Giustizia amministrativa: sulla legittimazione dei consiglieri comunali di minoranza ad impugnare la delibera consiliare di variazione del bilancio prodromica alla costituzione di un ufficio di staff del sindaco

NOTA

La sentenza ritiene la legittimazione dei consiglieri comunali di minoranzaad impugnare la delibera consiliare di variazione del bilancio, nella parte relativa allo stanziamento per la costituzione dell’ufficio di staff del sindaco e gli atti consequenziali, per la tutela delle prerogative inerenti l’ufficio di consigliere comunale (nella specie, il Collegio ha sottolineato che nel ricorso erano stati dedotti “specifici vizi procedimentali aventi concrete ricadute sull’espletamento del mandato consiliare ed inficianti la corretta formazione della decisione dell’organo di cui essi sono parte“).

Il Collegio ritiene altresì fondato nel merito il ricorso in prime cure, sia sotto il profilo dell’intervenuta approvazione della proposta di delibera di variazione di bilanciosenza previo esame nelle competenti commissioni consiliari, sia sotto il profilo della mancata messa a disposizione tutti gli atti relativi a tale deliberazione, in violazione delle norme del D. Lgs. 18 agosto 2000 n. 267, dello statuto e del regolamento del consiglio comunale e delle commissioni consiliari.

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N. 02213/2013REG.PROV.COLL.

N. 00910/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 910 del 2012, proposto da:
Stefano Zaca’, Francesco Fiumara, Diego Quattrocchi, Marino Briccarello, Carlo Masera, Ugolino Micheletti, Giuseppe Osella, Irene Vercellini e Abelio Viscomi, rappresentati e difesi dagli avv.ti Alessandro Sciolla, Sergio Viale e Mario Contaldi, con domicilio eletto presso quest’ultimo, in Roma, via Pierluigi Da Palestrina, 63;

contro

Comune di Moncalieri, rappresentato e difeso dall’avv. Giovanni Martino, con domicilio eletto presso Fabrizio Pietrosanti in Roma, via di Santa Teresa, 23;
Giovanni Straniero;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PIEMONTE – TORINO: SEZIONE I n. 00637/2011, resa tra le parti, concernente avviso di ricerca candidature per la stipulazione di contratto a tempo determinato di collaboratore della struttura di supporto del sindaco

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Moncalieri;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 marzo 2013 il Cons. Fabio Franconiero e uditi per le parti gli avvocati Alessandro Sciolla e Giovanni Martino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Oggetto del presente giudizio sono gli atti con i quali il Comune di Moncalieri è addivenuto alla stipulazione di un contratto di collaborazione a tempo determinato con il dott. Giovanni Straniero (controinteressato non costituito in giudizio) ed alla sua preposizione all’ufficio ex art. 90 d.lgs. n. 267/2000 di collaborazione del sindaco eletto all’esito delle elezioni tenutesi il 12 aprile 2010: a partire dalla delibera consiliare di variazione del bilancio 2010, con la quale si era costituita la copertura finanziaria per gli oneri rivenienti dal suddetto contratto; a seguire con i conseguenti atti di variazione del piano esecutivo di gestione, di costituzione dell’ufficio, di avviso di ricerca candidature, del successivo decreto di conferimento dell’incarico; per finire al contratto di collaborazione con il suddetto controinteressato.

Contro di questi insorgevano davanti al TAR Piemonte i consiglieri comunali di minoranza, odierni appellanti.

2. Superate le eccezioni preliminari del comune resistente, il TAR adito respingeva il ricorso.

Rispondendo alle censure in esso contenute, osservava che:

– l’omesso esame preventivo della proposta di variazione del bilancio da parte delle competenti commissioni consiliari è nel caso di specie giustificato dalla mancata costituzione di tali organi, nonché dall’urgenza di reperire risorse finanziarie per maggiori spese segnalate dai competenti servizi (nel caso di specie per lo sgombero della neve ed il pagamento dei debiti dell’ente derivanti da contenziosi), presupposto, quest’ultimo, in forza del quale la variazione contestata avrebbe potuto essere adottata dalla giunta, giusto il disposto dell’art. 42, comma 4, testo unico enti locali, con conseguente maggiore compressione delle prerogative dei consiglieri ricorrenti;

