Giustizia amministrativa: risarcimento del danno e spettanza del bene della vita

NOTA

La sentenza in rassegna conferma la decisione di prime cure che aveva respinto la domanda dirisarcimento del danno arrecato dall’illegittimo diniego di autorizzazione alla libera circolazione, all’interno del Consorzio appellante, dell’energia elettrica prodotta da fonte rinnovabile nell’impianto idroelettrico consortile, a beneficio delle imprese aderenti al suddetto Consorzio.

La Sezione ritiene – in adesione all’indirizzo giurisprudenziale (tra le altre, Cons. Stato, Ad. Plen., 15 settembre 2005 n. 7) – che non si può attribuire autonomo rilievo risarcitorio alla violazione di un obbligo di comportamento meramente strumentale (quale quello che presiede ad una corretta istruttoria ed ad una compiuta motivazione), indipendentemente dalla soddisfazione dell’interesse finale, allorché, come nella specie, il conseguimento del bene della vita non è certo.

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N. 02335/2013REG.PROV.COLL.

N. 04780/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4780 del 2011, proposto da:
Consorzio Bardonetto, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Alberto Romano, Carlo Emanuele Gallo e Nicola Aicardi, con domicilio eletto presso lo studio legale dell’avvocato Romano in Roma, Lungotevere Sanzio, 1;

contro

Ministero dello sviluppo economico, in persona del Ministro e legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PIEMONTE – TORINO: SEZIONE I n. 4156/2010, resa tra le parti, concernente risarcimento danni per diniego autorizzazione alla libera circolazione di energia prodotta da fonte rinnovabile

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dello Sviluppo Economico;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 febbraio 2013 il consigliere di Stato Giulio Castriota Scanderbeg e udito per l’Amministrazione appellata l’avvocato dello Stato Maddalo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Il Consorzio Bardonetto impugna la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Piemonte 19 novembre 2010, n. 4156 che ha respinto la domanda dell’odierno appellante volta ad ottenere il risarcimento dei danni subiti per effetto del diniego di autorizzazione alla libera circolazione, all’interno del Consorzio, dell’energia elettrica prodotta da fonte rinnovabile nell’impianto idroelettrico denominato “Centrale di Bardonetto”, sito in Comune di Locana, a beneficio delle ventuno imprese aderenti al Consorzio.

Premette il Consorzio appellante di aver ottenuto, con sentenza del Tribunale amministrativo del Piemonte 16 febbraio 2000 n. 307, l’annullamento giurisdizionale del detto diniego del 29 ottobre 1997 opposto alla sua istanza del 23 dicembre 1996 dal Ministero dell’industria, e che tale sentenza è stata confermata dal Consiglio di Stato con decisione 11 marzo 2005, n. 4800. Tanto premesso l’appellante deduce che erroneamente il giudice di primo grado ha respinto la richiesta risarcitoria considerando che dal giudicato d’annullamento non deriva effetto conformativo vincolato, restando l’Amministrazione competente titolare del potere discrezionale se assentire la richiesta autorizzazione. Assume per converso l’appellante che l’atto richiesto e illegittimamente denegato dal Ministero aveva i tratti dell’atto a contenuto vincolato, di guisa che senz’altro fondata avrebbe dovuto ritenersi la consequenziale domanda di risarcimento del danno per equivalente, non essendo più conseguibile per essa istante la autorizzazione ex lege 9 gennaio 1991, n. 9 (Norme per l’attuazione del nuovo Piano energetico nazionale).

Si è costituita in giudizio l’appellata Amministrazione per resistere all’appello e per chiederne la reiezione.

All’udienza pubblica del 5 febbraio 2013 la causa è stata trattenuta per la sentenza.

L’appello è infondato e va respinto.

