Aiuto primario e mansioni superiori

NOTA

Con la sentenza in rassegna, il Consiglio ribadisce il principio secondo cui spetta all’aiuto (primario) il trattamento economico per lo svolgimento di mansioni superiori in caso di sostituzione del primario nello svolgimento delle relative funzioni.

Il Collegio osserva che tale pretesa al riconoscimento di emolumenti aggiuntivi non può trovare ostacolo nelle norme – generali e di settore – che variamente limitano lo svolgimento di mansioni superiori nell’ambito dell’impiego alle dipendenze della P.A., trovando, invero, un saldo ancoramento nella norma speciale (art. 7, co. 5, D.P.R. 27 marzo 1969 n. 128) secondo cui la sostituzione del primario da parte dell’aiuto rientra in un ambito fisiologico di intervento a fronte di una situazione di vacatio del primo ed è annoverabile tra gli ordinari compiti della posizione funzionale di aiuto.

La Sezione ritiene altresì che il trattamento economico superiore deve essere corrisposto all’aiuto per l’intero periodo di sostituzione, cioè anche oltre il periodo semestrale di sostituzione contemplato dall’art. 121, comma 7, del D.P.R. 28 novembre 1990 n. 384.

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N. 02075/2012REG.PROV.COLL.

N. 05379/2001 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5379 del 2001, proposto da X. Y., rappresentato e difeso dagli avv.ti Ferdinando Scotto e Felice Laudadio, con domicilio eletto presso Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18;

contro

A.S.L. Napoli 1 e Gestione Liquidatoria ex Usl 44, rappresentati e difesi dall’avv. Lorenzo Mazzeo, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Gorizia, 22;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI: SEZIONE V n. 00858/2000, resa tra le parti, concernente CORRESPONSIONE SOMME

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 marzo 2012 il Cons. Alessandro Botto;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Il dottor Y. X. propone appello avverso la sentenza citata in epigrafe, con cui il TAR ha accolto solo parzialmente la sua domanda di accertamento del diritto a percepire le differenze retributive relative al periodo in cui ha svolto le mansioni primariali.

Afferma l’appellante che, in seguito all’assenza del primario di virologia, in qualità di unico aiuto di ruolo del servizio medesimo , egli ha svolto le funzioni di primario al 1 aprile 1987 al 31 maggio 1987, dal 7 luglio 1987 al 4 settembre 1987, dal 28 settembre 1987 al 28 dicembre 1993 e che con delibera del 31 maggio 1988 la USL 4 ha riconosciuto formalmente lo svolgimento di tali funzioni primariali, confermando tale incarico fino alla copertura del posto mediante selezione concorsuale. L’Amministrazione, invece, non ha corrisposto le differenze retributive relative allo svolgimento delle mansioni superiori svolte.

Il TAR adito, con la sentenza sopra citata, ha riconosciuto solo parzialmente fondata la pretesa del ricorrente, ritenendo dovute le differenze retributive maturate nel semestre successivo al sessantesimo giorno dallo svolgimento delle mansioni superiori medesime. Infatti, il Tar ha ritenuto che le funzioni superiori svolte successivamente a tale termine, in quanto originate da atto nullo (ai sensi dell’art. 14, comma 8, della legge n. 297/1985), fossero improduttive di qualsiasi effetto, anche retributivo.

Ad avviso dell’appellante la sentenza è meritevole di riforma, innanzitutto, per error in judicando, violazione e falsa applicazione dell’art. 29 DPR 761/1979, artt. 9 e 14, commi 7 e 8, della legge n. 207/1985, art. 36 Cost. e art. 2126 c.c. in relazione all’art. 7 DPR 128/1969.

Ed invero, la retribuibilità dell’esercizio delle mansioni superiori oltre il termine di sessanta giorni deriverebbe in maniera diretta ed immediata dal tenore testuale dell’art. 29 DPR 761/1979, che esclude la spettanza di emolumenti al dipendente che esercita mansioni superiori solo nell’arco temporale massimo di sessanta giorni.

D’altronde la Corte Costituzionale (23 febbraio 1989 n. 57) ha ritenuto infondata la questione di incostituzionalità di tale limite temporale solo poiché trattasi di norma eccezionale, che non impedisce nel resto l’applicazione del principio formale di cui all’art. 2126 c.c.