– benché il reperimento di somme relative al contestato ufficio di collaborazione del sindaco “non presentava alcun carattere di urgenza”, esso si inseriva nell’ambito di una deliberazione contenente le suddette misure che “andavano adottate senza indugio per la salvaguardia della situazione finanziaria dell’Ente”;

– la censura relativa alla mancata messa a disposizione di tutti gli atti relativi proposta di delibera consiliare il giorno della seduta era risultata smentita, in fatto, dalla nota della segreteria generale in data 24 maggio 2010, depositata dall’amministrazione resistente, in cui si dava atto del rispetto di tale adempimento procedimentale, circostanza della quale non vi era ragione di dubitare “per l’autorevolezza della fonte”;

– la censura di violazione dei criteri generali in materia di ordinamento degli uffici e dei servizi, secondo la quale non sarebbe consentita la costituzione di una simile struttura, non attiene allo ius ad officium dei consiglieri comunali ed in ogni caso è contraddetta dall’ultimo atto di indirizzo adottato in materia (deliberazione consiliare n. 66 del 30 giugno 1998), che tale ipotesi ammette “nel caso in cui si intendano costituire uffici alle dirette dipendenze del sindaco per presidio delle funzioni di indirizzo e controllo”;

– le doglianze formulate nei confronti dei (sopra menzionati) atti di giunta consequenziali alla delibera in questione sono quindi infondate per la parte in cui deducono l’illegittimità in via derivata rispetto alla variazione di bilancio ed inammissibili quanto ai vizi propri (in ragione della presenza nell’organico dell’ente di professionalità adeguate), non inerendo nuovamente alle prerogative dei consiglieri ricorrenti.

3. Nel presente appello questi ultimi ripropongono le censure disattese dal TAR.

4. Il comune di Moncalieri si è costituito in resistenza svolgendo appello incidentale, nel quale ha riproposto le eccezioni di inammissibilità respinte dal giudice di primo grado, e cioè:

– difetto di legittimazione e/o interesse dei consiglieri ricorrenti ad impugnare la delibera di variazione del bilancio, in quanto inidoneo ad incidere sul loro munus, trattandosi di atto generale nell’interesse dell’amministrazione;

– difetto di interesse dei medesimi ad impugnare i consequenziali atti giuntali, a causa del conflitto interorganico, non deducibile in sede giurisdizionale, che con ciò viene a determinarsi, non essendo condivisibile quanto sul punto affermato dal TAR, e cioè che l’impugnativa è in questo caso ammissibile in ragione del suddetto carattere consequenziale;

– improcedibilità del ricorso, maturata in seguito alle successive delibere di variazione del bilancio e riconoscimento di debiti fuori bilancio, fino all’assestamento dell’anno 2010 ed all’approvazione della verifica sugli equilibri di bilancio ex art. 194 d.lgs. n. 267/2000, ed al consolidamento della situazione finanziaria dell’ente per il predetto esercizio finanziario, il tutto con la partecipazione dei consiglieri ricorrenti.

DIRITTO

1. Così riassunte le questioni dedotte in questo giudizio d’appello, assume carattere preliminare l’esame dell’eccezione di inammissibilità sollevata dal Comune di Moncalieri nei confronti dell’impugnativa avverso la delibera consiliare di variazione del bilancio.

Detta eccezione si fonda sul rilievo per cui, rivestendo l’atto caratteristiche di generalità e programmaticità, esso è insuscettibile di ledere l’ufficio consiliare.

1.1 Il Collegio osserva al riguardo che:

– per costante affermazione di questa Sezione, la legittimazione dei consiglieri dissenzienti ad impugnare le delibere dell’organo di cui fanno parte ha carattere eccezionale, dato che il giudizio amministrativo non è di regola aperto alle controversie tra organi o componenti di organi di uno stesso ente, ma è diretto a risolvere controversie intersoggettive, per cui esso rimane circoscritto alle ipotesi di lesione della loro sfera giuridica, quale ad esempio lo scioglimento e la nomina di un commissario ad acta, in cui detto effetto lesivo discenda ab externo rispetto all’organo di cui fa parte (così la sentenza 31 gennaio 2001, n. 358);

