Elezioni amministrative: sui voti validi in relazione ai quali deve calcolarsi la soglia del 3%, ai fini dell’ammissione delle liste all'assegnazione dei seggi nelle elezioni per i comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti

NOTA

La Sezione ritiene che ai fini dell’art. 73, co. 7, D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (che, disciplinando l’elezione del consiglio comunale nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, prevede “Non sono ammesse all’assegnazione dei seggi quelle liste che abbiano ottenute al primo turno meno del 3% dei voti validi e che non appartengano a nessun gruppo di liste che abbia superato tale soglia”), i “voti validi”, in relazione ai quali deve calcolarsi la soglia del 3%, non sono soltanto quelli ottenuti dalle liste in competizione (voti validi di lista) e ma tutti quelli espressi per l’elezione del sindaco.

* * *

N. 01360/2013REG.PROV.COLL.

N. 06611/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6611 del 2012, proposto da:
LORIANO ISOLABELLA, rappresentato e difeso dall’avv. Riccardo De Marco, con domicilio eletto presso Alba Giordano in Roma, via Muzio Clementi, n. 58;

contro

COMUNE DELLA SPEZIA, in persona del sindaco in carica,rappresentato e difeso dagli avv. Stefano Carrabba, Ettore Furia, Marcello Puliga, con domicilio eletto presso Maria Teresa Barbantini in Roma, viale Giulio Cesare, n. 14;
MOVIMENTO 5 STELLE, CARLO COLOMBINI, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. LIGURIA – GENOVA, Sez. II, n. 1122 del 26 luglio 2012, resa tra le parti, concernente elezioni del Consiglio comunale e del Sindaco della Spezia del 06-07 maggio 2012;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune della Spezia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 gennaio 2013 il Cons. Carlo Saltelli e uditi per le parti gli avvocati De Marco e Carrabba;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO

1. Il sig. Loriano Isolabella, che aveva partecipato alle elezioni svoltesi il 6 e 7 maggio 2012 per l’elezione del sindaco e del consiglio comunale della Spezia quale candidato sindaco del raggruppamento di liste Speziattiva – lista civica, Democrazia Cristiana-M-P-A., lista Donne e Lega Cittadina dei Pensionati, liste che, singolarmente e come raggruppamento, non avevano raggiunto la soglia del 3% per l’ammissione all’assegnazione dei seggi, ha chiesto al Tribunale amministrativo regionale per la Liguria l’annullamento del verbale delle operazioni elettorali e di proclamazione degli eletti, nella parte in cui è stato proclamato eletto come consigliere comunale, al suo posto, il sig. Carlo Colombini, quarto ed ultimo eletto per la lista numero uno con contrassegno Movimento a cinque stelle, deducendo “Difetto di istruttoria. Travisamento dei fatti. Violazione e falsa applicazione dell’art. 73, commi 5 e 7 del D. Lgs, n. 267 del 2000”.

A suo avviso, infatti, ai fini della individuazione della soglia di sbarramento (3%), l’ufficio elettorale aveva erroneamente tenuto conto, quali voti validi, non già di quelli effettivamente conseguiti dalle singole liste, ma inopinatamente anche di quelli espressi per i candidati sindaci, così stravolgendo la ratio e la stessa finalità della soglia di sbarramento, con risultati sicuramente illegittimi e macroscopicamente aberranti; correttamente interpretando la normativa rubricata, invece, sempre secondo il ricorrente, non poteva dubitarsi della spettanza in suo favore dell’assegnazione di un seggio nel consiglio comunale della Spezia, ciò in quanto il raggruppamento delle liste, che aveva appoggiato la sua candidatura a sindaco, aveva ottenuto un totale di 1103 voti, pari al 2,96%, non raggiungendo la soglia del 3%, per soli 14 voti, ma dall’esame dei verbali delle operazioni elettorali di alcune sezioni (19, 29, 33, 39, 44, 83, 93) risultavano macroscopici errori materiali nell’attribuzione dei voti, errori per effetto dei quali non erano stati attribuiti al suo gruppo di liste ben 17 voti ed ulteriori macroscopiche anomalie, pure esse incidenti sul numero dei voti da attribuire alle liste in competizione, emergevano nelle sezioni 37 e 47; ciò senza contare che trentotto elettori, riscontrando i risultati definitivi delle votazioni, avevano sorprendentemente rilevato che delle loro preferenze non vi era traccia nei seggi in cui avevano esercitato il diritto di voto.

2. L’adito tribunale, sez. II, con la sentenza n. 1122 del 26 luglio 2012, ha dichiarato inammissibile il ricorso per difetto di interesse, rilevando che, ai fini della individuazione della soglia del 3% dei voti validi, deve aversi riguardo ai voti ottenuti dai candidati alla carica di sindaco e non a quelli di lista, così che, corrispondendo nel caso di specie il 3% dei voti validi a 1225 voti, nessun effetto concreto sull’esito della competizione sarebbe derivato dall’eventuale attribuzione dei 17 voti contestati e asseritamente spettanti alle liste che avevano appoggiato il ricorrente (in quanto le stesse avevano conseguito 1103 voti validi e ne sarebbero occorsi 123 per il raggiungimento della soglia di sbarramento, pari a 1225 voti).

