Contratti della P.A.: sulla portata del principio della triplice (rectius: duplice) corrispondenza di quote in caso di R.T.I.

NOTA

La sentenza in rassegna annulla la sentenza del TAR Piemonte – Sez. I. 1° dicembre 2011 n. 1270, che aveva ritenuto illegittima la mancataesclusione di un R.T.I. per violazione delle previsioni del disciplinare di gara in tema di corrispondenza tra le quote di ammissione/qualificazione, quote di partecipazione e le corrispondenti alle quote del servizio da eseguire.

Il disciplinare di gara (art. 8) prevedeva, in effetti, che:

–> “in caso di partecipazione sotto forma di raggruppamento temporaneo di concorrenti, i requisiti di cui alla lettera a) e b)” (ossia i requisiti inerenti il fatturato globale di impresa e il fatturato nel settore oggetto della gara) “dovranno essere posseduti dal soggetto mandatario nella misura non inferiore al 40% e comunque nella misura maggioritaria, mentre la restante percentuale dovrà essere posseduta cumulativamente dai soggetti mandanti, ciascuno nella misura minima del 10%”;

–> “la percentuale di requisiti a) e b) prodotta da ciascun componente il raggruppamento ai fini dell’ammissione dovrà corrispondere alla percentuale di partecipazione al raggruppamento e alla quota di servizio che si impegna ad eseguire.

Il raggruppamento che era risultato aggiudicatario, ancorché composto da imprese ciascuna singolarmente in possesso per intero dei requisiti richiesti all’impresa singola, constava della capogruppo, che dichiarava di detenere una quota del 34% dell’intero servizio (quindi inferiore al minimo stabilito dalla P.A.), e due mandanti, ognuna delle quali dichiarava di partecipare al R.T.I. nella percentuale del 33%, in contrasto con la lex specialis di gara.

In tale contesto, il T.A.R., confermando la prognosi espressa in sede cautelare, in ossequio all’orientamento prevalente della giurisprudenza in tema di triplice corrispondenza tra quote di ammissione/qualificazione, quote di partecipazione al R.T.I. e quote di esecuzione, rilevava che “…il ricorso appare allo stato fondato in quanto la capogruppo del RTI aggiudicatario non può eseguire una quota inferiore al 40% come previsto nel bando di gara a pena di esclusione, percentuale in relazione alla quale si è qualificata (mentre non appare altrettanto il ricorso incidentale) in quanto ai sensi dell’art. 37, comma 13, d.lg. 12 aprile 2006 n. 163, applicabile anche nei procedimenti di gara per l’affidamento di appalti pubblici di forniture e servizi, l’Ati partecipante a gara pubblica è tenuta ad indicare, in sede di offerta, le quote di partecipazione delle singole imprese che ne fanno parte, non essendo sufficiente che esse vengano evidenziate soltanto nella fase esecutiva dell’appalto, poiché la ratio di tali norme è quella di permettere alla stazione appaltante di verificare il possesso da parte di tutte le imprese dei requisiti di ammissione alla gara in relazione alle singole quote di partecipazione e di assicurare l’effettiva corrispondenza sostanziale tra quota di qualificazione, quota di partecipazione e quota di esecuzione dell’appalto; di conseguenza, poiché detta norma esprime un principio fondamentale nella materia dei procedimenti di affidamento degli appalti pubblici, in particolare in presenza di una puntuale previsione del bando e della lettera invito, la difforme specificazione delle parti dell’appalto va sanzionata con l’esclusione dalla gara (Consiglio Stato, sez. IV, 27 novembre 2010, n. 8253)”.

Il giudice di prime cure aveva anche ritenuto che “Il principio di corrispondenza tra quote di partecipazione al raggruppamento e percentuale di esecuzione dell’attività posto dal menzionato comma 13 non esclude, infatti, che la stazione appaltante, nell’esercizio della propria discrezionalità, provveda altresì a predeterminare le percentuali minime di partecipazione al raggruppamento.

La razionalità intrinseca della soluzione adottata nella fattispecie è confermata, d’altronde, dal fatto che essa trova corrispondenza con la misura minima del possesso dei requisiti da parte della mandataria già prevista, per gli appalti di lavori, dall’art. 95 del d.P.R. n. 554/1999, oggi sostituito dall’art. 92 del d.P.R. n. 207/2010.“.

La Sezione VI esprime, invece, un ordine di idee diametralmente opposto.

Sulla scorta, invero, di un’interpretazione sostanzialmente abrogante del disciplinare di gara, il Collegio giunge a ritenere pienamente legittima l’ammissione alla gara del R.T.I. in contestazione.

Si legge in motivazione che:

“- è pacifico in atti che tanto la società appellante, tanto le altre due imprese costituenti il raggruppamento fossero (ciascuna per l’intero) in possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria richiesti dalla lex specialis di gara. Sotto tale aspetto l’appello è meritevole di accoglimento laddove osserva che, se la previsione di cui all’articolo 8 fosse intesa nel senso di imporre il necessario parallelismo fra a) i requisiti di qualificazione/ammissione; b) i requisiti di partecipazione e c) i requisiti di esecuzione, la paradossale conseguenza sarebbe nel senso di determinare l’esclusione di un raggruppamento – quale quello capeggiato dall’appellante – responsabile di una sorta di ‘eccesso di qualificazione’. E’ evidente al riguardo che tale opzione interpretativa si porrebbe in contrasto con la ratio tipicamente sottesa all’imposizione dell’obbligo di corrispondenza fra requisiti di partecipazione e di esecuzione (ossia, con la finalità di evitare che parte dell’appalto venga realizzato da soggetti non dotati della necessaria qualificazione). Sotto tale aspetto, non può essere condivisa la tesi della società appellata secondo cui “non può essere generalmente ammessa la partecipazione ad una gara pubblica di un RTI che sia composto da imprese singolarmente in grado di parteciparvi” (pag. 16 del controricorso). A tacer d’altro, l’approccio in questione (pur se talora sostenuto) si porrebbe in contrasto con i princìpi del favor participationis e della libertà giuridica di impresa, negando in radice la possibilità per taluni operatori economici (in particolare: quelli maggiormente qualificati) di individuare in modo autonomo la configurazione organizzativa ottimale per partecipare alle pubbliche gare;

