Giustizia amministrativa: sui criteri per stabilire la legittimazione e l'interesse ad impugnare autorizzazioni ambientali in capo ai comitati e ai residenti

NOTA

La sentenza conferma la decisione di prime cure che aveva dichiarato inammissibili i ricorsi proposti da un’associazione e da alcuni residenti contro il provvedimento di autorizzazione ad aprire una cava di sabbia e ghiaia.

Il Collegio ritiene insussistenti i requisiti necessari per la legittimazione dell’associazione ad impugnare autorizzazioni ambientali, ossia “(…) la natura di associazione di protezione ambientale, il carattere non occasionale o strumentale alla proposizione di una determinata impugnativa, lo stabile collegamento col territorio consolidatosi nel tempo (che deve presuntivamente escludersi in caso di associazioni costituite poco prima della proposizione del ricorso), la rappresentatività della collettività locale di riferimento (requisito quest’ultimo, che non può prescindere dalla considerazione, quanto meno indiziaria, del numero delle persone fisiche costituenti l’associazione).“.

La sentenza esclude altresì la legittimazione ad impugnare dei residenti, ritenendo che, in ossequio ai più recenti indirizzi della giurisprudenza, la mera vicinitas “(…) non è sufficiente, occorrendo anche la prova di uno specifico e concreto pregiudizio derivante dall’opera contrastata, anche in termini di semplice deprezzamento delle proprietà limitrofe, per effetto dell’atto impugnato, diversamente potendo dirsi dimostrata soltanto una astratta legittimazione “ad causam”, ma non anche quella lesione concreta e attuale che giustifica la sussistenza dell’interesse a ricorrere.”.

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N. 02095/2013REG.PROV.COLL.

N. 02585/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2585 del 2012, proposto da:
Associazione Comitato per la Salvaguardia del Territorio di Loria – O.N.L.U.S., in persona del legale rappresentante pro tempore, nonché da Angela Marchiori, Elena Martinello, Silvano Sbrissa, Lilla Spinelli e Raffaele Zen, rappresentati e difesi dagli avv. Gabriele Pafundi e Gianluigi Ceruti, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, viale Giulio Cesare, n. 14a/4;

contro

Regione Veneto, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Ezio Zanon, Francesco Zanlucchi, Luisa Londei e Andrea Manzi, con domicilio eletto presso lo studio del quarto, in Roma, via Confalonieri n. 5;
Ferraro Impresa sr.l. (ora Ferraro Inerti s.r.l.), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Franco Zambelli, Mario Ettore Verino e Annamaria Tassetto, con domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Roma, via Barnaba Tortolini, n.13;
Provincia di Treviso, in persona del Presidente pro tempore, non costituito in giudizio;
Comune di Loria, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;
Consorzio di Bonifica Pedemontano Brenta, in persona del Presiente pro tempore, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Veneto – Venezia, Sezione II, n. 01343/2011, resa tra le parti, di declaratoria di inammissibilità, per difetto di legittimazione attiva e carenza di interesse, del ricorso proposto per l’annullamento della delibera della Giunta Regionale Veneto n. 2384 dell’1.8.2006, recante l’autorizzazione ad aprire la cava di sabbia e ghiaia denominata “la Piccola”, sita nel Comune di Loria, a favore della ditta Ferraro Impresa s.r.l., nonché degli atti connessi, in particolare del parere favorevole con prescrizioni, reso in data 28.10.2002, dalla Commissione Tecnica Provinciale Attività di Cava dell’Amministrazione Provinciale di Treviso e del parere favorevole con prescrizioni della Commissione Tecnica Regionale Attività Estrattive, reso in data 8.9.2005;

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Veneto e della Ferraro Impresa s.r.l. (ora Ferraro Inerti s.r.l.);

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Vista la propria ordinanza 15 maggio 2012 n. 1864;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 dicembre 2012 il Cons. Antonio Amicuzzi e uditi per le parti gli avvocati Santarelli, su delega dell’avv. Pafundi, Luca Mazzeo, su delega dell’avv. A. Manzi, M.E. Verino e F. Zambelli;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO

In data 4.7.2002 la società Ferraro Impresa a r.l. ha presentato alla Regione Veneto la domanda per l’autorizzazione alla coltivazione della cava denominata “La Piccola” da ubicarsi nel Comune di Loria.

Con delibera n. 62 del 26.9.2002 il Comune di Loria ha espresso il parere, previsto dalla l.r. n. 44/1982, contrario all’apertura della cava, e in data 18.12.2002 ha diffidato la Direzione Regionale Geologia Ciclo dell’Acqua di Venezia al rispetto della direttiva di cui all’art. 17 del P.T.R.C., in forza del quale fino all’approvazione del P.R.A.C. eventuali autorizzazioni o concessioni avrebbero potuto essere rilasciate su parere favorevole di Comuni e Province, anche attivando gli accordi di programma previsti dalla legge n. 142/1990.

