Finanza pubblica: sui vincoli assunzionali applicabili agli enti locali di piccole dimensioni

NOTA

Il parere in rassegna sui limiti assunzionali applicabili agli enti locali minori, assoggettati al patto di stabilità a partire dal 1° gennaio 2013.

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Corte dei Conti

SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER LA CAMPANIA

Parere n. 281/2013

Composta dai seguenti magistrati:

Presidente Dr. Ciro Valentino

Consigliere Dr. Silvano Di Salvo

Consigliere Dr. Tommaso Viciglione

Referendario D.ssa Rossella Bocci

Referendario D.ssa Innocenza Zaffina Relatore

Referendario D.ssa Raffaella Miranda

Referendario D.ssa Carla Serbassi

ha adottato la seguente deliberazione nella camera di consiglio del 19 dicembre 2013

Visto l’art.100, comma 2, della Costituzione;

Vista la legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3;

Vista la legge 5 giugno 2003 n. 131, recante disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3;

Visto il r.d. 12 luglio 1934, n. 1214 e le successive modificazioni ed integrazioni, recante l’approvazione del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti;

Vista la legge 14 gennaio 1994 n. 20, recante disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti;

Visto il regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, approvato dalle Sezioni riunite con deliberazione n. 14 del 16 giugno 2000 e successive modificazioni;

Vista la deliberazione n. 229 del Consiglio di Presidenza della Corte dei conti, approvata in data 19 giugno 2008 ai sensi dell’art. 3, comma 62, della legge 24 dicembre 2007 n. 244;

Visto il parere reso dal Coordinamento delle Sezioni regionali di controllo con nota prot. n. 7469 in data 22 giugno 2009;

Vista la deliberazione n. 9 della Sezione delle autonomie della Corte dei conti in data 4 giugno-3 luglio 2009;

Visto l’art. 17, comma 31, del decreto legge 1° luglio 2009 n. 78, convertito dalla legge 3 agosto 2009 n. 102;

Vista la deliberazione della Sezione regionale di controllo per la Campania n. 74/2009 del 30 settembre 2009;

Viste, altresì, la deliberazione n. 8/AUT/2008 del 12 maggio-4 luglio 2008, nonché la nota del Presidente della Corte dei conti n. 2789 del 28 settembre 2009;

Vista la deliberazione delle Sezioni riunite in sede di controllo della Corte dei conti n. 54 del 17 novembre 2010;

Vista la deliberazione n. 1/2013/INPR del 17 gennaio 2013, con la quale la Sezione regionale di controllo per la Campania ha approvato il “Programma dell’attività di controllo della Sezione regionale di controllo per la Campania per l’anno 2013”;

Visto il decreto presidenziale n. 4 del 23 maggio 2013 in ordine alle modalità di attribuzione delle richieste di parere ai magistrati istruttori;

Vista la nota prot 3595 del 24 settembre 2013, a firma del Sindaco del Comune di Petina, acquisita al protocollo n. 3527 della Sezione regionale di controllo della Corte dei conti in data 25 settembre 2013, con la quale viene richiesto il parere di questa Sezione ai sensi dell’art. 7, comma 8, della legge 5 giugno 2003 n° 131;

Vista la nota del 15 novembre 2013 con la quale è stata assegnata, d’ordine del Presidente, la richiesta di parere al relatore;

Vista l’ordinanza presidenziale n°39/2013 con la quale la questione è stata deferita all’esame collegiale della Sezione;

Udito il relatore, d.ssa Innocenza Zaffina,

FATTO

Con la nota indicata in epigrafe, il Sindaco del Comune di Petina (Sa) ha sollecitato un parere in ordine alla seguente questione: “il Comune di Petina ha una popolazione di circa 1300 abitanti. A far data dal 1 gennaio 2013 l’Ente è sottoposto al Patto di Stabilità 2013. Considerato che l’Ente rispetta tutte le condizioni prescritte per l’eventuale assunzione di una unità di personale a tempo indeterminato, in quanto assicura il rapporto spesa di personale/spese correnti inferiore al 50%; assicura la riduzione progressiva della spesa di personale ex art. 1 comma 557 legge 296/06 e ss.mm.ii., ma non può rispettare il limite del 40% della spesa corrispondente alle cessazioni di personale dell’anno precedente. Ciò in quanto l’ente è in una situazione di carenza di organico (6 unità di personale in luogo delle 14 iniziali) e le ultime cessazioni risalgono al 2009. Da quel momento l’ente non ha mai assunto alcuna unità di personale. Alla luce di quanto sopra esposto, si chiede alla SV se sia possibile calcolare il 40% delle cessazioni intervenute nell’anno precedente con riferimento alle annualità precedenti a cui risalgono le ultime cessazioni e non solo con riferimento in senso stretto all’anno precedente infine si rappresenta che la figura di agente di Polizia municipale è necessaria per l’Ente alla luce dell’importanza di tale funzione fondamentale e della circostanza che nell’Ente non è presente alcuna figura in tale senso”.