– la previsione di cui all’articolo 8 del disciplinare di gara (secondo cui “in caso di partecipazione sotto forma di raggruppamento temporaneo di concorrenti, i requisiti di cui alle lettere a) e b) dovranno essere posseduti dal soggetto mandatario nella misura non inferiore al 40% e comunque nella misura maggioritaria, mentre la restante percentuale dovrà essere posseduta cumulativamente dai soggetti mandanti, ciascuno nella misura minima del 10%”) deve essere correttamente letta in correlazione con la previsione di cui al comma 13 dell’articolo 37 del codice dei contratti, secondo cui “i concorrenti riuniti in raggruppamento temporaneo devono eseguire le prestazioni nella percentuale corrispondente alla quota di partecipazione al raggruppamento”. In definitiva, la disposizione primaria di riferimento (la quale deve necessariamente guidare l’interprete nell’individuazione dell’opzione più corretta, a fronte di clausole di significato in parte dubbio) si limita ad imporre il parallelismo fra le sole quote (e relativi requisiti) di partecipazione e di ammissione (rectius: “di esecuzione”, n.d.r.), senza coinvolgere nell’obbligo di parallelismo anche il tertium genus rappresentato dalle quote (e relativi requisiti) di qualificazione/ammissione. Anche sotto tale aspetto, laddove si aderisse alla soluzione interpretativa fatta propria dai primi Giudici, l’effetto – in parte paradossale – sarebbe quello di scoraggiare (e non di favorire) la partecipazione alle gare da parte dei soggetti maggiormente qualificati, introducendo nel sistema un elemento di rigidità a ben vedere contrastante con il principio del favor participationis;

in alcun modo la richiamata disposizione della lex specialis sembra da intendere nel senso di imporre alla capogruppo requisiti di partecipazione e di esecuzione di ammontare non inferiore al 40 per cento. Ciò, per l’evidente ragione che la richiamata soglia percentuale era riferita dalla lex specialis di gara ai soli requisiti di qualificazione/ammissione (requisiti in ordine ai quali l’importo posseduto era ben superiore al richiesto 40 per cento) e non anche ai requisiti di partecipazione ed esecuzione;

– a conclusioni diverse da quelle sin qui individuate non può giungersi neppure enfatizzando l’ulteriore previsione di cui all’articolo 8, cit., secondo cui “la percentuale di requisiti a) e b) prodotta da ciascun componente il raggruppamento ai fini dell’ammissione dovrà corrispondere alla percentuale di partecipazione al raggruppamento e alla quota di servizio che si impegna ad eseguire”. Al riguardo si osserva che, pur dovendosi dare atto del carattere non del tutto perspicuo della previsione in questione (specie se posta in correlazione sistematica con le rimanenti previsioni di cui al medesimo articolo 8), generali princìpi ermeneutici inducono a conferire ad essa il senso indicato dalla società appellante.

– in base a un consolidato orientamento giurisprudenziale formatosi prima delle vicende di causa, le disposizioni sui requisiti soggettivi di partecipazione alle gare pubbliche vanno interpretate nel rispetto dei principi di tipicità e tassatività delle ipotesi di esclusione (in tal senso: Cons. Stato, V, 3 agosto 2011, n. 4629; id., V, 9 novembre 2010, n. 7967). Si tratta di un orientamento che ha recentemente trovato una puntuale traduzione normativa con il nuovo comma 1-bis dell’articolo 46 del codice dei contratti, inserito dall’articolo 4 del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70. Ebbene, questo essendo il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento, deve ritenersi che in presenza di diverse, possibili opzioni interpretative in ordine alla portata di una clausola potenzialmente escludente (quale quella dell’articolo 8 di cui trattasi), l’interprete debba preferire la soluzione che – alla luce del richiamato principio di tassatività delle ipotesi di esclusione – garantisca la massima partecipazione piuttosto che la soluzione la quale ampli in via interpretativa le ipotesi di esclusione.

Questo essendo l’esatto quadro ricostruttivo entro il quale inquadrare la vicenda di causa, l’appello in epigrafe è meritevole di accoglimento laddove osserva che la più corretta interpretazione della previsione di cui all’articolo 8 del disciplinare di gara fosse nel senso di imporre a pena di esclusione unicamente l’obbligo per i concorrenti di dichiarare il possesso dei prescritti requisiti di capacità economica e finanziaria e non anche di prescrivere il necessario ed integrale parallelismo (peraltro, estraneo alla disposizione primaria di riferimento) fra a) i requisiti di qualificazione/ammissione; b) i requisiti di partecipazione e c) i requisiti di esecuzione richiesti dalla lex specialis di gara.”.

Riportiamo il testo di Consiglio di Stato – Sez. VI – sentenza 24 settembre 2012 n. 5074 e di T.A.R. Piemonte – Sez. I – sentenza 1° dicembre 2011 n. 1270.

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N. 05074/2012REG.PROV.COLL.

N. 00257/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 257 del 2012, proposto dalla società Rear soc. coop. in proprio e quale mandataria di un costituendo RTI con le mandanti soc. coop. Copat e Pierreci Codesscoopcultura soc. coop., rappresentata e difesa dagli avvocati Mauro Milan, Carlo Merani e Pierpaolo Salvatore Pugliano, con domicilio eletto presso Pierpaolo Salvatore Pugliano in Roma, largo Messico, 7;

contro

Consorzio di valorizzazione culturale ‘La Venaria Reale’, rappresentato e difeso dagli avvocati Guido Francesco Romanelli, Riccardo Montanaro e Cristiana Romano, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Guido Francesco Romanelli in Roma, via Cosseria, n. 5;
Socioculturale coop. soc. Onlus, rappresentata e difesa dagli avvocati Mario Sanino, Giorgio Orsonie Mariagrazia Romeo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Mario Sanino in Roma, viale Parioli, n.180;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Piemonte, 1° dicembre 2011, n. 1270;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Consorzio di valorizzazione culturale ‘La Venaria Reale’ e della Socioculturale Coop. Soc. Onlus;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 aprile 2012 il Cons. Claudio Contessa e uditi per le parti gli avvocati Merani, Pugliano, Romanelli e Sanino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

La società cooperativa Rear riferisce che, con bando pubblicato sulla G.U.C.E. del 16 novembre 2010, il Consorzio di valorizzazione culturale ‘La Venaria Reale’ ebbe ad indire una gara a procedura aperta, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per l’affidamento dei servizi di accoglienza al pubblico presso l’omonimo sito culturale per un periodo di quattro anni.

