Finanza pubblica: incremento di posizioni organizzative e riduzione della spesa per personale

NOTA

Il parere in rassegna si pronuncia sulla richiesta di consulenza del Comune di Lavello diretta a conoscere:

– se la soluzione organizzativa di incrementare (da quattro a cinque) le strutture organizzative dell’ente, da attuare nell’anno 2012, con conseguente aumento delle posizioni apicali (e incremento di un’unità di posizioni organizzative) rispetto all’assetto in essere e, di conseguenza, un maggior onere economico rispetto alla dotazione finanziaria complessivamente impiegata alla stesso titolo nell’anno 2011, integra violazione dell’art. 1, co. 557, L. n. 296/2006 nella parte in cui prevede che la riduzione delle spese di personale deve essere assicurata anche attraverso lo snellimento delle strutture con accorpamento di uffici e la riduzione della percentuale delle posizioni dirigenziali;

– se è possibile destinare le risorse, che l’ordinamento consente di utilizzare per un parziale turnover del personale cessato, a incremento delle risorse di bilancio necessarie a finanziare la maggiore spesa conseguente al conferimento di un maggior numero di posizioni organizzative.

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C o r t e d e i C o n t i

Sezione regionale di controllo per la Basilicata

Potenza

Deliberazione n. 174/2012/PAR

Parere n. 21/2012

La Sezione regionale di controllo per la Basilicata così composta:

Presidente di Sezione dr. Ciro Valentino Presidente

Consigliere dr. Rocco Lotito Componente

Primo Referendario dr. Giuseppe Teti Componente-relatore

nella Camera di consiglio del 20 settembre 2012;

Visto l’art.100 della Costituzione;

Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con R.D. 12 luglio 1934, n.1214 e successive modificazioni ed integrazioni;

Vista la legge 14 gennaio 1994, n.20 e successive modificazioni;

Visto l’art. 7, comma 8, della legge 5 giugno 2003, n. 131;

Vista la deliberazione n.14/2000 in data 16 giugno 2000 delle Sezioni Riunite della Corte dei conti, con la quale è stato deliberato il regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, e successive modificazioni ed integrazioni;

Visti gli indirizzi e criteri generali per l’esercizio dell’attività consultiva approvati dalla Sezione delle Autonomie della Corte dei conti nell’adunanza del 27 aprile 2004 e nell’adunanza del 4 giugno 2009, delibera n. 9/Sez.Aut./2009;

Vista la Delibera n. 54/CONTR/10 resa dalle Sezioni Riunite in sede di controllo in data 21 ottobre e 8 novembre 2010, ai sensi dell’art. 17, comma 31, del decreto legge 1 luglio 2009, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2009 n. 102;

Vista la richiesta di parere, ex art. 7, comma 8, della legge n. 131/2003, formulata dal Sindaco del Comune di Lavello con nota prot. n. 1926 del 22 febbraio 2012;

Vista l’ordinanza del Presidente di questa Sezione regionale di controllo n. 173 del 20 settembre 2012, con la quale la richiesta di parere è stata deferita all’esame collegiale della Sezione per l’odierna seduta ed è stato nominato relatore il Magistrato dr. Giuseppe Teti;

Udito nella camera di consiglio il relatore;

  1. 1. – In fatto

1.1 – Il Sindaco del Comune di Lavello espone che:

Il Comune ha rispettato il patto di stabilità interno;

è stato rispettato il principio della riduzione della spesa di personale rispetto all’anno precedente;

il Comune non versa nelle situazioni di ente strutturalmente deficitario ai sensi dell’art. 242 TUEL;

Il Comune ha conseguito un rapporto delle spese di personale sul complesso della spesa corrente inferiore al 50%, in misura ridotta rispetto a quella verificata nell’anno 2010;

– si sono registrate complessivamente n. 6 cessazioni di personale in servizio di ruolo, reintegrabili nell’anno in corso entro il limite di costo per nuove assunzioni pari al 20% della corrispondente spesa, oltre che della quota non utilizzata riveniente dall’esercizio precedente.

