Giustizia amministrativa: sui rapporti tra giudicato e normativa (e attività amministrativa) sopravvenuta e sull'ambito del sindacato sulle scelte discrezionali della P.A.

NOTA

La sentenza in rassegna si sofferma sui rapporti tra giudicato e normativa (e attività amministrativa) sopravvenuta e sui criteri che presiedono al sindacato sulla discrezionalità amministrativa della P.A. (nella specie, circa le scelte sottese alla perimetrazione di un parco).

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N. 02253/2013REG.PROV.COLL.

N. 07434/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7434 del 2012, proposto da:
Soc. Coop. Edilizia S. Lucia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Antonio Astuto e dall’Avv. Salvatore Mileto, con domicilio eletto presso l’Avv. Salvatore Mileto in Roma, via Pietro da Cortona, n. 8;

contro

Regione Puglia, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Anna Bucci, con domicilio eletto presso la Delegazione della Regione Puglia in Roma, via Barberini, n. 36; Comune di Crispiano, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Giovanni Pellegrino, con domicilio eletto presso lo stesso Avv. Giovanni Pellegrino in Roma, corso del Rinascimento, n. 11; Comune di Grottaglie;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PUGLIA – SEZ. STACCATA DI LECCE: SEZIONE I n. 01092/2012, resa tra le parti, concernente la non approvazione del piano di lottizzazione-variante al PDF – risarcimento dei danni

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Puglia e di Comune di Crispiano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 marzo 2013 il Cons. Massimiliano Noccelli e uditi per le parti l’Avv. Gianluigi Pellegrino (su delega dell’Avv. Giovanni Pellegrino), l’Avv. Antonio Statuto (anche su delega dell’Avv. Salvatore Mileto) e l’Avv. Anna Bucci;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso proposto avanti al T.A.R. Puglia, Lecce, la Cooperativa Edilizia S. Lucia (d’ora in poi, per brevità, Cooperativa), quale proprietaria di un vasto compendio di aree site nel Comune di Crispiano, interessato da una richiesta di lottizzazione tuttora non approvata dal Comune, impugnava la nota n. 1406 del 14.2.2011 con la quale la Regione Puglia fissava il perimetro del nascente Parco delle Gravine, e tutti gli altri atti con i quali essa comunicava alla Cooperativa l’accoglimento della richiesta di esclusione del compendio da tale perimetrazione limitatamente alla sola p.lla 40 del foglio 66, chiedendo l’annullamento di tali atti e il conseguente risarcimento del danno.

Si costituivano nel giudizio di prime cure la Regione Puglia e il Comune di Grottaglie, opponendosi all’accoglimento del ricorso, mentre il Comune di Crispiano chiedeva al T.A.R. di accogliere il ricorso proposto dalla Cooperativa, con esclusione, tuttavia, della domanda risarcitoria.

La ricorrente impugnava con motivi aggiunti, inoltre, tutti gli atti delle conferenze dei servizi svoltesi in seno al procedimento di formazione e di perimetrazione del Parco Naturale Regionale Terra delle Gravine e prodotti in corso di giudizio dalla Regione.

Il T.A.R. Puglia, Lecce, con la sentenza n. 1092 del 21.6.2012, rigettava sia il ricorso che i motivi aggiunti, condannando la Cooperativa alla rifusione delle spese giudiziali nei confronti della Regione Puglia.

Avverso tale sentenza ha proposto appello la Cooperativa, denunciandone l’erroneità, e ne ha chiesto la riforma.

Nel presente giudizio si è costituita la Regione Puglia, chiedendo il rigetto dell’appello.

Si è costituito anche il Comune di Crispiano, aderendo all’appello della Cooperativa in ordine all’annullamento degli atti impugnati in prime cure, ma proponendo, nel contempo, appello incidentale diretto ad ottenere la reiezione della domanda risarcitoria proposta dalla Cooperativa nei confronti del Comune stesso.

All’udienza pubblica del 19.3.2013 il Collegio, udita la discussione dei difensori, ha trattenuto la causa in decisione.