Come anticipato in fatto, l’odierno Consorzio appellante con la domanda in primo grado ha chiesto il risarcimento di tutti i danni (meglio descritti nel ricorso di prime cure) in conseguenza dell’illegittimo diniego opposto dal Ministero dell’industria alla sua istanza volta ad ottenere, ai sensi dell’art. 23 della legge 9 gennaio 1991, n.9, l’autorizzazione alla libera circolazione all’interno del consorzio dell’energia elettrica prodotta da fonte rinnovabile.

Il giudice di primo grado, pur dando atto dell’intervenuta formazione, in forza delle richiamate sentenze di primo e secondo grado, del giudicato amministrativo sulla illegittimità del diniego di autorizzazione a suo tempo richiesta dal Consorzio Bardonetto, ha tuttavia respinto la domanda risarcitoria, sulla base di una argomentazione che così può essere sintetizzata: a) la domanda di risarcimento del danno è soggetta al principio dell’onere della prova, in base al quale chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento (art. 2697 Cod. civ.); b) il risarcimento del danno da lesione di interesse legittimo pretensivo può essere concesso solo se, in aggiunta agli elementi essenziali della fattispecie aquiliana (condotta, colpa, nesso di causalità, evento dannoso), risulti dimostrata la spettanza del bene della vita collegato all’interesse, e cioè risulti provata la fondatezza della pretesa ad ottenere un provvedimento favorevole sulla istanza, secondo un giudizio di prognosi postuma; c) il ricorrente non ha offerto elementi di prova, neppure a carattere indiziario, per ritenere che la sua domanda di autorizzazione avrebbe dovuto trovare necessario accoglimento ove l’amministrazione avesse correttamente esercitato il potere discrezionale di concedere l’autorizzazione; d) le carenze probatorie della domanda non possono essere colmate con un’attività suppletiva del giudice in sede di esame della richiesta risarcitoria, atteso che il giudicato di annullamento formatosi sul diniego di autorizzazione ha riguardato il vizio di difetto di motivazione e di istruttoria e non già la fondatezza della pretesa del Consorzio ad ottenere l’autorizzazione.

Ritiene il Collegio che i rilievi del giudice di prime cure siano condivisibili e la sentenza impugnata sia quindi suscettibile di conferma.

L’art. 23 della legge 9 gennaio 1991, n. 9 (Circolazione dell’energia elettrica prodotta da impianti di produzione di energia elettrica a mezzo di fonti rinnovabili) dispone testualmente che “per l’energia elettrica prodotta dagli impianti di cui all’art. 22, oltre agli usi previsti dal terzo capoverso del n. 6) dell’art. 4 della L. 6 dicembre 1962, n. 1643 , come sostituito dal comma 1 dell’art. 20, è consentita la libera circolazione all’interno di consorzi e società consortili fra imprese e fra dette imprese, consorzi per le aree e i nuclei di sviluppo industriale di cui al testo unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno, approvato con D.P.R. 6 marzo 1978, n. 218 , aziende speciali degli enti locali e società concessionarie di pubblici servizi dagli stessi assunti, limitatamente ad esigenze di autoproduzione, ovvero aziende di cui al regio decreto 15 ottobre 1925, n. 2578 , recante: «Approvazione del testo unico della legge sull’assunzione diretta dei pubblici servizi da parte dei comuni e delle province», previa autorizzazione del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato rilasciabile sulla base di criteri di economicità e di valutazione delle esigenze produttive”.

La disposizione non è incompatibile con il principio della libera produzione dell’energia elettrica da fonte rinnovabile contenuto nell’art. 22 della stessa legge e del consequenziale venir meno della riserva di produzione in capo ad Enel, di cui all’articolo 1 della legge 6 dicembre 1962, n. 1643.