– la legittimazione ad agire dei consiglieri non risiede nella deviazione dell’atto impugnato rispetto allo schema normativamente previsto, quando da essa non derivi la compressione di una prerogativa del loro ufficio protetta dall’ordinamento generale, occorrendo in ogni caso avere riguardo, a questo fine, “alla natura ed al contenuto della delibera impugnata” e non già delle norme interne relative al funzionamento dell’organo (sentenza 15 dicembre 2005, n. 7122);

– conseguentemente, la contestazione dei consiglieri dissenzienti non può quindi limitarsi a censurare l’oggetto o le modalità di formazione della deliberazione senza dedurre che da esse ne sia derivata una lesione dalle loro prerogative, giacché questa non discende automaticamente da violazione di forma o di sostanza nell’adozione di un atto deliberativo (sentenza 29 aprile 2010, n. 2457).

In questa prospettiva, per venire ad una fattispecie in termini a quella oggetto del presente giudizio, si è affermato che l’omissione o il ritardo nel fornire ai consiglieri dell’ente locale gli atti presupposti ad una proposta di delibera non costituisce lesione delle prerogative inerenti l’ufficio di consigliere comunale, rimanendo la sua tutela circoscritta in un ambito esclusivamente politico, all’interno dell’organo di cui fanno parte affidata all’espressione a verbale del proprio dissenso in quanto corollario del più generale principio sopra affermato (sentenza 21 marzo 2012, n. 1610).

Infatti, anche nella presente fattispecie le censure formulate a questo riguardo consistono, in primo luogo, nell’approvazione della delibera senza previo esame nelle competenti commissioni consiliari e, in secondo luogo, nella mancata messa a disposizione tutti gli atti ad essa relativi, come invece previsto dal regolamento consiliare.

1.2 Peraltro, presso questa Sezione si registrano pronunce maggiormente aderenti alla posizione degli odierni appellanti, e cioè:

– la sentenza 3 marzo 2005, n. 832, in cui si è affermata la legittimazione dei consiglieri comunali ad impugnare la delibera di modificazione statutaria che attribuisce alla giunta poteri di disposizione delle partecipazioni nelle società controllate dall’ente comunale, sul rilievo che la sottrazione di tale oggetto alla competenza consiliare (art. 42, comma 2, lett. “e”, t.u.e.l.) sia conseguentemente lesiva delle prerogative dei componenti di tale organo;

– la sentenza 9 settembre 2007, n. 5280, parimenti affermativa della legittimazione del singolo consigliere nel caso di deliberazioni collegiali che investano la sua sfera giuridica o siano state adottate con violazione delle norme attinenti al relativo procedimento formativo, in modo che egli non sia posto in condizione di potere svolgere regolarmente il suo ufficio.

2. Così riassunto il panorama giurisprudenziale rilevante ai fini della presente decisione, occorre subito fugare i dubbi di contrasto di indirizzi: al di là della citata sentenza 1610/2012 (dalla cui sintetica motivazione non è peraltro possibile saggiare la consistenza delle censure mosse e la deduzione delle conseguenze sull’esercizio dell’ufficio di consigliere), se si approfondiscono le reali rationes decidendi delle sopra menzionate pronunce si può infatti notare che:

– la n. 358/2001 concerneva un’impugnativa avverso la delibera di approvazione di un progetto di opera da parte della giunta, in asserita violazione delle norme sulla competenza del consiglio, per cui si verteva pacificamente in una situazione di conflitto interorganico;

– la n. 7122/2005 è stata resa in relazione ad una delibera di approvazione del bilancio comunale e della relazione revisionale e programmatica, impugnate per violazioni procedimentali e con l’art. 170 d.lgs. n. 267/2000: le censure si muovevano dunque sul piano della illegittimità per contrasto dell’atto deliberativo rispetto ai relativi requisiti di legittimità, in assenza di una concreta ricaduta sull’ufficio consiliare;

– nella n. 2457/2010 la supposta lesione dell’ufficio di consigliere era stata dedotta a causa di asserito scorretto esercizio del diritto di voto di altri consiglieri.