DIRITTO

In via preliminare, va accertata l’ammissibilità della richiesta di parere alla luce dell’art. 7, comma 8, della legge n. 131/2003 che prevede che gli Enti Locali possano chiedere pareri in materia di contabilità pubblica alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti “di norma, tramite il Consiglio delle Autonomie Locali”. A tale riguardo, ritiene la Sezione di non doversi discostare dall’orientamento sinora seguito da tutte le Sezioni regionali di controllo, secondo cui la mancata costituzione di detto Organismo (pure previsto nello Statuto della Regione Campania approvato con la legge regionale n. 6 del 28 maggio 2009) non può essere ostativa all’esercizio di una facoltà attribuita dalla legge agli Enti Locali e alla stessa Regione.

Pertanto, nelle more della costituzione del Consiglio delle Autonomie Locali, la richiesta di parere deve considerarsi ammissibile, sotto il profilo soggettivo, se e in quanto formulata, come nel caso in esame, dal Sindaco del Comune, quale organo di vertice dell’amministrazione comunale, legittimato ad esprimere la volontà dell’Ente, essendo munito di rappresentanza legale esterna ai sensi dell’art. 50 del decreto legislativo n. 267/2000.

In relazione all’ammissibilità dei quesiti, sotto il profilo oggettivo, si rende necessario vagliare la ricorrenza delle condizioni e dei requisiti previsti dalla vigente normativa ed elaborati dalla giurisprudenza delle Sezioni riunite in sede di controllo, della Sezione delle Autonomie, nonché delle Sezioni regionali di controllo. La sussistenza delle condizioni oggettive di ammissibilità va, innanzitutto, scrutinata mediante la verifica dell’attinenza del parere richiesto con la materia della contabilità pubblica (in base al citato art. 7, comma 8, della Legge 131/2003) e del carattere generale e astratto della questione sottostante il quesito.

Secondo l’indirizzo espresso dalla deliberazione delle Sezioni riunite in sede di controllo n. 54/CONTR/10 del 17 novembre 2010, resa ai sensi dell’art.17, comma 31, del d.l. 1 luglio 2009, n. 78, convertito dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, la nozione di contabilità pubblica, strumentale alla funzione consultiva, deve assumere un ambito limitato alle normative e ai relativi atti applicativi che disciplinano in generale l’attività finanziaria che precede o che segue i distinti interventi di settore, ricomprendendo in particolare la disciplina dei bilanci ed i relativi equilibri, l’acquisizione delle entrate, l’organizzazione finanziaria-contabile, la disciplina del patrimonio, la gestione della spesa, l’indebitamento, la rendicontazione ed i relativi controlli.

Sempre sotto il profilo oggettivo, è stato chiarito dalla Corte dei conti che “la materia della contabilità pubblica (…) non potrebbe investire qualsiasi attività degli enti che abbia comunque riflessi di natura finanziaria-patrimoniale”, in quanto “ciò non solo rischierebbe di vanificare lo stesso limite imposto dal legislatore, ma comporterebbe l’estensione dell’attività consultiva delle Sezioni regionali a tutti i vari ambiti dell’azione amministrativa con l’ulteriore conseguenza che le Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti diventerebbero organi di consulenza generale delle autonomie locali. In tal modo, la Corte verrebbe, in varia misura, inserita nei processi decisionali degli enti, condizionando quell’attività amministrativa su cui è chiamata ad esercitare il controllo che, per definizione, deve essere esterno e neutrale” (Sezione delle Autonomie, deliberazione n. 5/2006 del 17.02.2006).

Inoltre, si rende necessario verificare se il richiesto parere non implichi la valutazione di una vicenda amministrativo-gestionale specifica e concreta già perfezionatasi o “in itinere” e se le questioni poste dall’Ente istante siano oggetto di indagini della procura regionale o di giudizio innanzi alla sezione giurisdizionale regionale della Corte dei conti, ovvero oggetto di contenzioso penale, civile o amministrativo.

