Enti locali: illegittimi i condoni a catena degli enti locali

NOTA

Il parere chiarisce – con richiamo alla giurisprudenza più recente della Corte di cassazione – che non sussiste il potere degli enti locali di deliberare la definizione agevolatadei tributi propri dell’ente, rimasti totalmente o parzialmente inevasi da parte degli obbligati, per periodi di imposta successiviall’entrata in vigore dellaL. 27 dicembre 2002, n. 289.

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CORTE DEI CONTI

SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER LA CAMPANIA

Parere n. 10 /2013

Composta dai seguenti magistrati:

Presidente di Sezione Dr. Vittorio Lomazzi

Consigliere Dr. Silvano Di Salvo

Consigliere Dr. Tommaso Viciglione

Referendario Dr.ssa Rossella Bocci

Referendario Dr.ssa Rossana De Corato

Referendario Dr.ssa Raffaella Miranda

Referendario Dr.ssa Carla Serbassi relatore

ha adottato la seguente deliberazione nella camera di consiglio del 17 gennaio 2013

Visto l’art.100, comma 2, della Costituzione;

Vista la legge costituzionale 18 ottobre 2001 n° 3;

Vista la legge 5 giugno 2003 n° 131, recante disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001 n° 3;

Visto il r.d. 12 luglio 1934, n° 1214 e le successive modificazioni ed integrazioni, recante l’approvazione del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti;

Vista la legge 14 gennaio 1994 n° 20, recante disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti;

Visto il regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, approvato dalle Sezioni riunite con deliberazione n° 14/DEL/2000 del 16 giugno 2000 e successive modificazioni;

Vista, in particolare, la deliberazione n° 229 del Consiglio di Presidenza della Corte dei conti, approvata in data 19 giugno 2008 ai sensi dell’art. 3, comma 62, della legge 24 dicembre 2007 n° 244;

Visto il parere reso dal Coordinamento delle Sezioni regionali di controllo con nota prot. n° 7469 in data 22 giugno 2009;

Vista la deliberazione n° 9/SEZAUT/2009/INPR della Sezione delle autonomie della Corte dei conti in data 4 giugno-3 luglio 2009;

Visto l’art. 17, comma 31, del decreto-legge 1° luglio 2009 n° 78, convertito nella legge 3 agosto 2009 n° 102;

Vista la deliberazione della Sezione regionale di controllo per la Campania n° 74/2009 del 30 settembre 2009;

Viste, altresì, la deliberazione n° 8/AUT/2008 del 12 maggio-4 luglio 2008, nonché la nota del Presidente della Corte dei conti n° 2789 del 28 settembre 2009;

Vista la nota prot. n° 24346 del 2 agosto 2012, con la quale il Sindaco del Comune di Nocera Inferiore (Sa) ha fatto pervenire a questa Sezione richiesta di parere;

Vista l’ordinanza presidenziale n° 1/2013 con la quale la questione è stata deferita all’esame collegiale della Sezione;

Udito il relatore, Referendario Carla Serbassi;

FATTO

Con la nota indicata in epigrafe il Sindaco del comune di Nocera Inferiore chiede a questa Corte un parere in merito alla possibilità di porre in essere la definizione agevolata dei tributi propri dell’ente, rimasti totalmente o parzialmente inevasi da parte degli obbligati, relativi ai periodi di imposta successivi all’entrata in vigore della l. 27 dicembre 2002, n. 289 ed antecedenti al 31 dicembre 2010.

In particolare l’ente dichiara che “…è intenzione di questa amministrazione rivedere in sede regolamentare la definizione agevolata dei tributi propri escludendo il pagamento delle sanzioni e degli interessi ed eventualmente riducendo in termini percentuali minimi l’ammontare dell’importo. Inoltre, per il contenzioso tributario in essere, l’amministrazione vorrebbe proporre una riduzione più sostanziosa dell’ammontare dell’imposta, graduando la percentuale secondo l’andamento e lo stato del giudizio in essere. Si chiede pertanto parere circa la possibilità di attivare il procedimento descritto, tenuto conto che i periodi di imposta sono successivi all’01/01/2003, data di entrata in vigore della legge 289/2002”.

DIRITTO

In rito, ricorda la Sezione che l’art. 7, comma 8, della legge n. 131/2003 prevede che gli Enti Locali possano chiedere pareri in materia di contabilità pubblica alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti “… di norma, tramite il Consiglio delle Autonomie Locali …”.

A questo proposito la Sezione richiama l’orientamento sin qui seguito da tutte le Sezioni, dal quale non vi è motivo per discostarsi, secondo cui la mancata costituzione di detto Organismo (pur previsto nello Statuto della regione Campania approvato con la legge regionale n 6 del 28 maggio 2009) non può fondare ragioni di preclusione dell’esercizio di una facoltà attribuita dalla legge agli Enti Locali ed alla stessa Regione.