2.1 Nel caso di specie, per contro, ci si lamenta che per effetto di illegittimità procedimentali non sia stato consentito un consapevole esercizio del voto da parte dei consiglieri sugli oggetti della delibera di variazione del bilancio, essendo mancata la necessaria attività istruttoria e di acquisizione documentale, con il risultato di impedire un dibattito effettivo e l’attivazione degli strumenti di sollecitazione del dissenso all’interno dell’organo consiliare (mozioni, interpellanze, proposte di emendamento, di sospensione et similia).

2.2 Sul punto va osservato che, come ampiamente noto, in base all’art. 42 t.u.e.l. il consiglio è l’organo di indirizzo politico-amministrativo, competente in ordine agli atti fondamentali per l’ente. Ad esso sono attribuite tutte le decisioni che ineriscono la definizione della politica generale e la realizzazione dei fini istituzionali del governo comunale.

I singoli componenti, investiti di legittimazione popolare, “hanno diritto di iniziativa su ogni questione sottoposta alla deliberazione del consiglio”, nonché di ottenere dai competenti uffici dell’amministrazione “tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato” (art. 43, commi 1 e 2).

L’ampia formulazione delle norme in esame si pone in stretta derivazione del principio di partecipazione democratica alle istituzioni rappresentative della sovranità popolare, a partire dal livello di governo più vicino ai cittadini, sostanziandosi nell’esigenza della collettività rappresentata, da cui tale sovranità promana, di venire a conoscenza di tutte le notizie utili sull’attività amministrativa dell’ente esponenziale, grazie alla pubblicità assicurata del dibattito consiliare. In stretta correlazione si colloca la composizione collegiale dell’organo, preordinata allo svolgimento di un dibattito sulle questioni poste all’ordine del giorno, la quale è inoltre quella idonea ad assicurare la necessaria ponderazione e confronto in ordine alle scelte fondamentali da adottare, oltre che di verifica democratica circa la posizione assunta dai gruppi politici e dai singoli componenti in relazione ed esse.

Quanto ora osservato consente di lumeggiare le finalità cui le suddette prerogative sono preordinate e la coerenza con essa della sopra accennata ampia formulazione letterale con le quali il legislatore le ha conformate sul piano normativo.

2.2.1 Tirando le fila del discorso, può affermarsi che, sulla scorta di questo necessario raffronto tra la consistenza obiettiva dello ius ad officium del consigliere comunale e la prospettazione alla base della presente impugnativa, il TAR abbia esattamente risolto in senso positivo la questione della legittimazione ad agire dei consiglieri odierni appellanti.

Infatti, detta impugnativa è stata proposta a tutela delle prerogative inerenti detto ufficio, potendosi pertanto certamente affermarne la legittimazione ad agire, essendo stati enucleati specifici vizi procedimentali aventi concrete ricadute sull’espletamento del mandato consiliare ed inficianti la corretta formazione della decisione dell’organo di cui essi sono parte.

Deve quindi essere respinta la prima eccezione preliminare contenuta nell’appello incidentale del comune.

2.3 Analoga sorte va riservata all’eccezione di improcedibilità, essendo qui sufficiente dare continuità all’avviso espresso da questa Sezione nella citata sentenza n. 2457/2010 in ordine alla sorte dell’impugnativa avverso la delibera di approvazione del bilancio preventivo in conseguenza dell’adozione dei successivi atti contabili previsti dall’ordinamento finanziario degli enti locali.

In tale decisione si è infatti precisato che solo con l’approvazione del rendiconto può dirsi realizzato quell’effetto di intangibilità delle grandezze finanziarie oggetto di autorizzazione amministrativa in sede di bilancio preventivo, tali da impedire che queste ultime possano essere messe in discussione attraverso l’impugnativa giurisdizionale nei confronti dell’atto con cui esse sono state fissate.

Ora, se da un lato gli appellanti, conformandosi al principio espresso dal ridetto precedente, hanno documentato di avere impugnato, con separato giudizio, il rendiconto per l’esercizio in contestazione davanti al TAR Piemonte, non può invece essere condiviso, dall’altro lato, l’assunto del comune secondo cui anche le successive variazioni di bilancio, il riconoscimento di debiti fuori bilancio e la delibera di verifica degli equilibri di bilancio, tutte relative al medesimo esercizio, determinerebbero il suddetto effetto di intangibilità.