Alla stregua dei sopra richiamati principi, la Sezione ritiene che vada esclusa, in questa sede, qualsiasi valutazione circa la specifica e concreta questione posta dal Sindaco, in merito alla possibilità di assumere o meno una unità di personale; ciò in quanto la funzione consultiva non può interferire, ancorché potenzialmente, con le altre funzioni intestate alla Corte dei conti e “non può avere ad oggetto fattispecie specifiche, né può estendersi sino ad impingere, in tutto o in parte, nell’ambito della discrezionalità, nonché nelle specifiche attribuzioni e delle responsabilità, degli Enti interpellanti e dei loro organi” (Sezione regionale di controllo per la Campania, deliberazione del 17 gennaio 2013, n. 2/2013; deliberazione del 14 febbraio 2013, n. 22/2013). Inoltre, una qualsivoglia valutazione sulla concreta vicenda gestionale rappresentata dall’Ente potrebbe potenzialmente interferire con le specifiche verifiche effettuate nell’ambito delle funzioni di controllo intestate a questa Sezione e, segnatamente, di quelle previste ai sensi degli art. 148 e ss. del decreto legislativo n. 267/2000.

L’attività consultiva di questa Sezione va, pertanto, limitata all’interpretazione della normativa in materia di vincoli nelle assunzioni di personale a tempo indeterminato applicabili agli enti locali soggetti al Patto di stabilità. Tale normativa, il cui obiettivo è, indirettamente, quello della riduzione della spesa del personale degli enti locali e la cui applicazione ha un diretto riflesso sulla formazione e gestione dei bilanci pubblici, può infatti ricondursi alla materia della contabilità pubblica, come delineata dalla giurisprudenza della Corte dei conti. Solo entro i predetti limiti e in disparte qualsivoglia valutazione sull’attività gestionale dell’Ente, la richiesta di parere può essere esaminata

Nel Merito

In via preliminare, si evidenzia che la Sezione delle Autonomie con deliberazione n. 6 dell’11 maggio 2012 (da considerarsi qui integralmente richiamata) ha enunciato taluni principi in relazione alla questione relativa all’applicabilità dei vincoli assunzionali “nei riguardi di tutti i comuni con popolazione superiore a 1.000 abitanti” che a decorrere dal 1° gennaio 2013 saranno soggetti al Patto di stabilità interno (cfr. art. 16, comma 31, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito in legge 14 gennaio 2011, n. 148). In particolare, la Sezione delle Autonomie ha precisato: “I Comuni con popolazione compresa tra 1.001 e 5.000 abitanti, che dall’anno 2013 saranno chiamati ad osservare, in virtù dell’art. 16, comma 31, del D.L. n. 138/2011, le regole del Patto di stabilità interno, sono suscettibili di incorrere nel divieto di assunzioni previsto dal comma 4 dell’art. 76 del D.L. n. 112/2008 soltanto a decorrere dall’anno 2014, in quanto la valenza chiaramente sanzionatoria del divieto, ricollegabile alla inosservanza dei vincoli stabiliti col Patto di stabilità, restringe l’ambito soggettivo di operatività della disposizione ai soli enti connotati dalla esistenza di un pregresso vincolo obbligatorio, in forza del quale, gli stessi, possono essere chiamati a rispondere dell’inadempimento ad essi imputabile”. “L’assenza di specifiche disposizioni di diritto intertemporale in ordine all’applicazione dei nuovi vincoli alla spesa di personale, quali derivano dall’estensione della disciplina del Patto di stabilità interno ai Comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, non consente di legittimare interpretazioni additive o derogatorie dell’art. 76, comma 7, del D.L. n 112/2008 e successive modificazioni, sussistendo margini organizzativi idonei a colmare eventuali deficit di competenze tecniche o amministrative, legati all’inadeguatezza degli organici o alla insufficienza di risorse economiche dei Comuni di più ridotte dimensioni, che avrebbero potuto pregiudicare il compiuto assolvimento dei servizi e delle funzioni fondamentali che la Costituzione demanda agli enti locali”.

