Contratti della P.A.: sui requisiti dei commissari ex art. 84, D. Lgs. n. 163/06 e sulle modalità di rinnovazione della gara a seguito di annullamento della commissione giudicatrice originaria

NOTA

La sentenza in rassegna ritiene inficiata da violazione dell’art. 84, co. 2, D. Lgs. 12 aprile 2006 n. 163, la nomina di un giovane geometra nella commissione giudicatice dell’appalto del servizio di progettazione definitiva ed esecutiva, coordinamento per la sicurezza in fase di progettazione, direzione lavori e coordinamento per la sicurezza in fase di esecuzione inerente i servizi di progettazione di un bene culturale di notevoli pregio e rilevanza (Palazzo Giffoni, in Comune di Tropea).

La sentenza ritiene legittima la procedura di autotutela seguita dalla stazione appaltante e, in particolare, la rinnovazione della gara mediante nomina di nuova commissione, con invito ai concorrenti a riformulare e ripresentare le proprie offerte sulla base degli stessi criteri originariamente prescritti dal bando di gara.

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N. 03841/2013REG.PROV.COLL.

N. 05370/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5370 del 2011, proposto da:
Dezzi Bardeschi Marco, in proprio e quale mandatario del R.T.P. con il prof. Arch. Giuseppe Cristinelli, Arch. Margherita Catanoso, Arch. Gino Guarnieri e Arch. Paolo Barbuto, rappresentato e difeso dagli avv. Diego Vaiano e Raffaele Izzo, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, Lungotevere Marzio, n. 3;

contro

Provincia di Vibo Valentia, in persona del Presidente pro tempore, non costituito in giudizio;
Comune di Tropea, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Alfredo Gualtieri, con domicilio eletto presso Anna Bei in Roma, via Ovidio, n. 10, presso lo Studio Rosati;

nei confronti di

RPA s.r.l. in proprio e quale mandataria del RTI con I.G.&P., Ingegneri Guadagnuolo & Partners s.r.l., Arch. Grillo Maurizio Francesco Irish e Arch.Maria Grazia Amoroso, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;
Giuseppe Antonio Zizzi, in proprio e quale mandatario e capogruppo del RTP con Ing. Candela, Arch. Giuditta, Arch. Lonetti, Arch. Maida, Arch. Repice, Arch. Caterina Giovanna Zizzi e Idea s.r.l., non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Calabria – Catanzaro, Sezione I, n. 00784/2011, resa tra le parti, di reiezione del ricorso proposto per l’annullamento del provvedimento n. 9 del 19 febbraio 2010, del Direttore generale della Provincia di Vibo Valentia, SUA delegata dal Comune di Tropea, di revoca della propria determinazione n. 49 del 28 ottobre 2009 (di nomina della commissione di gara per l’aggiudicazione del servizio di “progettazione definitiva ed esecutiva, coordinamento per la sicurezza in fase di progettazione, direzione lavori e coordinamento per la sicurezza in fase di esecuzione inerente i servizi di progettazione -Palazzo Giffoni – recupero e riqualificazione per la realizzazione di un centro Mediterraneo di cultura ed innovazione”), della determinazione n. 57 del 23 febbraio 2010 del Responsabile del Servizio Tecnico Lavori Pubblici del Comune di Tropea (con cui è stato deliberato di non procedere all’omologazione dei verbali di gara n. 1 del 30 ottobre 2009, n. 2 del 10 novembre 2009 e n. 3 del 15 gennaio 2010 e di non aggiudicare in via definitiva la gara), del provvedimento del Dirigente del Settore VII –SUA- di detta Provincia, prot. 7558 del 26 febbraio 2010 (recante la nomina di un nuovo collegio in composizione diversa e l’invito a rinnovare l’offerta nell’ambito della gara suddetta) e della determinazione n. 267 del 16 luglio 2010 del RUP (di omologazione dei verbali di gara n. 1 del 20 aprile 2010, n.2 del 30 aprile 2010 e n. 3 del 28 maggio 2010, nonché di aggiudicazione definitiva della gara al RTP RPA s.r.l. IG&P Ingegneri Guadagnuolo & Partners s.r.l., Arch. Grillo Maurizio Francesco Irish e Arch. Amoroso Maria Grazia).

