Giustizia amministrativa: sulla qualificazione e quantificazione del danno da ritardata assunzione per effetto di illegittima esclusione da concorso pubblico

NOTA

La sentenza in rassegna ritiene risarcibile il danno patrimoniale cagionato al ricorrente da ritardata assunzione nei ruoli del personale dipendente a motivo dell’illegittima esclusione dal concorso pubblico.

In merito alla quantificazione del danno, riconosciuta dalla Sezione in misura pari al 100% delle retribuzioni non corrisposte per effetto della ritardata assunzione, il Collegio mostra di non aderire all’indirizzo della Sezione consultiva che ne ammette una dimidiazione in applicazione dell’art. 2055 c.c., sottolineando che tale indirizzo “(…) finisce in ultima analisi per addossare al danneggiato la mancata esecuzione della prestazione lavorativa senza che questa possa farsi discendere in alcun modo dalla sua volontà, e dunque riconducibile ad una condotta colposa concausale ai sensi del sopra menzionato art. 2055 cod. civ., essendo essa dipesa esclusivamente dall’illegittima esclusione dal concorso su cui invece la sua pretesa è giustamente fondata.”.

La sentenza esclude, invece, la risarcibilità del danno non patrimoniale, non ravvisando nella fattispecie l’esistenza di un’ingiustizia “costituzionalmente qualificata”.

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N. 02223/2013REG.PROV.COLL.

N. 00500/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 500 del 2013, proposto da:
Regione Calabria, rappresentata e difesa dall’avv. Antonio Ferraro, con domicilio eletto presso Giuseppe Maria Toscano in Roma, via Giulio Cesare n. 61, Int.7;

contro

Leo Pangallo, rappresentato e difeso dall’avv. Marco Curatola, con domicilio eletto presso Alberto Panuccio in Roma, via Sistina n. 121;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CALABRIA – SEZ. STACCATA DI REGGIO CALABRIA n. 00342/2012, resa tra le parti, concernente condanna al risarcimento per illegittima esclusione dal concorso per l’inquadramento del personale con rapporto a tempo indeterminato

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Leo Pangallo;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 8 marzo 2013 il Cons. Fabio Franconiero e uditi per le parti gli avvocati G.M. Toscano su delega dell’avv. Antonio Ferraro e Marco Curatola;

Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Il presente giudizio trae origine dalla domanda di risarcimento danni avanzata dal dott. Leo Pangallo nei confronti della Regione Calabria a causa della ritardata assunzione nei ruoli del personale dipendente dell’amministrazione regionale.

Di seguito si ripercorrono i passaggi principali della vicenda ora all’esame di questo collegio:

– il dott. Pangallo partecipava, in qualità di dipendente di un ente della gestione convenzionata della formazione professionale (Centro di istruzione professionale agricola assistenza tecnica), al concorso riservato a tale personale per il passaggio nei ruoli regionali, di cui alla l. reg. n. 15/1990, per la corrispondente qualifica di inquadramento (VII) e, dopo essersi utilmente collocato in graduatoria, veniva nondimeno escluso, per avere presentato la domanda di partecipazione tardivamente (delibera di giunta regionale n. 3027 del 30 maggio 1994);

– il TAR Calabria – sez. staccata di Reggio Calabria, accoglieva dapprima in via cautelare (ordinanza n. 901/1994) ed infine nel merito (sentenza n. 2017/2003) la conseguente impugnativa avverso tale atto di esclusione;

– nelle more del giudizio l’amministrazione provvedeva ad eseguire l’ordinanza di sospensione, inquadrando il ricorrente nel proprio personale dipendente a far data dal 4 gennaio 1996 (presso l’assessorato al personale, coordinamento provinciale F.P. di Reggio Calabria);

– in seguito alla formazione del giudicato di annullamento, il dott. Pangallo adiva nuovamente il TAR di Reggio Calabria, chiedendo la ricostruzione della carriera, a fini giuridici ed economici, a decorrere dal 1° marzo 1994, data in cui avrebbe dovuto prendere servizio presso la regione, come gli altri vincitori del concorso, e nella quale veniva licenziato dall’ente di provenienza;

– all’accoglimento anche di tale domanda (sentenza n. 212/2007), seguiva l’atto di inquadramento dell’amministrazione soccombente, confermativo della decorrenza 4 gennaio 1996;

– tuttavia, il commissario ad acta, nominato dal TAR, riteneva non correttamente adempiuto l’ordine del giudice, retrodatando l’inquadramento conformemente alla pretesa del ricorrente e quindi dal 1° marzo 1994;

– da qui l’incidente di esecuzione promosso dalla regione, che il TAR accoglieva (sentenza 675/2008), affermando che la ricostruzione della carriera a fini economici non potesse essere retrodatata a periodi antecedenti alla data di effettiva assunzione in servizio, spettando per essa unicamente il diritto al risarcimento del danno;

– in conseguenza di tale statuizione, il dott. Pangallo domandava il risarcimento patito a causa del ritardato inquadramento, consistente nelle retribuzioni non percepite dal 1° marzo 1994 fino al 4 gennaio 1996, oltre al danno morale;

– il TAR ha accolto anche tali domande, condannando in conformità la regione Calabria.