Ciò posto, va, in questa sede ribadito che il principale riferimento normativo in materia di vincoli assunzionali applicabili agli enti locali soggetti al Patto di stabilità è contenuto nell’articolo 76, comma 7, del d.l. 112/2008 di cui si riporta di seguito il contenuto ora vigente. “E’ fatto divieto agli enti nei quali l’incidenza delle spese di personale è pari o superiore al 50 per cento delle spese correnti di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale; i restanti enti possono procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite del 40 per cento della spesa corrispondente alle cessazioni dell’anno precedente. Ai soli fini del calcolo delle facoltà assunzionali, l’onere per le assunzioni del personale destinato allo svolgimento delle funzioni in materia di polizia locale, di istruzione pubblica e del settore sociale è calcolato nella misura ridotta del 50 per cento; le predette assunzioni continuano a rilevare per intero ai fini del calcolo delle spese di personale previsto dal primo periodo del presente comma. Ai fini del computo della percentuale di cui al primo periodo si calcolano le spese sostenute anche dalle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo che sono titolari di affidamento diretto di servizi pubblici locali senza gara, ovvero che svolgono funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale, ne’ commerciale, ovvero che svolgono attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica. Ferma restando l’immediata applicazione della disposizione di cui al precedente periodo, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze e dell’interno, d’intesa con la Conferenza unificata, possono essere ridefiniti i criteri di calcolo della spesa di personale per le predette società. La disposizione di cui al terzo periodo non si applica alle società quotate su mercati regolamentari. Per gli enti nei quali l’incidenza delle spese di personale è pari o inferiore al 35 per cento delle spese correnti sono ammesse, in deroga al limite del 40 per cento e comunque nel rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno e dei limiti di contenimento complessivi delle spese di personale, le assunzioni per turn-over che consentano l’esercizio delle funzioni fondamentali previste dall’articolo 21, comma 3, lettera b), della legge 5 maggio 2009, n. 42; in tal caso le disposizioni di cui al secondo periodo trovano applicazione solo in riferimento alle assunzioni del personale destinato allo svolgimento delle funzioni in materia di istruzione pubblica e del settore sociale”.

La norma in esame ha subito molteplici modifiche nel corso del tempo. Per quanto qui rileva, l’art. 14, comma 19, del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, introducendo il limite percentuale (che era allora del 20%) della “spesa corrispondente alle cessazioni dell’anno precedente”, prevedeva che “la disposizione del presente comma si applica a decorrere dal 1° gennaio 2011, con riferimento alle cessazioni verificatesi nell’anno 2010”. Il limite percentuale in esame è stato, da ultimo, elevato al 40 per cento della spesa corrispondente alle cessazioni dell’anno precedente (art. 76, comma 7, d.l. n 112/2008, come novellato dall’art. 4-ter, comma 10, del D.L. 2 marzo 2012, n. 16, norma inserita in sede di conversione con legge 26 aprile 2012, n. 44).

Tutto ciò premesso, il quesito del Comune è principalmente volto ad ottenere chiarimenti circa il significato da attribuire alla disposizione di cui all’articolo 76, comma 7, laddove viene previsto, che gli enti in cui l’incidenza delle spese di personale si è mantenuta al di sotto del 50 per cento delle spese correnti “possono procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite del 40 per cento della spesa corrispondente alle cessazioni dell’anno precedente”. In proposito, si evidenzia che incertezze interpretative hanno in passato interessato la disposizione contenuta nell’art. 1, comma 562, della legge 27 dicembre 2006 n. 296 che pone limiti assunzionali negli Enti non soggetti al patto di stabilità (“(…)Gli enti di cui al primo periodo possono procedere all’assunzione di personale nel limite delle cessazioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato complessivamente intervenute nel precedente anno, ivi compreso il personale di cui al comma 558.”). A dirimere i contrasti ermeneutici sulla norma è intervenuta la deliberazione n. 52/CONTR/2010 dell’11 novembre 2010 delle Sezioni riunite della Corte dei conti, nella quale si è ritenuto che la predetta disposizione dovesse essere così interpretata: “il significato da attribuire all’espressione “precedente anno” contenuta nell’art. 1, comma 562, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria per il 2007), come modificato dall’art. 3, comma 121, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (finanziaria per il 2008) possa riferirsi a cessazioni intervenute successivamente all’entrata in vigore della norma, anche in precedenti esercizi, rifluenti nell’anno precedente a quello nel quale si intende effettuare l’assunzione”. Pertanto, il cit. comma 562 è da interpretarsi nel senso di consentire agli enti non soggetti al patto di stabilità interno di effettuare le assunzioni di personale a tempo indeterminato, in sostituzione di quello cessato non solo nell’anno immediatamente precedente a quello delle assunzioni, ma anche in quelli anteriori a partire dal primo anno di efficacia (2007) della legge 296/2006.