1.2 – Tanto premesso, il Sindaco precisa che, nel contesto del nuovo Regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi, approvato con delibera di Giunta n. 254 del 29.12.2011, è stato ridisegnato l’aspetto organizzativo dell’Ente prevedendo, oltre alla struttura collocata in posizione di staff all’ufficio del Segretario, altre cinque strutture di massima dimensione in luogo dei precedenti quattro settori. L’operatività del rimodulato assetto strutturale è subordinata alla delibera di istituzione delle posizioni organizzative, per la cui ridefinizione si intende adottare la medesima soluzione che, come in passato, faccia coincidere le posizioni apicali con i settori, il cui numero risulta ora elevato a cinque, oltre la preesistente posizione di staff all’ufficio del Segretario.

1.3 – Considerato che l’Ente è obbligato al rispetto delle disposizioni di cui al comma 557 dell’art. 1, L. n. 296/2006, il Sindaco del Comune di Lavello pone il quesito se, in presenza dei presupposti sopra delineati, la prospettata soluzione organizzativa da attuare nell’anno 2012, comportante l’aumento delle posizioni apicali rispetto all’assetto in essere e, di conseguenza, un maggior onere economico rispetto alla dotazione finanziaria complessivamente impiegata alla stesso titolo nell’anno 2011, possa costituire violazione dell’art. 1, comma 557, L. n. 296/2006 nella parte in cui prevede che la riduzione delle spese di personale deve essere assicurata anche attraverso lo snellimento delle strutture con accorpamento di uffici e la riduzione della percentuale delle posizioni dirigenziali.

2. – In diritto

2.1 Sull’ammissibilità della richiesta

2.1.1 – La richiesta di parere è senz’altro ammissibile sotto il profilo soggettivo, in quanto presentata da un soggetto legittimato (il sindaco del comune).

2.2.2 – Del pari ammissibile è la richiesta sotto il profilo oggettivo nei limiti in cui appresso.

Le questioni che circoscrivono il perimetro dell’attività consultiva intestata alle Sezioni regionali della Corte dei conti sono quelle che concernono la materia della contabilità pubblica – secondo la definizione precisata dalle Sezioni Riunite con la deliberazione n. 54/2010 in premessa citata – e che riguardano temi di carattere generale, che si prestano a essere esaminati da un punto di vista astratto (con esclusione di valutazione e pareri su casi specifici).

Ne consegue che il parere in esame può essere reso in relazione ai profili che attengono al rispetto delle norme poste a tutela degli obiettivi di finanza pubblica in materia di spesa di personale, mentre rimane estranea all’ambito oggettivo dell’attività consultiva ogni altra questione relativa alla applicazione e alla interpretazione delle norme contrattuali che regolano il rapporto di lavoro alle dipendenze degli enti locali e il relativo trattamento economico.

Quanto alla natura necessariamente preventiva del parere rispetto all’agire amministrativo, vi è da osservare che l’attività da compiere, sulla quale si chiede il pronunciamento di questa Sezione, si colloca a valle del nuovo Regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi, già approvato dall’Ente, così da apparire come attività meramente esecutiva e attuativa delle previsioni contenute in detto Regolamento. Tuttavia non può ritenersi che, per escludere l’ammissibilità del parere, questo avrebbe dovuto essere chiesto e reso in occasione dell’atto di normazione regolamentare. Diverso è, infatti, il caso in cui oggetto del parere è l’atto di normazione in sé che, una volta adottato, renderebbe un successivo parere in merito del tutto inutile, dal caso in cui, come nella fattispecie, il punto di dubbio, sul quale si chiede il motivato avviso della Sezione, riguarda la conformità ai precetti di rango superiore dell’attività conseguente necessaria a dare attuazione al Regolamento. In tal caso, infatti, il parere conserva la idoneità a far luce e consiliare, anticipatamente, su possibili contrasti tra quanto astrattamente era stato previsto nell’atto di normazione comunale e la conformità a norme di rango superiore dell’attività che l’ente si trova a dover porre in essere per darvi attuazione, senza che rilevi la verifica, necessariamente postuma rispetto all’introduzione della richiesta di parere, se, nel caso concreto, l’attività sia effettivamente predeterminata e vincolata, o piuttosto permanga un margine di discrezionalità. Ciò è da ritenersi vero anche nel caso in cui, successivamente all’emanazione del Regolamento, non sia intervenuta alcuna rilevante modifica del quadro normativo generale, dal momento che una verifica in tal senso presupporrebbe che alla richiesta di parere si sia già dato ingresso. Conclusivamente, nei limiti suddetti, la richiesta di parere è ammissibile.