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Tropea;

Vista la memoria prodotta dalla parte resistente a sostegno delle proprie difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 febbraio 2013 il Cons. Antonio Amicuzzi e uditi per le parti gli avvocati Vaiano e Lo Feudo;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO

Il Comune di Tropea, con determinazione n. 244 dell’11.8.2009, decideva di appaltare il servizio di progettazione per il recupero, restauro e riuso dell’immobile denominato “Palazzo Giffoni”, delegando alla Stazione Unica Appaltante (SUA), istituita presso la Provincia di Vibo Valentia, l’adozione del provvedimento di indizione della gara, la successiva approvazione dello schema di bando e l’espletamento della procedura di scelta del contraente.

Detta SUA, con determinazione n. 262 del 26.8.2009, indiceva la gara, poi, in data 1.9.2009, pubblicava il bando di gara e, con deliberazione n. 49 del 28.10.2009, nominava la commissione di gara, composta dall’ing. Francesco Defina, in qualità di presidente, dall’ing. Antonio Francolino e dal geom. Ottaviano Demasi.

Veniva quindi redatta la graduatoria finale provvisoria, che vedeva collocati al primo posto gli attuali appellanti, cui era comunicata l’aggiudicazione provvisoria della gara.

Successivamente, con nota prot. n. 4931 del 9.2.2010, La Direzione Generale dell’Amministrazione Provinciale di Vibo Valentia comunicava ai provvisori aggiudicatari l’avvio del procedimento volto all’eventuale revoca della determinazione n. 49/2009 e, con determinazione n. 9 del 19.2.2010, revocava detta determinazione, in quanto la composizione della commissione di gara risultava viziata con riferimento all’esatta applicazione dell’art. 84, comma 2, del d.lgs. n. 163/2006.

Con determinazione n. 57 del 23.2.2010, il Comune di Tropea decideva di non procedere all’aggiudicazione definitiva del servizio in questione e, contestualmente, delegava la SUA a provvedere ad un nuovo affidamento.

Con determinazione n. 7558 del 26.2.2010, il Dirigente Generale dell’Amministrazione Provinciale di Vibo Valentia, settore VII – SUA, nominava un nuovo collegio in composizione diversa dal precedente e invitava le imprese offerenti a riformulare offerta integrale documentale tecnica qualitativa e quantitativa sulla base del bando di gara.

Con determinazione n. 267 del 16 luglio 2010 il RUP omologava i nuovi verbali di gara n. 1 del 20 aprile 2010, n.2 del 30 aprile 2010 e n. 3 del 28 maggio 2010, e disponeva l’aggiudicazione definitiva della gara al RTP RPA s.r.l. IG&P Ingegneri Guadagnuolo & Partners s.r.l., Arch. Grillo Maurizio Francesco Irish e Arch. Amoroso Maria Grazia.

Il prof. Ing. Arch. Marco Dezzi Bardeschi, in proprio e quale mandatario del R.T.P. con il prof. Arch. Giuseppe Cristinelli, Arch. Margherita Catanoso, Arch. Gino Guarnieri e Arch. Paolo Barbuto ha quindi proposto ricorso giurisdizionale per ottenere l’annullamento di detta aggiudicazione e degli atti presupposti, che è stato respinto con la sentenza del T.A.R. in epigrafe indicata.

Con il ricorso in appello in esame il suddetto professionista ha chiesto l’annullamento o la riforma di detta sentenza deducendo i seguenti motivi:

1.- Erroneità della decisione nella parte in cui è stato ritenuto che la composizione originaria della Commissione di gara fosse viziata in quanto assunta in violazione del disposto di cui all’art. 84 del d. lgs. n. 163/2006.

2.- Erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto legittime le modalità attraverso le quali la stazione appaltante ha esercitato il proprio potere di autotutela.

La sentenza è errata anche laddove ha ritenuto legittima la scelta della stazione appaltante di invitare, dopo l’annullamento in autotutela della nomina della Commissione concorsuale, i concorrenti a riformulare e ripresentare le proprie offerte sulla base degli stessi criteri originariamente prescritti dal bando di gara, pur avendo ciò comportato che la nuova commissione ha giudicato offerte formulate dai concorrenti allo scoperto.

Con atto depositato il 4.10.2011 si è costituito in giudizio il Comune di Tropea, che ha eccepito la inammissibilità dell’appello per l’inammissibilità del ricorso di primo grado (dovuta alla mancata impugnazione del provvedimento di nuova nomina della Commissione), nonché ne ha dedotto la infondatezza, concludendo per la declaratoria di inammissibilità o per la reiezione dell’appello.

