Contratti della P.A.: ancora sulla portata dell’obbligo degli enti locali di ricorrere a centrali di acquisto e al MEPA per gli acquisti di beni e servizi di importo inferiore alla soglia comunitaria

NOTA

Il parere in rassegna si sofferma su tre quesiti posti dal Comune di Menaggio:

– se il ricorso alle convenzioni Consip, MEPA ovvero Centrali di committenza regionali da parte dei comuni montani o al di sotto comunque dei 1.000 abitanti rimanga facoltativo e, quindi, non obbligatorio; nel caso di conferma circa la vigenza dell’art. 26, co. 3, L. 23 dicembre 1999 n. 488 per gli enti di minori dimensioni demografiche, si chiede di conoscere se i prezzi e le tariffe Consip/MEPA debbano essere, comunque, oggetto di comparazione;

– sull’esatta interpretazione dell’art. 4 co. 6, D.L. 6 luglio 2012 n. 95, convertito in L. 7 agosto 2012 n. 135 e, in particolare, in merito alla possibilità da parte degli enti locali di erogare contributi a soggetti e/o associazioni che svolgono la propria attività a favore della cittadinanza;

– sulla tipologia di atti rientranti nell’obbligo di pubblicazione ex art. 18 del D.L 22 giugno 2012 n. 83, convertito in L. 7 agosto 2012 n. 134;

Sul tema degli acquisti MEPA degli enti locali si veda in questo sito, citata in motivazione, Corte conti – sez. contr. Marche – parere 29 novembre 2012 n. 169.

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Lombardia/89/2013/PAR

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE DEI CONTI

IN

SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER LA

LOMBARDIA

composta dai Magistrati:

dott. Nicola Mastropasqua Presidente

dott. Giuseppe Zola Consigliere

dott. Gianluca Braghò Primo Referendario

dott. Alessandro Napoli Referendario (relatore)

dott.ssa Laura De Rentiis Referendario

dott. Donato Centrone Referendario

dott. Francesco Sucameli Referendario

dott. Cristiano Baldi Referendario

dott. Andrea Luberti Referendario

nella camera di consiglio del 26 febbraio 2013

Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con il regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni;

Vista la legge 21 marzo 1953, n. 161;

Vista la legge 14 gennaio 1994, n. 20;

Vista la deliberazione delle Sezioni riunite della Corte dei conti n. 14/2000 del 16 giugno 2000, che ha approvato il regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, modificata con le deliberazioni delle Sezioni riunite n. 2 del 3 luglio 2003 e n. 1 del 17 dicembre 2004;

Visto il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 recante il Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali;

Vista la legge 5 giugno 2003, n. 131;

Vista la legge 7 dicembre 2012 n. 213;

Vista la deliberazione n. 1/pareri/2004 del 3 novembre 2004 con la quale la Sezione ha stabilito i criteri sul procedimento e sulla formulazione dei pareri previsti dall’articolo 7, comma 8, della legge n. 131/2003;

Vista la nota prot. n. 786.14.1 del 25.01.2013 con la quale il Sindaco del Comune di Menaggio (CO) ha chiesto un parere in materia di contabilità pubblica;

Vista l’ordinanza con la quale il Presidente ha convocato la Sezione per l’adunanza odierna per deliberare sulla richiesta proveniente dal Sindaco del Comune di Menaggio (CO);

Udito il relatore, dott. Alessandro Napoli;

OGGETTO DEL PARERE

Il Sindaco del Comune di Menaggio (CO) ha posto alla Sezione una richiesta di parere articolata in tre distinti quesiti (ed ulteriori sub-quesiti), in merito all’art. 1 del D.L. n. 95/2012, all’art. 4 comma 6 del D.L. n. 95/2012, ed infine all’art 18 del D.L. n. 83/2012.

Più nel dettaglio, l’organo rappresentativo dell’ente osserva quanto segue.

  1. 1. Art. 1 del D.L. n. 95/2012

L’art. 26 della legge n. 488/1999, comma 3, dispone che le amministrazioni pubbliche possono ricorrere alle convenzioni stipulate ai sensi del comma 1, ovvero ne utilizzano i parametri di prezzo-qualità, come limiti massimi, per l’acquisto di beni e servizi comparabili oggetto delle stesse, anche utilizzando procedure telematiche per l’acquisizione di beni e servizi (..). La stipulazione di un contratto in violazione del presente comma è causa di responsabilità amministrativa; ai fini della determinazione del danno erariale si tiene anche conto della differenza tra il prezzo previsto nelle convenzioni e quello indicato nel contratto.

L’ultimo periodo dell’art. 26, comma 3 contempla una specifica deroga per quanto concerne le amministrazioni locali di più ridotte dimensioni, prevedendo quanto segue: “Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano ai comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti e ai comuni montani con popolazione fino a 5.000 abitanti”.

L’art. 1 del D.L. 95/2012, convertito in Legge 135/2012, prevede – al comma 1 – che “i contratti stipulati in violazione dell’articolo 26, comma 3 della legge 23 dicembre 1999, n. 488 ed i contratti stipulati in violazione degli obblighi di approvvigionarsi attraverso gli strumenti di acquisto messi a disposizione da CONSIP S.p.A. sono nulli, costituiscono illecito disciplinare e sono causa di responsabilità amministrativa”.