2.2. nel merito

2.2.1 – Con l’adozione del “REGOLAMENTO SULL’ORDINAMENTO DEGLI UFFICI E DEI SERVIZI” (approvato con delibera di G.C. n. 254 del 29/12/2011 e modificato con delibera di G.C. n.82 del 30/04/2012, successivamente alla proposizione del parere in esame) il Comune istante ha previsto un nuovo assetto organizzativo articolato su sei strutture di massima dimensione, in luogo delle precedenti cinque, coincidenti con altrettanti “settori”, di cui il primo (“Affari Generali”) in posizione di staff alla Segreteria Generale.

L’assetto organizzativo e funzionale così delineato (peraltro modificabile con deliberazione della Giunta comunale ex art. 3, comma 7, Reg.), è previsto che diventi operativo “con l’efficacia del provvedimento sindacale di assegnazione degli incarichi di responsabilità sulla base della connessa rimodulazione dell’area delle posizioni organizzative deliberata dalla Giunta Comunale; sino a tale data continuano a trovare applicazione gli incarichi di p.o. in essere e la struttura organizzativa e funzionale di riferimento al momento della adozione del presente regolamento” (art. 61, comma 3, Reg.).

Dal momento che l’operatività del rimodulato assetto strutturale è subordinata, secondo quanto affermato nella richiesta di parere, alla delibera di istituzione delle posizioni organizzative, la soluzione organizzativa che si vorrebbe adottare è, come in passato, nel senso di far “coincidere le posizioni apicali con i settori, il cui numero risulta ora elevato a cinque, oltre la preesistente posizione di staff all’ufficio del Segretario”.

Tale soluzione pone, però, delle perplessità riguardo alla conciliabilità della prevista maggiore spesa di personale con gli obiettivi di un suo costante e progressivo contenimento, come prescritto dal legislatore.

Da qui sorge l’esigenza del chiarimento richiesto dal Comune istante che, avendo ridotto la spesa di personale, anche in conseguenza delle cessazioni di un certo numero di unità lavorative, sia rispetto a quella sostenuta nell’anno precedente sia, in percentuale, rispetto al complesso delle spese correnti del medesimo esercizio, si pone, in primo luogo, il problema se la maggiore spesa connessa alla remunerazione delle (numericamente) maggiori (rispetto al passato) posizioni organizzative violi la disposizione dell’art. 1, comma 557, let. b) della L. n. 296/2006, secondo la quale l’obiettivo di riduzione della spesa di personale deve essere assicurato anche mediante la “razionalizzazione e snellimento delle strutture burocratico-amministrative, anche attraverso accorpamenti di uffici con l’obiettivo di ridurre l’incidenza percentuale delle posizioni dirigenziali in organico”.

Il Comune istante, d’altra parte, pur non specificando sul punto, lascia intendere che potrebbe destinare il margine di disponibilità finanziaria che l’ordinamento ammette per consentire il turnover del personale cessato alla copertura della spesa per la remunerazione della ulteriore posizione organizzativa. In tal caso il quesito è se tale diversa destinazione sia ammessa.

2.2.2 – Con riguardo al primo e più circoscritto quesito giova ricordare che il comma 557dell’art. 1, l. n. 296/2006, come modificato e, da ultimo, riscritto dall’art. 14, comma 7 del D.L. n. 78/2010 (conv. con L. n. 122/2010), risulta essere del seguente letterale tenore: “(557) Ai fini del concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, gli enti sottoposti al patto di stabilità interno assicurano la riduzione delle spese di personale, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell’IRAP, con esclusione degli oneri relativi ai rinnovi contrattuali, garantendo il contenimento della dinamica retributiva e occupazionale, con azioni da modulare nell’ambito della propria autonomia e rivolte, in termini di principio, ai seguenti ambiti prioritari di intervento:

a) riduzione dell’incidenza percentuale delle spese di personale rispetto al complesso delle spese correnti, attraverso parziale reintegrazione dei cessati e contenimento della spesa per il lavoro flessibile;

b) razionalizzazione e snellimento delle strutture burocratico-amministrative, anche attraverso accorpamenti di uffici con l’obiettivo di ridurre l’incidenza percentuale delle posizioni dirigenziali in organico;

c) contenimento delle dinamiche di crescita della contrattazione integrativa, tenuto anche conto delle corrispondenti disposizioni dettate per le amministrazioni statali”.