2.3.1 Sul punto, deve infatti osservarsi che:

– le successive variazioni di bilancio partecipano della stessa natura della delibera impugnata, avendo la funzione di adeguare l’autorizzazione di spesa del bilancio preventivo alle sopravvenienze gestionali di competenza dell’esercizio in corso, per cui si tratta in ogni caso di atti per loro natura destinati ad essere superati da eventi futuri, sempre riferibili allo stesso anno finanziario;

– il riconoscimento di debiti fuori bilancio ha identica natura gestionale come incontestabilmente evincibile dall’art. 194 d.lgs. n. 267/2000, trattandosi di delibere nelle quali di dà atto del verificarsi di eventi non previsti aventi ricadute finanziarie tali da comportare la necessità di farvi fronte attraverso l’individuazione delle necessarie coperture, ivi compreso il ricorso all’indebitamento;

– sul medesimo piano si colloca la verifica degli equilibri di bilancio, consistente nella ricognizione della gestione del bilancio, al fine dell’adozione degli interventi correttivi che in relazione ad essa si rendessero necessari.

2.3.2 In definitiva, come giustamente sottolineato dagli appellanti, mentre il bilancio preventivo si colloca sul piano programmatico ed ha funzione autorizzatoria delle spese in esso stanziate, i provvedimenti in questione attengono alla successiva fase della gestione. Chiude il cerchio il rendiconto, con la cui approvazione i risultati di tale gestione divengono definitivi.

3. Accertata quindi l’assenza di elementi ostativi all’esame nel merito dell’impugnativa avverso la delibera consiliare, va premesso che questa si impernia su due ordini di censure: la prima consiste nell’approvazione della delibera senza previo esame nelle competenti commissioni consiliari (in violazione degli artt. 23 dello statuto e 61, comma 2, del regolamento del consiglio comunale e delle commissioni consiliari); la seconda nella mancata messa a disposizione tutti gli atti ad essa relativi, come invece previsto dal regolamento consiliare.

3.1 Occorre nondimeno dare conto delle obiezioni dell’amministrazione resistente e delle repliche formulate dai consiglieri appellanti.

3.1.1 In relazione alla prima doglianza, il Comune di Moncalieri sostiene che la delibera presentava carattere di urgenza e che l’esame sulla relativa proposta è stato comunque assicurato in sede di conferenza dei capigruppo, ufficio appositamente deputato a sostituire le commissioni e che sul punto il TAR ha inoltre rilevato che in forza di ciò la stessa avrebbe potuto essere adottata dalla giunta comunale.

3.1.2 Dal canto loro, gli appellanti insistono sull’avvenuta lesione delle loro prerogative a causa del mancato previo esame della proposta di delibera di variazione di bilancio presso la competente commissione consiliare, sul rilievo che tale adempimento procedimentale, è determinante nell’orientare il voto nel plenum, e quindi influendo concretamente sulla ponderazione preliminare a tale manifestazione di volontà nell’organo collegiale, escludendo che tale necessario passaggio possa essere supplito da quello in conferenza dei capigruppo, avendo quest’ultimo organo competenza esclusivamente in ordine alla programmazione dei lavori del consiglio e non già in ordine all’istruttoria delle proposte di delibera che vengono portate all’esame dell’organo nella sua composizione totalitaria.

Assumono inoltre essersi formato il giudicato interno sull’assenza dei requisiti di urgenza, dal momento che lo stesso giudice di primo grado ha escluso che lo stesso fosse sussistente con specifico riguardo alla copertura finanziaria per l’ufficio di diretta collaborazione del sindaco in relazione al finanziamento della costituzione della predetta struttura di supporto, ribadendo quindi la contraddittorietà della motivazione della sentenza appellata nella parte in cui ciò nondimeno non ha accolto il motivo di impugnazione della delibera in parte qua.

Con riguardo alla seconda doglianza, gli appellanti richiamano le risultanze del procedimento penale, dal quale emerge che erano comunque mancanti i documenti integrativi delle richieste dei competenti uffici e delle conseguenti proposte di variazione del bilancio, peraltro a causa di una prassi amministrativa, favorita dalla non perspicuità – ad avviso del Gip di Torino del regolamento interno che si assume nel caso di specie violato – , così giungendosi all’archiviazione per il reato di falso ideologico ex art. 479 cod. pen..