Pertanto, nelle more della costituzione, nella regione Campania, del predetto Consiglio delle Autonomie Locali, la richiesta di parere deve considerarsi ammissibile, sotto il profilo soggettivo, se ed in quanto formulata – come nel caso di specie – dal Sindaco, quale organo di vertice dell’Amministrazione comunale, legittimato ad esprimere la volontà dell’ente, essendo esso munito di rappresentanza legale esterna ai sensi dell’art. 50 del D.L.vo n. 267/2000.

Per quanto riguarda l’ammissibilità sotto il profilo oggettivo, va precisato che la richiesta di parere deve attenere alla materia della contabilità pubblica (da intendersi come la disciplina dei bilanci e dei relativi equilibri, l’acquisizione delle entrate, l’organizzazione finanziaria contabile, la gestione delle spese, l’indebitamento e la rendicontazione). Essa, inoltre, deve avere i caratteri della generalità e astrattezza ed essere volta all’interpretazione della normativa.

Deve altresì ribadirsi che, in armonia con l’orientamento espresso in sede di coordinamento dalla Sezione delle Autonomie con delibera n. 5/AUT/2006 del 17 febbraio 2006, la funzione consultiva non può che limitarsi all’analisi della disciplina normativa astrattamente applicabile al caso prospettato, in quanto l’eventuale riferimento a singoli atti gestionali finirebbe col tradursi, di fatto, in una indebita ingerenza della Corte in funzioni di amministrazione attiva del comune. Tale coinvolgimento nei processi decisionali dell’Ente contrasterebbe con le altre funzioni proprie della Corte, contraddistinte da assoluta indipendenza e terzietà.

Nei limiti anzidetti, si ritiene che possa darsi ingresso alle valutazioni nel merito del quesito posto dal comune di Nocera Inferiore, venendo in discussione provvedimenti che attengono alle entrate comunali, capaci di incidere sul bilancio dell’ente e sui suoi equilibri.

Nel merito si svolgono le considerazioni che seguono.

Il quesito verte sull’interpretazione dell’articolo 13 della l. 27/12/2002 n. 289, (legge finanziaria per l’anno 2003), che prevede, relativamente agli enti territoriali, quanto segue: “Con riferimento ai tributi propri, le Regioni, le Province ed i Comuni possono stabilire, con le forme previste dalla legislazione vigente per l’adozione dei propri atti destinati a disciplinare i tributi stessi, la riduzione dell’ammontare delle imposte e tasse loro dovute, nonché l’esclusione o la riduzione dei relativi interessi e sanzioni, per le ipotesi in cui, entro un termine appositamente fissato da ciascun Ente, non inferiore a sessanta giorni dalla data di pubblicazione dell’atto, i contribuenti adempiano ad obblighi tributari precedentemente in tutto od in parte non adempiuti. Le medesime agevolazioni di cui al comma 1° possono essere previste anche per i casi in cui siano già in corso procedure di accertamento o procedimenti contenziosi in sede giurisdizionale…”.

Il Collegio richiama l’orientamento espresso dalle Sezioni riunite per la regione siciliana, (deliberazioni n. 6/2007 e n. 28/2008) e dalla Sezione regionale di controllo per la Puglia (deliberazione n. 4/2010) ed intende ad esso conformarsi, condividendo l’avviso che la norma su citata “….deve essere oggetto di stretta interpretazione, considerato che l’istituzione di meccanismi di definizione agevolata relativamente ad obblighi tributari rimasti totalmente o parzialmente inadempiuti da parte dei contribuenti ha indubbiamente natura di evento eccezionale nell’ambito dell’ordinamento giuridico che non consente alcuna interpretazione estensiva”, potendo essere utilizzata con riferimento esclusivamente a periodi di imposta antecedenti al 1° gennaio 2003 (data di entrata in vigore della l. n. 289/2002), non essendo consentito introdurre una fattispecie di condono riferito ad un arco temporale indefinito.

Appare utile, in tal senso segnalare, che le Sezioni riunite per la regione siciliana specificano anche che l’ente locale, sempre nell’ambito di tale limite temporale invalicabile, ove si sia già avvalso della facoltà di disciplinare la definizione agevolata di tributi propri in relazione ad alcuni specifici periodi d’imposta, può disporre, con le modalità prescritte dalla legge, che tale procedura sia estesa ad altri pregressi periodi; ciò in quanto, in base ad un’analisi letterale, teleologica e sistematica dell’art. 13 della L. 27.12.2002, n. 289, non risulta prescritto che la facoltà attribuita all’ente locale interessato debba essere esercitata necessariamente “una tantum”, ferma restando, comunque, la sua applicabilità soltanto con riferimento a periodi d’imposta anteriori all’anno 2003.

Né, d’altra parte, le disposizioni in oggetto sembrano poter essere suscettibili di diversa interpretazione, tenuto conto che la legge n. 289/2002, recante una serie di condoni fiscali di natura erariale, per i quali il termine perentorio di presentazione delle domande era improrogabilmente fissato al 1 giugno 2004, solo per i tributi locali non aveva previsto il termine ultimo di presentazione delle domande di condono, lasciando agli enti territoriali la possibilità di stabilirne di diversi, successivi al 1 giugno 2004, ma sempre riferiti ad obblighi tributari “precedentemente in tutto o in parte non adempiuti”, cioè riferiti al periodo chiusosi al 31 dicembre 2002, in quanto la legge 289/2002 entrava in vigore il 1 gennaio 2003.