L’obiettivo cogente posto a tutela degli equilibri di finanza pubblica è, dunque, quello di ridurre la spesa di personale, intesa come aggregato di molteplici voci. Del resto anche la giurisprudenza della Corte Costituzionale, fin da epoca anteriore alla legge n. 296/2006, ha costantemente ritenuto che la spesa complessiva di personale sia un rilevante aggregato di spesa corrente che rappresenta una delle più frequenti e rilevanti cause del disavanzo pubblico, di guisa che il suo contenimento finisce per avere rilevanza strategica ai fini dell’attuazione del patto di stabilità interno (sentenza n. 4 del 2004), con la conseguenza che le disposizioni relative al suo contenimento assurgono a principio fondamentale della legislazione statale (sentenza n. 69 del 2011, che richiama la sentenza n. 169 del 2007). Pertanto, (decisione n. 169/2007, richiamata in Corte Cost., n. 108/2011), il legislatore statale, con una«disciplina di principio»,può legittimamente imporre agli enti dotati di autonomia, per ragioni di coordinamento finanziario connesse ad obiettivi nazionali, condizionati dagli obblighi comunitari, vincoli alle politiche di bilancio, anche se questi si traducono, inevitabilmente, in limitazioni indirette all’autonomia di spesa degli enti stessi (sentenze n. 417 del 2005 e n. 36 del 2004). Perché detti vincoli possano considerarsi rispettosi dell’autonomia delle Regioni e degli enti locali, essi debbono riguardare l’entità del disavanzo di parte corrente oppure – ma solo «in via transitoria ed in vista degli specifici obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica perseguiti dal legislatore statale» – la crescita della spesa corrente degli enti autonomi. In altri termini, la legge statale può stabilire solo un «limite complessivo, che lascia agli enti stessi ampia libertà di allocazione delle risorse fra i diversi ambiti e obiettivi di spesa» (sentenze n. 88 del 2006, n. 449 e n. 417 del 2005, n. 36 del 2004).

Da tali pronunce può desumersi che, perché norme statali che fissano limiti alla spesa delle Regioni e degli enti locali possano qualificarsi princípi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, è necessario che esse soddisfino i seguenti requisiti: in primo luogo, che si limitino a porre obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica, intesi anche nel senso di un transitorio contenimento complessivo, sebbene non generale, della spesa corrente; in secondo luogo, che non prevedano strumenti o modalità per il perseguimento dei suddetti obiettivi.

A questi principi risponde pienamente la norma in esame. In effetti, le modalità e le azioni che gli EE.LL. devono porre in essere per il raggiungimento dell’obiettivo di finanza pubblica espresso in termini di riduzione della spesa di personale sono da modulare nel rispetto della autonomia di ciascun Ente, sebbene sia previsto che debbano essere rivolte, “in termini di principio”, ai sopra indicati “ambiti prioritari di intervento”. Va detto, inoltre, che l’esigenza di salvaguardare l’autonomia organizzativa e la discrezionalità delle scelte di bilancio dell’ente locale era presente fin dalla prima stesura del comma 557, che nel suo testo originario si preoccupava di affermare che gli enti sottoposti al patto di stabilità interno assicurassero la riduzione delle spese di personale garantendo il contenimento della dinamica retributiva e occupazionale, anche attraverso la razionalizzazione delle strutture burocratico-amministrative, facendo riferimento “nell’ambito della propria autonomia” aiprincìpi desumibili dai commi da 513 a 543 dello stesso articolo, per quanto attiene al riassetto organizzativo e dall’art. 1, commi 189, 191 e 194, l. n. 266/2005, per la determinazione dei fondi per il finanziamento della contrattazione integrativa al fine di rendere coerente la consistenza dei fondi stessi con l’obiettivo di riduzione della spesa complessiva di personale. In altre parole, fermo rimanendo l’obiettivo di finanza pubblica consistente nella riduzione della spesa di personale, il riassetto organizzativo e la razionalizzazione delle strutture burocratiche, da un lato, e il contenimento della dinamica retributiva, dall’altro, erano indicate come misure “possibili”, tra le altre, a discrezione dell’Ente, per il raggiungimento del risultato.