Il disciplinare di gara richiedeva ai concorrenti (inter alia) il possesso dei seguenti requisiti di capacità economica e finanziaria:

– aver realizzato negli ultimi tre esercizi di un fatturato globale di impresa non inferiore a 15 milioni di euro;

– aver realizzato negli ultimi tre esercizi di un fatturato di almeno 6 milioni di euro per servizi svolti nel settore della gara;

– aver eseguito negli ultimi tre anni almeno un contratto di importo non inferiore a 1,5 milioni di euro nel settore della gara presso un immobile tutelato ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

Ai fini della presente decisione mette conto richiamare la previsione di cui all’articolo 8 del disciplinare di gara, secondo cui “in caso di partecipazione sotto forma di raggruppamento temporaneo di concorrenti, i requisiti di cui alle lettere a) e b) dovranno essere posseduti dal soggetto mandatario nella misura non inferiore al 40% e comunque nella misura maggioritaria, mentre la restante percentuale dovrà essere posseduta cumulativamente dai soggetti mandanti, ciascuno nella misura minima del 10%”.

Il medesimo articolo 8 stabiliva, poi, che “la percentuale di requisiti a) e b) prodotta da ciascun componente il raggruppamento ai fini dell’ammissione dovrà corrispondere alla percentuale di partecipazione al raggruppamento e alla quota di servizio che si impegna ad eseguire”.

La società appellata decideva di partecipare alla gara di appalto in questione in qualità di capogruppo di un RTI e, in sede di domanda di partecipazione, dichiarava che:

– essa, in qualità di capogruppo, sarebbe stata titolare del 34 per cento dell’intero servizio;

– ciascuna delle altre (due) partecipanti al raggruppamento sarebbe stata titolare del 33 per cento del servizio.

Risulta agli atti che, nel corso della procedura prodromica all’affidamento (e, in particolare, in sede di verifica in capo ai partecipanti del possesso dei requisiti di cui alla lex specialis di gara), l’amministrazione aggiudicatrice si fosse posta il problema del possesso in capo al raggruppamento guidato dall’appellante dei requisiti richiesti dalla normativa di gara e che avesse risolto la questione in senso affermativo.

In particolare, il Consorzio ‘La Venaria Reale’ aveva concluso nel senso che l’articolo 8 del disciplinare di gara andasse inteso nel senso di aver soltanto richiesto un requisito di qualificazione/ammissione: si trattava di un requisito pacificamente posseduto dal consorzio appellante, atteso che – secondo risultanze ormai pacifiche – la capogruppo mandataria era autonomamente in possesso (e per intero, al pari delle società mandanti) dei requisiti richiesti dal richiamato articolo 8, al pari delle altre due società costituenti il raggruppamento.

All’esito della procedura di gara, il raggruppamento capeggiato dalla società appellante si collocava al primo posto (con punti 91,95), mentre la Socioculturale soc. coop. Onlus si collocava al secondo posto (con punti 84,50).

Con ricorso proposto dinanzi al T.A.R. del Piemonte e recante il n. 861/2011, la Socioculturale soc. coop. Onlus impugnava l’atto di aggiudicazione definitiva dell’appalto in questione in favore della società appellante e ne deduceva sotto svariati aspetti l’illegittimità.

Con la sentenza in epigrafe, il Tribunale adìto ha accolto il ricorso e ha annullato gli atti impugnati ritenendo, in particolare, che l’appellante non fosse in possesso del requisito richiesto dall’articolo 8 del disciplinare di gara, da intendersi come disposizione la quale prescrive, in caso di RTI, talune percentuali minime di partecipazione, corrispondenti alle quote del servizio da eseguire.

La sentenza in questione è stata impugnata in sede di appello dalla società cooperativa Rear, la quale ne ha chiesto la riforma articolando i seguenti motivi:

1) Error in iudicando – Violazione di legge – Violazione e falsa applicazione dell’art. 37, d.lgs. 163/2006 e s.m.i. – Violazione e falsa applicazione dell’art. 95 del d.P.R. 554 del 1999 e degli artt. 92 e 275 del d.P.R. 207 del 2010 – Violazione e falsa applicazione della lex specialis – Violazione e falsa applicazione dell’art. 8 del disciplinare di gara – Violazione e falsa applicazione del principio del favor participationis – Violazione e falsa applicazione del principio generale di necessaria qualificazione sostanziale del soggetto aggiudicatario – Violazione e falsa applicazione del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato – Eccesso di potere per illogicità e difetto di motivazione, difetto di istruttoria, travisamento ed erronea valutazione dei fatti, carenza dei presupposti e manifesta ingiustizia, sviamento.

Il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto che l’articolo 8 del disciplinare di gara sia da intendere nel senso che la capogruppo di un RTI non possa eseguire (a pena di esclusione) una quota inferiore al 40 per cento, percentuale in relazione alla quale si è qualificata.

Al riguardo il Tribunale avrebbe omesso di considerare che, in sede di domanda di partecipazione, l’appellante non avesse indicato la coincidenza fra la quota di qualificazione (peraltro, da essa posseduta per intero) e la quota di partecipazione al RTI.

Del resto, il T.A.R. ometterebbe di considerare che la stessa lex specialis di gara non richiedeva in alcun modo il sussistere di tale coincidenza.