DIRITTO

1. Con il primo motivo la Cooperativa appellante lamenta che il T.A.R. abbia voluto prescindere dall’esame dei motivi aggiunti, ritenendo che essi non si concretizzino in “censure nuove e diverse rispetto a quelle già dedotte nel ricorso introduttivo, e non determinando pertanto essi un ampliamento dell’originario thema decidendum” (pp. 4-5 della sentenza impugnata).

In realtà, deduce l’appellante, con i motivi aggiunti sarebbero stati impugnati atti nuovi e diversi rispetto a quelli originariamente gravati e, in particolare, i verbali delle conferenze dei servizi dapprima non conosciuti dalla Cooperativa e prodotti dalla Regione solo in corso del giudizio, nonché gli atti del Comune di Crispiano che comproverebbero la sua condotta ambivalente e “ancipite” in tutta la complessa vicenda.

La censura va disattesa.

La Cooperativa ha riproposto con i motivi aggiunti, anche contro tali atti, tutte le doglianze già introdotte nel ricorso introduttivo in merito all’illegittimità dell’operato della Regione e, per taluni aspetti, anche del Comune di Crispiano per quanto concerne la controversa inclusione dell’area di sua proprietà nel perimetro del Parco.

Le doglianze proposte con i motivi aggiunti, anche per quanto concerne i profili risarcitori, non presentano questioni, né pongono problematiche diverse, sostanzialmente, da quelle esposte nel ricorso introduttivo, come ha ritenuto il T.A.R., sicché il motivo deve essere disatteso.

Vero è, invece, che i verbali delle conferenze dei servizi impugnati con i motivi aggiunti, per quanto si dirà, denotano un difetto di istruttoria, da parte dell’autorità regionale, che si riverbera in una carenza motivazionale.

2. Con il secondo motivo di appello la Cooperativa si duole che il T.A.R. abbia illegittimamente disatteso il suo rilievo relativo al formarsi del giudicato, in seguito alla sentenza emessa da questo Consiglio, sez. IV, n. 416/1988, la quale aveva accertato che la variante al P.d.F. aveva reso edificatoria l’intera proprietà della Cooperativa, sicché l’effetto conformativo di tale giudicato non poteva essere ignorato dalla Regione Puglia al punto tale da compromettere, con i provvedimenti impugnati in prime cure, l’accertata natura edificatoria dell’area.

Il T.A.R. ha disatteso tale motivo, rilevando che la sentenza di questo Consiglio non era opponibile alla Regione, che non era stata parte del giudizio concluso dalla sentenza sopra richiamata.

Il motivo non può trovare accoglimento per i motivi che seguono.

Erra il primo giudice (p. 5 del provvedimento appellato), anzitutto, quando afferma che la sentenza n. 416/88 di questo Consiglio sarebbe stata pronunciata all’esito di un giudizio al quale non ha preso parte la Regione Puglia.

La sentenza n. 416/88 fu pronunciata anche nei confronti della Regione Puglia – che, però, non si costituì nel relativo giudizio – ed accertò la natura edificatoria della proprietà della Cooperativa, rientrante in zona ES.

Il giudizio che aveva condotto a tale pronuncia era scaturito dal provvedimento del Comune di Crispiano, il quale aveva rigettato la richiesta di lottizzazione motivandola con un’errata interpretazione della variante al piano di fabbricazione.

Il Consiglio di Stato, con quella pronuncia, dichiarò che la destinazione dell’intero terreno della Cooperativa consentiva la richiesta di lottizzazione e che, quindi, “tutto il terreno della cooperativa avesse destinazione ES”.

La sentenza di questo Consiglio, tuttavia, non fa stato nei confronti della Regione, non già per ragioni inerenti ai limiti soggettivi del giudicato, come ha erroneamente ritenuto il T.A.R., quanto per i suoi limiti oggettivi.

È senza dubbio e in astratto corretto il principio, richiamato dall’appellante, secondo il quale, in materia urbanistica ed edilizia, il giudicato cassatorio che tutela interessi pretensivi incide su situazioni soggettive istantanee e, in quanto tali, insensibili alle sopravvenute disposizioni tecniche e normative di settore.