Nell’ambito del citato comma 557, anche nella stesura oggi vigente, occorre, dunque, riconoscere valore di precetto al solo obiettivo di riduzione della spesa complessiva di personale, ma non anche alle singole azioni che l’ente deve porre in essere per il suo conseguimento, che restano nella sfera della discrezionalità di ciascun ente.

Vero è che la Corte Costituzionale nella richiamata decisione n. 108/2011 ha affermato che il comma 557, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, obbliga le Regioni alla “riduzione delle spese per il personale e al contenimento della dinamica retributiva”, e che il successivo comma 557-bis estende tale obbligo di riduzione anche ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e a tutti i rapporti precari in organismi e strutture facenti capo alla Regione. Tuttavia, la stessa Corte ha, poi, cura di precisare che tali norme statali, ispirate alla finalità del contenimento della spesa pubblica, costituiscono princìpi fondamentali nella materia del coordinamento della finanza pubblica, in quanto pongono obiettivi di riequilibrio, senza, peraltro, prevedere strumenti e modalità per il perseguimento dei

medesimi.

Considerazioni coerenti con quelle sopra riportate sono state fatte proprie dalla giurisprudenza della Corte dei conti in sede consultiva laddove si precisa che “pur essendo richiesta agli enti una riduzione della spesa in questione, la misura e le modalità con cui operare la riduzione sono riservati alla scelta autonoma dell’ente locale. Quindi, per operare detta riduzione, non essendo al riguardo esplicitato nella legge un parametro fisso di riferimento, il Comune non potrà che fare riferimento alla spesa per il personale dell’anno precedente, in modo tale da garantirne una diminuzione in termini costanti e progressivi, di anno in anno, coerentemente con il vigente quadro normativo che impone la programmazione dei fabbisogni e l’ottimizzazione delle risorse disponibili” (Sez. Aut. delibera n. 2/2010).

La modulabilità delle azioni e delle misure di contenimento della spesa è, oltretutto, una modalità resa necessaria dalla struttura rigida della gran parte delle voci che la compongono e che, di fatto, restringe la discrezionalità che all’ente è concessa. Ne consegue che è possibile raggiungere il risultato fissato dal legislatore solo operando sulle diverse leve di spesa e nei ristretti limiti di operatività a disposizione.

In concreto lo spazio entro il quale l’ente deve dare contezza della coerenza delle scelte rispetto ai risultati attesi è, innanzitutto e in via preventiva, il documento di bilancio, che costituisce, per la sua natura autorizzatoria, un vincolo alla possibilità di spesa. La circostanza che l’aggregato “spesa di personale”, nella composizione con cui è assunto dal legislatore a fini comparativi tra più esercizi, non trovi una sua autonoma esposizione nella struttura del bilancio dell’ente, non vale a escludere la necessità che già in fase programmatoria se ne dimostri la riduzione o il contenimento entro i limiti di legge. Pertanto, il saldo (a rendiconto) dell’esercizio non dovrebbe mai discostarsi di molto dalla somma risultante dal preventivo, se non per situazioni eccezionali e imprevedibili.

Solo attraverso la corretta programmazione della dinamica che si intende imprimere, nella gestione del bilancio, alle singole voci di “spesa di personale”, sarà possibile dare contezza che le scelte effettuate dall’ente, nella sfera della sua autonomia e degli ambiti prioritari di intervento, sono coerenti con gli obiettivi indicati dal legislatore. È possibile, allora, che in questa fase l’ente scelga di non operare una proporzionale e contestuale riduzione di tutte le voci che compongono il suddetto aggregato, se questo non pregiudica il raggiungimento dell’obiettivo indicato dal legislatore.

Si può, allora, affermare che il citato comma 557 L. n. 296/2006 non richiede che al raggiungimento dell’obiettivo di riduzione della spesa da parte dell’ente locale si pervenga attivando azioni ricadenti, contemporaneamente, in tutti i “prioritari ambiti di intervento” indicati dal comma 557 l. n. 296/2006, ben potendo l’ente modulare gli interventi nell’ambito della sua autonomia organizzativa e amministrativa. A questo scopo la riduzione delle posizioni dirigenziali in organico non è il “fine” imposto dal citato comma 557, let. b), l. n. 296/2006, ma è il “mezzo” mediante il quale razionalizzare e snellire le strutture burocratico-amministrative dell’ente, anche attraverso accorpamenti di uffici, così da ridurne l’incidenza percentuale e, dunque, ridurre il costo complessivo della spesa di personale.