In tal modo statuendo, il Tribunale:

– avrebbe fornito un’interpretazione eccessivamente formalistica e comunque erronea delle pertinenti disposizioni della lex specialis di gara;

– avrebbe omesso di tenere in adeguata considerazione, ai fini del decidere, il fatto che sia la capogruppo, sia ciascuna delle partecipanti al raggruppamento fossero in possesso per intero dei prescritti requisiti di capacità economica e finanziaria (e che, quindi, avessero dimostrato in modo più che adeguato la piena idoneità a svolgere correttamente le lavorazioni richieste);

– avrebbe omesso di considerare che, se la ratio sottesa alla prescrizione di particolari requisiti di partecipazione è quella di impedire che la gara sia aggiudicata a soggetti inidonei a svolgere le lavorazioni in modo adeguato, non può essere condivisa alcuna interpretazione la quale abbia quale effetto quella di sanzionare attraverso la sanzione espulsiva un raggruppamento colpevole, in ultima analisi, di una sorta di ‘eccesso di qualificazione’;

– nella medesima ottica, anche a voler enfatizzare il principio di corrispondenza fra quote (e requisiti) di partecipazione e quote (e requisiti) di esecuzione (al fine di garantire l’amministrazione circa l’adeguata professionalità dei soggetti chiamati a eseguire gli appalti), non potrebbe in alcun modo reputarsi legittima l’esclusione di un soggetto il quale, pur in possesso per intero dei prescritti requisiti di qualificazione/ammissione, aveva comunque dichiarato di voler eseguire le lavorazioni per un ammontare certamente inferiore (pari al 34 per cento del totale).

Più in generale, il Tribunale avrebbe erroneamente interpretato ed applicato la previsione di cui al comma 13 dell’articolo 37 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, il quale distingue fra: a) quote (e requisiti) di qualificazione/ammissione; b) quote (e requisiti) di partecipazione e c) quote (e requisiti) di esecuzione.

Ed ancora, il Tribunale avrebbe erroneamente omesso di fare applicazione del principio di tassatività delle cause di esclusione (principio da ultimo trasfuso nella previsione di cui all’articolo 46, comma 1-bis del ‘codice dei contratti’), non rilevando che nessuna delle clausole della lex specialis di gara deponesse nel senso di tracciare una necessaria correlazione fra le quote (e i requisiti) dinanzi richiamati sub a), b) e c).

2) Error in iudicando – Violazione di legge – Violazione e falsa applicazione dell’art. 37, d.lgs. 163/2006 e s.m.i. – Violazione e falsa applicazione dell’art. 95 del d.P.R. 554 del 1999 e degli artt. 92 e 275 del d.P.R. 207 del 2010 – Violazione e falsa applicazione della lex specialis – Violazione e falsa applicazione dell’art. 8 del disciplinare di gara – Violazione e falsa applicazione dell’articolo 97, ost. – Violazione e falsa applicazione del principio del favor participationis – Eccesso di potere per illogicità e difetto di motivazione, difetto di istruttoria, travisamento ed erronea valutazione dei fatti, carenza dei presupposti e manifesta ingiustizia, sviamento.

Con il presente motivo, la società appellante chiede la riforma della sentenza di primo grado per la parte in cui ha respinto il ricorso incidentale (di carattere condizionato) da esse formulato in primo grado.

Con il ricorso incidentale in questione, l’odierna appellante aveva affermato che, laddove la lexspecialis di gara fosse da intendere nel senso di imporre davvero un parallelismo fra quote (e requisiti) di qualificazione/ammissione, di partecipazione e di esecuzione, la clausola in questione avrebbe necessariamente dovuto essere dichiarata illegittima per violazione del comma 13 dell’articolo 37 del d.lgs. 163 del 2006, che non legittima l’imposizione di un siffatto parallelismo.

Al riguardo, l’appellante (ribadendo un argomento già profuso in primo grado e dichiarato infondato dal T.A.R.) osserva che solo nel settore degli appalti di lavori sussiste un siffatto obbligo di parallelismo di carattere – per così dire – ‘trilaterale’ (in tal senso: l’articolo 92 del d.P.R. 207 del 2010), mentre una analoga previsione non sussiste nel settore degli appalti di servizi e non può essere legittimamente introdotta dall’amministrazione aggiudicatrice, pena la violazione del generale principio di tassatività delle ragioni e delle clausole di esclusione.

Inoltre, per l’ipotesi in cui questo Giudice di appello non condividesse l’impostazione concettuale proposta dall’appellante, quest’ultima chiede che venga sollevata una questione per rinvio pregiudiziale dinanzi alla Corte di Giustizia in ordine alla corretta interpretazione della disposizioni del diritto comunitario degli appalti che nel caso di specie vengono in considerazione (articoli 4, 47 e 48 della direttiva 2004/18/CE sugli appalti nei settori c.d. ‘classici’).

Si è costituita in giudizio la società Sociocultutrale soc. coop. Onlus, la quale ha concluso nel senso delle reiezione del gravame.

Con ordinanza n. 769 del 2012 (resa all’esito della camera di consiglio del 21 febbraio 2012), questo Giudice di appello ha accolto l’istanza di sospensione cautelare degli effetti della sentenza gravata.

Alla pubblica udienza del 3 aprile 2012 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Giunge alla decisione del Collegio l’appello proposto dalla capogruppo mandataria di un RTI avverso la sentenza del T.A.R. del Piemonte con cui è stato accolto il ricorso proposto dalla seconda classificata nell’ambito di una gara di appalto di servizi e, per l’effetto, è stata annullata l’aggiudicazione in favore dell’appellante per la ritenuta, mancata corrispondenza fra: a) i requisiti di qualificazione/ammissione; b) i requisiti di partecipazione e c) i requisiti di esecuzione richiesti dalla lex specialis di gara.

2. L’appello è fondato.

3. Come si è esposto in narrativa, l’appellante ha incentrato una parte rilevante dei propri argomenti – e, segnatamente, del primo motivo di ricorso – al fine di dimostrare che la lex specialis della gara all’origine dei fatti di causa (e, in particolare, l’articolo 8 del disciplinare di gara) dovesse essere correttamente inteso nel senso di non imporre – a pena di esclusione – il necessario parallelismo fra: a) i requisiti di qualificazione/ammissione; b) i requisiti di partecipazione e c) i requisiti di esecuzione di ciascuna delle partecipanti al raggruppamento.