Con delibera n. 16 del 27.3.2003 il Consiglio Comunale di Loria ha approvato la variante urbanistica n. 2/2003, ex art. 50, comma 4, della l.r.. n. 61/1985, stabilendo, all’art. 17 delle N.T.A., il divieto di effettuare attività di cava nel territorio agricolo comunale “in attesa dell’entrata in vigore del P.R.A.C. di cui all’art. 7 della L.R. n. 44/1982”.

In data 11.4.2003 detta deliberazione veniva inviata alla Regione che, con nota del 5.11.2004, ne riconosceva la legittimità.

Il 14.8.2003 l’Associazione Comitato per la salvaguardia del Territorio di Loria faceva pervenire alla Direzione Geologia e Ciclo dell’Acqua della Regione Veneto una nota nella quale esprimeva la propria opposizione all’apertura della cava in considerazione della vicinanza della stessa ai centri abitati e dell’estrema fragilità sotto l’aspetto geologico e idrogeologico del territorio del Comune di Loria, allegando una dettagliata relazione in cui era evidenziata la presenza di pozzi acquedottistici posti 400 mt. a valle del sito di cava e il pericolo di inquinamento delle falde idriche.

Successivamente, in data 20.10.2004, detta Associazione depositava presso la Regione un’integrazione della relazione idrogeologica nella quale si rappresentava che il Comune di Loria è compreso nell’area di bacino scolante nella laguna di Venezia ed è situato nella zona di fascia di ricarica degli acquiferi, nonché si evidenziavano le carenze progettuali e idrogeologiche della relazione tecnica allegata al progetto in merito alle problematiche dei rischi di inquinamento delle fonti di approvvigionamento idrico.

In data 8.9.2005 la C.T.R.A.E. esprimeva parere favorevole, con prescrizioni, alla domanda di autorizzazione alla coltivazione della cava denominata “La Piccola” e l’1.8.2006, con la delibera n. 2384 impugnata, la Giunta regionale autorizzava la società Ferraro Impresa s.r.l. all’apertura della cava di ghiaia e sabbia, nonostante che la Conferenza di servizi, indetta dal Sindaco del Comune di Loria con i Sindaci dei Comuni limitrofi, avesse invitato la Regione a deliberare in senso contrario all’attivazione dell’attività estrattiva per il gravissimo rischio di compromissione della falda freatica derivante dalla predetta attività.

Avverso detto provvedimento proponevano ricorso giurisdizionale presso il T.A.R. Veneto l’Associazione Comitato per la salvaguardia del Territorio di Loria ed alcuni residenti, proprietari di immobili confinanti rispetto al sito ove è ubicata la cava denominata “La Piccola”, deducendo l’illegittimità dell’autorizzazione all’attività estrattiva.

Con la sentenza in epigrafe indicata il T.A.R. ha dichiarato il ricorso inammissibile per difetto di legittimazione attiva e carenza di interesse.

Con il ricorso in appello in esame la citata Associazione e detti residenti hanno chiesto l’annullamento o la riforma di detta sentenza del T.A.R., deducendo i seguenti motivi:

1.- Sul difetto di legittimazione attiva e carenza di interesse ad agire dell’Associazione Comitato per la salvaguardia del territorio di Loria O.N.L.U.S. : Non sono condivisibili né la tesi del T.A.R. che l’Associazione è sprovvista di “legittimatio ad causam”, né l’assunto che dopo la entrata in vigore della l. n. 349/1986, non vi sarebbe più spazio per il riconoscimento ministeriale della legittimazione processuale per le associazioni diverse da quelle rientranti nella previsione di cui all’art. 13 della medesima legge.

2.- Sul difetto di legittimazione attiva e di interesse ad agire dei soggetti privati “coricorrenti”.

Il T.A.R. ha accolto l’eccezione di difetto di legittimazione attiva dei ricorrenti nell’assunto che non avevano fornito la prova sufficiente della propria legittimazione attiva ad agire né concreto interesse al ricorso, non avendo dedotto di risiedere o di essere proprietari di immobili confinanti con la cava di cui trattasi.

Ma la tesi è contraddetta sia dai documenti di identità dei ricorrenti e sia da una relazione tecnica asseverata in cui sono indicate con esattezza le residenze di tutti i ricorrenti di primo grado, da cui si evince la stretta e contigua vicinanza delle abitazioni dei ricorrenti dal sito di cava di cui trattasi.

3.- Sono stati quindi riproposti i motivi dedotti in primo grado e non esaminati dal T.A.R.:

3.1.- Violazione dell’art. 17 delle N.T.A. del P.R.G. del Comune di Loria, ai sensi del quale è vietata in tutto il territorio agricolo comunale l’attività di cava, in quanto, nella vigenza della citata disposizione, non poteva essere assentita l’autorizzazione impugnata;

3.2.- Violazione dell’allegato A1 della l.r. n. 10/1999, sostituito dalla lettera a) dell’art. 1, comma 1, della l.r. n. 24/2000, così come integrato dall’art. 5, lett. m quater, della l.r. 16 agosto 2002. Eccesso di potere per difetto di istruttoria.