La fattispecie in esame, poi, dovrebbe essere disciplinata dall’art. 8 della legge n. 207/1985, che al secondo comma consente espressamente la conservazione di tali incarichi sino all’espletamento dei relativi concorsi.

Né, sempre secondo l’appellante, lo svolgimento di mansioni primariali potrebbe configurare un’ipotesi di nullità, atteso che trattasi di ipotesi lecita espressamente contemplata dall’art. 7 DPR 128/1969 e dall’art. 29 DPR 761/1979. Comunque, anche se lo si volesse qualificare come nullo, dovrebbe essere fatta applicazione dell’art. 2126 c.c., non potendosi esso qualificare illecito nell’oggetto o nella causa (C.d.S., A.P., 29 febbraio 1992 n. 2).

Si sono costituite in giudizio la ASL Napoli 1 e la Gestione liquidatoria della USL 44 per resistere all’appello proposto e in via preliminare eccepiscono la prescrizione del diritto vantato, essendo trascorso più di un quinquennio dalla maturazione dello stesso fino al 1994, anno di presentazione del ricorso al TAR.

Nel merito, poi, osservano che il dottor X. ha svolto le mansioni superiori primariali solo in via temporanea e per indispensabili e improrogabili esigenze di servizio e, com’è noto, nel pubblico impiego dovrebbe ritenersi del tutto irrilevante a fini economici lo svolgimento delle mansioni superiori.

Del tutto irrilevante, poi, sarebbe la delibera del Comitato di gestione che ha riconosciuto lo svolgimento delle funzioni primariali, confermandole fino all’espletamento del relativo concorso, atteso che l’attribuzione delle mansioni e del relativo trattamento economico dovrebbe trovare il suo presupposto indefettibile unicamente nel provvedimento di inquadramento.

Inoltre, l’odierno appellante non avrebbe impugnato alcun provvedimento: da ciò l’impossibilità di vantare direttamente un diritto soggettivo di natura economica connesso allo svolgimento di mansioni superiori.

Infine, osservano le amministrazioni appellate che lo svolgimento solo temporaneo e per improrogabili ragioni di servizio delle mansioni superiori da parte di un dipendente che non rivestiva la necessaria qualifica non potrebbe comportare alcun indebito arricchimento per l’amministrazione.

L’appellante, con memoria, insiste nelle proprie argomentazioni, evidenziando innanzitutto come l’eccezione di prescrizione del proprio diritto sia stata proposta solo in sede di appello e, pertanto, ai sensi dell’art. 345 c.p.c. (applicabile anche al processo amministrativo), debba essere considerata inammissibile.

Aggiunge, poi, l’appellante che il termine quinquennale di prescrizione avrebbe iniziato a decorrere solo dal dicembre 1993, poiché l’illecito della p.a. avrebbe natura permanente.

Quanto al merito, l’appellante ribadisce che nel caso di specie sussisterebbero tutti i presupposti per il riconoscimento economico dello svolgimento di mansioni superiori , tenendo conto che il medico che si trovi in posizione funzionale intermedia e che svolga mansioni superiori primariali non necessiterebbe di alcun atto organizzativo, anche a prescindere dalle condizioni di svolgimento del servizio e dalla connessa esigenza di assicurare la continuità di direzione sanitaria di una struttura complessa.

Né sarebbe in alcun modo ravvisabile nella fattispecie in esame una ipotesi di nullità sanzionata dall’ordinamento, anzi evincendosi la liceità della stessa alla luce dell’art. 7 del DPR n. 128/1969 e dell’art. 29 DPR 761/1979.

DIRITTO

Ritiene il Collegio che l’appello sia fondato e, pertanto, meriti accoglimento.

Ed invero, come correttamente evidenziato dall’appellante, l’eccezione di prescrizione proposta dalle amministrazioni appellate (non sollevabile d’ufficio ai sensi dell’art. 2938 c.c.) deve essere dichiarata inammissibile, poiché formulata per la prima volta in appello. Ciò ai sensi dell’art. 345, secondo comma,. c.p.c., applicabile anche al processo amministrativo sia nel regime previgente (C.d.S., VI, 3 novembre 2010 n. 7753), che successivamente alla entrata in vigore del c.p.a. (art. 104, comma 1).