3. Con rituale atto di appello, spedito per la notifica il 4 settembre 2012, l’interessato ha chiesto la riforma della predetta sentenza, essendo a suo avviso fondata su di una macroscopica violazione e falsa interpretazione ed applicazione dell’articolo 73, comma 7, del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, non pertinenti essendo i precedenti giurisdizionali cui avevano fatto riferimento i primi giudici.

Ha resistito al gravame il Comune della Spezia, deducendone l’inammissibilità e l’infondatezza e chiedendone il rigetto.

4. Nell’imminenza dell’udienza di trattazione dell’appello l’appellante ha illustrato le proprie tesi difensive con apposita memoria, insistendo nelle conclusioni già rese.

All’udienza pubblica del 22 gennaio 2013, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

5. L’appello è infondato.

5.1. La questione sottoposta all’esame della Sezione concerne la esatta interpretazione ed applicazione del comma 7 dell’art. 73 del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, che, disciplinando l’elezione del consiglio comunale nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti stabilisce testualmente “Non sono ammesse all’assegnazione dei seggi quelle liste che abbiano ottenute al primo turno meno del 3% dei voti validi e che non appartengano a nessun gruppo di liste che abbia superato tale soglia”.

In particolare, secondo la tesi dell’appellante, i “voti validi”, in relazione ai quali deve calcolarsi la soglia del 3%, ai fini dell’ammissione delle liste all’assegnazione dei seggi, sarebbero soltanto quelli ottenuti dalle liste in competizione (voti validi di lista) e non già tutti quelli espressi per l’elezione del sindaco, come erroneamente ritenuto dall’ufficio elettorale, risultando altrimenti stravolta la logica stessa del voto disgiunto, che caratterizza in modo peculiare il sistema di elezione del consiglio comunale nei comuni con popolazione superore a 15.000 abitanti, ammettendo l’espressione da parte dell’elettore, su di un’unica scheda, di due voti, non necessariamente coerenti (per il candidato sindaco e per una lista ad esso collegata); sempre secondo l’appellante, infatti, dovrebbe distinguersi tra scheda valida (quella che contiene almeno un voto valido) e voti validi di lista, solo questi ultimi utilizzabili per l’assegnazione dei seggi, tanto più che, diversamente opinando (cioè aderendo alle conclusioni cui sono pervenuti i primi giudici), nel caso di voto espresso solo per un candidato sindaco, ma per una lista ad esso non collegata, la volontà dell’elettore sarebbe macroscopicamente disattesa, perché il suo voto sarebbe comunque conteggiato tra i voti di lista e sarebbe considerato ai fini della distribuzione dei seggi.

5.2. La Sezione osserva che tale tesi non trova alcun fondamento normativo ed anzi è smentita dal tenore letterale e dalla ratio delle disposizioni che regolano la fattispecie in esame.

5.2.1. Al riguardo occorre evidenziare che, sebbene effettivamente, quanto ai comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, il testo unico delle leggi sul’ordinamento degli enti locali (D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267) disciplini separatamente l’elezione del sindaco (art. 72) da quella del consiglio comunale (art. 73), è anche vero che il terzo comma dell’art. 72 dispone testualmente che “ciascun elettore può, con un unico voto, votare per un candidato alla carica di sindaco e per una delle liste ad esso collegate, tracciando un segno sul contrassegno di una di tali liste”, aggiungendo immediatamente dopo che “ciascun elettore può altresì votare per un candidato alla carica di sindaco, anche non collegato alla lista prescelta, tracciando un segno sul relativo rettangolo” e che il terzo comma dell’art. 73 altrettanto puntualmente stabilisce che “il voto alla lista viene espresso, ai sensi del comma 3, dell’art. 72, tracciando un segno sul contrassegno della lista prescelta”.

In effetti la necessità di disciplinare separatamente l’elezione del sindaco da quella del consiglio comunale nei comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti risiede nelle evidenti peculiarità dei relativi procedimenti, ma a ciò non consegue che l’elezione del sindaco e quella del consiglio comunale diano luogo a due diversi e separati “momenti elettorali”: esse, al contrario, traggono origine da un “unico fatto”, cioè dall’esercizio del diritto di voto da parte dell’elettore, che avviene nella stessa unità di tempo e di luogo e che è “unico” (art. 72, comma 3; art. 73, comma 3), ancorché possa concretamente esplicitarsi in due particolari manifestazioni di “voto congiunto” e di “voto disgiunto”.