2.2.3 – Altra questione, non oggetto della presente indagine, è se, al di fuori del disposto del citato comma 557 L. n. 296/2006, possano ravvisarsi nell’ordinamento altre e cogenti prescrizioni che potrebbero impedire all’ente comunale di ampliare la spesa per la remunerazione del maggior numero di posizioni organizzative, ancorché, per effetto di azioni applicate ad altre voci, il saldo complessivo di spesa, rispetto al parametro di legge, risulti rispettato.

Pare comunque opportuno, per maggiore chiarezza e anche per il necessario spirito collaborativo nei confronti del comune istante, evidenziare che la normazione statale si è evoluta nel senso di dettare più stingenti prescrizioni concernenti proprio le azioni ammesse e consentite in quelli che il comma 557 ha definito “ambiti prioritari di intervento”; prescrizioni rafforzate dalla previsione di sanzioni in caso di inadempienza.

In particolare, si è operato direttamente e incisivamente sui limiti di spesa che ciascun ente può impegnare per procedere a nuove assunzioni, anche in sostituzione del personale cessato, sia ricorrendo ai contratti a tempo indeterminato, sia ai contratti a tempo determinato, sotto qualsiasi forma (si rinvia, per la ricostruzione completa ed esaustiva del quadro normativo attuale, alla delibera Sez. Aut. n. 12/2012, del 12.6.2012). Da ultimo, l’art. 2, comma 8 del D.L. n. 95/2012 (conv. con L. n. 135/2012), stabilisce, rinviando alle disposizioni di cui all’articolo 16, comma 8, che, fermi restando i vincoli assunzionali di cui all’articolo 76, del decreto-legge n. 112 del 2008 convertito con legge n. 133 del 2008, e successive modificazioni ed integrazioni, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da emanare entro il 31 dicembre 2012 d’intesa con Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono stabiliti i parametri di virtuosità per la determinazione delle dotazioni organiche degli enti locali, tenendo prioritariamente conto del rapporto tra dipendenti e popolazione residente. A tal fine è determinata la media nazionale del personale in servizio presso gli enti, considerando anche le unità di personale in servizio presso le società di cui all’articolo 76, comma 7, terzo periodo, del citato decreto-legge n. 112 del 2008. A decorrere dalla data di efficacia del decreto gli enti che risultino collocati ad un livello superiore del 20 per cento rispetto alla media non possono effettuare assunzioni a qualsiasi titolo; gli enti che risultino collocati ad un livello superiore del 40 per cento rispetto alla media applicano le misure di gestione delle eventuali situazioni di soprannumero di cui all’articolo 2, comma 11, e seguenti.

Specifici interventi sono stati destinati, poi, a limitare le dinamiche di crescita della contrattazione integrativa, tenuto anche conto delle corrispondenti disposizioni dettate per le amministrazioni statali. Si segnala, in proposito l’art. 9 del citato D.L. n. 78/2010 che, in primo luogo (comma 1), stabilisce che per gli anni 2011, 2012 e 2013 il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, ivi compreso il trattamento accessorio, previsto dai rispettivi ordinamenti delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell’articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, non può superare, in ogni caso, il trattamento ordinariamente spettante per l’anno 2010, al netto degli effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva, ivi incluse le variazioni dipendenti da eventuali arretrati, conseguimento di funzioni diverse in corso d’anno, per le progressioni di carriera comunque denominate, maternità, malattia, missioni svolte all’estero, effettiva presenza in servizio, fatto salvo quanto previsto dal comma 17, secondo periodo, e dall’articolo 8, comma 14. In secondo luogo, (comma 2-bis), stabilisce che, a decorrere dal 1º gennaio 2011 e sino al 31 dicembre 2013, l’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non può superare il corrispondente importo dell’anno 2010 ed è, comunque, automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio.