Ma, come deduce la Regione, l’istituzione del Parco regionale comporta l’approvazione di un “Piano”, che è strumento sovraordinato rispetto agli strumenti urbanistici comunali generali e attuativi, e prevale persino se gli stessi sono definitivamente approvati e vigenti.

L’art. 20, comma 7, della L.R. n. 19/1997 stabilisce che il Piano in questione “sostituisce, a ogni livello, i piani paesistici, i piani territoriali o urbanistici di qualsiasi livello e ogni altro strumento di pianificazione del territorio”, sicché il principio, secondo il quale le modificazioni della disciplina urbanistico-edilizia non sono opponibili all’interessato, se intervenute successivamente alla notifica della sentenza che ha annullato il diniego di titolo edilizio, non può applicarsi alla Regione che adotti un Piano il quale si sostituisca, per espressa previsione della normativa regionale, ad ogni e qualsiasi strumento di pianificazione del territorio.

Occorre al riguardo tener presente quanto ha stabilito il Consiglio di Stato, Ad. Plen., n. 2/2013, la quale ha chiarito che il rapporto tra giudicato e normativa sopravvenuta, senza che rilevi il momento della notificazione della sentenza, non è ricostruibile secondo un unico modello predefinito, essendo lo stesso strettamente correlato all’oggetto del sindacato giurisdizionale, che dipende dalla tipologia di azione proposta e di potere pubblico esercitato, ed al contenuto precettivo dello ius superveniens.

In particolare questo Consiglio ha sottolineato come occorra distinguere, da un lato, le fattispecie che consentono al giudice amministrativo, sulla falsariga di quanto avviene nel processo civile, di svolgere, nell’ambito della sua giurisdizione di legittimità, un sindacato pieno sul rapporto dedotto nel processo e, dall’altro, quelle che non permettono che il sindacato abbia una tale estensione.

Nel primo caso il principio generale è quello della prevalenza del giudicato sulla normativa sopravvenuta.

Nel secondo caso – che è quello che qui interessa – la normativa successiva, potendo occupare gli spazi lasciati liberi dal giudicato, realizza normalmente una successione cronologica di regole di disciplina del potere pubblico, con la conseguenza che la prevalenza del giudicato si ha soltanto se la predetta normativa sovrappone, in relazione a quello specifico tratto della vicenda amministrativa vincolato dalla sentenza, la propria regola giuridica a quella giudiziale al fine esclusivo di correggere l’esercizio delle funzioni del giudice.

È evidente che nel caso di specie il giudicato, limitato peraltro al solo accertamento della natura di un’area edificabile ma tuttora non lottizzata, non possa prevalere rispetto alla L.R. n. 18/2005, che si pone l’esclusivo fine di costituire, nell’ambito delle competenze assegnate alla Regione, il Parco naturale regionale “Terra delle Gravine”, senza voler correggere, nemmeno in modo indiretto o surrettizio, l’esercizio delle funzioni giurisdizionali, e dunque operando nel perseguimento di un obiettivo interesse di particolare valore anche costituzionale.

Ne discende che il Piano, nella parte in cui ha ricompreso anche l’area in oggetto, non è nullo per violazione (o elusione) del giudicato ai sensi dell’art. 21-septies della l. 241/90.

3. Con il terzo motivo di appello la Cooperativa denuncia che erroneamente il T.A.R. avrebbe escluso l’applicabilità, nei suoi confronti, delle norme che garantiscono la partecipazione procedimentale.

Il T.A.R. ha ritenuto che, venendo in rilievo un procedimento di completamento e di attuazione della L.R. 18/05, istitutiva del Parco naturale regionale Terra delle Gravine, si sia in presenza di un atto amministrativo generale, di pianificazione e di programmazione, come tale sottratto dall’art. 13 della l. 241/90 all’applicabilità degli istituti di partecipazione procedimentale.