Nel merito, si chiede di conoscere se il ricorso alle convenzioni Consip, MEPA ovvero Centrali di committenza regionali da parte dei comuni montani o al di sotto comunque dei 1.000 abitanti rimanga facoltativo e, quindi, non obbligatorio. Nel caso di conferma circa la vigenza dell’art. 26 comma 3 della L. n. 488/1999 per gli enti di minori dimensioni demografiche, si chiede di conoscere se i prezzi e le tariffe Consip/MEPA debbano essere, comunque, oggetto di comparazione.

2. Art. 4 comma 6 del D.L. 95/2012

Il secondo quesito riguarda l’esatta interpretazione dell’art. 4 comma 6 del D.L. n. 95/2012, il quale prevede quanto segue: “a decorrere dal 1° gennaio 2013, le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 possono acquisire a titolo oneroso servizi di qualsiasi tipo, anche in base a convenzioni, da enti di diritto privato di cui agli articoli da 13 a 42 del codice civile esclusivamente in base a procedure previste dalla normativa nazionale in conformità con la disciplina comunitaria. Gli enti di diritto privato di cui agli articoli da 13 a 42 del codice civile, che forniscono servizi a favore dell’amministrazione stessa, anche a titolo gratuito, non possono ricevere contributi a carico delle finanze pubbliche. Sono escluse le fondazioni istituite con lo scopo di promuovere lo sviluppo tecnologico e l’alta formazione tecnologica e gli enti e le associazioni operanti nel campo dei servizi socio-assistenziali e dei beni ed attività culturali, dell’istruzione e della formazione, le associazioni di promozione sociale di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 383, gli enti di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, le organizzazioni non governative di cui alla legge 26 febbraio 1987, n. 49, le cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, le associazioni sportive dilettantistiche di cui all’articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, nonché le associazioni rappresentative, di coordinamento o di supporto degli enti territoriali e locali”.

In merito alla suddetta norma l’ente chiede un parere sulla possibilità da parte degli enti locali di erogare contributi a soggetti e/o associazioni che svolgono la propria attività a favore della cittadinanza (e indirettamente a favore del Comune). Inoltre, il sindaco domanda se le Pro Loco possano essere annoverate tra le “associazioni rappresentative, di coordinamento o di supporto degli enti territoriali e locali” per le quali la norma prevede una esclusione dell’applicazione della norma, ovvero se solo quelle iscritte nei registri nazionali o regionali previsti dalla legge 383/2000 (Associazioni di promozione sociale) possono beneficiare di detta esclusione.

  1. 3. Art 18 del D.L. n. 83/2012

L’art. 18del D.L. n. 83/2012 dispone quanto segue: “1. La concessione delle sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari alle imprese e l’attribuzione dei corrispettivi e dei compensi a persone, professionisti, imprese ed enti privati e comunque di vantaggi economici di qualunque genere di cui all’articolo 12 della legge 7 agosto 1990, n. 241 ad enti pubblici e privati, sono soggetti alla pubblicità sulla rete internet, ai sensi del presente articolo e secondo il principio di accessibilità totale di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150. 2. Nei casi di cui al comma 1 ed in deroga ad ogni diversa disposizione di legge o regolamento, nel sito internet dell’ente obbligato sono indicati: a) il nome dell’impresa o altro soggetto beneficiario ed i suoi dati fiscali; b) l’importo; c) la norma o il titolo a base dell’attribuzione; d) l’ufficio e il funzionario o dirigente responsabile del relativo procedimento amministrativo; e) la modalità seguita per l’individuazione del beneficiario; f) il link al progetto selezionato, al curriculum del soggetto incaricato, nonché al contratto e capitolato della prestazione, fornitura o servizio. 3. Le informazioni di cui al comma 2 sono riportate, con link ben visibile nella homepage del sito, nell’ambito dei dati della sezione «Trasparenza, valutazione e merito» di cui al citato decreto legislativo n. 150 del 2009, che devono essere resi di facile consultazione, accessibili ai motori di ricerca ed in formato tabellare aperto che ne consente l’esportazione, il trattamento e il riuso ai sensi dell’articolo 24 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. 4. Le disposizioni del presente articolo costituiscono diretta attuazione dei principi di legalità, buon andamento e imparzialità sanciti dall’articolo 97 della Costituzione, e ad esse si conformano entro il 31 dicembre 2012, ai sensi dell’articolo 117, comma 2, lettere g), h), l), m), r) della Costituzione, tutte le pubbliche amministrazioni centrali, regionali e locali, le aziende speciali e le società in house delle pubbliche amministrazioni. Le regioni ad autonomia speciale vi si conformano entro il medesimo termine secondo le previsioni dei rispettivi Statuti. 5. A decorrere dal 1° gennaio 2013, per le concessioni di vantaggi economici successivi all’entrata in vigore del presente decreto-legge, la pubblicazione ai sensi del presente articolo costituisce condizione legale di efficacia del titolo legittimante delle concessioni ed attribuzioni di importo complessivo superiore a mille euro nel corso dell’anno solare previste dal comma 1, e la sua eventuale omissione o incompletezza è rilevata d’ufficio dagli organi dirigenziali e di controllo, sotto la propria diretta responsabilità amministrativa, patrimoniale e contabile per l’indebita concessione o attribuzione del beneficio economico. La mancata, incompleta o ritardata pubblicazione è altresì rilevabile dal destinatario della prevista concessione o attribuzione e da chiunque altro abbia interesse, anche ai fini del risarcimento del danno da ritardo da parte dell’amministrazione, ai sensi dell’articolo 30 del codice del processo amministrativo di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104”.