Laddove si accedesse a tale opzione interpretativa, dovrebbe concludersi nel senso dell’erroneità della sentenza in epigrafe, la quale ha concluso nel senso che il mancato possesso di tale parallelismo avrebbe dovuto determinare l’esclusione del RTI dalla gara.

In tal caso, alla soluzione della res controversa potrebbe pervenirsi facendo diretta applicazione della previsione di cui al richiamato articolo 8, senza doversi porre questioni relative alla legittimità della disposizione in questione, ovvero questioni interpretative relative alla conformità fra l’ordinamento giuridico italiano e quello comunitario in ordine al rispetto delle disposizioni relative ai requisiti di partecipazione dei RTI (in particolare: articoli 4, 47 e 48 della direttiva 2004/18/CE sugli appalti nei settori c.d. ‘classici’).

3.1. Il Collegio ritiene che tali argomenti siano condivisibili e che, pertanto, al fine di pervenire alla soluzione della res controversa, sia sufficiente individuare la corretta interpretazione ed applicazione della previsione di cui all’articolo 8 del disciplinare di gara.

Al riguardo si osserva che:

– è pacifico in atti che tanto la società appellante, tanto le altre due imprese costituenti il raggruppamento fossero (ciascuna per l’intero) in possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria richiesti dalla lex specialis di gara. Sotto tale aspetto l’appello è meritevole di accoglimento laddove osserva che, se la previsione di cui all’articolo 8 fosse intesa nel senso di imporre il necessario parallelismo fra a) i requisiti di qualificazione/ammissione; b) i requisiti di partecipazione e c) i requisiti di esecuzione, la paradossale conseguenza sarebbe nel senso di determinare l’esclusione di un raggruppamento – quale quello capeggiato dall’appellante – responsabile di una sorta di ‘eccesso di qualificazione’. E’ evidente al riguardo che tale opzione interpretativa si porrebbe in contrasto con la ratio tipicamente sottesa all’imposizione dell’obbligo di corrispondenza fra requisiti di partecipazione e di esecuzione (ossia, con la finalità di evitare che parte dell’appalto venga realizzato da soggetti non dotati della necessaria qualificazione). Sotto tale aspetto, non può essere condivisa la tesi della società appellata secondo cui “non può essere generalmente ammessa la partecipazione ad una gara pubblica di un RTI che sia composto da imprese singolarmente in grado di parteciparvi” (pag. 16 del controricorso). A tacer d’altro, l’approccio in questione (pur se talora sostenuto) si porrebbe in contrasto con i princìpi del favor participationis e della libertà giuridica di impresa, negando in radice la possibilità per taluni operatori economici (in particolare: quelli maggiormente qualificati) di individuare in modo autonomo la configurazione organizzativa ottimale per partecipare alle pubbliche gare;

– la previsione di cui all’articolo 8 del disciplinare di gara (secondo cui “in caso di partecipazione sotto forma di raggruppamento temporaneo di concorrenti, i requisiti di cui alle lettere a) e b) dovranno essere posseduti dal soggetto mandatario nella misura non inferiore al 40% e comunque nella misura maggioritaria, mentre la restante percentuale dovrà essere posseduta cumulativamente dai soggetti mandanti, ciascuno nella misura minima del 10%”) deve essere correttamente letta in correlazione con la previsione di cui al comma 13 dell’articolo 37 del codice dei contratti, secondo cui “i concorrenti riuniti in raggruppamento temporaneo devono eseguire le prestazioni nella percentuale corrispondente alla quota di partecipazione al raggruppamento”. In definitiva, la disposizione primaria di riferimento (la quale deve necessariamente guidare l’interprete nell’individuazione dell’opzione più corretta, a fronte di clausole di significato in parte dubbio) si limita ad imporre il parallelismo fra le sole quote (e relativi requisiti) di partecipazione e di ammissione, senza coinvolgere nell’obbligo di parallelismo anche il tertium genus rappresentato dalle quote (e relativi requisiti) di qualificazione/ammissione. Anche sotto tale aspetto, laddove si aderisse alla soluzione interpretativa fatta propria dai primi Giudici, l’effetto – in parte paradossale – sarebbe quello di scoraggiare (e non di favorire) la partecipazione alle gare da parte dei soggetti maggiormente qualificati, introducendo nel sistema un elemento di rigidità a ben vedere contrastante con il principio del favor participationis;

– in alcun modo la richiamata disposizione della lex specialis sembra da intendere nel senso di imporre alla capogruppo requisiti di partecipazione e di esecuzione di ammontare non inferiore al 40 per cento. Ciò, per l’evidente ragione che la richiamata soglia percentuale era riferita dalla lex specialis di gara ai soli requisiti di qualificazione/ammissione (requisiti in ordine ai quali l’importo posseduto era ben superiore al richiesto 40 per cento) e non anche ai requisiti di partecipazione ed esecuzione;

– a conclusioni diverse da quelle sin qui individuate non può giungersi neppure enfatizzando l’ulteriore previsione di cui all’articolo 8, cit., secondo cui “la percentuale di requisiti a) e b) prodotta da ciascun componente il raggruppamento ai fini dell’ammissione dovrà corrispondere alla percentuale di partecipazione al raggruppamento e alla quota di servizio che si impegna ad eseguire”. Al riguardo si osserva che, pur dovendosi dare atto del carattere non del tutto perspicuo della previsione in questione (specie se posta in correlazione sistematica con le rimanenti previsioni di cui al medesimo articolo 8), generali princìpi ermeneutici inducono a conferire ad essa il senso indicato dalla società appellante.

– in base a un consolidato orientamento giurisprudenziale formatosi prima delle vicende di causa, le disposizioni sui requisiti soggettivi di partecipazione alle gare pubbliche vanno interpretate nel rispetto dei principi di tipicità e tassatività delle ipotesi di esclusione (in tal senso: Cons. Stato, V, 3 agosto 2011, n. 4629; id., V, 9 novembre 2010, n. 7967). Si tratta di un orientamento che ha recentemente trovato una puntuale traduzione normativa con il nuovo comma 1-bis dell’articolo 46 del codice dei contratti, inserito dall’articolo 4 del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70. Ebbene, questo essendo il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento, deve ritenersi che in presenza di diverse, possibili opzioni interpretative in ordine alla portata di una clausola potenzialmente escludente (quale quella dell’articolo 8 di cui trattasi), l’interprete debba preferire la soluzione che – alla luce del richiamato principio di tassatività delle ipotesi di esclusione – garantisca la massima partecipazione piuttosto che la soluzione la quale ampli in via interpretativa le ipotesi di esclusione.

