fisica, storica, caratteriale, ecc.) acquista la particolare forza individualizzante di uno specifico casato o di una stirpe, dalla cui appartenenza un soggetto intenda ricavare e far derivare un diritto soggettivo al nome (v. Cass., Sent. n. 10936 del 7.11.1997).

La decisione sottolinea, tuttavia, che le vicende relative alla cognomizzazione dei predicati nobiliari, poiché non sono valutabili secondo i criteri di successione nei titoli nobiliari ma alla stregua di quelli stessi criteri che disciplinano i modi di acquisizione del nome, ricadono nella competenza esclusiva dell’Autorità Giudiziaria Ordinaria, secondo le regole dettate per la tutela del nome, concentrandovi una azione di accertamento di un diritto soggettivo (art. 6, c.c.) che esula dall’ambito discrezionale dell’autorità amministrativa.

Il Collegio esclude che in senso diverso possa assumere consistenza “il preteso diritto avanzato dal ricorrente ad una “ricostruzione” del cognome spettante alla famiglia (peraltro non sorretto da idonea documentazione di stato civile) con l’integrazione di predicati di qualsiasi natura, trattandosi pur sempre di verifica della titolarità di un diritto nell’ambito di una azione di accertamento ex art. 7 del Codice Civile, spettando unicamente al Ministero, in base all’art. 84 e seguenti del D.P.R. n. 396 del 2000 la facoltà di modificare discrezionalmente un cognome in presenza di specifiche serie motivazioni, con esclusione dell’attribuzione di cognomi di importanza storica, come nel caso di specie .”.

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Numero 01783/2012 e data 12/04/2012

REPUBBLICA ITALIANA

Consiglio di Stato

Sezione Prima

Adunanza di Sezione del 18 maggio 2011

NUMERO AFFARE 02347/2010

OGGETTO:

Ministero dell’interno – dipartimento affari interni e territoriali.

Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dal Sig. X. Y. avverso provvedimento di diniego di aggiunta di cognome e predicati nobiliari.

LA SEZIONE

Vista la relazione trasmessa con nota prot. n. 0005351 del 3 maggio 2010, pervenuta il 13 maggio successivo, con la quale il Ministero dell’Interno, Dipartimento per gli affari interni e territoriali, chiede il parere del Consiglio di Stato in ordine al ricorso in oggetto;

Esaminati gli atti e udito il relatore consigliere Giuseppe Roxas;

Premesso:

Il Sig. X. Y. ha presentato domanda, ai sensi dell’art. 84 del novembre 2000, n. 396 (ordinamento dello Stato Civile) di aggiunta del cognome “P.” e del predicato “Von Hottenstanfon Plantagenet Heristal Comneno Schaben Bareu Holenzolleru Altavilla”.

L’istanza era diretta a conseguire l’aggiunta al proprio cognome di quello della nonna materna Givanna P., con tutti i predicati nobiliari sopra indicati, preesistenti al 28 ottobre 1922 e spettanti alla famiglia di questa, ai sensi della XIV Disposizione finale della Costituzione.

La domanda, presentata alla Prefettura di Caserta (comune di nascita del richiedente) veniva trasmessa per competenza alla Prefettura di Catanzaro (comune di residenza) che la inoltrava, con parere negativo, al Ministero dell’Interno.

Tenuto conto degli atti forniti a corredo dell’istanza, privi di indicazioni circa la effettiva reperibilità agli avi dell’interessato e, comunque, estranei alla documentazione di stato civile (atti di nascita e relativi allegati) e anagrafica, veniva interpellato l’Archivio Centrale dello Stato, che detiene il fondo documentale proveniente dall’ex Consulta Araldica.

Tale istituto evidenziava che, negli atti posseduti, figurava unicamente la famiglia P., ma che non disponeva di strumenti per accertare se si trattasse di ascendenti della nonna materna del richiedente.

Su tali basi, la competente Direzione Generale comunicava all’interessato, ai sensi dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990, un preavviso di diniego, specificando di poter eventualmente valutare in termini positivi la sola aggiunta del cognome “P.” (fosse o meno da identificare con la nobile famiglia indicata dal richiedente) considerando altresì che l’aggiunta di predicati nobiliari esula dalle competenze ministeriali.

In assenza di riscontro positivo da parte dell’istante, con decreto ministeriale del 6 marzo 2008, la domanda veniva respinta.