Ha peraltro osservato il giudice di prime cure che, ai sensi dell’art. 1, comma 3, della L.R. 18/05, è sì prevista una interlocuzione dei proprietari delle aree ricadenti nel perimetro del nascente Parco, al fine della richiesta di esclusione delle stessa da quest’ultimo, ma solo “per il tramite delle associazioni di categoria più rappresentative” e non direttamente, sicché la ricorrente non avrebbe un interesse partecipativo differenziato e qualificato.

Questo Consiglio ha già avuto modo di affermare, in linea di principio, che l’istituzione e la perimetrazione di un parco costituiscono espressione di un’attività a contenuto generale che, in quanto tale, è sottratta alla previsione dell’art. 13 della l. 7 agosto 1990 n. 241 (Cons. St., sez. VI, 14.1.2000, n. 235).

Tale disposizione espressamente esclude dall’ambito di applicazione del Capo III della legge (concernente la partecipazione al procedimento amministrativo) “l’attività della pubblica amministrazione diretta alla emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione”.

Cionondimeno, nel caso di specie l’art. 1, comma 3, della L.R. Puglia n. 18/05, istitutiva del Parco naturale regionale “Terra delle Gravine”, ha comunque previsto, a tutela degli interessati, che entro e non oltre dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge le aziende private agricole e zootecniche, nonché i titolari di diritti reali ricadenti nei territori rientranti nell’area perimetrale dell’istituendo Parco possano, per il tramite delle associazioni di categoria più rappresentative, presentare istanza di esclusione dal parco e di inclusione per gli stessi soggetti non compresi nella perimetrazione del Parco.

Secondo la disposizione in parola la Regione, d’intesa con il Comune di riferimento, si esprime entro centoventi giorni sulle istanze prodotte.

Orbene, benché appaia contestabile, nella sua perentoria rigidità, l’affermazione del T.A.R. secondo la quale la Cooperativa, titolare dell’area inclusa nella perimetrazione del parco, non avrebbe un interesse differenziato e qualificato alla partecipazione nel procedimento che conduce alla perimetrazione stessa, deve, però, convenirsi con il primo giudice che tale interesse è stato soddisfatto dalla normativa regionale con la previsione dell’intervento partecipativo da parte delle associazioni di categoria più rappresentative.

La legge regionale si è dunque premurata di garantire la partecipazione procedimentale dei titolari di diritti reali sulle aree interessate dalla perimetrazione mediante l’intervento delle associazioni di categoria più rappresentative, con una scelta che non appare lesiva del diritto di partecipazione, benché questo si esprima non in forma immediata, attraverso cioè l’intervento dei diretti interessati, ma con l’apporto collaborativo delle associazioni deputate alla tutela di interessi di categoria incisi dal provvedimento.

Il motivo, quindi, è infondato.

4. Con il quarto motivo di appello la Cooperativa si duole che il T.A.R. abbia erroneamente disatteso le sue doglianze in ordine al vizio di mancata comunicazione del provvedimento impugnato, trasmesso al solo difensore; il vizio di mancata indicazione del termine per impugnare e dell’autorità alla quale ricorrere; il difetto di motivazione.

Il motivo è in parte fondato.

4.1. Quanto alla prima delle due doglianze, anzitutto, deve rilevarsi che esse è infondata, in quanto, come ha riconosciuto anche il giudice di prime cure, la Cooperativa è venuta a conoscenza del provvedimento, tanto da averne tempestivamente impugnato il contenuto, sicché irrilevante appare, sotto tale profilo, che il provvedimento stesso sia stato comunicato al suo difensore.

4.2. La mancata indicazione del termine per impugnare e dell’autorità alla quale ricorrere, per giurisprudenza ormai costante, non sono causa di illegittimità dell’atto, ma mere irregolarità.

4.3. Deve invece essere accolta la censura relativa al difetto di motivazione.

Occorre anzitutto, in punto di diritto, premettere alcune necessarie considerazioni in merito alla sindacabilità delle scelte della p.a. in tema di perimetrazione dei parchi.