In relazione al suindicato art. 18 del D.L n. 83/2012, il Comune chiede se siffatta pubblicazione, per l’importo superiore ad euro 1.000,00, sia riferita esclusivamente alla concessione delle sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari alle imprese e all’attribuzione dei corrispettivi e dei compensi a persone, professionisti, imprese ed enti privati e comunque di vantaggi economici di qualunque genere di cui all’articolo 12 della legge 7 agosto 1990, n. 241, ovvero si riferisca a qualsiasi tipologia di spesa superiore a detto importo.

PREMESSA

Il primo punto da esaminare concerne la verifica in ordine alla circostanza se la richiesta proveniente dal Sindaco del Comune di Menaggio (CO) rientri nell’ambito delle funzioni attribuite alle Sezioni regionali della Corte dei conti dall’art. 7 comma ottavo, della legge 5 giugno 2003, n. 131, norma in forza della quale Regioni, Province e Comuni possono chiedere a dette Sezioni pareri in materia di contabilità pubblica, nonché ulteriori forme di collaborazione ai fini della regolare gestione finanziaria, dell’efficienza e dell’efficacia dell’azione amministrativa.

In proposito, questa Sezione ha precisato, in più occasioni, che la funzione di cui al comma ottavo dell’art. 7 della legge n. 131/2003 si connota come facoltà conferita agli amministratori di Regioni, Comuni e Province di avvalersi di un organo neutrale e professionalmente qualificato per acquisire elementi necessari ad assicurare la legalità della loro attività amministrativa.

I pareri e le altre forme di collaborazione si inseriscono nei procedimenti amministrativi degli enti territoriali consentendo, nelle tematiche in relazione alle quali la collaborazione viene esercitata, scelte adeguate e ponderate nello svolgimento dei poteri che appartengono agli amministratori pubblici, restando – peraltro – esclusa qualsiasi forma di cogestione o coamministrazione con l’organo di controllo esterno (per tutte: parere sez. Lombardia, 11 febbraio 2009, n. 36).

Infatti, deve essere messo in luce che il parere della Sezione attiene a profili di carattere generale anche se, ovviamente, la richiesta proveniente dall’ente pubblico è motivata, generalmente, dalla necessità di assumere specifiche decisioni in relazione ad una particolare situazione. L’esame e l’analisi svolta nel parere è limitata ad individuare l’interpretazione di disposizioni di legge e di principi generali dell’ordinamento in relazione alla materia prospettata dal richiedente, spettando a quest’ultimo la decisione in ordine alle modalità applicative in relazione alla situazione che ha originato la domanda.

AMMISSIBILITA’ SOGGETTIVA

Riguardo all’individuazione dell’organo legittimato ad inoltrare le richieste di parere dell’ente comunale, si osserva che il Sindaco è l’organo istituzionalmente legittimato a richiedere il parere, in quanto riveste il ruolo di rappresentante dell’ente ai sensi dell’art. 50 T.U.E.L.

Pertanto, la richiesta di parere è ammissibile soggettivamente poiché proviene dall’organo legittimato a proporla.

AMMISSIBILITA’ OGGETTIVA

Con riferimento alla verifica del profilo oggettivo, occorre rilevare che la disposizione, contenuta nel comma 8, dell’art. 7 della legge 131/03, deve essere raccordata con il precedente comma 7, norma che attribuisce alla Corte dei conti la funzione di verificare il rispetto degli equilibri di bilancio, il perseguimento degli obiettivi posti da leggi statali e regionali di principio e di programma, la sana gestione finanziaria degli enti locali.

Lo svolgimento delle funzioni è qualificato dallo stesso legislatore come una forma di controllo collaborativo.

Il raccordo tra le due disposizioni opera nel senso che il co. 8 prevede forme di collaborazione ulteriore rispetto a quelle del precedente comma rese esplicite, in particolare, con l’attribuzione agli enti della facoltà di chiedere pareri in materia di contabilità pubblica.

Appare conseguentemente chiaro che le Sezioni regionali della Corte dei conti non svolgono una funzione consultiva a carattere generale in favore degli enti locali, ma che, anzi, le attribuzioni consultive si connotano sulle funzioni sostanziali di controllo collaborativo ad esse conferite dalla legislazione positiva.

Al riguardo, le Sezioni riunite della Corte dei conti, intervenendo con una pronuncia in sede di coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell’art. 17, co. 31 del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, hanno delineato una nozione unitaria di contabilità pubblica incentrata sul “sistema di principi e di norme che regolano l’attività finanziaria e patrimoniale dello Stato e degli enti pubblici”, da intendersi in senso dinamico anche in relazione alle materie che incidono sulla gestione del bilancio e sui suoi equilibri (Delibera n. 54, in data 17 novembre 2010).

Il limite della funzione consultiva, come sopra delineato, esclude qualsiasi possibilità di intervento della Corte dei conti nella concreta attività gestionale ed amministrativa che ricade nell’esclusiva competenza dell’autorità che la svolge; nonché esclude che la funzione consultiva possa interferire in concreto con competenze di altri organi giurisdizionali.

Dalle sopraesposte considerazioni consegue che la nozione di contabilità pubblica va conformandosi all’evolversi dell’ordinamento, seguendo anche i nuovi principi di organizzazione dell’amministrazione, con effetti differenziati, per quanto riguarda le funzioni della Corte dei conti, secondo l’ambito di attività.

Con specifico riferimento ai tre quesiti posti dall’Ente, essi si palesano ammissibili anche sul piano oggettivo, sulla scorta di costante giurisprudenza della Sezione.