Lo strato di impermeabilizzazione imposto con le prescrizioni della C.T.R.A.E. determinerà la creazione di un lago sul fondo della cava con conseguente danno ambientale e igienico sanitario per le popolazioni residenti nelle immediate vicinanze, nonché la necessità di assoggettamento del progetto a V.I.A..

3.3.- Eccesso di potere per difetto di istruttoria in relazione al parere reso dalla C.T.R.A.E. del Veneto. Illegittimità derivata.

Il modello matematico di flusso a larga scala, utilizzato per accertare la mancanza di interferenza idraulica tra la cava e le opere di presa per scopi idropotabili e per escludere rischi ambientali e sanitari, presenta evidenti carenze e errori di impostazione e omette di esaminare il pericolo di contaminazione proveniente dalla cava e gravante sui pozzi pubblici di Castelfranco Veneto.

3.4,- Eccesso di potere per falsità del presupposto con riferimento al parere della C.T.R.A.E.; eccesso di potere per contraddittorietà, per difetto di motivazione e travisamento dei fatti. Violazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990 e sue modifiche ed integrazioni, Eccesso di potere per carenza di istruttoria in relazione al parere della C.T.R.A.E.. Illegittimità derivate.

L’affermazione dell’assenza di rischi di contaminazione della risorsa idrica dall’attività estrattiva e dal connesso rilascio di sostanze inquinanti è apodittica, gratuita e priva di qualsiasi supporto motivazionale, né tiene in considerazione che la variante al P.R.G. del Comune di Galliera Veneta, approvata con D.G.R. 29.10.2002, n. 3042, indica, tra le attività e destinazioni da vietare nelle zone di rispetto per i prelievi idropotabili, l’apertura di cave che possono essere in connessione con le falde.

3.5.- Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, in relazione al parere della C.T.R.A.E. con riferimento all’omessa valutazione dei pericoli idrogeologici evidenziati nella relazione di parte “Droli-Tundo” del 17.11.2004. Illegittimità derivata.

Detto parere ha omesso di considerare la pericolosità intrinseca della cava di tipo permanente, l’elevata vulnerabilità del territorio ove ha sede la cava, l’esistenza a valle del sito della cava di molteplici punti idrici di derivazione d’acqua (pozzi idropotabili pubblici, pozzi privati, linea delle risorgive, pozzi artesiani anche ad uso potabile).

3.6.- Eccesso di potere per travisamento dei fatti e per difetto di istruttoria in relazione al parere della C.T.R.A.E. e con riferimento all’omessa valutazione dei pericoli idrogeologici di erosione degli argini della rosta Manfrina e di tracimazione delle sue acque all’interno della cava. Violazione dell’allegato A1 della l.r. n. 10/1999, sostituito dalla lettera a) dell’art. 1, comma 1, della l.r. n. 24/2000, così come integrato dall’art. 5 lett. m quinquies della l.r. n. 27/2002 con riferimento all’omessa valutazione di impatto ambientale.

3.7.- Con riferimento al parere espresso dalla Commissione Tecnica Provinciale per le attività di cava (C.T.P.A.C.) di Treviso in data 28.10.2002.

Violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990 e successive modificazioni, nonché eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione e carenza di istruttoria. Eccesso di potere di cui ai motivi 3.3, 3.4 e 3.5 che precedono. Illegittimità derivata.

Con atto depositato il 13.4.2012 si è costituita in giudizio la Ferrari Inerti s.r.l., cessionaria del ramo di azienda di Ferraro Impresa s.r.l., che ha eccepito la inammissibilità e la improcedibilità dell’appello, per incertezza assoluta del destinatario e per mancata notifica ad un litisconsorte necessario, essendo stata notificata presso il domicilio eletto in primo grado una sola copia del ricorso d’appello alla società “Ferraro Impresa S.r.l. ora Ferraro Inerti S.r.l.” (la quale ultima, con memoria depositata il 26.7.2010, aveva rappresentato il proprio interesse a costituirsi nel giudizio di prime cure, essendo diventata titolare della cava) senza considerare che le due società erano due soggetti giuridici distinti, entrambi esistenti ed entrambi parti in giudizio, perché la prima non aveva abbandonato il giudizio. In assenza di notifica nei termini di cui all’art. 92 del c.p.a. ad entrambe le società dovrebbero verificarsi le conseguenze di cui all’art. 95, comma 5, del c.p.a..

La costituita società ha reiterato poi le eccezioni di difetto di legittimazione attiva e di carenza di interesse di tutti gli originari ricorrenti e, in merito ai riproposti motivi assorbiti in sentenza, ha richiamato le eccezioni e difese di primo grado, in particolare deducendo la infondatezza delle dedotte censure di violazione dell’art. 17 delle N.T.A. al P.R.G. del Comune di Loria, la inammissibilità delle censure attinenti al merito e la infondatezza della dedotta violazione della procedura di V.I.A. e di difetto di istruttoria in relazione al parere reso dal C.T.R.A.E.; ha concluso per la reiezione dell’appello.