La insindacabilità nel merito di apprezzamenti discrezionali, come quelli sottesi alla perimetrazione di un Parco naturale, ha conosciuto nel corso del tempo una significativa evoluzione, in linea con i principi costituzionali e comunitari del “giusto processo” – inscindibile dalla effettività della tutela – e del “giusto procedimento amministrativo”, che vede la pubblica autorità chiamata a rendere conto in modo sempre più incisivo – e con accresciute modalità di partecipazione e di verifica dei diretti interessati – della razionalità delle proprie determinazioni.

Le vecchie formule, che limitavano il sindacato giurisdizionale di legittimità sugli atti discrezionali all’esatta rappresentazione dei fatti ed alla congruità dell’iter logico, seguito dall’Autorità emanante il provvedimento, debbono ormai ritenersi superate dai parametri di attendibilità della valutazione, che sia frutto di discrezionalità tecnica, e di non arbitrarietà della scelta, ove sia stata esercitata una discrezionalità amministrativa.

Sotto il primo profilo, infatti, è, ormai, pacificamente censurabile la valutazione che si ponga al di fuori dell’ambito di esattezza o attendibilità, quando non appaiano rispettati parametri tecnici di univoca lettura ovvero orientamenti già oggetto di giurisprudenza consolidata o di dottrina dominante in materia (cfr. in tal senso, per il principio, Cons. St., sez IV, 13.10.2003, n. 6201; Cons. St., sez. VI, 6.2.2009, n. 694; Cons. St., sez. VI; 27.10.2009, n. 6559; Corte europea dei diritti dell’uomo, Albert et Le Compte c. Belgio, par. 29, 10 febbraio 1983 e Obermeier c. Austria, par 70, 28 giugno 1990).

Un’evoluzione analoga non può non investire la discrezionalità cosiddetta amministrativa, sotto il profilo non tanto dell’an e del quid, ma del quomodo, soprattutto ove le scelte si proiettino su complessi bilanciamenti di interessi, legati ai parametri costituzionali di buon andamento e imparzialità dell’amministrazione.

Un criterio di scelta, formulato come discrezionale e pertanto insindacabile nel merito, può, infatti, ritenersi funzionalmente deviato – ed essere sindacabile sul piano della legittimità – “quando non renda esplicita e verificabile la logica interna che lo ispira, non consentendo di appurare l’effettivo perseguimento della scelta ottimale fra più soluzioni possibili, nell’interesse pubblico ed in comparazione con ogni altro possibile interesse – anche privato – coinvolto” (Cons. St., sez. V, 8.3.2012, n. 1330).

4.4. Ebbene, tutto ciò doverosamente premesso, deve considerarsi che nel caso di specie l’istruttoria espletata dalla Regione, nell’includere l’area in oggetto nella perimetrazione del Parco, appare inadeguata; ed insufficiente, di conseguenza, si rivela la motivazione che sorregge il provvedimento impugnato,non rendendo appunto esplicita e verificabile la logica interna che lo ispira e non consentendo di appurare l’effettivo perseguimento della scelta ottimale fra più soluzioni possibili, nell’interesse pubblico ed in comparazione con ogni altro possibile interesse – anche privato – coinvolto.

La decisione di includere o, per meglio dire, di non escludere l’area della Cooperativa dal perimetro del parco, infatti, è stata assunta dalla Regione in modo frettoloso e superficiale, all’esito di una istruttoria del tutto sommaria e inadeguata, come rivela la lettura dei verbali delle conferenze dei servizi impugnati in prime cure con i motivi aggiunti dalla Cooperativa, istruttoria sostanzialmente svoltasi e conclusasi nella sola conferenza dei servizi del 22.11.2010, alle cui risultanze fa, del resto, esclusivo riferimento la stessa nota della Regione Puglia – Servizio Ecologia – prot. n. 1406 del 14.2.2011 impugnata con il ricorso principale in prime cure, non avendo le precedenti conferenze avuto un reale contenuto decisorio sul punto.

