Finanza pubblica: proventi da condono e compensi aggiuntivi al personale

NOTA

Nel parere in rassegna la Sezione Campania si pronuncia – su richiesta del Comune di Anacapri – in ordine alla possibilità di escludere dal tetto di cui all’art. 9, co. 2-bis, D.L. 31 maggio 2010 n. 78, convertito dalla L. 30 luglio 2010 n. 122, i compensi aggiuntivi da corrispondere al personale dell’Ufficio tecnico per lo svolgimento dell’istruttoria delle domande di concessione o di autorizzazione in sanatoria.

La Sezione ritiene che l’Ente può destinare al finanziamento di “progetti finalizzati da svolgere oltre l’orario di lavoro ordinario” – testualmente previsti dall’art. 2, co. 49, L. n. 662/96 – proventi da sanzione edilizia, i quali, per la specialità della citata disposizione normativa, nonché per la loro caratteristica strutturale, non appaiono soggette alla disciplina di cui all’art. 9, co. 2-bis, del decreto-legge n° 78 del 2010, pur rimanendo assoggettate all’inderogabile vincolo tipologico di impegno (e di destinazione) specificamente prescritto per “l’apposito capitolo” dall’art. 2, co. 48, L. n. 662/96 cit..

Quanto, invece, alla prospettata alternativa di utilizzare a fini di corresponsione di compensi aggiuntivi risorse di un fondo per la contrattazione decentrata” da “rimpinguare” con gli incassi delle somme, versate dagli interessati a titolo di oneri concessori per la sanatoria degli abusi edilizi, la Sezione osserva che la soluzione, pur non potendosi escludere in astratto, sconta i limiti di bilancio (previsti dal co. 48 art. 2, L. n. 662/96) e di stabilità finanziaria (previsti dall’art. 9, co. 2-bis D. l. n. 78/2011): osserva la Sezione che “con ciò, però, da una parte, non potendo – ratione vinculorum – far rifluire in detto fondo le “somme versate a titolo di oneri concessori per la sanatoria degli abusi edilizi”, di cui al già menzionato comma 48, da iscriversi al titolo IV dell’entrata e da impegnarsi -ex lege- al titolo II della spesa (infatti, con l’utilizzo di detta modalità, l’Amm.ne si porrebbe al di fuori del contesto delle ipotesi tipizzate di possibile utilizzo dei diritti e degli oneri concessori di che trattasi, dettagliatamente elencate nella normativa speciale innanzi menzionata); dall’altra, ricadendo, conseguentemente, nell’obbligo dell’osservanza della disciplina generale che attualmente limita –senza alcuna distinzione finalistica- la possibilità di incremento dell’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, nel rispetto del vigente limite di cui al comma 2-bis dell’art. 9 innanzi citato“.

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CORTE DEI CONTI

SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER LA CAMPANIA

Parere n. 166/2012

Composta dai seguenti magistrati:

Presidente di Sezione Dr. Vittorio Lomazzi

Consigliere Dr. Silvano Di Salvo

Consigliere Dr. Tommaso Viciglione

Referendario Dr.ssa Rossella Bocci

Referendario Dr.ssa Rossana De Corato

Referendario Dr.ssa Raffaella Miranda

Referendario Dr.ssa Carla Serbassi relatore

ha adottato la seguente deliberazione nella camera di consiglio del 23 aprile 2012

Visto l’art.100, comma 2, della Costituzione;

Vista la legge costituzionale 18 ottobre 2001 n° 3;

Vista la legge 5 giugno 2003 n° 131, recante disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001 n° 3;

Visto il r.d. 12 luglio 1934, n° 1214 e le successive modificazioni ed integrazioni, recante l’approvazione del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti;

Vista la legge 14 gennaio 1994 n° 20, recante disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti;

Visto il regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, approvato dalle Sezioni riunite con deliberazione n° 14/DEL/2000 del 16 giugno 2000 e successive modificazioni;