Con memoria depositata il 9.10.2012 la parte resistente ha ribadito tesi e richieste.

Alla pubblica udienza del 26.2.2013 il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti, come da verbale di causa agli atti del giudizio.

DIRITTO

1.- Il giudizio in esame verte sulla richiesta, formulata dal prof. Ing. Arch. Marco Dezzi Bardeschi, in proprio e quale mandatario del R.T.P. con il prof. Arch. Giuseppe Cristinelli, Arch. Margherita Catanoso, Arch. Gino Guarnieri e Arch. Paolo Barbuto, di annullamento o di riforma della sentenza del T.A.R. in epigrafe indicata con la quale era stato respinto il ricorso proposto per l’annullamento del provvedimento di revoca della precedente determinazione di nomina della commissione di gara per l’aggiudicazione del servizio di “progettazione definitiva ed esecutiva, coordinamento per la sicurezza in fase di progettazione, direzione lavori e coordinamento per la sicurezza in fase di esecuzione inerente i servizi di progettazione -Palazzo Giffoni – recupero e riqualificazione per la realizzazione di un centro Mediterraneo di cultura ed innovazione”, inoltre della determinazione di non aggiudicare in via definitiva la gara, del provvedimento contenente la nomina di un nuovo collegio in composizione diversa dal precedente e l’invito a rinnovare l’offerta nell’ambito della gara suddetta, nonché, infine, del provvedimento di aggiudicazione definitiva della gara al RTP RPA s.r.l. IG&P Ingegneri Guadagnuolo & Partners s.r.l., Arch. Grillo Maurizio Francesco Irish e Arch. Amoroso Maria Grazia.

2.- Con il primo motivo di appello è stato dedotto che il T.A.R., nel respingere il motivo di ricorso volto a censurare il provvedimento con il quale l’Amministrazione aveva deciso di revocare la nomina della prima commissione di gara, ha affermato che le caratteristiche tecniche dell’intervento posto a gara non consentivano di ritenere che la commissione di gara nella composizione originaria fosse conforme al disposto dell’art. 84 del d. lgs. n. 163/2006 in ragione della presenza al suo interno, oltre a due ingegneri, del geometra Demasi, nell’assunto che lo stesso non poteva ritenersi esperto in ragione del titolo di studio posseduto e della sua giovane età.

Ma, secondo l’appellante, l’età del suddetto non poteva avere alcun riflesso diretto sulla relativa competenza professionale, anche perché il legislatore non ha posto il criterio anagrafico tra quelli in base ai quali deve effettuarsi la nomina dei commissari di gara.

Erroneo sarebbe pure l’assunto che le caratteristiche tecniche dell’intervento posto a base di gara non consentivano di ritenere che il citato geometra non potesse essere qualificato “esperto” nel senso indicato dall’art. 84 del d. lgs. n. 163/2006 alla luce del titolo di studio posseduto. Infatti, in base alla “lex specialis”, la valutazione tecnica avrebbe dovuto riguardare la organizzazione tecnica del processo progettuale, le metodologie, gli strumenti ed i processi adottati per lo svolgimento delle richieste prestazioni di servizio, le problematiche di natura tecnica, la organizzazione della direzione dei lavori e il coordinamento della sicurezza, nonché le misure idonee a prevenire eventuale contenzioso contrattuale. Tutte dette attività potrebbero, secondo la parte appellante, essere effettuate anche da un geometra, al pari di ingegneri ed architetti (le cui competenze possono anche essere completate da quelle del geometra), atteso che tra le competenze dei geometri previste dall’art. 16 del r.d. n. 274/1999 è indicata, alla lettera m), anche la progettazione, la direzione e la vigilanza di costruzioni civili di modesta entità, anche in cemento armato, e che essi possono collaborare in qualità di tecnici con ingegneri ed architetti nella progettazione e direzione di lavori a questi riservata.

Nel complesso, quindi, la commissione, unitariamente considerata, avrebbe avuto, secondo la parte appellante, un sufficiente grado di competenza tecnica, non essendo richiesto che la esperienza professionale di ciascun componente dovesse necessariamente coprire tutti i possibili ambiti oggetto di gara, come erroneamente sostenuto dal Giudice di prime cure.