Pur in assenza di una specifica pronuncia delle Sezioni riunite in sede di controllo sull’interpretazione da attribuire all’art. 76, comma 7, primo periodo, seconda parte del d.l. 112/2008, altre Sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti hanno ritenuto di individuare “una identità di ratio con il comma 562 dell’articolo 1, della legge 296/2006” (v. Sezione regionale di controllo per la Puglia, deliberazione n. 80/2011/PAR; Sezione regionale per la Lombardia, deliberazione n. 167/PAR/2011, deliberazione n. 18/2013/PAR; Sezione regionale di controllo per la Calabria, deliberazione n. 22 del 12 aprile 2012; Sezione regionale di controllo per il Veneto, deliberazioni n. 403 del 21 giugno 2012 e n. 488 del 24 luglio 2012). Tale orientamento interpretativo individua la finalità della norma in esame (art. 76, comma 7, del d.l. 112/2008) nell’introduzione di un vincolo alle assunzioni che, indirettamente, ha effetti anche sul contenimento o sulla riduzione della spesa per il personale.

Pertanto, ritenendo identica la “ratio” tra le norme che regolano il “turn over”, rispettivamente, negli enti non soggetti e negli enti soggetti al patto di stabilità, è stata sostenuta un’interpretazione analoga del riferimento temporale in esse contenuto, per cui “valorizzando la nozione di anno precedente riferita agli enti non sottoposti al patto di stabilità definita dalle Sezioni riunite in sede di controllo nella deliberazione n. 52/CONTR/10 (…) si ritiene che si possano riportare nell’anno successivo eventuali margini di spesa originati da cessazione di personale, non utilizzati nell’anno precedente” (cit. Sezione regionale di controllo per la Lombardia, deliberazione n. 167/2011/PAR).

Va, nondimeno, precisato che la norma in commento, entrata in vigore nel 2010, con riferimento alla possibilità di assunzione nell’anno 2011 è stata interpretata nei sopra richiamati pareri nel senso che “i vincoli alla spesa del personale devono essere considerati con esclusivo riguardo al 2010, mentre con riguardo agli anni successivi al 2011 (…) si ritiene che si possano riportare nell’anno successivo eventuali margini di spesa originati da cessazione di personale, non utilizzati nell’anno precedente” (tra le altre, Sezione regionale di controllo per la Puglia, deliberazione n. 2 del 16 gennaio 2012).

A prescindere dalla fondatezza di tale orientamento interpretativo, è evidente che esso non si attaglierebbe comunque alle ipotesi di assunzioni a fronte di cessazioni di personale intervenute precedentemente all’entrata in vigore della disposizione in commento (2010).

Va, inoltre, rilevato che l’unica deroga al limite del 40 per cento è espressamente prevista nel penultimo periodo del cit. articolo 76, comma 7, del d.l. 112/2008: “Per gli enti nei quali l’incidenza delle spese di personale è pari o inferiore al 35 per cento delle spese correnti sono ammesse, in deroga al limite del 40 per cento e comunque nel rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno e dei limiti di contenimento complessivi delle spese di personale, le assunzioni per turn-over che consentano l’esercizio delle funzioni fondamentali previste dall’articolo 21, comma 3, lettera b), della legge 5 maggio 2009, n. 42; in tal caso le disposizioni di cui al secondo periodo trovano applicazione solo in riferimento alle assunzioni del personale destinato allo svolgimento delle funzioni in materia di istruzione pubblica e del settore sociale”.

Il d.l. 31 agosto 2013, n. 102, convertito con modificazioni dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124, ha, altresì, disposto (con l’art. 9, comma 7) che “Per gli enti locali in sperimentazione di cui all’articolo 36 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, per l’anno 2014, il limite del 40 per cento di cui all’articolo 76, comma 7, primo periodo, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, è incrementato al 50 per cento”.