Quanto all’obiettivo di ridurre l’incidenza percentuale delle posizioni dirigenziali in organico mediante la razionalizzazione e lo snellimento delle strutture burocratico-amministrative, l’art. 19, comma 6-quater, d.lgs. n. 165/2001, coma modificato dal comma 13 dell’art. 4-ter, D.L. n. 16/2012 (conv. con L. n. 44/2012), stabilisce che per gli enti locali il numero complessivo degli incarichi a contratto nella dotazione organica dirigenziale, conferibili ai sensi dell’articolo 110, comma 1, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è stabilito nel limite massimo del 10 per cento della dotazione organica della qualifica dirigenziale a tempo indeterminato. Per i comuni con popolazione inferiore o pari a 100.000 abitanti il limite massimo di cui al primo periodo del presente comma è pari al 20 per cento della dotazione organica della qualifica dirigenziale a tempo indeterminato. Per i comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti e inferiore o pari a 250.000 abitanti il limite massimo di cui al primo periodo del presente comma può essere elevato fino al 13 per cento della dotazione organica della qualifica dirigenziale a tempo indeterminato a valere sulle ordinarie facoltà per le assunzioni a tempo indeterminato. Si applica quanto previsto dal comma 6-bis. In via transitoria, con provvedimento motivato volto a dimostrare che il rinnovo sia indispensabile per il corretto svolgimento delle funzioni essenziali degli enti, i limiti di cui al presente comma possono essere superati, a valere sulle ordinarie facoltà assunzionali a tempo indeterminato, al fine di rinnovare, per una sola volta, gli incarichi in corso alla data di entrata in vigore della presente disposizione e in scadenza entro il 31 dicembre 2012. Contestualmente gli enti adottano atti di programmazione volti ad assicurare, a regime, il rispetto delle percentuali di cui al presente comma.”

2.2.4 – L’altro quesito posto è se il raggiungimento dell’obiettivo di riduzione della spesa di personale impegnata rispetto all’esercizio precedente (comma 557, L. n. 296/2006) e il suo contemporaneo contenimento entro il limite massimo del rapporto con le spese correnti del medesimo esercizio, unitamente al rispetto del patto di stabilità, libera risorse correnti che, in eguale o minore misura, restano nella disponibilità dell’ente, così da poterle riallocare a sua discrezione, anche per aumentare talune voci di spesa di personale che concorrono a determinare il saldo finale.

Occorre chiarire che il quesito non riguarda la possibilità di utilizzare l’importo eccedente la misura ipotizzata come minima, ma comunque sufficiente a far ritenere raggiunto l’obiettivo di legge (0,01 euro di riduzione rispetto alla spesa dell’esercizio precedente), ma riguarda la possibilità di destinare una quota percentuale dei risparmi ottenuti, che l’ordinamento riconosce agli enti che versino nella virtuosa situazione sopra descritta per un parziale turnover di personale, ad altre e diverse voci di spesa (di personale), nella fattispecie all’incremento delle risorse di bilancio necessarie a finanziare la maggiore spesa conseguente al conferimento di aumentate posizioni organizzative.

L’obiettivo di ridurre o, quanto meno, contenere, le spese per il personale degli enti locali è più risalente rispetto al comma 557 della legge n. 296/2006, essendo già presente nell’ordinamento, sia pure con modalità diverse da quelle successivamente prescelte.

Già il comma 98 della legge n. 311 del 2004 (finanziaria per il 2005), stabiliva che, ai fini del concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, per gli enti locali fossero fissati criteri e limiti (fatte salve alcune eccezioni) per le assunzioni per il triennio 2005-2007. Le predette misure avrebbero dovuto garantire, per le regioni e le autonomie locali, la realizzazione di economie di spesa lorde non inferiori a 213 milioni di euro per l’anno 2005, a 572 milioni di euro per l’anno 2006, a 850 milioni di euro per l’anno 2007 e a 940 milioni di euro a decorrere dall’anno 2008. Le province e i comuni che non avessero rispettato le regole del patto di stabilità interno non avrebbero potuto procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo nell’anno successivo a quello del mancato rispetto.

Il successivo comma 107 stabiliva, infine, che per le regioni, le autonomie locali e gli enti del Servizio sanitario nazionale, “le economie derivanti dall’attuazione dei commi da 93 a 105 conseguenti a misure limitative delle assunzioni per gli anni 2006, 2007 e 2008 restano acquisite ai bilanci degli enti ai fini del miglioramento dei relativi saldi”.