MERITO

In via preliminare, il Collegio rammenta che la funzione consultiva è diretta a fornire un ausilio all’Ente richiedente per le determinazioni che lo stesso è tenuto ad assumere nell’esercizio delle proprie funzioni, restando – dunque – ferma la discrezionalità dell’Amministrazione in sede di esercizio delle prerogative gestorie.

primo quesito

Per quanto concerne il primo quesito, appare utile ricostruire il vigente quadro normativo in materia di convenzioni Consip e di ricorso al mercato elettronico, attesa la stratificazione di una pluralità di disposizioni e la conseguente necessità di coordinamento in sede ermeneutica.

Art. 26, commi 1 e 3, l. n. 488/1999: 1. Il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, nel rispetto della vigente normativa in materia di scelta del contraente, stipula, anche avvalendosi di società di consulenza specializzate, selezionate anche in deroga alla normativa di contabilità pubblica, con procedure competitive tra primarie società nazionali ed estere, convenzioni con le quali l’impresa prescelta si impegna ad accettare, sino a concorrenza della quantità massima complessiva stabilita dalla convenzione ed ai prezzi e condizioni ivi previsti, ordinativi di fornitura di beni e servizi deliberati dalle amministrazioni dello Stato anche con il ricorso alla locazione finanziaria. I contratti conclusi con l’accettazione di tali ordinativi non sono sottoposti al parere di congruità economica. Ove previsto nel bando di gara, le convenzioni possono essere stipulate con una o più imprese alle stesse condizioni contrattuali proposte dal miglior offerente. 3. Le amministrazioni pubbliche possono ricorrere alle convenzioni stipulate ai sensi del comma 1, ovvero ne utilizzano i parametri di prezzo-qualità, come limiti massimi, per l’acquisto di beni e servizi comparabili oggetto delle stesse, anche utilizzando procedure telematiche per l’acquisizione di beni e servizi ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 4 aprile 2002, n. 101. La stipulazione di un contratto in violazione del presente comma è causa di responsabilità amministrativa; ai fini della determinazione del danno erariale si tiene anche conto della differenza tra il prezzo previsto nelle convenzioni e quello indicato nel contratto. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano ai comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti e ai comuni montani con popolazione fino a 5.000 abitanti.

Art. 58 l. n. 388/2000: 1. Ai sensi di quanto previsto dall’articolo 26, comma 3, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, per pubbliche amministrazioni si intendono quelle definite dall’articolo 1 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29. Le convenzioni di cui al citato articolo 26 sono stipulate dalla Concessionaria servizi informatici pubblici (CONSIP) Spa, per conto del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, ovvero di altre pubbliche amministrazioni di cui al presente comma, e devono indicare, anche al fine di tutelare il principio della libera concorrenza e dell’apertura dei mercati, i limiti massimi dei beni e dei servizi espressi in termini di quantità. Le predette convenzioni indicano altresì il loro periodo di efficacia.

Art. 1 comma 449 l. n. 296/2006: Nel rispetto del sistema delle convenzioni di cui agli articoli 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e successive modificazioni, e 58 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, tutte le amministrazioni statali centrali e periferiche, ivi compresi gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative e le istituzioni universitarie, sono tenute ad approvvigionarsi utilizzando le convenzioni-quadro. Le restanti amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, possono ricorrere alle convenzioni di cui al presente comma e al comma 456 del presente articolo, ovvero ne utilizzano i parametri di prezzo-qualità come limiti massimi per la stipulazione dei contratti. Gli enti del Servizio sanitario nazionale sono in ogni caso tenuti ad approvvigionarsi utilizzando le convenzioni stipulate dalle centrali regionali di riferimento ovvero, qualora non siano operative convenzioni regionali, le convenzioni-quadro stipulate da Consip S.p.A.

Art. 1 comma 450 l. n. 296/2006: Dal 1° luglio 2007, le amministrazioni statali centrali e periferiche, ad esclusione degli istituti e delle scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie, per gli acquisti di beni e servizi al di sotto della soglia di rilievo comunitario, sono tenute a fare ricorso al mercato elettronico della pubblica amministrazione di cui all’articolo 328, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207. Fermi restando gli obblighi e le facoltà previsti al comma 449 del presente articolo, le altre amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per gli acquisti di beni e servizi di importo inferiore alla soglia di rilievo comunitario sono tenute a fare ricorso al mercato elettronico della pubblica amministrazione ovvero ad altri mercati elettronici istituiti ai sensi del medesimo articolo 328 ovvero al sistema telematico messo a disposizione dalla centrale regionale di riferimento per lo svolgimento delle relative procedure. Per gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative e le università statali, tenendo conto delle rispettive specificità, sono definite, con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, linee guida indirizzate alla razionalizzazione e al coordinamento degli acquisti di beni e servizi omogenei per natura merceologica tra più istituzioni, avvalendosi delle procedure di cui al presente comma. A decorrere dal 2014 i risultati conseguiti dalle singole istituzioni sono presi in considerazione ai fini della distribuzione delle risorse per il funzionamento.

Art. 1 commi 455 e 456 l. n. 296/2006: ai fini del contenimento e della razionalizzazione della spesa per l’acquisto di beni e servizi, le regioni possono costituire centrali di acquisto anche unitamente ad altre regioni, che operano quali centrali di committenza ai sensi dell’art. 33 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, in favore delle amministrazioni ed enti regionali, degli enti locali, degli enti del Servizio sanitario nazionale, e delle altre pubbliche amministrazioni aventi sede nel medesimo territorio. Le centrali di cui al comma 455 stipulano, per gli ambiti territoriali di competenza, convenzioni di cui all’art. 26 comma 1 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e successive modificazioni.