Con memoria depositata l’8.5.2012 si è costituita in giudizio la Regione Veneto, che ha riproposto le eccezioni di difetto di legittimazione attiva delle parti ricorrenti ed ha dedotto la infondatezza dell’appello, concludendo per la declaratoria di inammissibilità o per la reiezione.

Con memoria depositata l’11.5.2012 gli appellanti hanno contestato la fondatezza delle eccezioni di inammissibilità ed improcedibilità formulate dalla resistente Ferraro Inerti s.r.l., nonché ha ribadito tesi e richieste.

Con ordinanza 15 maggio 2012 n. 1864 la Sezione ha respinto la istanza di sospensione della sentenza impugnata.

Con atto notificato il 25/26.5.2012 e depositato l’8.6.2012 l’appellante Associazione ha volontariamente notificato copia del ricorso in appello alla ditta Ferraro Impresa s.r.l..

Con memoria depositata il 31.10.2012 la ditta Ferraro Inerti s.r.l. ha eccepito la inammissibilità dell’appello per omessa impugnazione delle convenzioni comunali ex art. 20 della l.r. n. 44/1982 (con cui l’Amministrazione di Loria ha dato esecuzione al titolo autorizzatorio) nonché dei provvedimenti regionali con cui si è intestata la autorizzazione in capo alla resistente, è stato consentito il riavvio dei lavori ed è stata concessa la proroga della ultimazione degli stessi. Inoltre ha eccepito la inammissibilità del gravame per incertezza assoluta del destinatario (non sanabile con dichiarazioni volta a specificare il soggetto evocato in giudizio) e per mancata notifica ad un contro interessato (stante la irritualità della integrazione del contraddittorio effettuata non nelle forma previste dall’art. 95 del c.p.a.). Ha infine ribadito tesi e richieste.

Con memoria depositata il 31.10.2012 l’Associazione appellante ha contestato le eccezioni relative alla mancata prova della qualità di eredi del sig. Angelo Martinello in primo grado e alla inammissibilità delle relazioni tecniche depositate; ha quindi ribadito tesi e richieste.

Con memoria depositata il 9.11.0212 detta Associazione ha contestato la fondatezza delle avverse eccezioni di improcedibilità del ricorso per mancata impugnazione di provvedimenti comunali e regionali sopravvenuti ed ha ribadito tesi e richieste.

Con memoria depositata il 13.11.2012 la Ferraro Inerti s.r.l. ha replicato alle avverse argomentazioni ribadendo eccezioni, tesi e richieste.

Con memoria depositata il 13.11.2013 la Associazione appellante ha replicato alle avverse difese e nuovamente ribadito le già dedotte argomentazioni.

Alla pubblica udienza del 4.12.2012 il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti come da verbale di causa agli atti del giudizio.

DIRITTO

1.- Il giudizio in esame verte sulla richiesta, formulata dalla Associazione Comitato per la Salvaguardia del Territorio di Loria – O.N.L.U.S., nonché dai sigg.ri Angela Marchiori, Elena Martinello, Silvano Sbrissa, Lilla Spinelli e Raffaele Zen, di annullamento della sentenza del T.A.R. in epigrafe indicata con la quale è stata dichiarata la inammissibilità, per difetto di legittimazione attiva e carenza di interesse, del ricorso proposto per l’annullamento della delibera della Giunta Regionale Veneto n. 2384 dell’1.8.2006, recante l’autorizzazione ad aprire la cava di sabbia e ghiaia denominata “la Piccola”, sita nel Comune di Loria a favore della ditta Ferraro Impresa s.r.l., nonché degli atti connessi, in particolare del parere favorevole con prescrizioni, reso in data 28.10.2002, dalla Commissione Tecnica Provinciale Attività di Cava dell’Amministrazione Provinciale di Treviso e del parere favorevole con prescrizioni della Commissione Tecnica Regionale Attività Estrattive, reso in data 8.9.2005.

2.- Innanzi tutto con l’appello è stata censurata la declaratoria del T.A.R. di inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio per difetto di legittimazione attiva e carenza di interesse ad agire dell’Associazione Comitato per la salvaguardia del territorio di Loria O.N.L.U.S.

Non sarebbero condivisibili né la tesi del T.A.R. che l’Associazione è sprovvista di “legitimatio ad causam”, trattandosi di un comitato costituito in forma associativa temporanea con scopo specifico e limitato (costituente una mera proiezione degli interessi dei soggetti che ne fanno parte e non portatrice in modo continuativo di interessi diffusi radicati sul territorio), né l’assunto che, dopo la entrata in vigore della l. n. 349/1986, non sarebbe più possibile il riconoscimento ministeriale della legittimazione processuale per le associazioni diverse da quelle rientranti nella previsione di cui all’art. 13 della medesima legge.