Dal tenore letterale delle ricordate disposizioni e dalla unicità del voto, pur essa normativamente sottolineata, emerge, al di là di ogni ragionevole dubbio, che è stato lo stesso legislatore che, nel prevedere la possibilità del voto disgiunto (art. 72, comma 3) e nel precisare (art. 73, comma 3) le modalità di espressione del “voto di lista”, ai sensi dell’art. 72, a far coincidere i “voti validi”, tutti quelli espressi per l’elezione del sindaco, con quelli cui fa riferimento il settimo comma dell’articolo 73 per la determinazione della soglia del 3% per l’ammissione delle liste all’assegnazione dei seggi: ciò in definitiva è la logica e necessaria conseguenza dell’unicità del voto e dell’unicità della modalità di esercizio del diritto di voto da parte dell’elettore.

5.2.2. Del resto non può sottacersi che questa stessa Sezione con la sentenza n. 822 del 14 maggio 2010 ha già avuto modo di sottolineare, con riferimento allo stesso substrato normativo, che laddove il legislatore ha inteso riferirsi ai soli voti di lista ha usato l’espressione “cifra elettorale” (art. 73, comma 5) e che quando ha inteso riferirsi, quale base di calcolo di una percentuale, alla totalità dei voti espressi, compresi quelli per l’elezione alla carica di sindaco, ha usato l’espressione “voti validi” (in tal senso anche C.d.S., sez. V, 16 febbraio 2012, n. 802).

Tali conclusioni, pur non riguardando la stessa fattispecie oggetto della presente controversia, hanno carattere di generalità e risultano ragionevoli e convincenti, essendo basate sulla corretta applicazione del criterio ermeneutico della presuntiva costanza terminologica del legislatore nell’ambito di uno stesso testo normativo, così che da esse la Sezione non ritiene di doversi discostare, tanto più che anche nella controversia in esame il comma 7 dell’art. 73, che presuppone il calcolo della percentuale del 3%, quale soglia di ammissione delle liste all’assegnazione dei seggi, fa riferimento ai voti validi, ed il successivo comma 8, determinando le concrete modalità di assegnazione del numero dei consiglieri a ciascuna lista o a ciascun gruppo di liste, richiama esclusivamente la “cifra elettorale” di ciascuna lista.

5.2.3. Sotto altro concorrente profilo non può sottacersi che, anche a voler prescindere dalla considerazioni svolte in ordine alla rilevanza del tenore letterale delle disposizioni normative in questione, la necessità di intendere per “voti validi”, in relazione ai quali individuare la soglia di sbarramento del 3% di cui al comma 7 dell’art. 73, tutti i voti validi espressi per l’elezione a sindaco (e non solo quelli ottenuti delle liste) è del tutto coerente con l’esigenza di evitare la frammentazione della rappresentanza politica all’interno dei singoli consigli comunali, favorendo la governabilità degli enti stessi, atteggiandosi pertanto come strumento di concreta attuazione del principio maggioritario cui è ispirato il sistema elettorale delineato nel testo unico degli enti locali.

Considerare infatti rilevanti ai fini dell’individuazione della soglia di sbarramento in questione i soli voti riportati dalle singole liste (indipendentemente dall’obiettiva problematicità della sua corretta determinazione e dalla macroscopica contraddittorietà che gli effetti di una simile operazione sul relativo tessuto normativo, in cui, come si è avuto modo di accennare, per le liste si fa riferimento, ex art. 73, comma 5, alla cifra elettorale), abbassando evidentemente l’entità dei voti di cui tener conto, favorirebbe proprio la frammentazione della rappresentanza politica fra le singole liste in competizione, incidenza sulla forza e sul valore dell’elezione (diretta) del sindaco e menomando la stessa governabilità dell’ente, valori invece prevalenti secondo il legislatore.

Ciò senza contare che la ricostruzione fornita dall’appellante dimentica, come opportunamente sottolineato dalla difesa dell’amministrazione comunale, che a ciascun candidato sindaco non eletto spetta un seggio di consigliere comunale (a condizione che la lista o il gruppo di liste a lui collegate abbiano ottenuto almeno un seggio, C.d.S., 17 aprile 2002, n. 2009; 4 maggio 2001, n. 2519), il che conferma ulteriormente l’intimo collegamento che sussiste tra l’elezione del sindaco e quella del consiglio comunale, fondato proprio sull’unicità del voto.

6. In conclusione l’appello deve essere respinto.

La peculiarità delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello proposto dal sig. Loriano Isolabella avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, sez. II, n. 1122 del 26 luglio 2012, lo respinge.

Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 gennaio 2013 con l’intervento dei magistrati:

Marzio Branca, Presidente

Vito Poli, Consigliere

Carlo Saltelli, Consigliere, Estensore

Antonio Amicuzzi, Consigliere

Doris Durante, Consigliere

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 06/03/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)