2. Quest’ultima appella tale decisione, ritenendola errata:

– per avere riconosciuto al ricorrente a titolo risarcitorio le retribuzioni non percepite pur avendo dato atto che lo stesso ha continuato a lavorare in via di fatto presso l’ente convenzionato di provenienza, e che dunque solo a quest’ultimo può essere addebitato il mancato pagamento della retribuzione a tale titolo;

– per non avere considerato che in ogni caso nessun rimprovero a titolo di colpa può esserle mossa, dovendo la ritardata assunzione essere ricondotta alla durata del giudizio di merito;

– per non avere decurtato le somme riconosciute del 50% in considerazione della mancato effettivo svolgimento di prestazioni lavorative nel periodo contestato;

– per avere riconosciuto il danno non patrimoniale ex art. 2059 cod. civ. al di fuori delle tassative ipotesi in cui tale danno può essere ristorato ai sensi della citata disposizione.

Si è costituito in resistenza il dott. Pangallo.

3. Così riassunta la prospettazione alla base del presente appello, il Collegio, facendo seguito all’avviso dato in udienza ai difensori presenti, ritiene di poterlo definire con sentenza ex art. 60 cod. proc. amm., sussistendone i presupposti di legge.

4. Venendo quindi al merito, si rileva quanto segue:

– la domanda di cui al ricorso di primo grado concerne un danno da illegittimità provvedimentale, derivante dalla ritardata assunzione nei ruoli del personale dipendente della regione odierna appellante, a causa della sopra citata delibera di giunta regionale n. 3027 del 30 maggio 1994, che ha escluso il dott. Pangallo dal concorso per tale assunzione;

– sull’illegittimità in questione è sceso il giudicato (sentenza del TAR di Reggio Calabria n. 2017/2003);

– ciò è sufficiente a ritenere provato l’elemento soggettivo della colpa ex art. 2043 cod. civ., essendo questa presuntivamente ricollegata ex artt. 2727 e 2729 cod. civ. – per costante giurisprudenza – alla suddetta illegittimità provvedimentale;

– rispetto a tale accertamento probatorio di carattere presuntivo, l’amministrazione è ammessa a provare che l’errore in cui è incorsa nell’emettere l’atto illegittimo, è scusabile;

– sul punto, nulla la regione Calabria ha dedotto;

– la circostanza che l’odierno appellato ha continuato a lavorare presso l’ente convenzionato Centro di istruzione professionale agricola assistenza tecnica dopo il 1° marzo 1994, pur essendo stato formalmente licenziato, non costituisce fattore esonerativo da detta responsabilità;

– ribadito che questa discende dalla suddetta illegittimità provvedimentale, la pretesa responsabilità del suddetto ente convenzionato può al più comportare la soggezione di quest’ultimo in via solidale con l’odierna appellante, salva ripartizione interna dell’obbligo risarcitorio in ragione del rispettivo concorso nella causazione del fatto ingiusto, ai sensi dell’art. 2055 cod. civ., trattandosi comunque di questione del tutto estranea al presente giudizio, visto che è facoltà del creditore di agire per il risarcimento indifferentemente nei confronti di ciascuno dei condebitori solidali (la cui soggezione a responsabilità dà infatti luogo ad un litisconsorzio facoltativo);

– parimenti priva di valenza esonerativa è la durata del giudizio di cognizione conclusosi con la sentenza del TAR di Reggio Calabria n. 2017/2003;

– infatti, in disparte il fatto che ciò non esclude l’efficacia causale della suddetta illegittimità provvedimentale e che nel nostro ordinamento non è allo stato configurabile, né risulta positivizzata, alcuna forma di responsabilità dell’organo giurisdizionale, se non (in via pretoria, in ragione della giurisprudenza della Corte di Giustizia Ue) per violazione del diritto comunitario, nel caso di specie va osservato che il ritardo con cui è giunta la decisione di merito non ha minimamente pregiudicato le parti in causa, visto che con l’ordinanza del TAR n. 901/1994, parimenti sopra citata, la pretesa azionata in giudizio dal dott. Pangallo era stata soddisfatta in via cautelare con celerità, ed in esecuzione di tale provvedimento l’amministrazione odierna appellante ha prontamente provveduto ad assumere con riserva il suddetto e quindi in via definitiva dopo il giudicato a quest’ultimo sfavorevole;