La legittimazione attiva delle associazioni di protezione ambientale e dei comitati deve essere riconosciuta anche ad organismi locali operanti in ambiti territoriali più limitati, come l’associazione ricorrente, che persegue saltuariamente le finalità di salvaguardare l’ambiente, la salute, i beni culturali, il corretto assetto urbanistico, la qualità della vita delle popolazioni residenti in un territorio definito e più limitato rispetto a quello delle associazioni nazionali di protezione ambientale individuate ex art. 13 della l. n. 349/1986 (come riconosciuto dal Consiglio di Stato con sentenza della Sezione VI n. 3107/2004).

La ratio del riconoscimento risiede nell’intento di fornire a tali comitati di cittadini legittimazione autonoma quando a tutela del bene che intende proteggere non si siano attivate le associazioni ex art. 13 della l. n. 349/1986, sempreché perseguano per statuto, in maniera non occasionale, obiettivi di tutela ambientale, siano dotati di un autonomo grado di rappresentatività e stabilità e dimostrino di avere un collegamento stabile con l’ambito territoriale in cui è situato il bene a fruizione collettiva che si assume compromesso.

Tutti detti requisiti sarebbero posseduti dalla Associazione ricorrente, formata da un gruppo di diciotto membri, radicata localmente e stabilmente collegata con il territorio interessato (il Comune di Loria), nonché disciplinata da uno statuto da cui risulta che essa si è formata nell’anno 2006 e che annovera, tra i suoi scopi, quello di tutelare la qualità della vita, del territorio e dell’ambiente nel Comune di Loria, contrastando, in particolare, l’attività della cava de qua, operando per la tutela delle aree agricole e per la valorizzazione del reticolato della centuriazione romana, ostacolando qualsiasi tipo di industria estrattiva e l’insediamento di discariche di rifiuti, promuovendo attività di sensibilizzazione e informazione della cittadinanza sui problemi relativi alla attività di cava. Inoltre l’Associazione ha lo scopo di vigilare sulle iniziative che minacciano l’integrità del territorio e di verificare l’operato delle amministrazioni pubbliche in ordine alla salvaguardia delle risorse ambientali, promuovendo le iniziative più opportune, e di operare per la tutela, la promozione e la valorizzazione di cose di interesse artistico e storico di cui al d. lgs. n. 42/2004.

Non potrebbe quindi negarsi la legittimazione ad agire al Comitato, che ha provato di aver compiuto nel tempo, anche prima della sua formale costituzione, e di continuare a svolgere rilevante attività a tutela dell’interesse pubblico, ambientale ed igienico sanitario.

2.1.- Osserva la Sezione che al riguardo il T.A.R. ha basato la propria determinazione, oltre che sulla incontestata circostanza che la Associazione de qua non rientra tra quelle individuate dal Ministro dell’Ambiente ex art. 13 della l. n. 349/1986, sul suo riconosciuto carattere di associazione occasionale e strumentale.

Invero, accanto alla legittimazione riconosciuta dagli artt. 13 e 18, comma 5, della l. n. 349/1986 e dagli artt. 309 e 310 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, continuano ad applicarsi, a tutte le associazioni sprovviste della suddetta legittimazione legale i criteri, da tempo elaborati dalla giurisprudenza, fondati sull’effettivo e non occasionale impegno a favore della tutela di determinati interessi diffusi o superindividuali, sull’esistenza di una previsione statutaria che qualifichi detta protezione come un istituzionale compito dell’associazione e delle sue articolazioni territoriali nonché sulla vicinanza spaziale della fonte del paventato pregiudizio agli interessi giuridici protetti al centro principale dell’attività dell’associazione o della sua specifica struttura periferica.

Quindi il G.A. può riconoscere, caso per caso, la legittimazione ad impugnare atti amministrativi incidenti sull’ambiente ad associazioni locali, indipendentemente dalla loro natura giuridica, purché perseguano statutariamente in modo non occasionale obiettivi di tutela ambientale e abbiano un adeguato grado di rappresentatività e stabilità in un’area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene a fruizione collettiva che si assume leso.

Ovviamente dette associazioni ambientaliste rimangono comunque una parte privata del giudizio amministrativo, legittimate come tali a ricorrere e a resistere nei limiti della diretta correlazione tra le illegittimità denunciate e gli interessi dalle stesse istituzionalmente protetti; in altri termini, esse possono impugnare qualunque atto amministrativo, ma la specialità della loro legittimazione a ricorrere, condizionata a monte dagli scopi da esse perseguiti, consente loro unicamente la deduzione di censure funzionali al soddisfacimento di interessi ambientali.

Osserva quindi la Sezione che, alla stregua del consolidato insegnamento della giurisprudenza anche di questa Sezione, da cui non v’è motivo allo stato di discostarsi, la legittimazione ad agire in giudizio a favore della non riconosciuta associazione di cui trattasi può riconoscersi solo nel caso che sia accertata la concomitante sussistenza delle seguenti condizioni: la natura di associazione di protezione ambientale, il carattere non occasionale o strumentale alla proposizione di una determinata impugnativa, lo stabile collegamento col territorio consolidatosi nel tempo (che deve presuntivamente escludersi in caso di associazioni costituite poco prima della proposizione del ricorso), la rappresentatività della collettività locale di riferimento (requisito quest’ultimo, che non può prescindere dalla considerazione, quanto meno indiziaria, del numero delle persone fisiche costituenti l’associazione).