Del resto, è dedotto con il motivo in esame, né dal legislatore né dal bando era stato stabilito che la commissione dovesse essere composta solo da ingegneri ed architetti, anzi l’art. 106 del d. lgs. n. 163/2006 ha previsto che, se ai partecipanti è richiesta una particolare qualifica professionale, almeno un terzo dei membri della commissione deve possedere la stessa qualifica o una qualifica equivalente, sicché gli altri componenti ben potrebbero essere esperti nel significato di cui all’art. 84 del d. lgs. n. 163/2006, pur non essendo muniti della medesima qualifica professionale.

Peraltro in altre gare indette dalla medesima stazione appaltante in cui la commissione giudicatrice risultava composta da due ragionieri non sarebbero stati disposti dall’Amministrazione interventi in autotutela.

Comunque l’impugnato provvedimento, non essendo stato addotto alcun rilievo critico sull’operato della Commissione, avrebbe travalicato il limite di ragionevolezza imposto allo “ius poenitendi” della P.A.

2.1.- Premette in proposito il Collegio che il principio che impone che i membri della Commissioni delle gare pubbliche siano provvisti di specifica e documentata esperienza di settore rapportata alla peculiarità della gara da svolgere è principio non solo immanente nel sistema (art. 84, comma 8, del d.lgs. n. 163/2006), ma di stretta derivazione costituzionale, dal momento che un adeguato livello di professionalità dei componenti l’organo è l’unica garanzia di un effettivo rispetto dei valori richiamati dall’art. 97 della Costituzione. Non è, invero, rispondente ai criteri di logica e ragionevolezza, che devono in particolare presidiare l’attività della pubblica Amministrazione, che l’attività valutativa in materia possa essere posta in essere da soggetti privi delle necessarie cognizioni tecniche correlate all’oggetto della gara, ovvero che il giudizio sia il frutto di una valutazione non perfettamente collegiale.

Se è vero che è la Commissione, unitariamente considerata, che deve garantire quel grado di conoscenze tecniche richiesto nella specifica fattispecie, e che l’art. 84, comma 2, del d. lgs. n. 163/2006 non richiede che i membri della commissione giudicatrice debbano essere tutti laureati, ma semplicemente pretende che chi è nominato commissario debba essere esperto nel settore oggetto d’appalto, tuttavia il titolo di studio vantato dai membri della commissione deve essere comunque e sempre pienamente adeguato alla prestazione oggetto della gara.

La giurisprudenza ha precisato che i componenti di una commissione giudicatrice di una gara rappresentano i “periti peritorum” della materia sulla quale devono esprimere il loro giudizio (anche in relazione ai peculiari aspetti di valutazione delle offerte) e che, nella impossibilità di saggiare in anticipo ed in concreto la preparazione specifica dei commissari, può farsi riferimento ad alcuni dati che, in via presuntiva, consentano una prognosi tranquillizzante sul punto, quali il possesso di un titolo di studio adeguato e la pregressa esperienza nel settore (Consiglio di Stato, Sez. VI, 14 ottobre 2009, n. 6297).

La sussistenza della dedotta generica affidabilità tecnica del geometra di cui trattasi è quindi inidonea a scalfire l’assunto centrale che sorregge la decisione di primo grado, dato dall’inidoneità del titolo di studio posseduto e, soprattutto, dall’esperienza maturata nello specifico settore oggetto della gara di cui trattasi, caratterizzata da uno specifico profilo di complessità tecnica (Consiglio di Stato, sez. V, 26 marzo 2012, n. 1736), in quanto avente ad oggetto la progettazione definitiva ed esecutiva, il coordinamento per la sicurezza in fase di progettazione, la direzione dei lavori e il coordinamento per la sicurezza in fase di esecuzione inerenti i servizi di progettazione per il recupero e la riqualificazione di un prestigioso e storico edificio.

Se per la complessità tecnica dell’intervento il bando di gara aveva previsto tassativamente che i partecipanti dovessero possedere la qualifica di ingegneri o architetti, appare invero evidente che un commissario in possesso della semplice qualifica di geometra non potesse ritenersi adeguato a valutare le offerte dagli stessi presentate, non essendo provvisto della adeguata professionalità che l’art. 84, comma 4, del d. lgs. n. 163/2006 richiede per la nomina a membro delle commissioni di gara.