Questo essendo l’esatto quadro ricostruttivo entro il quale inquadrare la vicenda di causa, l’appello in epigrafe è meritevole di accoglimento laddove osserva che la più corretta interpretazione della previsione di cui all’articolo 8 del disciplinare di gara fosse nel senso di imporre a pena di esclusione unicamente l’obbligo per i concorrenti di dichiarare il possesso dei prescritti requisiti di capacità economica e finanziaria e non anche di prescrivere il necessario ed integrale parallelismo (peraltro, estraneo alla disposizione primaria di riferimento) fra a) i requisiti di qualificazione/ammissione; b) i requisiti di partecipazione e c) i requisiti di esecuzione richiesti dalla lex specialis di gara.

4. Le ragioni dinanzi esposte sub 3 sono di per sé sufficienti a deporre nel senso della fondatezza dell’appello.

Non risulta, quindi, necessario ai fini della presente decisione esaminare gli ulteriori argomenti (che già erano stati posti dalla soc. Rear a supporto del ricorso incidentale proposto in primo grado e che nella presente sede sono stati puntualmente riproposti) con cui si è affermato che, laddove l’articolo 8 del disciplinare di gara dovesse essere inteso nel senso ritenuto dal T.A.R., esso risulterebbe illegittimo per contrasto con il comma 13 dell’articolo 37 del d.lgs. 163 del 2006 (letto in combinato disposto con gli articoli 92 e 275 del d..R. 207 del 2010).

5. Per le medesime ragioni, non risulta necessario ai fini della definizione del presente giudizio sollevare la questione per rinvio pregiudiziale ai sensi dell’articolo 267 del TFUE ipotizzata dalla società appellante alle pagine 25 e 26 dell’atto di appello, per il dedotto contrasto fra la disciplina italiana in tema di requisiti di capacità economica e finanziaria richiesti ai RTI e le previsioni di cui agli articoli 4, 47 e 48 della direttiva 2004/18/CE sugli appalti nei settori c.d. ‘classici’.

6. Per i motivi sin qui esposti l’appello in epigrafe deve essere accolto e per l’effetto, in riforma della sentenza in epigrafe, deve essere disposta la reiezione del ricorso di primo grado.

La spese dei due gradi seguono la soccombenza nei confronti della società ricorrente in primo grado e vengono liquidate in dispositivo.

Esse devono essere compensate, sussistendo giusti motivi in tal senso, nei confronti del Consorzio di valorizzazione culturale ‘La Venaria Reale’

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello n. 257 del 2012, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza oggetto di gravame, respinge il ricorso di primo grado n. 861 del 2011.

Condanna l’appellata alla rifusione delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 2.000 (duemila), oltre gli accessori di legge.

Spese compensate nei confronti del Consorzio di valorizzazione culturale ‘La Venaria Reale’.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 aprile 2012 con l’intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti, Presidente

Rosanna De Nictolis, Consigliere

Maurizio Meschino, Consigliere

Claudio Contessa, Consigliere, Estensore

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 24/09/2012

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

*

N. 01270/2011 REG.PROV.COLL.

N. 00861/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 861 del 2011, proposto da:
Socioculturale Soc. Coop. Onlus, rappresentata e difesa dagli avv. Giorgio Orsoni, Mariagrazia Romeo e Carlo Emanuele Gallo, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Torino, via Pietro Palmieri, 40;

contro

Consorzio di valorizzazione culturale La Venaria Reale, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Riccardo Montanaro e Cristiana Romano, con domicilio eletto presso lo studio legale Montanaro e associati in Torino, via del Carmine, 2;

nei confronti di

REAR Soc. Coop., in proprio e in qualità di mandataria del costituendo R.T.I. con la Soc. Coop. COPAT e con la Pierreci CodessCoopCultura Soc. Coop., rappresentata e difesa dall’avv. Mauro Milan, con domicilio eletto presso il suo studio in Torino, via Buozzi, 3;

per l’annullamento

del provvedimento di aggiudicazione definitiva dell’appalto di servizi di accoglienza al pubblico presso la Venaria Reale a favore del R.T.I. controinteressato del 14.6.2011, comunicato il 16.6.2011, nonché di qualsivoglia atto ad esso antecedente, conseguente e connesso ed in particolare il verbale di aggiudicazione provvisoria nonché tutti i verbali della Commissione di gara.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Consorzio La Venaria Reale e di REAR Soc. Coop.;

Visto il ricorso incidentale proposto da REAR Soc. Coop.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 novembre 2011 il dott. Richard Goso e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con bando pubblicato sulla G.U.C.E. del 16 novembre 2010, il Consorzio di valorizzazione culturale La Venaria Reale, organismo di diritto pubblico, ha indetto una gara a procedura aperta, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per l’affidamento dei servizi di accoglienza al pubblico presso l’omonimo sito culturale per un periodo di quattro anni.

Il disciplinare di gara individuava i requisiti dei concorrenti; in particolare, erano richiesti i seguenti requisiti di capacità economica e finanziaria:

– realizzazione negli ultimi tre esercizi di un fatturato globale di impresa non inferiore a 15 milioni di euro;

– realizzazione negli ultimi tre esercizi di un fatturato di almeno 6 milioni di euro per servizi svolti nel settore della gara;

– esecuzione negli ultimi tre anni di almeno un contratto di importo non inferiore a 1,5 milioni di euro nel settore della gara presso un immobile tutelato ex d.lgs. n. 42 del 2004;

– presentazione di due idonee dichiarazioni bancarie attestanti la piena solvibilità del concorrente.

Venivano presentate quattro offerte, tre delle quali erano ammesse alla fase di valutazione.