Art. 33 d.lgs. n. 163/2006:1. Le stazioni appaltanti e gli enti aggiudicatori possono acquisire lavori, servizi e forniture facendo ricorso a centrali di committenza, anche associandosi o consorziandosi. 2. Le centrali di committenza sono tenute all’osservanza del presente codice. 3. Le amministrazioni aggiudicatrici e i soggetti di cui all’articolo 32, lettere b), c), f), non possono affidare a soggetti pubblici o privati l’espletamento delle funzioni e delle attività di stazione appaltante di lavori pubblici. Tuttavia le amministrazioni aggiudicatrici possono affidare le funzioni di stazione appaltante di lavori pubblici ai servizi integrati infrastrutture e trasporti (SIIT) o alle amministrazioni provinciali, sulla base di apposito disciplinare che prevede altresì il rimborso dei costi sostenuti dagli stessi per le attività espletate, nonché a centrali di committenza. 3-bis. I Comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti ricadenti nel territorio di ciascuna Provincia affidano obbligatoriamente ad un’unica centrale di committenza l’acquisizione di lavori, servizi e forniture nell’ambito delle unioni dei comuni, di cui all’articolo 32 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove esistenti, ovvero costituendo un apposito accordo consortile tra i comuni medesimi e avvalendosi dei competenti uffici. In alternativa, gli stessi Comuni possono effettuare i propri acquisti attraverso gli strumenti elettronici di acquisto gestiti da altre centrali di committenza di riferimento, ivi comprese le convenzioni di cui all’articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e il mercato elettronico della pubblica amministrazione di cui all’articolo 328 del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207.

Art. 1 d.l. n. 95/2012:1. Successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, i contratti stipulati in violazione dell’articolo 26, comma 3 della legge 23 dicembre 1999, n. 488 ed i contratti stipulati in violazione degli obblighi di approvvigionarsi attraverso gli strumenti di acquisto messi a disposizione da Consip S.p.A. sono nulli, costituiscono illecito disciplinare e sono causa di responsabilità amministrativa. Ai fini della determinazione del danno erariale si tiene anche conto della differenza tra il prezzo, ove indicato, dei detti strumenti di acquisto e quello indicato nel contratto. Le centrali di acquisto regionali, pur tenendo conto dei parametri di qualità e di prezzo degli strumenti di acquisto messi a disposizione da Consip S.p.A., non sono soggette all’applicazione dell’articolo 26, comma 3, della legge 23 dicembre 1999, n. 488. La disposizione del primo periodo del presente comma non si applica alle Amministrazioni dello Stato quando il contratto sia stato stipulato ad un prezzo più basso di quello derivante dal rispetto dei parametri di qualità e di prezzo degli strumenti di acquisto messi a disposizione da Consip S.p.A., ed a condizione che tra l’amministrazione interessata e l’impresa non siano insorte contestazioni sulla esecuzione di eventuali contratti stipulati in precedenza. 3. Le amministrazioni pubbliche obbligate sulla base di specifica normativa ad approvvigionarsi attraverso le convenzioni di cui all’articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488 stipulate da Consip S.p.A. o dalle centrali di committenza regionali costituite ai sensi dell’articolo 1, comma 455, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 possono procedere, qualora la convenzione non sia ancora disponibile e in caso di motivata urgenza, allo svolgimento di autonome procedure di acquisto dirette alla stipula di contratti aventi durata e misura strettamente necessaria e sottoposti a condizione risolutiva nel caso di disponibilità della detta convenzione. 6. Nell’ambito del Mercato elettronico della Pubblica Amministrazione realizzato dal Ministero dell’economia e delle finanze avvalendosi di Consip S.p.A. possono essere istituite specifiche sezioni ad uso delle amministrazioni pubbliche che, a tal fine, stipulino appositi accordi con il Ministero dell’economia e delle finanze e con Consip S.p.A. 7. Fermo restando quanto previsto all’articolo 1, commi 449 e 450, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e all’articolo 2, comma 574, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, quale misura di coordinamento della finanza pubblica, le amministrazioni pubbliche e le società inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell’articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, a totale partecipazione pubblica diretta o indiretta, relativamente alle seguenti categorie merceologiche: energia elettrica, gas, carburanti rete e carburanti extra-rete, combustibili per riscaldamento, telefonia fissa e telefonia mobile, sono tenute ad approvvigionarsi attraverso le convenzioni o gli accordi quadro messi a disposizione da Consip S.p.A. e dalle centrali di committenza regionali di riferimento costituite ai sensi dell’articolo 1, comma 455, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, ovvero ad esperire proprie autonome procedure nel rispetto della normativa vigente, utilizzando i sistemi telematici di negoziazione messi a disposizione dai soggetti sopra indicati. La presente disposizione non si applica alle procedure di gara il cui bando sia stato pubblicato precedentemente alla data di entrata in vigore del presente decreto. È fatta salva la possibilità di procedere ad affidamenti, nelle indicate categorie merceologiche, anche al di fuori delle predette modalità, a condizione che gli stessi conseguano ad approvvigionamenti da altre centrali di committenza o a procedure di evidenza pubblica, e prevedano corrispettivi inferiori a quelli indicati nelle convenzioni e accordi quadro messi a disposizione da Consip S.p.A. e dalle centrali di committenza regionali. In tali casi i contratti dovranno comunque essere sottoposti a condizione risolutiva con possibilità per il contraente di adeguamento ai predetti corrispettivi nel caso di intervenuta disponibilità di convenzioni Consip e delle centrali di committenza regionali che prevedano condizioni di maggior vantaggio economico. La mancata osservanza delle disposizioni del presente comma rileva ai fini della responsabilità disciplinare e per danno erariale. 8. I contratti stipulati in violazione del precedente comma 7 sono nulli, costituiscono illecito disciplinare e sono causa di responsabilità amministrativa; ai fini della determinazione del danno erariale si tiene anche conto della differenza tra il prezzo, ove indicato, degli strumenti di acquisto di cui al precedente comma 7 e quello indicato nel contratto.