Anche il requisito della concreta esperienza nel settore deve ritenersi che sia stato condivisibilmente ritenuto insufficiente dal primo giudice, atteso che il geometra di cui trattasi, dell’età, all’epoca, di circa trenta anni, era in servizio, come dedotto dal Comune resistente, presso il settore VIII del Comune, relativo alla edilizia scolastica; il che comporta, per comune esperienza, che detto geometra si fosse occupato di lavori relativi a costruzioni non estremamente complesse e di non rilevantissima entità, svolgendo attività ben diverse da quelle poste a base di gara, attinenti al complesso recupero e riqualificazione edilizia di un bene storico ed artistico come il Palazzo Giffoni.

E’ vero che il legislatore non ha posto il criterio anagrafico tra quelli in base ai quali deve effettuarsi la nomina dei commissari di gara, ma, avendo richiesto la sussistenza di quello della esperienza, appare evidente che nel caso di specie la giovane età del geometra, unita allo svolgimento di servizio di tale entità (in un servizio non comportante di norma attività del medesimo genere di quelle poste a gara, e quindi non nello specifico settore cui si riferisce l’oggetto del contratto) depone per la insufficienza del possesso della esperienza richiesta dalla norma di cui trattasi.

Tali vizi rendevano “ab origine” illegittima la nomina della commissione e giustificavano di per se l’emanazione del provvedimento di autotutela, a prescindere dalla mancata adduzione di rilievi critici sull’operato della Commissione.

Quanto al disposto dell’art. 106 del d. lgs. n. 163/2006, che stabilisce, al comma 2, che “Se ai partecipanti a un concorso di progettazione è richiesta una particolare qualifica professionale, almeno un terzo dei membri della commissione deve possedere la stessa qualifica o una qualifica equivalente”, osserva la Sezione che comunque la norma non esclude che in base al precedente art. 84, che fa riferimento al possesso di adeguate professionalità da parte dei commissari stessi, anche gli altri membri della commissari debbano essere titolari di requisiti tecnici e della professionalità indispensabile per formulare un giudizio pienamente consapevole in relazione ai concreti aspetti su cui devono formulare il loro giudizio.

Quanto alla dedotta disparità di trattamento, a prescindere dalla circostanza che il resistente Comune ha dedotto che erano relative a procedure al massimo ribasso, in cui, mancando la valutazione dell’offerta tecnica non si applicano le regole di cui all’art. 84 del d. lgs. n. 163/2006, va rilevato che non sussiste contraddittorietà tra gli atti di distinti ed autonomi procedimenti, quando si tratti di provvedimenti che, pur riguardanti lo stesso oggetto, siano adottati all’esito di procedimenti indipendenti ed intervalli di tempo l’uno dall’altro.

Per le argomentazioni sopra espresse il motivo di appello in esame non è suscettibile di assenso.

3.- Con il secondo motivo di gravame è stato dedotto che la sentenza sarebbe errata anche laddove ha ritenuto legittima la scelta della stazione appaltante di invitare, dopo l’annullamento in autotutela della nomina della Commissione concorsuale, i concorrenti a riformulare e ripresentare le proprie offerte sulla base degli stessi criteri originariamente prescritti dal bando di gara, pur avendo ciò comportato che la nuova commissione ha poi giudicato offerte formulate dai concorrenti allo scoperto, cioè quando già conoscevano il contenuto di quelle presentate in precedenza in base alle stesse regole di gara, con violazione del principio di par condicio, di buon andamento e di ragionevolezza.

Sarebbe incondivisibile la tesi dei primi giudici, che la rivalutazione delle offerte già presentate e conosciute per il lato tecnico ed economico avrebbe invece comportato la compromissione del principio di imparzialità, perché il profilo tecnico è stato valutato quando erano già conosciute le offerte economiche, con violazione dell’ordine logico nella valutazione ed attribuzione del punteggio e delle offerte.

Infatti, anche se è vero le gare da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa sono rette dal canone della segretezza (con la conseguenza che la valutazione tecnica deve di regola precedere quella economica), tuttavia gli stessi principi richiederebbero, a maggior ragione, che le offerte dovrebbero essere formulate dai concorrenti in condizione di segretezza e parità per garantire la genuinità del confronto.