A questo proposito, come anche ricordato dalla delibera n. 3/2010 della Sezione Autonomie di questa Corte di conti, i vincoli restrittivi di spesa di personale si sono nel tempo evoluti, da un obiettivo autonomo e prefissato nella misura (legge finanziaria per il 2006), verso un generale obiettivo di contenimento che concorre a determinare gli obiettivi di finanza pubblica e dei saldi finanziari del patto di stabilità (legge finanziaria per il 2007), ma non è venuta meno la necessità di porre un freno alla crescita di voce di spesa in materia di personale.

Ne consegue che laddove si ritenesse che l’evoluzione legislativa abbia finito per travolgere anche il precetto che impone di conservare acquisite ai bilanci degli enti, ai fini del miglioramenti dei relativi saldi, le economie derivanti dall’attuazione delle misure limitatrici di spesa, verrebbe minato il principio che vuole il contenimento della spesa di cui trattasi progressivo e costante.

A sostegno di una diversa conclusione non giova neppure il richiamo originariamente operato dal comma 557 della L. n. 296/2006 al comma 189 della L. n. 296/2006, che prevedeva che “a decorrere dall’anno 2006 (2009), l’ammontare complessivo dei fondi per il finanziamento della contrattazione integrativa delle amministrazioni dello Stato, delle agenzie, incluse le Agenzie fiscali di cui agli articoli 62, 63 e 64 del decretolegislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, degli enti pubblici non economici, inclusi gli enti di ricerca e quelli pubblici indicati all’articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e delle università, determinato ai sensi delle rispettive normative contrattuali, non può eccedere quello previsto per l’anno 2004 come certificato dagli organi di controllo di cui all’articolo 48, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e, ove previsto, all’articolo 39, comma 3-ter, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni” (ridotto del 10 per cento)[1]. Il comma 191, prescriveva che “l’ammontare complessivo dei fondi può essere incrementato degli importi fissi previsti dai contratti collettivi nazionali, che non risultino già confluiti nei fondi dell’anno 2004”, mentre il comma 194 stabiliva che “a decorrere dal 1° gennaio 2006, le amministrazioni pubbliche, ai fini del finanziamento della contrattazione integrativa, tengono conto dei processi di rideterminazione delle dotazioni organiche e degli effetti delle limitazioni in materia di assunzioni di personale a tempo indeterminato”. Le citate disposizioni, infatti, erano richiamate nel contesto delle misure di razionalizzazione e riduzione degli apparati burocratici, ma al solo scopo di rendere coerente la consistenza dei fondi per il finanziamento della contrattazione integrativa con l’obiettivo di riduzione della spesa complessiva di personale. Detti rimandi, da un lato, non sono stati riproposti nelle successive versioni che hanno riscritto il comma 557, dall’altro, non sarebbero applicabili alle ipotesi in cui, per i comuni che non dispongono di un ruolo di dirigenza, le risorse da destinare alla remunerazione delle posizioni organizzative sono da rinvenire nel bilancio dell’ente.

Conclusivamente, la utilizzabilità (di una quota) dei risparmi di spesa conseguenti alla cessazione di personale al fine di un reintegro degli stessi, ferme rimanendo le altre condizioni di virtuosità sopra dette, è una eccezione al principio suddetto e, come tale, va applicata restrittivamente per il solo turnover di personale con contratto a tempo indeterminato, con esclusione di ogni altra e diversa destinazione.

P.Q.M.

Nelle sopra esposte considerazioni è il parere della Corte dei Conti – Sezione regionale di controllo per la Basilicata, in relazione alla richiesta inoltrata dal Sindaco del Comune di Lavello con la nota in epigrafe citata.

DISPONE

Che copia della presente deliberazione sia trasmessa, a cura della segreteria della Sezione, all’Amministrazione richiedente ed al presidente del coordinamento delle Sezioni regionali di controllo della Sezione delle Autonomie della Corte dei conti.

Così deciso in Potenza, nella Camera di consiglio del 20 settembre 2012.

IL PRESIDENTE

F.to Dott. Ciro VALENTINO

I MAGISTRATI

F.to Dott. Rocco LOTITO

F.to Dott. Giuseppe TETI – relatore

Depositata in Segreteria il 20 settembre 2012

IL FUNZIONARIO

PREPOSTO AI SERVIZI DI SUPPORTO

F.to dott. Giovanni CAPPIELLO

[1] Tra parentesi sono segnalate le modifiche apportate dall’art. 67, comma 5, D.L. 25 giugno 2008, n. 112.