Tale quadro normativo, come detto stratificato e di non agevole coordinamento, è stato oggetto di esame, in parte, della giurisprudenza contabile (cfr. Sezione controllo Marche, delibera n. 169/2012 richiamata nel prosieguo).

Orbene, in linea di principio, appare evidente la natura vincolistica dei recenti interventi che hanno profondamente innovato il quadro normativo relativo agli acquisti di beni e servizi della p.a.: ne consegue un’interpretazione rigorosa delle disposizioni di cui trattasi tale da non frustrarne o eluderne i sottesi principi informatori, con prioritario rilievo al criterio letterale.

Per quanto concerne le convenzioni Consip, ai sensi del sopracitato art. 1 comma 449 l. n. 296/2006, le amministrazioni pubbliche non statali di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, possono ricorrere alle convenzioni di cui al presente comma e al comma 456 del presente articolo, ovvero ne utilizzano i parametri di prezzo-qualità come limiti massimi per la stipulazione dei contratti. Ergo, in linea di principio, le sanzioni stabilite dall’art. 1, comma 1, del citato decreto legge n. 95 appaiono applicabili anche ai contratti stipulati dagli enti locali senza tener conto dei parametri prezzo-qualità delle convenzioni Consip quale limite massimo per l’acquisto di beni o servizi comparabili.

Per quanto riguarda nello specifico i Comuni di minore dimensione, dal momento dell’entrata in vigore dell’art. 33 comma 3-bis del d.lgs. n. 163/2006 l’obbligo di avvalersi delle convenzioni Consip, degli strumenti elettronici di acquisto gestiti da altre centrali di committenza di riferimento (ovvero del Mepa – amplius infra) trova applicazione per tutti gli enti inferiori a 5.000 abitanti, quale possibilità alternativa al ricorso ad un’unica centrale di committenza nell’alveo di un’unione o di un consorzio di comuni.

Resta fermo il disposto dell’art. 1 comma 7 del d.l. n. 95/2012, relativo ad alcune tipologie specifiche di acquisti da parte delle amministrazioni pubbliche e delle società inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’ISTAT ai sensi dell’articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, a totale partecipazione pubblica diretta o indiretta (senza esclusioni soggettive). Orbene, come indicato in precedenza, siffatti enti relativamente alle categorie merceologiche di energia elettrica, gas, carburanti rete e carburanti extra-rete, combustibili per riscaldamento, telefonia fissa e telefonia mobile, sono tenuti ad approvvigionarsi attraverso le convenzioni o gli accordi quadro messi a disposizione da Consip S.p.A. e dalle centrali di committenza regionali di riferimento (costituite ai sensi dell’articolo 1, comma 455, della legge 27 dicembre 2006, n. 296), ovvero ad esperire proprie autonome procedure nel rispetto della normativa vigente utilizzando i sistemi telematici di negoziazione messi a disposizione dai soggetti sopra indicati. È fatta salva la possibilità di procedere ad affidamenti, nelle indicate categorie merceologiche, anche al di fuori delle predette modalità, ma a condizione che gli stessi conseguano ad approvvigionamenti da altre centrali di committenza o a procedure di evidenza pubblica, e prevedano corrispettivi inferiori a quelli indicati nelle convenzioni e accordi quadro messi a disposizione da Consip S.p.A. e dalle centrali di committenza regionali. In tali casi i contratti dovranno comunque essere sottoposti a condizione risolutiva con possibilità per il contraente di adeguamento ai predetti corrispettivi nel caso di intervenuta disponibilità di convenzioni Consip e delle centrali di committenza regionali che prevedano condizioni di maggior vantaggio economico. La mancata osservanza delle disposizioni del presente comma rileva ai fini della responsabilità disciplinare e per danno erariale.

Passando al Mercato elettronico della P.A. (c.d. Me.PA), il surichiamato art. 1 comma 450 l. n. 296/2006 distingue il regime normativo delle “amministrazioni statali centrali e periferiche” rispetto a quello delle “altre amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1 d.lgs. 165/01”. Gli Enti locali, ai fini dell’affidamento di appalti pubblici di importo inferiore alla soglia di rilievo comunitario, debbono obbligatoriamente ricorrere al mercato elettronico. Cionondimeno, non sussiste un obbligo assoluto di ricorso al Mercato elettronico della P.A. (c.d. Me.PA), essendo espressamente prevista la facoltà di scelta tra le diverse tipologie di mercato elettronico richiamate dall’art. 328 del d.p.r. 207/2010: segnatamente, tra il mercato elettronico realizzato dalla medesima stazione appaltante e quello realizzato dalle centrali di committenza di riferimento di cui all’art. 33 del Codice dei contratti.