Quanto al merito, premesso che in materia di riconoscimento di emolumenti retributivi non si configura alcun obbligo di impugnazione di atti dal contenuto provvedimentale, occorre evidenziare che l’art. 7, comma 5, del DPR 27 marzo 1969 n. 128, prevede che l’aiuto sostituisca il primario in caso di assenza o impedimento di quest’ultimo. Ciò comporta che la sostituzione del primario, da parte dell’aiuto, non configura di per sé un’alterazione dell’assetto organizzativo del servizio, ma rappresenta una sorta di intervento di emergenza al fine di non compromettere la funzionalità dell’unità organizzativa nel suo complesso quando faccia difetto la figura primariale.

Trattasi, quindi, di situazione peculiare, cui non possono applicarsi i principi generali vigenti in materia di pubblico impiego, circa l’impossibilità di destinare il dipendente allo svolgimento di mansioni superiori e che non necessita neppure di uno specifico atto organizzativo (in questo senso: C.d.S., V, 9 dicembre 2008 n. 6056). Neppure può applicarsi quanto previsto dall’art. 29, comma 2, DPR 20 dicembre 1979 n. 761, secondo cui il dipendente non può essere adibito allo svolgimento di mansioni superiori per oltre sessanta giorni l’anno e senza diritto a variazioni del trattamento economico, poiché trattasi di una disciplina generale, che trova deroga nella specifica norma di cui all’art. 7, comma 5, DPR n. 128/1969, sopra richiamata.

Né si può ipotizzare in proposito una sanzione ordinamentale di illiceità, tenuto proprio conto che la sostituzione da parte dell’aiuto rientra in un ambito fisiologico di intervento a fronte di una situazione di vacatio della figura primariale: infatti, la sostituzione del primario rientra tra gli ordinari compiti della posizione funzionale dell’aiuto (con la specificazione che, in caso di pluralità di aiuti, la funzione vicaria va attribuita a quello più titolato) .

Da ciò la necessità di riconoscere il relativo trattamento economico all’odierno appellante che ha sostituito, in qualità di unico aiuto, il primario per tutto il periodo di vacatio e fino alla copertura del relativo posto

E proprio alla luce delle considerazioni sopra esposte, a differenza di quanto ritenuto dal giudice di primo grado, il trattamento economico superiore deve essere corrisposto per l’intero periodo di sostituzione, cioè anche oltre il periodo semestrale contemplato dall’art. 121, comma 7, del DPR 28 novembre 1990 n. 384: tale norma, infatti, è finalizzata ad evitare che situazioni straordinarie finiscano con il diventare permanenti, ma non preclude in alcun modo che, ove in concreto venga superato il predetto semestre di sostituzione, all’aiuto venga corrisposto il trattamento superiore (in questo senso C.d.S., V, 20 maggio 2010 n. 3192; 29 marzo 2010 n. 1787).

Che, poi, la sostituzione protratta per un lungo periodo di tempo configuri un’anomalia organizzativa, eventualmente imputabile a responsabilità della dirigenza dell’azienda sanitaria, è circostanza che non può ridondare nell’impossibilità di retribuire l’aiuto che ha concretamente svolto le mansioni primariali.

Pertanto, all’appellante dovranno essere corrisposte le differenze retributive maturare mediante lo svolgimento delle funzioni primariali per l’intero periodo di sostituzione del primario e non limitatamente ai sei mesi successivi alla scadenza del sessantesimo giorno dall’inizio della sostituzione, oltre ovviamente interessi e rivalutazione monetaria fino al soddisfo.

Giustificati motivi consentono di compensare tra le parti le spese dei due gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglier e, per l’effetto, accerta il diritto dell’appellante alla corresponsione delle differenze retributive richieste, oltre interessi e rivalutazione fino al soddisfo.

Spese compensate dei due gradi di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 marzo 2012 con l’intervento dei magistrati:

Pier Giorgio Lignani, Presidente

Alessandro Botto, Consigliere, Estensore

Bruno Rosario Polito, Consigliere

Hadrian Simonetti, Consigliere

Alessandro Palanza, Consigliere

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 11/04/2012

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)