Poiché la libertà di determinazione dell’Amministrazione in proposito è consentita nei limiti della ragionevolezza delle scelte e del rispetto di detti principi, nel caso di specie avrebbero dovuto essere mantenuti fermi gli atti di gara, sottoponendoli tal quali alla nuova commissione. Essendo infatti ormai cristallizzate le offerte sia tecniche che economiche, la nuova commissione di gara avrebbe potuto apprezzarle senza violare la “par condicio” (che è il valore protetto dalla segretezza delle offerte) e gli ipotetici condizionamenti derivanti dalle valutazioni effettuate dalla precedente commissione sarebbero stati evitabili, in osservanza del principio di conservazione degli atti giuridici, mediante analitica motivazione della nuova attività valutativa, stante la persistenza della validità dei predeterminati criteri di valutazione.

La decisione della stazione appaltante di annullare tutte le risultanze della pregressa gara avrebbe invece comportato che i concorrenti che avevano presentato offerte poco concorrenziali hanno potuto rivisitarle tenendo conto del contenuto delle offerte migliori sia sotto il profilo economico che tecnico, con alterazione della genuinità del confronto.

3.1.- Osserva la Sezione che nel caso in cui la procedura di gara pubblica sia caratterizzata, come nell’ipotesi di aggiudicazione con il sistema dell’offerta economicamente più vantaggiosa, da una netta separazione tra la fase di valutazione dell’ offerta tecnica e quella dell’offerta economica, il principio di segretezza comporta che, fino a quando non si sia conclusa la valutazione delle offerte tecniche, è inderogabilmente interdetto al seggio di gara la conoscenza delle percentuali di ribasso offerte per evitare ogni possibile influenza sulla valutazione dell’offerta tecnica, atteso che il principio della segretezza dell’offerta economica è presidio dell’attuazione dei principi di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa, predicati dall’art. 97 della Costituzione, “sub specie” della trasparenza e della par condicio dei concorrenti, intendendosi così garantire il corretto, libero ed indipendente svolgimento del processo intellettivo-volitivo che si conclude con il giudizio sull’offerta tecnica e, in particolare, con l’attribuzione dei punteggi ai singoli criteri con i quali quest’ultima viene valutata.

La scelta della Amministrazione, dopo la decisione di revocare la pregressa aggiudicazione provvisoria, di invitare i concorrenti a riformulare e ripresentare le proprie offerte sulla base degli stessi criteri originariamente prescritti dal bando di gara non è quindi affatto illogica, ma, avendo discrezionalmente scelto di non dover cambiare anche le leggi di gara (sussistendo l’esigenza, in capo all’Amministrazione, di conservare la parte di procedimento già utilmente svolto, in ossequio ai principi di economicità e di rapidità), necessitata, atteso che, se fosse stata mantenuta la validità delle offerte già presentate nella precedente fase procedurale revocata a causa della irregolare composizione della commissione, l’esame delle offerte tecniche sarebbe stato effettuato quando erano già conosciute le offerte economiche, con violazione del principio sopra enunciato, che impone che la valutazione delle prime debba essere inderogabilmente effettuata senza conoscere previamente le seconde.

Quanto alla censura che tanto avrebbe potuto essere evitato mediante analitica motivazione, come dedotto con l’atto di appello, va rilevato che, secondo una certa giurisprudenza (Consiglio di Stato, Sez VI, n. 6457/04 e n. 683/05; Sez. IV, n. 4834/04), con riguardo al rinnovo della procedura di gara dopo l’annullamento giurisdizionale della precedente fase della stessa, il pericolo di condizionamenti del giudizio della commissione sarebbe evitabile mediante l’analiticità della motivazione e la compiutezza della verbalizzazione, nonché mediante l’utilizzo dei criteri di massima predeterminati e non travolti dal giudicato.

Sempre in proposito di rinnovazione di gare dopo l’annullamento giurisdizionale della precedente fase, la giurisprudenza prevalente (Cons. di Stato, sez. V, 25 settembre 2010, n. 8230) è comunque orientata nel senso che l’alto tasso di discrezionalità che caratterizza tale tipo di procedura postula, che, in particolare, il descritto principio di segretezza venga comunque rispettato e, quindi, recuperato mediante la ripresentazione delle offerte, onde evitare il rischio di parzialità in favore dell’uno o dell’altro dei concorrenti.

La Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza 26 luglio 2012, n. 30 ha ora in proposito enunciato il principio che “Nella gara per l’affidamento di contratti pubblici l’interesse fatto valere dal ricorrente che impugna la sua esclusione è volto a concorrere per l’aggiudicazione nella stessa gara; pertanto, anche nel caso dell’offerta economicamente più vantaggiosa, in presenza del giudicato di annullamento dell’esclusione stessa sopravvenuto alla formazione della graduatoria, il rinnovo degli atti deve consistere nella sola valutazione dell’offerta illegittimamente pretermessa, da effettuarsi ad opera della medesima commissione preposta alla procedura”.

Detti principi, essendo stati affermati con riferimento al giudicato di annullamento dell’esclusione sopravvenuto alla formazione della graduatoria effettuabile dalla medesima commissione di gara, non sono tuttavia, secondo la Sezione, applicabili al caso di specie, in cui l’Amministrazione ha invece agito in sede di autotutela per consentire una nuova disamina delle nuove offerte da presentare e da parte di una commissione completamente diversa.

Non sussistendo infatti in questo caso le ragioni di tutela della effettività della tutela giurisdizionale e la impossibilità di soddisfare la pretesa fatta valere in giudizio se non mediante valutazione della sua originaria offerta in comparazione con le altre coevamente presentate, che sono state ritenute tutelabili dalla Adunanza Plenaria con detta sentenza ancor prima del principio di segretezza delle offerte, che impone di valutare la offerta tecnica senza previa conoscenza di quella economica.

Correttamente quindi la Amministrazione ha stabilito di invitare i concorrenti a riformulare e ripresentare le proprie offerte sulla base degli stessi criteri originariamente prescritti dal bando di gara.

Quanto alla dedotta circostanza che, a causa della procedura seguita nel caso che occupa, i concorrenti che avevano presentato offerte poco concorrenziali avrebbero potuto rivisitarle, tenendo conto del contenuto delle offerte migliori sia sotto il profilo economico che tecnico, rileva innanzi tutto il Collegio che tale conseguenza è inevitabile in ogni caso di rinnovo di procedura di gara dopo l’annullamento della precedente procedura pervenuta alla fase di apertura dei plichi contenenti le offerte tecniche ed economiche e avrebbe potuto verosimilmente verificarsi pure se la gara fosse stata rinnovata completamente anche con riguardo alla “lex specialis” perché, in casi come questi, è giocoforza che sfumino determinate garanzie per effetto della parziale inconciliabilità di opposte esigenze.

Non potendo, per le ragioni in precedenza espresse circa la irregolarità della composizione della commissione che aveva effettuato la valutazione delle offerte già presentate e rese pubbliche nella precedente fase procedurale poi revocata, essere mantenuta la validità delle relative risultanze, la soluzione adottata dall’Amministrazione, e confermata dal Giudice di prime cure, non appare irragionevole, ma sorretta dal corretto intento di accelerare per quanto più possibile la procedura di gara evitando di rinnovarla completamente, e non viziata dalla possibilità che i partecipanti alla gara abbiano potuto prendere conoscenza di termini delle offerte migliori già presentate, non essendo invero prevedibile con certezza, ma solo astrattamente, che tutti i soggetti partecipanti che avevano presentato le offerte più convenienti avrebbero reiterato le offerte in termini pienamente corrispondenti a quelli indicati in precedenza.

Le censure in esame non possono quindi essere condivise.

4.- L’appello deve essere conclusivamente respinto e deve essere confermata la prima decisione. Tanto consente di assorbire la eccezione riproposta in appello dal Comune di Tropea, di inammissibilità del gravame per l’inammissibilità del ricorso di primo grado dovuta alla mancata impugnazione del provvedimento di nuova nomina della Commissione di cui alla determinazione n. 31 del 20.4.2010 del Direttore Generale della Amministrazione Provinciale.

5.- Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente decidendo respinge l’appello in esame.

Pone a carico della parte appellante le spese e gli onorari del presente grado, liquidate a favore del Comune di Tropea nella misura di € 4.000,00 (quattromila/00), di cui € 1.000,00 (mille/00) per esborsi, oltre ai dovuti accessori di legge (I.V.A. e C.P.A.).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 febbraio 2013 con l’intervento dei magistrati:

Manfredo Atzeni, Presidente FF

Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere

Antonio Amicuzzi, Consigliere, Estensore

Doris Durante, Consigliere

Antonio Bianchi, Consigliere

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 15/07/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)