Non è sufficiente, quindi, allegare che la associazione abbia fra i suoi scopi statutari la tutela ambientale ed operi nell’area di afferenza del provvedimento amministrativo contestato o sia stata costituita appositamente per la tutela dell’area medesima.

La genericità di tale allegazione non consente, infatti, di ritenere comprovati gli elementi qualificanti in concreto la differenziazione della posizione del soggetto ricorrente, sopra precisati.

Tanto premesso in linea di principio, osserva il Collegio come nella specie la associazione di cui trattasi non ha adeguatamente provato il possesso dei requisiti sopra specificati, che soli possono legittimarla ad agire in giudizio.

Sotto un primo profilo, infatti, va rilevato che gli scopi statutari del “Comitato per la Salvaguardia del Territorio di Loria” sopra indicati appaiono al Collegio sostanzialmente specifici e limitati, nonché volti più a tutelare gli specifici interessi dei componenti che quelli generali alla tutela dell’ambiente.

Né a diverse conclusioni può addivenirsi sulla base delle generiche affermazioni dell’appellante associazione circa l’ulteriore scopo statutario di vigilare sulle iniziative che minacciano l’integrità del territorio e di verificare l’operato delle amministrazioni pubbliche in ordine alla salvaguardia delle risorse ambientali, promuovendo le iniziative più opportune, e di operare per la tutela, la promozione e la valorizzazione di cose di interesse artistico e storico di cui al d. lgs. n. 42/2004.

Detti scopi non risultano essere stati, infatti, concretamente perseguiti nel corso degli anni dalla formazione dell’organismo associativo non riconosciuto, risalente al 2006, che appare essere stata prevalentemente strumentale alla proposizione di precise e specifiche iniziative di contrasto alla cava per cui è controversia.

Né, al riguardo, può accedersi alla tesi dell’appellante secondo cui l’associazione, avrebbe operato per la salvaguardia della zona anche osservazioni concernenti il progetto per l’apertura di una cava denominata “Sofia”, chiedendo di intervenire “ad adiuvandum” in un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, organizzando una assemblea pubblica ai fini della discussione du esso ricorso proposto contro la discarica “Ai Ronchi”, nonché presentando osservazioni idrogeologiche ed ambientali al riguardo.

Per un verso, infatti, l’assunto si sostanzia in una generica affermazione di per sé inidonea ad evidenziare l’oggettiva sussistenza di un organismo collettivo dotato dei requisiti sopra specificati; necessari per riconoscere in testa allo stesso la legittimazione ad agire in giudizio.

Per altro verso, la limitatezza di detti interventi esulanti dalle iniziative strettamente limitate alla cava de qua nel corso dei lunghi anni dalla fondazione della associazione evidenzia ulteriormente il carattere occasionale dell’organismo, piuttosto che il suo stabile e consolidato collegamento col territorio attraverso una continua attività di salvaguardia del bene a fruizione collettiva tutelato da qualsivoglia intervento che possa incidere negativamente sullo stesso.

Sotto altro profilo, poi, va rilevato come l’associazione si sia costituita con solo 18 persone, il che denota quindi l’assenza del fondamentale requisito di una adeguata rappresentatività della collettività locale di riferimento.

Né può assumere rilievo il fatto che all’Associazione possano, in base allo statuto aderire in qualità di soci altri soggetti, atteso che proprio la circostanza che, nonostante tale facoltà, il numero degli associati sia rimasto così limitato dimostra il suo carattere occasionale e strumentale.

In conclusione le censure in esame non possono essere condivise e va confermata sul punto la sentenza di primo grado.

3.- In secondo luogo con il gravame è stata censurata o anche il riconosciuto difetto di legittimazione attiva e di interesse ad agire dei soggetti privati “coricorrenti”.

Il T.A.R. ha accolto l’eccezione di difetto di legittimazione attiva dei suddetti nell’assunto che non avevano fornito la prova sufficiente della propria legittimazione attiva ad agire, né di concreto interesse al ricorso, non avendo dedotto di risiedere o di essere proprietari di immobili confinanti con la cava di cui trattasi.

Ma la tesi sarebbe contraddetta sia dai documenti di identità dei ricorrenti sia da una relazione tecnica asseverata in cui sono indicate con esattezza le residenze di tutti i ricorrenti di primo grado, da cui si evincerebbe la stretta e contigua vicinanza delle abitazioni dei ricorrenti dal sito di cava di cui trattasi.