Emerge, dunque, evidente un favor del legislatore per modalità di acquisto effettuata mediante sistemi c.d. di e-procurement siccome suscettivi di assicurare alla amministrazione la possibilità di entrare in contatto con una più ampia platea di fornitori; ma, soprattutto, emerge l’esigenza di garantire la tracciabilità dell’intera procedura di acquisto ed una maggiore trasparenza della stessa, attesa l’automaticità del meccanismo di aggiudicazione con conseguente riduzione dei margini di discrezionalità dell’affidamento.

In vista del conseguimento di tale finalità – e nell’economia di una più complessiva operazione di razionalizzazione del sistema degli acquisti di beni e servizi della p.a. che ha trovato completamento con il D.L. 95/2012 (c.d. “spending review 2”) – il Legislatore ha ritagliato una disciplina specifica per gli acquisti sotto soglia dal carattere particolarmente stringente che, in difetto di espresse previsioni, non ammette deroghe e/o eccezioni di sorta anche in relazione alle dimensioni demografiche dell’ente.

Del resto giova evidenziare che, a parte la gamma di possibilità offerta alla stazione appaltante alla stregua del richiamato art. 328 del Regolamento di esecuzione ed attuazione, lo stesso Me.PA, diversamente dal sistema delle Convenzioni Consip, si atteggia come un mercato aperto cui è possibile l’adesione da parte di imprese che soddisfino i requisiti previsti dai bandi relativi alla categoria merceologica o allo specifico prodotto e servizio e, quindi, anche di quella o quelle asseritamente in grado di offrire condizioni di maggior favore rispetto a quelle praticate sul Me.PA ovvero un bene/servizio conforme alle esigenze funzionali della amministrazione procedente.

D’altro canto, con riferimento ad entrambe le fattispecie delineate, preme segnalare che, proprio in virtù di tale peculiare caratteristica del mercato elettronico della P.A., quale mercato aperto, nell’ambito dello stesso è prevista una duplicità di modalità di acquisto: così, oltre all’ordine diretto che permette di acquisire sul Mercato Elettronico i prodotti/servizi con le caratteristiche e le condizioni contrattuali già fissate, è prevista la richiesta di offerta (cd. R.d.O) con la quale è possibile negoziare prezzi e condizioni migliorative o specifiche dei prodotti/servizi pubblicati sui cataloghi on line.

In questa prospettiva, l’unica ipotesi in cui possano ritenersi consentite procedure autonome è quella in cui il bene e/o servizio non possa essere acquisito secondo le modalità sin qui descritte; ovvero, pur disponibile, si appalesi – per mancanza di qualità essenziali – inidoneo rispetto alle necessità della amministrazione procedente. Tale specifica evenienza dovrà essere prudentemente valutata e dovrà trovare compiuta evidenza nella motivazione della determinazione a contrattare i cui contenuti, per l’effetto, si arricchiscono. In difetto di siffatta rigorosa verifica l’avvenuta acquisizione di beni e servizi, secondo modalità diverse da quelle previste dal novellato art. 1 comma 450, da parte di comuni di qualsivoglia dimensione demografica, nella ricorrenza dei presupposti per il ricorso al Me.PA, inficierà il contratto stipulato ai sensi del disposto di cui all’art. 1 comma 1 L. 135/ 2012 comportando le connesse responsabilità. Infatti, il Me.PA, è ascrivibile al genus degli strumenti di acquisto messi a disposizione da Consip Spa.

E’ fatta salva la disciplina speciale dell’art. 1 comma 7 del d.l. n. 95/2012, più volte richiamata in precedenza, in relazione a puntuali categorie merceologiche.

secondo quesito

Come illustrato in precedenza, il secondo quesito riguarda l’esatta interpretazione dell’art. 4 comma 6 del D.L. n. 95/2012, ai sensi del quale: “a decorrere dal 1° gennaio 2013, le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 possono acquisire a titolo oneroso servizi di qualsiasi tipo, anche in base a convenzioni, da enti di diritto privato di cui agli articoli da 13 a 42 del codice civile esclusivamente in base a procedure previste dalla normativa nazionale in conformità con la disciplina comunitaria. Gli enti di diritto privato di cui agli articoli da 13 a 42 del codice civile, che forniscono servizi a favore dell’amministrazione stessa, anche a titolo gratuito, non possono ricevere contributi a carico delle finanze pubbliche. Sono escluse le fondazioni istituite con lo scopo di promuovere lo sviluppo tecnologico e l’alta formazione tecnologica e gli enti e le associazioni operanti nel campo dei servizi socio-assistenziali e dei beni ed attività culturali, dell’istruzione e della formazione, le associazioni di promozione sociale di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 383, gli enti di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, le organizzazioni non governative di cui alla legge 26 febbraio 1987, n. 49, le cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, le associazioni sportive dilettantistiche di cui all’articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, nonché le associazioni rappresentative, di coordinamento o di supporto degli enti territoriali e locali”.

In merito alla suddetta norma, si rammenta che il quesito attiene alla possibilità da parte degli enti locali di erogare contributi ad enti e/o associazioni che svolgono la propria attività a favore della cittadinanza (e indirettamente a favore del Comune). Inoltre, il Sindaco domanda se le Pro Loco possano essere annoverate tra le “associazioni rappresentative, di coordinamento o di supporto degli enti territoriali e locali” per le quali la norma prevede una esclusione dell’applicazione della norma, ovvero se solo quelle iscritte nei registri nazionali o regionali previsti dalla legge 383/2000 (Associazioni di promozione sociale) possono beneficiare di detta esclusione.