4.5. “Per quanto attiene – si legge nel verbale di tale ultima conferenza del 22.11.2010 – agli aspetti di merito, l’ing. Antonicelli, di concerto con l’Assessore Bernabente, stabilisce di effettuare questa verifica in data odierna, utilizzando le carte tematiche del PUTT/p e del PPTR. Da questa analisi emerge che l’area della lottizzazione della cooperativa in discussione è caratterizzata dalla presenza del bosco secondo il PUTT/p e da una macchia di sclerofille secondo il dato più puntuale del PPTR. Da entrambe le tipologie discendono dei vincoli di inedificabilità che non sono quindi inaspriti dalla presenza dell’area naturale protetta e comunque, valutato l’uso del suolo dell’area della lottizzazione, si rileva che esso costituisce una condizione ostativa alla sua esclusione dal perimetro del Parco”.

Una simile motivazione palesa la sua insufficienza e la sua autoreferenzialità.

4.6. Anzitutto appare evidente come la decisione di non escludere l’area sia stata presa sulla base di un riscontro meramente cartaceo, fondato, peraltro, su carte tematiche risalenti nel tempo o inerenti, addirittura, a strumenti urbanistici non approvati.

In particolare, come correttamente eccepito dall’appellante, dalla tavola serie n. 8 del PUTT si evince che l’area di proprietà della Cooperativa è indicata ES (Edilizia Stagionale) e retinata come V (villeggiatura), sicché non è dato comprendere come possa affermarsi, sulla base del PUTT, che in loco siano presenti boschi.

Indicazioni maggiormente precise e, comunque, decisive circa la presenza di zone boschive degne di tutela non si traggono nemmeno dalle risultanze del PPTR, che non risulta essere stato ancora approvato.

Già sul piano documentale la verifica della Regione appare dunque incompleta, approssimativa e insufficiente, fondata su dati incerti, ambigui e certamente contenuti in carte risalenti nel tempo.

4.7. Emerge poi, con incontestabile evidenza, la mancanza di una qualsivoglia verifica in loco della situazione e di un’attenta analisi, giustificata da dati empirici e non da semplici riscontri cartacei, del valore ambientale della zona, a differenza di altre aree, site in diversi Comuni, nelle quali invece sono stati compiuti sopralluoghi e verifiche.

La Regione non ha tenuto conto nemmeno delle reiterate osservazioni del Comune, che si era opposto all’inclusione dell’area nel perimetro del Parco, non assumendo alcuna rilevanza in senso contrario, al riguardo, il fatto che nella stessa conferenza del 22.11.2010 il Sindaco di Crispiano, presente, abbia espresso “soddisfazione” all’esito dei lavori, al termine, come detto, di una istruttoria frettolosa e superficiale.

4.8. Ritiene il Collegio che l’assenza di una motivazione approfondita e dettagliata, sorretta da un’approfondita istruttoria e fondata sull’analisi di dati documentali aggiornati, completi e sicuramente attendibili e, soprattutto, sull’attenta verifica dei luoghi, denoti l’eccesso di potere nel quale è incorsa l’autorità regionale, includendo l’area della Cooperativa nella perimetrazione del Parco senza il riscontro di dati empirici completi, approfonditi e, soprattutto, coerenti con la finalità del potere attribuito all’ente.

Ne segue che gli atti impugnati in prime cure devono essere annullati, con conseguente obbligo, in capo alla Regione, di riesaminare la perimetrazione dell’area, oggetto di causa, conducendo, anzitutto mediante verifica in loco, un’istruttoria completa ed accurata.

5. Per completezza motivazionale, pur avendo efficacia totalmente assorbente e pienamente satisfattiva l’accoglimento del motivo appena esposto, devono essere esaminati, sia pur brevemente, in ossequio al dovere di sinteticità prescritto dall’art. 3, comma 2, c.p.a., gli ulteriori profili dedotti dalla Cooperativa con i restanti motivi di appello.

Tali ulteriori motivi non sono meritevoli di accoglimento.

6. Deve essere rigettato, in primo luogo, il motivo con il quale si lamenta che il T.A.R. avrebbe trascurato del tutto l’autorità del giudicato discendente dalla sentenza di questo Consiglio di Stato n. 416/88, ritenendo legittimo l’operato della Regione.