La facoltà assunzionale degli enti locali sottoposti al Patto, ivi compresi quelli di piccole dimensione, è subordinata, oltre che al rispetto del limite su cui si è concentrata la richiesta di parere, al pieno adempimento di tutti gli ulteriori vincoli imposti dalla normativa vigente in materia di personale che andrà assicurata, non soltanto nell’esercizio in cui si provvede all’assunzione anche in quelli successivi all’assunzione medesima. Ci si riferisce, tra gli altri, a quello dell’obbligo di riduzione progressiva della spesa del personale imposto dall’art. 1, comma 557, della legge n. 296/2006, così come, da ultimo, modificato dall’art. 14 (cfr. cit. Sezione regionale di controllo per la Calabria, deliberazione n. 22/2012 del 12 aprile 2012; Sezione regionale di controllo per la Lombardia, deliberazione 18/2013/PAR del 17 gennaio 2013).

Va, inoltre, evidenziato che, in ogni caso, prima ancora di programmare una nuova assunzione, andrebbe valutata dagli enti locali la praticabilità del ricorso alla mobilità, in ragione della previsione di cui all’art. 1, comma 47, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 secondo cui “in vigenza di disposizioni che stabiliscono un regime di assunzioni di personale a tempo indeterminato, sono consentiti trasferimenti per mobilità anche intercompartimentale, tra amministrazioni sottoposte al regime di limitazione, nel rispetto sulle dotazioni organiche e, per gli enti locali, purché abbiano rispettato il patto di stabilità interno per l’anno precedente”. In proposito, si sono, tra l’altro, espresse le Sezioni riunite in sede di controllo della Corte dei conti, con deliberazione n. 59 in data 6 dicembre 2010, affermando che per gli enti sottoposti a vincoli assunzionali, “la mobilità” si configura “come un’ulteriore e prodromica possibilità di reclutamento in deroga ai limiti normativamente previsti”. Anche l’istituto della mobilità soggiace a rigorosi limiti, sempre chiariti dalle Sezioni riunite: “Al fine di garantire la necessaria neutralità finanziaria delle operazioni di trasferimento il Dipartimento della funzione pubblica con la circolare n. 4 del 2008 e, in seguito, con alcuni specifici pareri, (confronta da ultimo quello reso alla Croce rossa italiana n. 13731 del 19 marzo 2010) ha chiarito che, poiché l’ente che riceve personale in esito alle procedure di mobilità non imputa tali nuovi ingressi alla quota di assunzioni normativamente prevista, per un ovvio principio di parallelismo e al fine di evitare a livello complessivo una crescita dei dipenderti superiore ai limiti di legge, l’ente che cede non può considerare la cessazione per mobilità come equiparata a quelle fisiologicamente derivanti da collocamenti a riposo. Espletate le procedure di mobilità l’ente ricevente resta, infatti, libero di effettuare un numero di assunzioni compatibile con il regime vincolistico e con le vacanze residue di organico. In tale ricostruzione consentire all’ente cedente di procedere a propria volta alla sostituzione del personale trasferito significherebbe, in definitiva, autorizzare l’ingresso dall’esterno, nel complessivo insieme di tutte le amministrazioni sottoposte a limiti assunzionali, di un numero di dipendenti maggiore di quello complessivamente consentito”. E ancora: “La mobilità si configura, dunque, come strumento per una più razionale distribuzione del personale tra le diverse amministrazioni preliminare alla decisione di bandire procedure concorsuali in ossequio al principio che, prima di procedere alla immissione, nei limiti consentiti dall’ordinamento, di nuovo personale, appare opportuno sperimentare iniziative volte ad una migliore e più razionale collocazione dei dipendenti già in servizio presso amministrazioni diverse. La normativa e le procedure sopracitate riguardano, peraltro, l’ipotesi di mobilità intercorrente tra amministrazioni entrambe sottoposte ad un regime vincolistico delle assunzioni. Diverso il caso in cui un ente sottoposto a limitazioni dia l’assenso al trasferimento di un proprio dipendente presso amministrazioni non soggette vincoli assunzionali. In tal caso per l’ente ricevente la mobilità in entrata si configura a tutti gli effetti come ingresso di una nuova unità di personale, risultato che potrebbe essere alternativamente ottenuto attraverso il ricorso alle normali procedure di reclutamento, non ponendosi il problema dell’imputazione del trasferimento ad un non previsto contingente di nuove assunzioni. In tale ipotesi non osterebbe alla neutralità finanziaria dell’operazione considerare la cessione per mobilità come utile ai fini del calcolo delle nuove assunzioni consentite all’ente di provenienza del dipendente”.