Sulla base dei punteggi attribuiti alle offerte tecniche ed economiche e previo esito positivo della verifica di congruità, la gara era definitivamente aggiudicata al raggruppamento controinteressato che aveva sommato 91,95 punti, contro gli 84,50 punti complessivamente conseguiti dalla ricorrente, classificatasi al secondo posto della graduatoria.

Con ricorso giurisdizionale ritualmente e tempestivamente notificato, l’esponente contesta l’esito della gara, deducendo motivi di gravame così rubricati:

I) Violazione di legge. Violazione art. 8 disciplinare di gara. Erronea interpretazione. Difetto di presupposto. Eccesso di potere. Arbitrarietà. Sviamento. Motivazione inconferente.

II) Violazione di legge. Violazione art. 8 disciplinare di gara. Erronea interpretazione. Difetto di presupposto. Eccesso di potere. Difetto di istruttoria. Arbitrarietà. Sviamento.

Si è costituito in giudizio l’intimato Consorzio, contrastando nel merito la fondatezza del ricorso e opponendosi al suo accoglimento.

Si è costituita anche l’impresa mandataria del costituendo raggruppamento aggiudicatario, contestualmente proponendo ricorso incidentale avverso le prescrizioni del disciplinare di gara, qualora interpretate nel senso fatto proprio dalla ricorrente principale.

Con ordinanza n. 509 del 29 luglio 2011, è stata accolta l’istanza cautelare incidentalmente proposta dalla ricorrente principale.

In prossimità della pubblica udienza, le parti hanno depositato memorie difensive e di replica.

Il ricorso, infine, è stato chiamato all’udienza del 17 novembre 2011 e ritenuto in decisione.

Ha fatto seguito la pubblicazione del dispositivo di sentenza n. 1211 del 18 novembre 2011.

DIRITTO

1) Con il primo motivo di ricorso, l’esponente denuncia la violazione della lex specialis di gara nonché dei principi in materia di appalti pubblici.

1.1) La censura fa riferimento alle prescrizioni dettate dall’art. 8 del disciplinare di gara relativamente ai requisiti di capacità economica e finanziaria che, a pena di esclusione, devono essere posseduti dai concorrenti (di cui si è già sommariamente riferito in premessa).

L’ultimo paragrafo dell’art. 8, primo periodo, stabilisce che “in caso di partecipazione sotto forma di raggruppamento temporaneo di concorrenti, i requisiti di cui alla lettera a) e b)” (ossia i requisiti inerenti il fatturato globale di impresa e il fatturato nel settore oggetto della gara) “dovranno essere posseduti dal soggetto mandatario nella misura non inferiore al 40% e comunque nella misura maggioritaria, mentre la restante percentuale dovrà essere posseduta cumulativamente dai soggetti mandanti, ciascuno nella misura minima del 10%”.

Il secondo periodo precisa che “la percentuale di requisiti a) e b) prodotta da ciascun componente il raggruppamento ai fini dell’ammissione dovrà corrispondere alla percentuale di partecipazione al raggruppamento e alla quota di servizio che si impegna ad eseguire”.

Rileva la ricorrente come tali prescrizioni siano state disattese nel caso del raggruppamento aggiudicatario, posto che la mandataria REAR Soc. Coop. è titolare della percentuale del 34% dell’intero servizio e ognuna delle due mandanti di una percentuale del 33% (cfr. atto di impegno del 5 gennaio 2011).

Ne consegue, ad avviso dell’esponente, l’insussistenza dei requisiti di partecipazione prescritti a pena di esclusione per il caso di concorrente mandatario di raggruppamento.

1.2) Va rilevato come la circostanza evidenziata da parte ricorrente non fosse stata trascurata dalla Commissione di gara la quale, tuttavia, ha deciso all’unanimità di ammettere l’offerta del raggruppamento, con la seguente motivazione: “La Commissione, dopo attento esame della documentazione prodotta, rileva che le quote di servizio che ciascun soggetto componente il raggruppamento si impegna ad eseguire rispettano quanto richiesto dal disciplinare di gara (punti 8 e 9 della parte I e punto 5 della parte II del disciplinare di gara) in ordine alla necessaria corrispondenza tra detto impegno e i requisiti prodotti per l’ammissione alla gara (e la percentuale di partecipazione al raggruppamento), posto che ciascun componente il raggruppamento ha prodotto requisiti superiori sia a quanto richiesto per la partecipazione alla gara, sia alla quota di servizio che si impegna ad eseguire. La ratio della norma, contenuta nella lex specialis di gara, è quella di tutelare l’Amministrazione dalla partecipazione di imprese che si propongano di eseguire i servizi oggetto di gara in misura maggiore rispetto ai requisiti prodotti. Pertanto, la Commissione ritiene che nel caso di specie la ratio della norma sia rispettata”.

1.3) Questo tipo di argomentazione è sviluppata negli scritti difensivi del Consorzio, ove si pone in luce come sia la mandataria sia le due mandanti fossero in possesso di requisiti ben superiori a quelli richiesti dal disciplinare per la partecipazione in forma individuale, cosicché dovevano ritenersi sostanzialmente rispettate le esigenze sottese alle clausole del disciplinare di cui è denunciata la violazione.

1.4) La tesi della ricorrente principale, invece, è stata fatta propria dalla Sezione in sede cautelare, con la seguente motivazione (nella quale si prendono in considerazione anche le parallele censure dispiegate dalla ricorrente incidentale): “…il ricorso appare allo stato fondato in quanto la capogruppo del RTI aggiudicatario non può eseguire una quota inferiore al 40% come previsto nel bando di gara a pena di esclusione, percentuale in relazione alla quale si è qualificata (mentre non appare altrettanto il ricorso incidentale) in quanto ai sensi dell’art. 37, comma 13, d.lg. 12 aprile 2006 n. 163, applicabile anche nei procedimenti di gara per l’affidamento di appalti pubblici di forniture e servizi, l’Ati partecipante a gara pubblica è tenuta ad indicare, in sede di offerta, le quote di partecipazione delle singole imprese che ne fanno parte, non essendo sufficiente che esse vengano evidenziate soltanto nella fase esecutiva dell’appalto, poiché la ratio di tali norme è quella di permettere alla stazione appaltante di verificare il possesso da parte di tutte le imprese dei requisiti di ammissione alla gara in relazione alle singole quote di partecipazione e di assicurare l’effettiva corrispondenza sostanziale tra quota di qualificazione, quota di partecipazione e quota di esecuzione dell’appalto; di conseguenza, poiché detta norma esprime un principio fondamentale nella materia dei procedimenti di affidamento degli appalti pubblici, in particolare in presenza di una puntuale previsione del bando e della lettera invito, la difforme specificazione delle parti dell’appalto va sanzionata con l’esclusione dalla gara (Consiglio Stato, sez. IV, 27 novembre 2010, n. 8253)”.