3.2 Così sintetizzate le contrapposte prospettazioni, questo Collegio osserva, in relazione alla prima censura, che:

– condivisibilmente gli appellanti assumono essersi formato il giudicato interno sull’assenza del requisito di urgenza ex art. 42, comma 4, t.u.e.l., con riguardo allo stanziamento di somme per la costituzione della struttura di supporto del sindaco;

– si tratta infatti di un’affermazione (quand’anche immotivata ed apodittica, come stigmatizzato dal Comune di Moncalieri in memoria di replica) potenzialmente lesiva della posizione dell’amministrazione in questo giudizio, perché contrasta con la manifestazione di volontà dalla stessa espressa nella delibera impugnata e nella sua difesa in questa sede giurisdizionale; lesione il cui interesse alla rimozione si è attualizzato in seguito all’appello principale ma che ciò nondimeno non è stata gravata nell’appello incidentale dalla stessa proposto;

– in altri termini si tratta di un’affermazione che in ipotesi potrebbe condurre all’illegittimità della delibera, ma che nel caso specifico non ha determinato questa conclusione per altre contrastanti ragioni, cosicché su di essa vi è una soccombenza teorica che la parte appellata avrebbe interesse a rimuovere in caso di altrui impugnazione (si vedano le considerazioni espresse in un caso analogo nella sentenza della Sezione VI, 18 dicembre 2012, n. 6475);

– hanno parimenti ragione gli appellanti a censurare la contraddizione in cui il TAR è incorso, per avere, ciò nondimeno, ritenuto correttamente adottata anche tale delibera malgrado il difetto di tale presupposto;

– tale contraddittorietà riposa infatti sulla condivisibile premessa teorica che la delibera in contestazione è qualificabile come atto plurimo, formalmente unitario ma contenente autonome disposizioni sostanziali, individuabili in ciascuno stanziamento;

– del resto, l’argomento secondo cui tale urgenza avrebbe in ipotesi legittimato una maggiore compressione delle prerogative dei consiglieri prova troppo;

– infatti ai sensi della citata disposizione l’organo consiliare è comunque titolare di un potere di ratifica;

– inoltre l’art. 175 d.lgs. n. 267/2000 riconosce in tale sede la possibilità di negare totalmente o parzialmente tale ratifica (cfr. in particolare il comma 5);

– non vi è dubbio che le commissioni consiliari, laddove previste dalla normativa interna sull’organizzazione ed il funzionamento dell’ente, come nel caso di specie, costituiscono organi fondamentali nel procedimento decisionale di quest’ultimo, essendo loro attribuito il necessario esame ed approfondimento istruttorio dei progetti di delibera, così da concentrare l’attività del plenum sui contenuti fondamentali, e dunque appalesandosi come la sede nella quale il singolo consigliere può prendere adeguata cognizione circa le scelte che l’organo di cui fa parte intende assumere;

– richiamato il suddetto effetto di giudicato interno circa l’assenza dei presupposti di urgenza per la costituzione della struttura di staff del sindaco, non ha pregio invocare la funzione suppletiva della conferenza dei capigruppo, ancorché in forza di previsioni regolamentari del comune resistente (art. 58 del regolamento citato), giacché tale intervento sostitutivo si fonda appunto sull’urgenza, e perché dalla lettura del verbale del 13 maggio 2010, non emerge che sia stato svolto esame preliminare sullo specifico punto della struttura di collaborazione in questione;

– essendo mancato il necessario esame su di esso, è indiscutibile che i consiglieri odierni appellanti non sono stati messi in condizione di attivare i poteri inerenti il loro ufficio di sollecitazione del dibattito e contrapposizione politica all’interno dell’organo consiliare sul punto.