Nell’assetto normativo antecedente al d.l. n. 95/2012, la giurisprudenza contabile ha diffusamente esaminato la tematica della legittimità di contribuzioni in favore delle “pro-loco”, e più in generale di associazioni di diritto privato con particolare riferimento al divieto di spese per sponsorizzazioni ex d.l. n. 78/2010 (recentemente, cfr. Sezione controllo Abruzzo, delibera n. 346 del 10 settembre 2012).

Come messo in luce anche da questa Sezione (parere n. 1075/2010), ciò che assume rilievo per qualificare una contribuzione comunale quale spesa di sponsorizzazione, è la relativa funzione: essa presuppone la finalità di segnalare ai cittadini la presenza del Comune, così da promuoverne l’immagine. Non si configura, invece, quale sponsorizzazione il sostegno di iniziative di un soggetto terzo, rientranti nei compiti del Comune, nell’interesse della collettività anche sulla scorta dei principi di sussidiarietà orizzontale ex art. 118 della Costituzione. In sintesi, tra le molteplici forme di sostegno di soggetti terzi in ambito locale, l’elemento che connota, nell’ordinamento giuscontabile, la contribuzione tuttora ammessa, (distinguendola dalle spese di sponsorizzazioni ormai vietate) è lo svolgimento, da parte del privato, di un’attività propria del Comune in forma sussidiaria. L’attività, perciò, deve rientrare nelle competenze dell’Ente locale e viene esercitata, in via mediata, da soggetti privati destinatari di risorse pubbliche piuttosto che direttamente da parte di Comuni e Province; essa rappresenta una modalità alternativa di erogazione del servizio pubblico e non una forma di promozione dell’immagine dell’Amministrazione. Ad esser interdette sono dunque le spese, da parte delle Amministrazioni pubbliche, relative ad iniziative di soggetti terzi (ad esempio la sponsorizzazione di una squadra di calcio); restano, ancora, consentite le spese per iniziative organizzate dalle Amministrazioni pubbliche, sia in forma diretta che indiretta, purché per il tramite di soggetti istituzionalmente preposti allo svolgimento di attività di valorizzazione del territorio. Nelle determinazioni che in tal caso gli enti dovranno assumere dovrà, perciò, risultare, nell’impianto motivazionale, il fine pubblico perseguito e la rispondenza delle modalità in concreto adottate al raggiungimento della finalità sociale.

Orbene, giungendo all’esame delle modifiche apportate dall’art. 4 comma 6 del D.L. n. 95/2012, ad avviso del Collegio le associazioni che svolgono attività in favore della cittadinanza non rientrano nel divieto di legge: quest’ultimo è riferito “agli enti di diritto privato di cui agli articoli da 13 a 42 del codice civile che forniscono servizi a favore dell’amministrazione stessa anche a titolo gratuito”. La Sezione osserva che il predetto divieto di erogazione di contributi ricomprende l’attività prestata dai soggetti di diritto privato menzionati dalla norma in favore dell’Amministrazione Pubblica quale beneficiaria diretta; risulta, invece, esclusa dal divieto di legge l’attività svolta in favore dei cittadini, id est della “comunità amministrata”, seppur quale esercizio – mediato – di finalità istituzionali dell’ente locale e dunque nell’interesse di quest’ultimo. Il discrimine appare, in sostanza, legato all’individuazione del fruitore immediato del servizio reso dall’associazione.

Gli ulteriori dubbi manifestati, in via subordinata, sono assorbiti.

In ogni caso, la sussumibilità di specifiche forme associative nell’alveo della norma (in termini di divieto o di deroga) non è possibile – nella presente sede consultiva – in termini generali: è necessaria una valutazione della singola fattispecie e dei relativi puntuali contorni (con particolare riferimento al contenuto delle convenzioni tra l’ente locale e l’associazione), al fine di vagliare l’applicabilità dell’art. 4 comma 6 del d.l. n. 95/2012.

Ferma l’autonomia di rango costituzionale e la discrezionalità amministrativa del Comune, il Collegio sottolinea la necessità di un rigoroso vaglio delle contribuzioni erogate a soggetti terzi e – più in generale – delle spese di parte corrente, ai fini dell’effettivo rispetto degli equilibri di bilancio nell’attuale contesto di (nota) scarsità delle risorse disponibili. Siffatto principio, più volte rammentato dalla giurisprudenza contabile, è ulteriormente corroborato dall’art. 3 della legge n. 213/2012 nonché dalla legge costituzionale n. 1/2012 (quest’ultima vigente dal 1.1.2014).

terzo quesito

Infine, per quanto concerne il terzo quesito sulla tipologia di atti rientranti nell’obbligo di pubblicazione ex art. 18 del D.L n. 83/2012, il Collegio osserva che – in virtù dell’espresso tenore letterale della norma soprarichiamata – vi sono assoggettati: a) gli atti di concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari alle imprese; b) gli atti di attribuzione, comunque, di vantaggi economici di qualunque genere a enti pubblici e privati ex art. 12 L. n. 241/1990; c) gli atti di attribuzione dei corrispettivi e dei compensi a persone, professionisti, imprese ed enti privati.

P.Q.M.

Nelle suesposte considerazioni è il parere della Sezione regionale di controllo per la Lombardia.

L’ Estensore Il Presidente

(dott. Alessandro Napoli) (dott. Nicola Mastropasqua)

Depositato in Segreteria il

14 marzo 2013

Il Direttore della Segreteria

(dott.ssa Daniela Parisini)