L’interpretazione sopra richiamata presuppone che la ratio della norma in esame, prevista nel comma 7 dell’art. 76 del d.l. 112/2008, vada rinvenuta nel contenimento della spesa derivante da nuove assunzioni di personale nel settore pubblico, complessivamente considerato.

Pertanto, in virtù del principio di cd. neutralità finanziaria, la mobilità in entrata non è equiparata a una assunzione, e non soggiace ai vincoli assunzionali di cui alla norma sopra citata, qualora siano rispettate tutte le seguenti condizioni:

1. perchè possano essere considerate neutrali, e quindi non assimilabili ad assunzioni o cessazioni, le operazioni di mobilità in entrata e in uscita devono intervenire tra amministrazioni sottoposte a un regime vincolistico delle assunzioni e a vincoli di spesa e in regola con le prescrizioni del patto di stabilità e con gli obiettivi di riduzione della spesa (segnatamente, quelli previsti nell’art. 1, comma 557, della legge n. 296/2006) e delle disposizioni sulle dotazioni organiche;

2. il divieto di assunzioni, posto a carico di enti che non hanno rispettato il patto di stabilità o il limite dell’incidenza della spesa del personale sul totale delle spese correnti ovvero la prescrizione di riduzione della spesa del personale, vale anche per le operazioni di mobilità in entrata (v. tra le altre, Sezione regionale di controllo per la Lombardia, deliberazione n. 149 del 28 marzo 2011, Sezione regionale di controllo per il Molise deliberazione n. 75 del 24 maggio 2011).

Conclusivamente, stante il principio di neutralità finanziaria, le procedure di mobilità in entrata non sono equiparate ad assunzioni e non soggiaciono al vincolo assunzionale parametrato al 40 per cento della spesa corrispondente alla cessazione dell’anno precedente, purché siano rispettati dall’ente cedente e da quello ricevente il patto di stabilità nonché tutti gli altri vincoli e limiti previsti dalla normativa in materia di spesa e assunzioni di personale. Va, in proposito, precisato che gli oneri sostenuti dall’ente “ricevente” per le risorse umane acquisite mediante mobilità in entrata vanno integralmente computati nella spesa per il personale, con tutte le conseguenze che la normativa in materia correla a tale spesa.

In considerazione della necessità di assicurare lo svolgimento delle funzioni fondamentali, il legislatore ha, poi, previsto una specifica deroga esclusivamente per i contratti a tempo determinato: ai sensi dell’art. 9, comma 28, del d.l. 78/2010 gli enti locali “possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell’anno 2009 (…). A decorrere dal 2013 gli enti locali possono superare il predetto limite per le assunzioni strettamente necessarie a garantire l’esercizio delle funzioni di polizia locale, di istruzione pubblica e del settore sociale; resta fermo che comunque la spesa complessiva non può essere superiore alla spesa sostenuta per le stesse finalità nell’anno 2009” (v. Sezione regionale di controllo per la Campania, deliberazione n. 222 del 13 giugno 2013).

Proprio in ragione dei sopra richiamati stringenti limiti assunzionali, i Comuni di minori dimensioni dovranno valutare l’opportunità di assicurare il mantenimento di servizi minimi ed essenziali anche mediante il ricorso all’esercizio associato delle funzioni fondamentali comunali. In proposito, stanti le ridotte dimensioni demografiche dell’Ente istante, va richiamato il vincolo di natura organizzativa posto dalle disposizioni di cui agli articoli 19 e 20 del decreto legge n. 95/2012 convertito dalla legge n. 135/2012 (cd. legge sulla spending review), che sono intervenute proprio sull’assetto dell’esercizio associato delle funzioni fondamentali comunali. Mediante la modifica dell’art. 14 del d.l. n. 78/2010 convertito dalla legge n. 122/2010, le norme sopra citate hanno individuato il ventaglio delle funzioni fondamentali comunali da svolgersi “obbligatoriamente” in forma associata attraverso Unioni di Comuni o convenzioni da parte dei Comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, ovvero 3.000 abitanti se appartenenti o appartenuti a Comunità montane. Per quanto interessa in questa sede, si evidenzia che ai sensi dell’art. 14, comma 28, del predetto decreto legge 78/2010, “i comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, ovvero fino a 3.000 abitanti se appartengono o sono appartenuti a comunità montane, esclusi i comuni il cui territorio coincide integralmente con quello di una o di più isole e il comune di Campione d’Italia, esercitano obbligatoriamente in forma associata, mediante unione di comuni o convenzione, le funzioni fondamentali dei comuni di cui al comma 27, ad esclusione della lettera l)”. Tra le funzioni fondamentali dell’ente è annoverata anche quella di polizia municipale e polizia amministrativa locale (art. 14, comma 27, lett. i). I comuni di cui al comma 28 non possono svolgere singolarmente le funzioni fondamentali svolte in forma associata. La medesima funzione non può essere svolta da più di una forma associativa (art. 14, comma 29). I comuni interessati assicurano l’attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo: a) entro il 1° gennaio 2013 con riguardo ad almeno tre delle funzioni fondamentali di cui al comma 28; b) entro il 1° gennaio 2014 con riguardo alle restanti funzioni fondamentali di cui al comma 28 (art. 14, comma 31- ter). In caso di decorso dei termini di cui al comma 31-ter, il prefetto assegna agli enti inadempienti un termine perentorio entro il quale provvedere. Decorso inutilmente detto termine, trova applicazione l’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131 (art. 14, comma 31-quater).