Vista, in particolare, la deliberazione n° 229 del Consiglio di Presidenza della Corte dei conti, approvata in data 19 giugno 2008 ai sensi dell’art. 3, comma 62, della legge 24 dicembre 2007 n° 244;

Visto il parere reso dal Coordinamento delle Sezioni regionali di controllo con nota prot. n° 7469 in data 22 giugno 2009;

Vista la deliberazione n° 9/SEZAUT/2009/INPR della Sezione delle autonomie della Corte dei conti in data 4 giugno-3 luglio 2009;

Visto l’art. 17, comma 31, del decreto-legge 1° luglio 2009 n° 78, convertito nella legge 3 agosto 2009 n° 102;

Vista la deliberazione della Sezione regionale di controllo per la Campania n° 74/2009 del 30 settembre 2009;

Viste, altresì, la deliberazione n° 8/AUT/2008 del 12 maggio-4 luglio 2008, nonché la nota del Presidente della Corte dei conti n° 2789 del 28 settembre 2009;

Vista la nota prot. n° 1890 del 10 febbraio 2012, con la quale il Sindaco del Comune di Anacapri (Na) ha fatto pervenire a questa Sezione richiesta di parere;

Vista l’ordinanza presidenziale n° 13./2012 con la quale la questione è stata deferita all’esame collegiale della Sezione;

Udito il relatore, Referendario Carla Serbassi;

FATTO

Con la nota indicata in epigrafe il Sindaco del Comune di Anacapri (NA) chiede a questa Corte un parere in ordine alla possibilità di esclusione dal tetto di cui all’art. 9, comma 2-bis del d. l. 31 maggio 2010 n. 78, convertito dalla l. 30 luglio 2010 n. 122, dei compensi aggiuntivi che l’Ente intenderebbe corrispondere al personale dell’Ufficio tecnico per lo svolgimento dell’istruttoria delle domande di concessione o di autorizzazione in sanatoria allo stato pendenti.

Più in particolare, il Comune, dopo aver precisato:

– che si trova a dover trattare circa 3.800 pratiche di condono edilizio “che per una serie di ragioni ha evaso solo in minima parte”, e che richiedono lo svolgimento di un iter particolarmente complesso, da gestire “con personale reperito solo dall’interno del Settore tecnico, nel quale esistono specifiche competenze ed esperienze in materia”;

– che l’art. 2 della legge 23 dicembre 1996 n. 662 prevede, al comma 48, che “I comuni sono tenuti ad iscrivere nei propri bilanci le somme versate a titolo di oneri concessori per la sanatoria degli abusi edilizi in un apposito capitolo del titolo IV dell’entrata. Le somme relative sono impegnate in un apposito capitolo del titolo II della spesa. I comuni possono utilizzare le relative somme per far fronte ai costi di istruttoria delle domande di concessione o di autorizzazione in sanatoria….”, e,al comma 49, che: “Per l’attività istruttoria connessa al rilascio delle concessioni in sanatoria i comuni possono utilizzare i fondi all’uopo accantonati, per progetti finalizzati da svolgere oltre l’orario di lavoro ordinario…”;

– che le somme sopraindicate sono state iscritte nel bilancio dell’Ente al titolo II, e che “è in fase di redazione un progetto per l’istruttoria delle pratiche con l’eventuale previsione della corresponsione di compensi aggiuntivi da destinare al personale dell’ufficio tecnico tramite l’incremento del fondo per la contrattazione decentrata; fondo che l’Ente intenderebbe “rimpinguare” con gli incassi delle somme, versate dagli interessati a titolo di oneri concessori per la sanatoria degli abusi edilizi, accantonate ai sensi dell’art. 2, commi 48 e 49, della menzionata legge 23 dicembre 1996 n° 662, con l’ulteriore precisazione che “dette risorse, infatti, alimentano il fondo in senso solo figurativo, dato che esse non sono poi destinate a finanziare gli incentivi spettanti alla generalità del personale dell’Amministrazione Pubblica”, atteso che “trattasi, infatti, di prestazioni poste in essere esclusivamente dal personale dell’Ufficio tecnico in possesso di conoscenze ed esperienze specialistiche in campo urbanistico”;