Come si desume anche dalla lettera della disposizione, l’autorizzazione ministeriale alla libera circolazione dell’energia prodotta da fonte rinnovabile all’interno di un consorzio, nel regime della legge 9 gennaio 1991, n. 9, è rilasciata all’esito di una valutazione discrezionale (per alcuni tratti di ordine tecnico-discrezionale) tesa al soddisfacimento di criteri di economicità in rapporto alle esigenze produttive dell’istante. In altri termini, l’Amministrazione si deve prendere carico di verificare se, tenuto conto del ciclo produttivo delle imprese consorziate, sia giustificato l’uso “interno” dell’energia elettrica prodotta da fonte rinnovabile, con consequenziale sottrazione (sotto forma di mancata immissione in rete) della stessa energia alla rete elettrica nazionale.

Tale valutazione appare del tutto assente nell’originario provvedimento ministeriale recante il diniego di autorizzazione: ed è in ragione di tanto che le richiamate sentenze hanno stigmatizzato la carenza di motivazione e di istruttoria a base del gravato atto di diniego, evidenziando che erroneamente la valutazione riguardo all’economicità della circolazione interna era stata rapportata alle esigenze dell’ente gestore della rete elettrica e non invece a quelle delle imprese facenti parte del consorzio istante. È tuttavia palese che la posizione del Consorzio istante rispetto al potere autorizzatorio ministeriale ha i connotati tipici dell’interesse pretensivo (non rileva in contrario la qualificazione in termini di diritto soggettivo di cui a Cass., 1° giugno 1995 n. 6137, che si riferisce alla ben distinta ipotesi dell’autoproduzione di energia da fonte rinnovabile con destinazione alle società dello stesso gruppo), rispetto al quale la mancata allegazione di elementi istruttori utili ad inferire che l’amministrazione avrebbe dovuto determinarsi positivamente sulla istanza esclude un intervento del giudicante in una materia coperta da riserva di amministrazione).

Nella fattispecie va richiamato l’orientamento, dal quale non si ha motivo di discorstarsi, per cui non si può attribuire autonomo rilievo risarcitorio alla violazione di un obbligo di comportamento meramente strumentale (quale quello che presiede ad una corretta istruttoria ed ad una compiuta motivazione), indipendentemente dalla soddisfazione dell’ interesse finale, allorché, come nella specie, il conseguimento del bene della vita non è certo (Cons. Stato, Ad. Plen., 15 settembre 2005 n.7).

In particolare, nel caso in esame, la pretesa risarcitoria si fonda su un pregiudizio collegato all’errata valutazione di elementi istruttori necessari alla realizzazione del bene finale e in siffatta ipotesi, avuto riguardo all’ interesse pretensivo, non è possibile effettuare una previsione di esito favorevole di conseguimento dell’utilità in questione e quindi, in assenza della meritevolezza della tutela, non può configurarsi un danno risarcibile (Cons Stato, VI, 15 aprile 2003, n.1945; IV, 19 gennaio 2008, n. 248). Occorre qui richiamare il valore del principio dispositivo del processo amministrativo, cui pure il giudizio risarcitorio deve conformarsi (Cons. Stato, IV, n.248 del 2008), secondo cui l’accoglimento della domanda presuppone la valutazione, sulla base di un giudizio prognostico, circa la spettanza dell’utilità finale sottesa alla domanda. Tuttavia nella specie questa valutazione non può espletarsi a causa dell’assoluta mancanza di elementi istruttori (alternativi a quelli posti a base dell’originario diniego) da cui desumere che il Consorzio aveva titolo a ottenere l’autorizzazione alla libera circolazione dell’energia tra i soggetti consorziati, ricorrendo le condizioni di legge.

In definitiva, alla luce delle considerazioni che precedono, l’appello va respinto e va confermata la impugnata sentenza.

Le spese del presente grado seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello (RG n. 4780/2011), come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il Consorzio appellante al pagamento, in favore della amministrazione appellata, delle spese e competenze del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi euro 5.000 (cinquemila/00), oltre iva e cpa come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 febbraio 2013 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Severini, Presidente

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere, Estensore

Andrea Pannone, Consigliere

Silvia La Guardia, Consigliere

Claudio Boccia, Consigliere

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 29/04/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)