È demandata alla regione, previa concertazione con i comuni interessati nell’ambito del Consiglio delle autonomie locali, la dimensione ottimale e omogenea per area geografica per lo svolgimento, in forma obbligatoriamente associata da parte dei comuni delle funzioni fondamentali, secondo i principi di efficacia, economicità, di efficienza e di riduzione delle spese, secondo le forme associative previste dal comma 28. Nell’ambito della normativa regionale, i comuni avviano l’esercizio delle funzioni fondamentali in forma associata entro il termine indicato dalla stessa normativa (art. 14, comma 30). In proposito, si rileva che, allo stato degli atti e nelle more dell’esito del ricorso alla Corte costituzionale promosso dalla Regione Campania avverso l’articolo 19 del d.l. 6 luglio 2012, n. 95, con il quale sono state apportate modifiche all’art. 14 del d.l. 78/2010 (ricorso n. 153/2012 esaminato nell’adunanza pubblica del 3 dicembre 2013), la Conferenza Permanente Regione – Autonomie locali della Campania ha approvato un documento per l’individuazione degli ambiti ottimali, in cui si prevede, tra l’altro, che “l’avvio dell’esercizio in forma associata di tutte le funzioni fondamentali avrà inizio a partire dal 1° gennaio 2014”.

Il favore del legislatore statale nei confronti dell’esercizio associato delle funzioni fondamentali è confermato, “de iure condendo”, dalle previsioni contenute nel disegno di legge 1542, all’esame del Parlamento. Nel testo approvato dalle Commissioni della Camera dei deputati, infatti, “I comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, ovvero a 3.000 abitanti se appartengono o sono appartenuti a comunità montane, esclusi i comuni il cui territorio coincide integralmente con quello di una o più isole e il comune di Campione d’Italia, a norma dell’articolo 14, comma 28, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e successive modificazioni, costituiscono unioni per l’esercizio obbligatoriamente associato delle funzioni fondamentali, con esclusione di quelle di cui alla lettera l) del comma 27 del citato articolo 14 e salvo il ricorso ad apposite convenzioni”.

L’esame della normativa statale sopra richiamata e dei principi posti dalla Conferenza permanente impone agli Enti locali interessati di affrontare le questioni del contenimento delle spese per il personale destinato allo svolgimento delle funzioni fondamentali mediante misure di riorganizzazione delle medesime funzioni, coinvolgenti una pluralità di Enti. Ciò al fine di conseguire gli obiettivi di “coordinamento della finanza pubblica e il contenimento delle spese per l’esercizio delle funzioni fondamentali dei comuni” (art. 14, comma 25) in una logica che sembra privilegiare i margini di efficienza ed economicità a carattere strutturale tipici dei processi di riassetto organizzativo (cfr. Sezione regionale di controllo per la Campania, deliberazione n. 222 del 13 giugno 2013).

PQM

La Sezione regionale di controllo della Corte dei conti per la Campania rende il parere nei termini suindicati.

Copia della presente deliberazione sarà trasmessa, per il tramite del Servizio di supporto, all’Amministrazione interessata.

Così deliberato in Napoli, nella camera di consiglio del 19 dicembre 2013

IL RELATORE IL PRESIDENTE

f.to Ref. Innocenza Zaffina f.to Pres. Ciro Valentino

Depositato in Segreteria in data 19 dicembre 2013

Il Funzionario preposto

f.to Dott. Mauro Grimaldi