– che la tipologia di prestazione professionale di che trattasi “afferisce ad attività sostanzialmente finalizzata ad investimenti”;

chiede se –anche alla luce dei principi affermati dalle Sezioni riunite in sede di controllo di questa Corte con la deliberazione n° 51/CONTR/11 del 4 ottobre 2011- gli emolumenti in questione siano o meno da considerare ai fini del rispetto del già menzionato art. 9, comma 2‑bis, del d. l. 78/2010, in cui si prevede che: “A decorrere dal 1° gennaio 2011 e sino al 31 dicembre 2013 l’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non può superare il corrispondente importo dell’anno 2010 ed è, comunque, automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio”.

DIRITTO

In rito, ricorda la Sezione che l’art. 7, comma 8, della legge n. 131/2003 prevede che gli Enti Locali possano chiedere pareri in materia di contabilità pubblica alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti “… di norma, tramite il Consiglio delle Autonomie Locali …”.

A questo proposito questa Sezione richiama l’orientamento sin qui seguito da tutte le altre Sezioni regionali di controllo, dal quale non vi è motivo per discostarsi, secondo cui la mancata costituzione di detto Organismo (pur previsto nello Statuto della regione Campania approvato con la legge regionale n 6 del 28 maggio 2009) non può fondare ragioni di preclusione dell’esercizio di una facoltà attribuita dalla legge agli Enti Locali ed alla stessa Regione.

Pertanto, nelle more della costituzione, nella regione Campania, del predetto Consiglio delle Autonomie Locali, la richiesta di parere deve considerarsi ammissibile, sotto il profilo soggettivo, se ed in quanto formulata – come nel caso di specie – dal Sindaco, quale organo di vertice dell’Amministrazione comunale, legittimato ad esprimere la volontà dell’Ente, essendo munito di rappresentanza legale esterna ai sensi dell’art. 50 del D.L.vo n. 267/2000.

Sempre sotto il profilo dell’ammissibilità del quesito, si deve sottolineare come, con la deliberazione n. 54/CONTR/2010, le Sezioni Riunite di questa Corte abbiano, tra l’altro, stabilito che la funzione consultiva della Sezione regionale di controllo nei confronti degli Enti territoriali deve avere “la possibilità di svolgersi nei confronti di quei quesiti che risultino connessi alle modalità di utilizzo delle risorse pubbliche, nel quadro di specifici obiettivi di contenimento della spesa sanciti dai principi di coordinamento della finanza pubblica – espressione della potestà legislativa concorrente di cui all’art. 117, comma 3, della Costituzione – contenuti nelle leggi finanziarie, in grado di ripercuotersi direttamente sulla sana gestione finanziaria dell’Ente e sui suoi pertinenti equilibri di bilancio”.

Nei limiti suddetti, non è dubbio che, nel caso di specie, si rientri nella nozione di contabilità pubblica, venendo in discussione esigenze consultive concernenti le spese del personale, capaci di incidere sul bilancio dell’ente e come tali disciplinate dal d. l. 31 maggio 2010 n. 78, convertito dalla l. 30 luglio 2010 n. 122 (contenente misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica) che ha, in particolare, limitato la possibilità di aumento della spesa per risorse destinate al trattamento economico accessorio del personale, nei termini sopra indicati.

Nel merito, la Sezione osserva quanto segue.