Avverso tale provvedimento propone ricorso straordinario al Capo dello Stato il Sig. V., nella sostanza ribadendo la sussistenza dei presupposti per la concessione delle richieste aggiunte al cognome.

L’Amministrazione ritiene il ricorso infondato e ne chiede la reiezione.

Considerato:

Giova premettere che, nel vigente ordinamento repubblicano, i titoli nobiliari non costituiscono contenuto di un diritto e, più ampiamente, non conservano alcuna rilevanza, restando estranei al mondo giuridico.

Ai sensi XIV Disposizione Finale della Costituzione invero, “i titoli nobiliari non sono riconosciuti. I predicati di quelli esistenti prima del 28 ottobre 1922 valgono come parte del nome”.

In proposito, va rilevato che, secondo l’insegnamento della Corte Costituzionale, “accanto alla tradizionale funzione del cognome quale segno identificativo della discendenza familiare, con le tutele conseguenti a tale funzione, occorre riconoscere che il cognome stesso in alcune ipotesi già gode di una distinta tutela anche nella sua funzione di strumento identificativo della persona” (Corte cost. 3 febbraio 1994, n. 13). Fra queste ipotesi la giurisprudenza della Cassazione ha ammesso anche quella che suole definirsi, con un neologismo, cognomizzazione del predicato nobiliare (Cass. Civ., n. 2426 del 7 marzo 1999).

Si tratta dei casi nei quali una specifica denominazione (di varia origine: geografica, fisica, storica, caratteriale, ecc.) acquista la particolare forza individualizzante di uno specifico casato o di una stirpe, dalla cui appartenenza un soggetto intenda ricavare e far derivare un diritto soggettivo al nome (Cass., Sent. n. 10936 del 7.11.1997).

Ne consegue che “poiché l’intento del Costituente fu quello di evitare che, dal disconoscimento dei titoli nobiliari potesse derivare una lesione del diritto al nome, le vicende del diritto attribuito dalla XIV Disposizione devono essere valutate non secondo le norme che regolavano la successione nei titoli nobiliari, ma alla stregua di quelli che disciplinano i modi di acquisizione del nome, e, conseguentemente, che la tutela di tale diritto sotto ogni aspetto (sia per quanto attiene alle forme del procedimento ed a soggetti legittimati a prendervi parte sia per quanto riguarda l’esecuzione dei provvedimenti) deve seguire le regole che il vigente ordinamento detta per la tutela del diritto al nome.

Ne segue che le vicende relative alla cognomizzazione dei predicati nobiliari è rimessa alla competenza esclusiva dell’Autorità Giudiziaria Ordinaria, secondo le regole dettate per la tutela del nome, concentrandovi una azione di accertamento di un diritto soggettivo (art. 6, Codice Civile) che esula dall’ambito discrezionale dell’autorità amministrativa.

In tal senso, la circolare n. 10/2008 del 3l settembre 2008 (prot. F/397-9436) dispone che, ogni qualvolta la domanda dell’interessato, se pur formalmente rivolta all’Amministrazione come domanda di modifica del cognome, sia in realtà motivata e giustificata dal presunto diritto a vedesi riconoscere la cognomizzazione di predicati nobiliari, tale domanda non potrà trovare accoglimento, dovendo il richiedente necessariamente proporre azione in via contenziosa ordinaria nei confronti del Pubblico Ministero, dell’Ufficio Araldico presso la Presidenza del Consiglio e degli eventuali controinteressati.

Né può assumere consistenza il preteso diritto avanzato dal ricorrente ad una “ricostruzione” del cognome spettante alla famiglia (peraltro non sorretto da idonea documentazione di stato civile) con l’integrazione di predicati di qualsiasi natura, trattandosi pur sempre di verifica della titolarità di un diritto nell’ambito di una azione di accertamento ex art. 7 del Codice Civile, spettando unicamente al Ministero, in base all’art. 84 e seguenti del D.P.R. n. 396 del 2000 la facoltà di modificare discrezionalmente un cognome in presenza di specifiche serie motivazioni, con esclusione dell’attribuzione di cognomi di importanza storica, come nel caso di specie.

Conclusivamente, per le esposte considerazioni, il provvedimento impugnato appare pienamente legittimo e il ricorso deve essere respinto.

P.Q.M.

esprime il parere che il ricorso debba essere respinto.

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

Giuseppe Roxas Filippo Patroni Griffi

IL SEGRETARIO

Roberto Talamini