1.5) Il Collegio non ritiene di doversi discostare dalla provvisoria diagnosi di fondatezza del ricorso formulata in sede cautelare.

La lettera del disciplinare di gara, infatti, è chiara nel prescrivere, nel caso di raggruppamento temporaneo di imprese, le percentuali minime di partecipazione, corrispondenti alle quote del servizio da eseguire.

Altrettanto chiara è la sanzione di esclusione dalla gara prevista dal disciplinare, da ricollegarsi inequivocamente anche alle violazioni inerenti le percentuali di partecipazione al raggruppamento.

Avendo il raggruppamento controinteressato configurato una partecipazione della mandataria nella percentuale del 34% – superiore alle quote individuali delle due mandanti, ma pur sempre inferiore al minimo previsto dalla legge di gara – lo stesso non poteva essere ammesso dalla gara, ostandovi le regole in merito ai requisiti dei concorrenti fissate a pena di esclusione dalla legge di gara.

2) Con il ricorso incidentale, le imprese del raggruppamento aggiudicatario contestano la legittimità delle prescrizioni del disciplinare applicate nella fattispecie le quali, qualora interpretate nel senso fatto proprio dalla ricorrente principale, violerebbero l’art. 37, comma 11 (recte: comma 13), del codice dei contratti pubblici, che vincola i concorrenti riuniti in raggruppamento temporaneo ad eseguire le prestazioni nella percentuale corrispondente alla quota di partecipazione al raggruppamento medesimo, “senza imporre alcuna ripartizione autoritativa delle quote di partecipazione … imposizione (che) risulterebbe del tutto priva di logica e limitativa della organizzazione della iniziativa economica privata e imprenditoriale”.

Può prescindersi, nel vaglio di tale censura, dall’eccezione di inammissibilità proposta dalla ricorrente principale, stante la palese infondatezza della censura medesima.

Il principio di corrispondenza tra quote di partecipazione al raggruppamento e percentuale di esecuzione dell’attività posto dal menzionato comma 13 non esclude, infatti, che la stazione appaltante, nell’esercizio della propria discrezionalità, provveda altresì a predeterminare le percentuali minime di partecipazione al raggruppamento.

La razionalità intrinseca della soluzione adottata nella fattispecie è confermata, d’altronde, dal fatto che essa trova corrispondenza con la misura minima del possesso dei requisiti da parte della mandataria già prevista, per gli appalti di lavori, dall’art. 95 del d.P.R. n. 554/1999, oggi sostituito dall’art. 92 del d.P.R. n. 207/2010.

3) Solo per completezza, va ancora fatto cenno al secondo motivo del ricorso principale che, a differenza del primo motivo, risulta destituito di giuridico fondamento.

L’esponente denuncia, anche in questo caso, la violazione dell’art. 8 del disciplinare di gara, nella parte in cui prescrive che i requisiti di capacità economica e finanziaria dei concorrenti dovessero essere comprovati (anche) mediante la presentazione di “due idonee dichiarazioni bancarie, rilasciate da un istituto bancario o da intermediario a ciò autorizzato ai sensi del d.lgs. 385/1993, attestanti la piena solvibilità del concorrente”.

Nel caso della mandataria REAR, la dichiarazione prodotta dalla Banca Popolare di Novara non sarebbe conforme alle prescrizioni del disciplinare perché, anziché attestare la piena solvibilità della concorrente, si limita a riferire che la stessa “… gode di buona fama per la puntualità nell’assolvimento degli impegni assunti e, a richiesta, il nostro Istituto è disponibile a finanziarla secondo le norme dei suoi regolamenti”.

Tale dichiarazione, inoltre, essendo priva di data, non offrirebbe alcuna certezza in ordine al momento del suo rilascio.

Analogamente inidonea sarebbe la dichiarazione rilasciata da Intesa SanPaolo per la mandante Copat S.c.r.l., ove si riferisce che essa “… dispone di capacità finanziaria ed economica adeguate al normale giro d’affari (e) gode di buona fama per la puntualità nell’assolvimento degli impegni assunti”.

Questo tipo di dichiarazioni, pur senza riprodurre pedissequamente le parole impiegate dalla legge di gara, valgono ad attestare la sussistenza delle condizioni sostanziali ivi previste, atteso che il riferimento alla “puntualità nell’assolvimento degli impegni assunti” conferma la piena affidabilità sotto questo profilo dell’impresa.

La normativa di rango primario (art. 41 del d.lgs. n. 163/2006), d’altronde, non prevede formule sacramentali con riguardo al tenore delle dichiarazioni bancarie e lo stesso disciplinare di gara non conteneva prescrizioni specifiche in tal senso.

Quanto alla mancanza di data nella dichiarazione della Banca Popolare di Novara, infine, si tratta di circostanza irrilevante, poiché il puntuale riferimento alla specifica gara ivi contenuto dimostra che essa era stata rilasciata in epoca successiva alla pubblicazione del bando.

4) Le spese del grado di giudizio possono essere integralmente compensate tra le parti costituite, considerando che l’illegittimità posta in essere dalla stazione appaltante non è frutto di negligenza o malafede, ma è scaturita da una scelta chiaramente orientata al perseguimento dell’interesse pubblico.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Respinge il ricorso incidentale.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 17 novembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Franco Bianchi, Presidente

Richard Goso, Primo Referendario, Estensore

Ariberto Sabino Limongelli, Referendario

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 01/12/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)