Il quesito posto dal Comune di Anacapri riguarda la possibile destinazione delle somme versate all’ente a titolo di oneri concessori per la sanatoria degli abusi edilizi, le cui modalità di utilizzo e di allocazione contabile sono specificamente disciplinate dai commi 48 e 49 dell’art. 2 della l. 23 dicembre 1996, n. 662, che così stabiliscono:

– comma 48: ”I comuni sono tenuti ad iscrivere nei propri bilanci le somme versate a titolo di oneri concessori per la sanatoria degli abusi edilizi in un apposito capitolo del titolo IV dell’entrata. Le somme relative sono impegnate in un apposito capitolo del titolo II della spesa. I comuni possono utilizzare le relative somme per far fronte ai costi di istruttoria delle domande di concessione o di autorizzazione in sanatoria, per anticipare i costi per interventi di demolizione delle opere di cui agli articoli 32 e 33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni, per le opere di urbanizzazione primaria e secondaria, per interventi di demolizione delle opere non soggette a sanatoria entro la data di entrata in vigore della presente legge, nonché per gli interventi di risanamento urbano ed ambientale delle aree interessate dall’abusivismo. I comuni che, ai sensi dell’articolo 39, comma 9, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, hanno adottato provvedimenti per consentire la realizzazione di opere di urbanizzazione con scorporo delle aliquote, possono utilizzare una quota parte delle somme vincolate per la costituzione di un apposito fondo di garanzia per l’autorecupero, con l’obiettivo di sostenere l’azione delle forme consortili costituitesi e di integrare i progetti relativi alle predette opere con progetti di intervento comunale”,

– comma 49: “Per l’attività istruttoria connessa al rilascio delle concessioni in sanatoria i comuni possono utilizzare i fondi all’uopo accantonati, per progetti finalizzati da svolgere oltre l’orario di lavoro ordinario, ovvero nell’ambito dei lavori socialmente utili. I comuni possono anche avvalersi di liberi professionisti o di strutture di consulenze e servizi ovvero promuovere convenzioni con altri entilocali”.

Le predette norme, oltre a classificare nell’alveo delle poste in conto capitale i proventi in argomento (introducendo l’obbligo di impegnare gli stessi “in un apposito capitolo del titolo II della spesa”, relativo, appunto, alle spese in conto capitale), conferiscono agli enti –sia pure nell’ambito delle tipologie indicate nel menzionato comma 48 e con le conseguenze derivanti dalla natura di tali poste- un’ampia discrezionalità in ordine alle effettive modalità di utilizzo di siffatti proventi, così come analoga discrezionalità è stata prevista dal legislatore –al fine di consentire l’ottimizzazione dell’attività istruttoria connessa al rilascio delle concessioni in sanatoria- nella particolare ipotesi normativa relativa al possibile utilizzo di fondi eventualmente accantonati, i quali possono essere destinati, per quello che rileva nel caso che ne occupa, anche a “progetti finalizzati da svolgere oltre l’orario di lavoro ordinario” (comma 49).

Tale ultima disposizione ” (comma 49) trova, nell’ordinamento vigente, uno specifico raccordo normativo nell’art. 32, comma 40, del decreto-legge 30 settembre 2003 n° 269, convertito nella legge 24 novembre 2003 n° 326, che così recita : “Alla istruttoria della domanda di sanatoria si applicano i medesimi diritti e oneri previsti per il rilascio dei titoli abilitativi edilizi, come disciplinati dalle Amministrazioni comunali per le medesime fattispecie di opere edilizie. Ai fini della istruttoria delle domande di sanatoria edilizia può essere determinato dall’Amministrazione comunale un incremento dei predetti diritti e oneri fino ad un massimo del 10 per cento da utilizzare con le modalità di cui all’articolo 2, comma 46, della legge 23 dicembre 1996, n. 662. Per l’attività istruttoria connessa al rilascio delle concessioni in sanatoria i comuni possono utilizzare i diritti e oneri di cui al precedente periodo, per progetti finalizzati da svolgere oltre l’orario di lavoro ordinario”.