In particolare le eredi dell’originario ricorrente Angelo Martinello sono proprietarie di una abitazione vicina a detto sito e di terreni l’uno vicino e l’altro confinante, gli appellanti Silvano Sbrissa e Lilla Spinelli abitano nelle vicinanze della cava e i loro terreni confinano con essa, l’appellante Raffaele Zen è proprietario di un terreno confinante con la cava; i suddetti vanterebbero quindi un interesse personale, diretto, attuale ed immediato a contrastare gli impugnati provvedimenti, avendo stabile collegamento con il sito di cava e la titolarità di posizioni giuridiche differenziate e qualificate ad insorgere contro atti incidenti sulla salvaguardia ambientale, sulla qualità del paesaggio e sulla salubrità dell’aria, oltre all’interesse al corretto insediamento dell’impianto e di tutte le attività collaterali nel territorio e nell’ambiente.

Non sarebbe stata necessaria quindi la dimostrazione, ritenuta indispensabile dal primo Giudice, del danno concreto che deriverebbe loro dalla apertura della cava di cui trattasi, essendo sufficiente la prospettazione di temute ripercussioni sul territorio collocato nelle immediate vicinanze (nel caso che occupa dimostrate con due relazioni tecniche descriventi i pericoli di interferenza tra la cava e la falda acquifera sotterranea, il rischio di esondazione e i danni igienici sanitari e ambientali per gli abitanti nei pressi della cava de qua).

3.1.- Dette censure non sono, ad avviso della Sezione, condivisibili, atteso che in caso di azione proposta ai fini di tutela ambientale, la “vicinitas” costituisce elemento in grado di conferire posizione differenziata a coloro che possono farla valere e costituisce, dunque, elemento qualificante della legittimazione ad agire di costoro (cfr., “ex multis”, Consiglio di Stato, sez. IV, 11 novembre 2011n. 5986), ma, secondo la più recente e consolidata giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, essa non è sufficiente, occorrendo anche la prova di uno specifico e concreto pregiudizio derivante dall’opera contrastata, anche in termini di semplice deprezzamento delle proprietà limitrofe, per effetto dell’atto impugnato, diversamente potendo dirsi dimostrata soltanto una astratta legittimazione “ad causam”, ma non anche quella lesione concreta e attuale che giustifica la sussistenza dell’interesse a ricorrere (cfr., “ex plurimis”, Cons. Stato, sez. IV, 15 novembre 2011, nr. 6016; 24 gennaio 2011, n. 485; 29 dicembre 2010, n. 9537; 30 novembre 2010, n. 8364; 6 novembre 2007, n. 6619).

Il T.A.R. ha osservato al riguardo che i ricorrenti avevano fondato la loro legittimazione sulla assunta qualità di proprietari e/o residenti nel territorio del Comune di Loria, allegando documenti di identità, ma la prova non è stata ritenuta sufficiente ai fini della dimostrazione della legittimazione ad agire e di un concreto interesse al ricorso. Detto Giudice ha affermato che il requisito della “vicinitas” non era di per sé solo sufficiente a dimostrare l’esistenza dell’interesse ad agire, non essendo la mera circostanza della prossimità all’opera da realizzare idonea a radicare un interesse all’impugnazione, in assenza della congrua dimostrazione del danno concreto che deriverebbe dall’opera di cui trattasi; inoltre che i ricorrenti non avevano in concreto dedotto né provato di risiedere o di essere proprietari di immobili confinanti con la cava di cui trattasi, né avevano dimostrato la concretezza del danno che sarebbe loro derivato dall’apertura della stessa, che, in base alla relazione allegata, sembrava piuttosto riguardare le comunità di Castelfranco Veneto e di Galliera Veneta. La legittimazione dei ricorrenti non è stata neppure ritenuta dal primo Giudice sussistente in via suppletiva – ex art. 9, comma 1, del d.lgs. n. 267/2000.

Dette argomentazioni sono, ad avviso della Sezione, pienamente condivisibili.

Non è, infatti, sufficiente produrre una certificazione anagrafica comprovante la prossimità dell’abitazione di ricorrenti ad un’opera di cui si contesta la realizzazione, se non unita alla indicazione della prova del danno concretamente subito dal funzionamento della stessa, essendo a tal fine inadeguate generiche allegazioni afferenti alla sua nocività sorrette da dati di comune esperienza ovvero riferite al diritto ad una vita salubre e ad un ambiente vivibile, richiedendosi invece, ai fini dell’individuazione dell’interesse a ricorrere, l’allegazione della sussistenza di una lesione concreta, immediata ed attuale sulla sfera giuridica dei ricorrenti derivante direttamente dall’esecuzione del provvedimento impugnato.

Nel caso di specie non risulta dimostrato in concreto quale diretto nocumento dai provvedimenti impugnati deriverebbe ai singoli ricorrenti in ragione della loro collocazione o residenza sul territorio, non essendo stata dimostrata la sussistenza di un collegamento diretto, immediato e oggettivo fra quanto deliberato con l’impugnato provvedimento e interessi giuridici personali dei soggetti che si ritengono lesi, interesse personale non astratto, ma concreto e attuale in quanto direttamente inciso attraverso la lesione di un bene al quale l’ordinamento riconosce tutela e tale non può qualificarsi, da solo, l’aspettativa alla salubrità dell’ambiente o il timore generico di possibili effetti pregiudizievoli legati esclusivamente alla presenza dell’opera.