3.3 In relazione alla seconda censura sono decisive le seguenti considerazioni:

– dagli atti del procedimento penale scaturente dalla dichiarazione scritta dei responsabili della segreteria generale fatta propria dal TAR a confutazione del motivo, si trae la prova che la delibera di variazione contestata è stata adottata sulla base di un mero prospetto contabile descrittivo degli effetti finanziari da essa derivanti, senza tuttavia i necessari atti presupposti, consistenti nelle richieste di stanziamento provenienti dagli uffici competenti;

– solo da questi ultimi, infatti, è possibile comprendere le ragioni effettive degli stanziamenti proposti e dunque venire a conoscenza delle vicende inerenti il funzionamento dell’ente, le quali non possono essere sottratte alla sede di confronto politico che si attua all’interno del consiglio, tanto più quando da essere scaturiscano maggiori spese;

– sovviene al riguardo l’art. 177 t.u.e.l., il quale demanda ai responsabili dei servizi di richiedere all’organo esecutivo le modifiche delle dotazioni finanziarie relative ai programmi di spesa di loro rispettiva competenza, ed a detto organo esecutivo la conseguente responsabilità di chiedere al consiglio, a sua volta, ai sensi dell’art. 175, le conseguenti variazioni del bilancio programmatico;

– è dunque evidente, pena altrimenti la vanificazione delle finalità di controllo sul rispetto degli indirizzi politico-amministrativi tipiche del rapporto giunta-consiglio, su cui si impernia l’assetto istituzionale dell’ente locale, che il potere di adozione delle modifiche di bilancio spettante al secondo deve essere esercitato con pienezza di cognizione, e quindi previa messa a disposizione delle richieste di modifica ex art. 177 citato;

– in questi termini deve quindi essere intesa la disposizione del regolamento consiliare (“tutti gli atti relativi agli oggetti iscritti all’ordine del giorno”: art. 8), palese risultando la sua violazione nel caso di specie.

Anche in questo caso, dalla violazione in esame è incontestabilmente sortito un pregiudizio per l’attività dei consiglieri, nei termini sopra specificati.

3.4 In forza di tutto quanto sopra detto, il ricorso di primo grado avverso la delibera di variazione del bilancio è fondato, nella parte relativa allo stanziamento per la costituzione dell’ufficio di collaborazione del sindaco.

4. Venendo agli atti consequenziali, occorre nuovamente esaminare un’eccezione preliminare sollevata dal comune nel proprio appello incidentale, consistente nell’inammissibilità dell’impugnativa perché carente del necessario carattere dell’intersoggettività.

4.1 Sul punto, il TAR ha infatti escluso che le censure formulate in via derivata rispetto alla delibera di variazione del bilancio si inseriscano nell’ambito di un conflitto interorganico tra consiglio e giunta non demandabile alla sede giurisdizionale. Ciò sul rilievo che gli atti con esse gravati “costituiscono la proiezione esecutiva della variazione di bilancio impugnata in principalità e partecipano del vizio di legittimità che inficia, secondo la prospettazione di parte ricorrente, detto provvedimento presupposto”.

4.2 Il comune contesta tale assunto, sottolineando che con ciò il giudice di primo grado avrebbe affermato una sorta di cedevolezza di tutti gli atti inerenti la gestione amministrativa conseguenti a delibere di adozione del bilancio e relative variazioni.

4.3 Tale critica è tuttavia inficiata da un difetto di prospettiva.

Ancora una volta, infatti, il giudice di primo grado ha correttamente esaminato la questione della legittimazione ad agire sulla base della prospettazione dei fatti a sostegno dell’impugnativa, giungendo alla conclusione, da condividere, secondo cui tale condizione dell’azione sussiste nel caso di specie. Ciò in ragione della carattere derivato, dalla delibera consiliare, delle censure indirizzate avverso gli atti consequenziali in questione. Per questa via, in effetti, una volta affermata la legittimazione ad impugnare la delibera presupposta, nessun conflitto interorganico può ravvisarsi.

4.4 Altra questione è la fondatezza delle censure, che va ora esaminata.

4.4.1 Occorre muovere dal piano di gestione, primo atto nella sequenza impugnata.

Esso consiste nel principale strumento di programmazione dell’amministrazione comunale, elaborato dalla giunta, nel quale sono enunciati gli obiettivi principali e gli strumenti e le dotazioni organiche utilizzate per la realizzazione degli stessi (art. 169 t.u.e.l.).