– il preteso diritto a vedere decurtato del 50% il ristoro patrimoniale per retribuzioni percepite, pur ancora di recente affermato dalla giurisprudenza di questo Consiglio (sez. III, 19 febbraio 2013, n. 997), non può trovare ingresso;

– questo Collegio ritiene infatti che l’accennato indirizzo non sia condivisibile, perché esso finisce in ultima analisi per addossare al danneggiato la mancata esecuzione della prestazione lavorativa senza che questa possa farsi discendere in alcun modo dalla sua volontà, e dunque riconducibile ad una condotta colposa concausale ai sensi del sopra menzionato art. 2055 cod. civ., essendo essa dipesa esclusivamente dall’illegittima esclusione dal concorso su cui invece la sua pretesa è giustamente fondata.

5. Tutto ciò precisato, l’appello deve essere respinto per quanto concerne la domanda di risarcimento a titolo di mancata percezione delle retribuzioni a partire dalla data di assunzione degli altri vincitori del concorso cui il dott. Pangallo ha partecipato, e quindi a decorrere dal 1° marzo 1994.

6. Lo stesso appello deve invece essere accolto per quanto concerne la condanna al risarcimento del danno non patrimoniale.

Sul punto può convenirsi con il TAR circa il fatto che tale forma di ristoro è, per giurisprudenza della Cassazione, inaugurata a partire dalle sentenze delle Sezioni unite dell’11 novembre 2008, nn. 26972 – 26975, riconoscibile non solo nei casi di reato o in quelli tassativamente positivizzati dalla legge, ma in ogni fattispecie in cui risultino lesi diritti della persona di rango costituzionale.

E’ stato così confermato dal giudice di nomofilachia civile un modello di tipicità “temperata”, già inaugurato dalle sezioni semplici della Cassazione (sentenze 31 maggio 2003, nn. 8827 e 8828), caratterizzato per il fatto di essere svincolato dall’art. 2059 cod. civ., ma nondimeno saldamente ancorato all’esistenza di un’ingiustizia “costituzionalmente qualificata”, ulteriormente connotata dalla gravità dell’offesa, rimanendo invece esclusi dal novero dei diritti risarcibili tanto i pregiudizi di minore rilievo o a diritti “del tutto immaginari”.

In forza di ciò, il TAR ha ritenuto integrata tale tipologia di pregiudizio, nella “frustrazione dell’aspettativa di partecipazione al concorso e di assunzione”, posizione soggettiva attinente al “diritto al lavoro e alla piena esplicazione della persona in pubbliche procedure concorsuali”.

In contrario, tuttavia, può innanzitutto notarsi che quest’ultima non risulta riconducibile ad alcun interesse costituzionalmente protetto: l’art. 97, comma 3, Cost. impone il pubblico concorso per l’assunzione alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni e dunque si rivolge a quest’ultime, ma non collega a tale modello di selezione del personale alcun interesse proprio degli aspiranti all’impiego pubblico.

Nemmeno il fondamentale diritto al lavoro (art. 4 Cost.) risulta nel caso di specie leso, essendo semplicemente accaduto che il dott. Pangallo ha continuato a prestare attività lavorativa presso l’ente convenzionato di appartenenza anche dopo il formale licenziamento, sebbene non venendo retribuito. Il ricorrente ha dunque esplicato la propria personalità e conservato la dignità sociale di lavoratore, essendosi verificata esclusivamente una violazione del diritto riconosciuto dall’art. 36 Cost.. Questa viene tuttavia riparata nel presente giudizio con il riconoscimento degli emolumenti ingiustamente non percepiti, senza che residuino ulteriori pregiudizi risarcibili.

Pertanto, in parziale accoglimento dell’appello sentenza di primo grado deve essere riformata nel capo con il quale si è disposto il risarcimento del danno non patrimoniale, risultando per questa parte infondata la domanda di cui al ricorso originario.

Le spese possono essere compensate nella misura di 1/3 in ragione del parziale accoglimento del presente appello, mentre i restanti 2/3 vanno posti a carico della regione, in ragione della sua prevalente soccombenza. Per la relativa liquidazione si rinvia al dispositivo. Il contributo unificato ex art. 9 d.p.r. n. 115/2002 versato dalla regione appellante va invece dichiarato irripetibile.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, rigetta la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale proposta in primo grado.

Compensa le spese del doppio grado di giudizio limitatamente ad 1/3, e pone a carico della regione Calabria i restanti 2/3, liquidati in € 6.000,00, oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 marzo 2013 con l’intervento dei magistrati:

Stefano Baccarini, Presidente

Antonio Amicuzzi, Consigliere

Nicola Gaviano, Consigliere

Fabio Franconiero, Consigliere, Estensore

Carlo Schilardi, Consigliere

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 19/04/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)