Si deve qui richiamare e ribadire quanto esposto al § 2, supra, in ordine ai limiti oggettivi di tale giudicato, che non è opponibile alla Regione nella misura in cui essa voglia istituire il parco, sicché la conclusione del T.A.R., seppur per le diverse ragioni già esposte, si appalesa immune da censura.

7. Altrettanto infondata è la censura con la quale l’appellante si duole che il T.A.R. erroneamente avrebbe ritenuto la Regione non obbligata a rispondere puntualmente alle osservazioni formulate dalla Cooperativa.

Si è già precisato, anche qui dovendosi richiamare quanto sopra esposto al § 3, che la Regione, ai sensi dell’art. 1, comma 3, della L.R. 18/2005, aveva l’obbligo di esprimersi entro il termine perentorio di centoventi giorni solo sulle istanze proposte dalle associazioni di categoria più rappresentative e non certo su quelle dei singoli privati.

In ogni caso la Regione ha risposto, seppur negativamente, all’istanza della Cooperativa, sicché non si ravvede, nella sostanza e per tale profilo, alcuna violazione delle regole procedimentali da parte della Regione.

Non può ritenersi del resto applicabile, come invece sembra presupporre l’appellante, l’istituto del silenzio assenso previsto dall’art. 20 della 241/90, atteso che, come ha correttamente rilevato il giudice di prime cure, dallo stesso tenore letterale dell’art. 1, comma 3, della L.R. 18/05 si evince che la Regioni debba pronunciarsi espressamente sull’istanza, con esclusione di qualsiasi silenzio significativo.

8. Nemmeno è fondata, poi, la censura secondo la quale il Comune interessato non sarebbe stato messo in condizione di partecipare al procedimento.

Al contrario l’ente comunale ha partecipato a talune delle conferenze dei servizi, rappresentando le sue perplessità in ordine all’inclusione dell’area all’interno del Parco.

Quanto alla mancata considerazione delle osservazioni critiche formulate dal Comune circa l’inclusione del terreno nell’area dell’istituendo Parco, invece, si è già rilevato che essa è un elemento che vieppiù induce a ritenere l’inadeguatezza e la superficialità dell’istruttoria svolta nel procedimento, evidenziando le carenze dell’iter seguito dall’amministrazione nel perimetrare il Parco con riferimento all’area de qua.

9. Devono poi essere dichiarate manifestamente infondate tutte le questioni di costituzionalità sollevate dalla Cooperativa in relazione alla L.R. 18/05.

Talune di queste censure, come quelle relative alla violazione degli artt. 42, 43 e 81 Cost., muovono dall’errato presupposto del carattere espropriativo dei vincoli stessi, che va, invece, escluso, alla stregua della consolidata giurisprudenza della Corte Costituzionale, la quale ne ha al contrario posto in evidenza il carattere conformativo.

I predetti vincoli traggono, cioè, origine dalle caratteristiche dell’area, tali da imporre limitazioni intrinseche all’esercizio delle facoltà di uso della stessa, rispetto alle quali l’intervento dell’amministrazione o del legislatore assume valenza meramente ricognitiva e non costitutiva.

“In relazione a ciò, è da escludere, secondo l’insegnamento della Corte costituzionale, l’indennizzabilità di tali vincoli, in quanto attinenti a beni che costituiscono categorie ab origine di interesse pubblico generale, e perciò soggetti ad un regime al quale è estranea la materia della espropriazione (sent. n. 56 del 1968; n. 79 del 1971 n. 648 del 1988; n. 391 del 1989; n. 430 del 1990)” (v. ex plurimis, sul punto, Cass., sez. I, 21.9.1998, n. 9433).

Viene a cadere, dunque, il presupposto sul quale si fonda la prospettata questione di costituzionalità della legge regionale per supposta violazione degli artt. 42, 43 e 81 Cost.

10. Sotto altro profilo nemmeno la L.R. 18/05 si pone in contrasto con la legge quadro sulle aree protette (l. 394/91) e con la L.R. 19/97, diversamente da quanto assume l’appellante, lamentando la violazione degli artt. 3, 97 e 117, comma 2, Cost..