Il tutto “sulla base del bilancio di previsione” (così recita la disposizione ora citata), ed in funzione di responsabilizzare l’organo esecutivo di vertice nell’attività di indirizzo gestionale ad esso demandato dall’ordinamento degli enti locali.

Queste notazioni sono sufficienti a ritenere fondata la censura di invalidità derivata proposta dagli odierni appellanti in relazione all’atto in questione.

L’attività di programmazione strategica che si attua con il piano esecutivo di gestione risulta infatti normativamente vincolata dagli stanziamenti di bilancio, che ne costituiscono i presupposti finanziari, non essendo evidentemente concepibile l’individuazione di obiettivi da realizzare in mancanza della previa costituzione della necessaria dotazione finanziaria.

4.4.2 La censura di invalidità derivata trova fondamento normativo anche per i successivi atti della sequenza procedimentale in esame.

L’assenza dello stanziamento quale determinatasi per effetto dell’annullamento della delibera di variazione del bilancio comporta infatti l’assenza di copertura finanziaria necessaria ai sensi dell’art. 191 d.lgs. n. 267/2000 per tutti gli atti comportanti maggiori spese.

Non è contestabile che detta mancanza si risolva nell’assenza di un requisito di legittimità dell’atto, suscettibile di condurre al relativo annullamento in questa sede.

Ed infatti, nel preambolo della delibera giuntale di costituzione dell’ufficio di collaborazione del sindaco sono richiamate, tra l’altro, la delibera comunale di variazione del bilancio impugnata in via principale e il conseguente provvedimento del medesimo organo esecutivo di variazione del piano esecutivo di gestione.

Palese è inoltre il vincolo di presupposizione con il successivo avviso di ricerca di candidature per la stipula del contratto di collaborazione ed i successiva atti della procedura, fino alla nomina dell’odierno controinteressato.

4.5 Venendo alla domanda di nullità del contratto, occorre preliminarmente rilevare che sul punto della giurisdizione deve ritenersi formato il giudicato implicito ai sensi dell’art. 9 cod. proc. amm., atteso che le censure sono state esaminate nel merito dal tar e che in appello il comune non ha proposto motivi sulla giurisdizione.

La domanda è tuttavia infondata con riguardo alle norme di legge invocate a fondamento di tale vizio, poiché l’art. 3 l. n. 3/1957 (“Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato – Statuto degli impiegati civili dello Stato”) concerne l’assunzione di personale dipendente, mentre nel caso di specie viene in rilievo un contratto di collaborazione, laddove l’art. 5 d.l. n. 702/1978 (“disposizioni in materia di finanza locale”) è relativo al solo anno finanziario 1979.

5. In conclusione, l’appello incidentale del comune di Moncalieri deve essere respinto, mentre deve essere accolto l’appello principale dei consiglieri di minoranza.

In conseguenza di ciò, ed in parziale accoglimento del ricorso di primo grado, devono essere annullati la delibera consiliare di variazione del bilancio, nella parte relativa allo stanziamento per la costituzione dell’ufficio di staff del sindaco e gli atti consequenziali, con l’eccezione del contratto.

Non vi è dubbio che per effetto di tale statuizione, la corresponsione di somme a tale titolo non sia dovuta e che, pertanto, occorra fare luogo alla trasmissione della presente sentenza alla competente Procura contabile per le valutazioni di sua competenza.

Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, così provvede:

– respinge l’appello incidentale;

– accoglie l’appello principale e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata,accoglie il ricorso di primo grado annullando, nei sensi di cui in motivazione, gli atti con esso impugnati.

Condanna il Comune di Moncalieri a rimborsare agli appellanti le spese del doppio grado di giudizio, liquidate in € 10.000,00, oltre al contributo unificato ex art. 9 d.p.r. n. 115/2002 ed agli altri accessori di legge.

Dispone che la presente sentenza sia comunicata, a cura della Segreteria, alla Procura regionale della Corte dei conti del Piemonte.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 marzo 2013 con l’intervento dei magistrati:

Stefano Baccarini, Presidente

Antonio Amicuzzi, Consigliere

Nicola Gaviano, Consigliere

Fabio Franconiero, Consigliere, Estensore

Carlo Schilardi, Consigliere

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 19/04/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)