Ad avviso della Sezione è chiaro il preciso riferimento normativo, da intendersi nel senso che l’avverbio “precedentemente” deve essere logicamente riferito ai periodi di imposta oggetto della definizione agevolata tramite condono, e non alla data di pubblicazione dell’atto comunale di disciplina dei tributi, in quanto l’indicazione “del termine appositamente fissato da ciascun ente” è idoneo solo a precisare che la scadenza per la presentazione delle domande di condono non doveva essere assolutamente inferiore ai sessanta giorni dalla data della sua pubblicazione.

Ogni altra interpretazione avrebbe, in definitiva, consentito un condono senza termini, aperto anche ad annualità successive, costituzionalmente illegittimo.

I principi sopra espressi sono stati, da ultimo, confermati dalla Corte suprema di Cassazione – Sezione tributaria civile – con le sentenze nn. 12675, 12677, 12678, 12679 e 12688, tutte dell’anno 2012.

In particolare, la sentenza n. 12679 del 30 maggio 2012 – relativa alla legittimità di una delibera consiliare in tema d’imposta sulla pubblicità, con la quale era stato approvato il Regolamento per la definizione agevolata delle liti pendenti relative ai tributi comunali aboliti – ha chiarito che “… la possibilità per il contribuente di conseguire la sospensione del giudizio in corso… è ancorata, dall’art. 13 della L. 289/2002, alla concomitante presenza di due specifici presupposti: a) che si tratti di obblighi tributari precedenti l’entrata in vigore della legge in questione; b) che alla data di entrata in vigore della predetta legge, la procedura di accertamento o i procedimenti contenziosi in sede giurisdizionale fossero già stati instaurati. … Se ne deve necessariamente inferire l’illegittimità del condono poiché adottato in violazione dell’art. 13 della l. 289/2002, che delimitava temporalmente – mediante il visto riferimento agli obblighi non adempiuti dal contribuente prima dell’entrata in vigore di detta legge – il potere dei Comuni di stabilire condoni sui tributi propri, potere non esercitabile, dunque, sine die dall’amministrazione comunale.”

I giudici di legittimità continuano considerando che: “….Non può revocarsi in dubbio, infatti, che le potestà concesse dalla legge alle amministrazioni locali in materia di tributi – siano esse relative all’imposizione fiscale, o piuttosto, come nella specie, all’esenzione o alla riduzione del carico tributario gravante sui contribuenti – non possono che essere esercitate nei limiti, anche temporali, imposti dalla norma primaria alle amministrazioni medesime. Le esigenze di omogeneità di funzionamento dell’intero sistema tributario, evidenziato dal disposto degli articoli3 (uguaglianza di trattamento dei debitori tributari diversi da quelli locali), 23 (riserva di legge in materia di prestazioni obbligatorie) e 119, comma 2 Cost. (coordinamento della finanza pubblica locale con quella nazionale) comportano, invero, la necessità che il legislatore nazionale intervenga a fissare le grandi linee di detto sistema, definendo gli spazi ed i limiti entro i quali possono essere esercitate le potestà attribuite, in materia fiscale, anche agli enti locali territoriali (cfr. C. Cost. 37/2004)”.

Con riferimento ai principi costituzionali sopra evidenziati, i giudici specificano che “….l’esercizio di un potere in materia tributaria, da parte dell’ente locale, una volta che sia spirato il termine, previsto dalla legge statale autorizzativa, entro il quale tale potestà poteva essere esercitata, comporta la carenza del potere medesimo e la conseguente disapplicazione, da parte del giudice ordinario, dell’atto assunto in violazione della norma attributiva della potestà esercitata nonostante il decorso del termine suindicato (Cass. S.U. 2097/75).

Nel caso concreto, poiché l’art. 13 della l. 289/2002 concedeva all’amministrazione comunale la potestà di adottare il solo, specifico, condono ivi previsto, temporalmente delimitato attraverso i riferimenti suesposti, l’adozione di un ulteriore condono a distanza di ben sette anni dalla normativa primaria succitata, determina l’illegittimità del condono medesimo per carenza di potere, che va dichiarata da questa Corte, anche ai sensi dell’art. 363 c.p.c..

In tutte le pronunce citate è stato, dunque, riaffermato che l’art. 13 cit. attribuiva agli enti locali una “potestà oggettivamente limitata” all’attuazione dello specifico condono ivi previsto, rendendo quindi illegittimi i condoni “a catena” dei comuni.

Nelle suesposte considerazioni è il parere della Sezione.

Copia della presente deliberazione sarà trasmessa, per il tramite del Direttore del Servizio di supporto, all’Amministrazione interessata.

Così deliberato in Napoli, nella camera di consiglio del 17 gennaio 2013

IL RELATORE IL PRESIDENTE

f.to Ref. Carla Serbassi f.to Pres. Sez. Vittorio Lomazzi

Depositato in Segreteria in data 17 gennaio 2013

Il Direttore del servizio di supporto

f.to dott. Mauro Grimaldi