In sostanza, la mera “vicinitas” ad un impianto non è elemento sufficiente per configurare l’ammissibilità di un ricorso avverso i relativi provvedimenti di autorizzazione se non è accompagnata dagli elementi idonei a qualificare il relativo interesse a ricorrere, legati alla concretezza, immediatezza e attualità del medesimo.

Nel caso di specie non risulta la presenza di tali elementi qualificanti dell’interesse a ricorrere.

Stante la mera allegazione in primo grado di attestazioni di residenza dei privati ricorrenti risultano irrilevanti le precisazioni effettuate in appello circa la particelle relative alle loro proprietà e, comunque, la relazione tecnica all. n. 5 del geom Sbrissa è stata prodotta per la prima volta in appello, e, ex art. 65 e 104 del c.p.a., è inidonea ad inficiare la decisione di primo grado.

Pertanto, la perizia de qua non può essere presa in considerazione nel presente grado del giudizio, in quanto i ricorrenti avevano l’onere di dimostrare la propria legittimazione già in primo grado, specialmente in considerazione del fatto che l’eccezione di inammissibilità dell’impugnazione sotto tale specifico profilo era stata già sollevata dinanzi al T.A.R.

Aggiungasi che l’ammissibilità della nuova produzione non può nemmeno ritenersi, ex art. 104, comma 2 del c.p.a., non avendo in primo grado la parte istante fornito, a sostegno della propria legittimazione, un principio di prova astrattamente anche da solo sufficiente a risolvere positivamente l’eventuale dubbio sul punto, di modo che una eventuale persistenza di esso avrebbe ben potuto legittimare l’esercizio di poteri istruttori officiosi da parte del T.A.R.

Comunque sia la relazione tecnica del dott. Droli depositata in primo grado, che quella del geom. Sbrissa, oltre a dimostrare la “vicinitas” dei beni immobili dei privati ricorrenti alla cava de qua, il che, per quanto in precedenza evidenziato è di per sé irrilevante, descrivono i pregiudizi idrogeologici e igienico sanitari per gli abitanti nelle vicinanze della cava di cui trattasi, ma, in effetti, a ben vedere, riverberandosi potenzialmente sull’intero territorio comunale, seppure in modo certamente meno intenso man mano che ci si allontana dall’area direttamente investita dagli interventi, sono insufficienti a individuare gli istanti quali titolari di una posizione giuridica autonomamente individuabile rispetto a quella della generalità dei residenti nel territorio comunale.

Opinare diversamente comporterebbe, anche in ragione delle difficoltà di fissare un limite di prossimità superato il quale la lesione lamentata perderebbe i supposti caratteri di immediatezza e specificità per divenire meramente indiretta e riflessa, il rischio di aprire la strada a forme di “actio popularis”, connesse alla mera qualità di proprietario di suoli ricompresi nel territorio comunale, in contrasto con fondamentali ed elementari principi in tema di legittimazione e interesse a ricorrere.

Da quanto osservato discende che è perfino superfluo andare a verificare in concreto se i suoli in proprietà degli appellanti siano o meno effettivamente confinanti con l’area interessata, una volta acclarato che il pregiudizio da essi lamentato non presenta gli evidenziati caratteri di concretezza e specificazione, tali da radicarne la posizione in maniera qualificata e differenziata da quella di “quisque de populo”.

4.- L’appello deve essere conclusivamente respinto e deve essere confermata la prima decisione. Restano assorbite le censure di primo grado riproposte in appello e tutte le ulteriori eccezioni formulate dalla ditta Ferraro Inerti s.r.l. di inammissibilità dell’appello, innanzi tutto per omessa impugnazione delle convenzioni comunali ex art. 20 della l.r. n. 44/1982 con cui l’Amministrazione di Loria ha dato esecuzione al titolo autorizzatorio, nonché dei provvedimenti regionali con cui si è intestata la autorizzazione in capo alla resistente, è stato consentito il riavvio dei lavori ed è stata concessa la proroga della ultimazione degli stessi; in secondo luogo per incertezza assoluta del destinatario e per mancata notifica ad un contro interessato, oltre che per omessa dimostrazione in primo grado della qualità di eredi del sig. Angelo Martinello delle sigg.re Angela Marchiori ed Elena Martinello.

5.- Nella complessità e parziale novità delle questioni trattate il collegio ravvisa eccezionali ragioni per compensare, ai sensi degli artt. 26, comma 1, del c.p.a. e 92, comma 2, del c.p.c., le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente decidendo respinge l’appello in esame.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 dicembre 2012 con l’intervento dei magistrati:

Pier Giorgio Trovato, Presidente

Vito Poli, Consigliere

Antonio Amicuzzi, Consigliere, Estensore

Doris Durante, Consigliere

Antonio Bianchi, Consigliere

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 16/04/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)