La Regione ha agito, infatti, nell’ambito della potestà legislativa assegnatale dall’art. 117, comma 1, all’epoca vigente.

La L.R. 19/97, come correttamente ritenuto dal T.A.R., reca poi indicazioni di principio successivamente attuate dalla L. R. 18/05 sulla base di criteri e di esigenze di continuità ed omogeneità della tutela (art. 2), senza che possa ravvisarsi alcuna violazione di parametri costituzionali nella scelta di dettaglio, effettuata dalla L.R. 18/05, di includere anche il Comune di Crispiano nel territorio del Parco delle Gravine.

11. Tutte le questioni di costituzionalità sollevate dalla ricorrente Cooperativa nel giudizio di prime cure e in questo grado riproposte, dunque, sono manifestamente infondate e devono essere disattese.

12. Non sussiste, infine, neanche la lamentata violazione dell’art. 112 c.p.c. per aver omesso il T.A.R. di pronunciarsi sulla domanda risarcitoria.

Il T.A.R. infatti, nel respingere tutti i motivi proposti dalla Cooperativa, ha ritenuto legittimo l’operato della Regione, escludendo che sussistesse il presupposto fondamentale – l’illegittimità dell’atto dedotta dalla Cooperativa – per il riconoscimento di un danno risarcibile.

Benché la statuizione reiettiva della domanda risarcitoria sia corretta, nel suo contenuto decisorio, essa deve, però, essere confermata con diversa motivazione, alla luce delle ragioni sopra espresse.

13. Si deve, infatti, qui rilevare che, dovendo nuovamente accertarsi, con adeguata istruttoria, se effettivamente sussistano i presupposti fattuali per l’inclusione dell’area nel Parco, non può ritenersi né certo, né attuale, né concreto il danno lamentato dalla Cooperativa per la prospettata impossibilità di servirsi dell’area.

Tale danno non è stato comunque dimostrato né nell’an, né nel quantum dalla Cooperativa, non potendo sopperire la richiesta di consulenza tecnica d’ufficio al mancato assolvimento dell’onere probatorio che incombe alla parte interessata.

Nemmeno è risarcibile, per altro verso, il ritardo lamentato dalla Cooperativa, posto che il danno da mero ritardo è, nel caso di specie, inconfigurabile se non si accerti, preventivamente, legittimamente e definitivamente, l’effettiva riconducibilità o meno dell’area al perimetro del parco, ciò che non è stato adeguatamente fatto dall’amministrazione, sino ad oggi, e che non è possibile fare in questa sede e in sua vece.

Né giova all’appellante invocare, in un caso come quello presente, la fattispecie della responsabilità precontrattuale e il principio della buona fede, che regolano rapporti negoziali, del tutto estranei alla fattispecie in oggetto, e non si attagliano alla responsabilità della p.a. per lesione dell’interesse legittimo.

La domanda risarcitoria proposta dall’appellante nei confronti della Regione Puglia e del Comune di Crispiano, quest’ultimo peraltro estraneo all’esito provvedimentale della complessa vicenda amministrativa, va quindi rigettata.

14. Atteso il solo parziale accoglimento dell’appello, per le ragioni sopra espresse, sussistono giusti motivi per compensare interamente tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie, ai sensi e nei limiti di cui in parte motiva, e per l’effetto, in riforma della gravata sentenza, annulla tutti i provvedimenti, impugnati in prime cure, con i quali la Regione Puglia ha incluso l’area di proprietà della Cooperativa nella perimetrazione del Parco naturale regionale “Terra delle Gravine”, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione.

Rigetta la domanda risarcitoria proposta dalla Cooperativa S. Lucia nei confronti della Regione Puglia e del Comune di Crispiano.

Compensa interamente tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 marzo 2013 con l’intervento dei magistrati:

Paolo Numerico, Presidente

Diego Sabatino, Consigliere

Andrea Migliozzi, Consigliere

Fulvio Rocco, Consigliere

Massimiliano Noccelli, Consigliere, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 23/04/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)