Il legislatore appare aver così disciplinato –in particolare aggiungendo, in sede di conversione del menzionato decreto-legge, la previsione di cui all’ultimo periodo del menzionato comma 40- una specifica modalità di possibile utilizzazione delle risorse in questione, che l’Ente può infatti destinare (nelle forme ed alle condizioni di legge) al finanziamento proprio di quei “progetti finalizzati da svolgere oltre l’orario di lavoro ordinario” testualmente previsti dall’art. 2, comma 49, della legge n° 662 del 1996; risorse che, per la specialità della suddetta disposizione normativa applicativa, nonché per la loro caratteristica strutturale, non appaiono soggette alla disciplina di cui all’art. 9, comma 2-bis, del decreto-legge n° 78 del 2010, cui fa riferimento l’Ente interpellante, pur rimanendo assoggettate all’inderogabile vincolo tipologico di impegno (e di destinazione) specificamente prescritto per “l’apposito capitolo” dal già menzionato, e tuttora vigente, comma 48 dell’art. 2 della legge n° 662 del 1996.

Ciò premesso, è evidente che, nell’esercizio della propria discrezionalità amministrativa, l’ente potrebbe, in astratto, anche prevedere di incentivare l’attività istruttoria finalizzata alla definizione delle domande di sanatoria mediante la “corresponsione di compensi aggiuntivi da destinare al personale dell’Ufficio tecnico tramite” l’utilizzazione (e non l’incremento rispetto all’anno precedente) “del fondo per la contrattazione decentrata” (ipotesi peraltro, mutatis mutandis, specificamente prospettata nella richiesta di parere de qua – pag. 2, righi 13-15), con ciò, però, da una parte, non potendo – ratione vinculorum – far rifluire in detto fondo le “somme versate a titolo di oneri concessori per la sanatoria degli abusi edilizi”, di cui al già menzionato comma 48, da iscriversi al titolo IV dell’entrata e da impegnarsi –ex lege– al titolo II della spesa (infatti, con l’utilizzo di detta modalità, l’Amm.ne si porrebbe al di fuori del contesto delle ipotesi tipizzate di possibile utilizzo dei diritti e degli oneri concessori di che trattasi, dettagliatamente elencate nella normativa speciale innanzi menzionata); dall’altra, ricadendo, conseguentemente, nell’obbligo dell’osservanza della disciplina generale che attualmente limita –senza alcuna distinzione finalistica- la possibilità di incremento dell’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, nel rispetto del vigente limite di cui al comma 2-bis dell’art. 9 innanzi citato.

Al riguardo va invero evidenziato come la ratio del citato art. 9, comma 2-bis, del decreto-legge 78/2010 sia quella di “rafforzare il limite posto alla crescita della spesa di personale, cheprescinde da ogni considerazione relativa alla provenienza delle risorse, applicabile, pertanto, anche nel caso in cui l’ente disponga di risorse aggiuntive derivanti da incrementi di entrata”, come evidenziato dalle Sezioni riunite di questa Corte in sede di controllo, nella delibera n. 51/CONTR/11 del 4 ottobre 2011, menzionata dallo stesso Ente interpellante. Nello stesso senso è la successiva delibera delle predette SSRR, n° 56/CONTR/2011 del 2 novembre 2011, in cui si ribadisce che la disposizione di legge sopra citata è suscettibile di interpretazione rigida e che “le norme citate vanno lette in un quadro unitario di contenimento della spesa nell’impiego pubblico, in una interpretazione sistematica, considerando anche i limiti al trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti previsti comma 1 del citato articolo 9, nonché alla spesa di personale (L.F. 2006 art. 1 commi 557 e 562 e s.m.i.)”.

Si ritiene, a tal proposito, utile aggiungere la precisazione, anche se non direttamente oggetto di quesito, che i compensi in discussione sono esclusi, quale parte variabile del trattamento accessorio individuale, dall’aggregato di riferimento per il rispetto dell’art. 9, comma 1, del d. l. 78/2010, che recita: “Per gli anni 2011, 2012 e 2013 il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, ivi compreso il trattamento accessorio, previsto dai rispettivi ordinamenti delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell’art. 1 della l. 31 dicembre 2009, n. 196, non può superare, in ogni caso, il trattamento ordinariamente spettante per l’anno 2010, al netto degli effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva, ivi incluse le variazioni dipendenti da eventuali arretrati, conseguimento di funzioni diverse in corso d’anno, fermo in ogni caso quanto previsto dal comma 21, terzo e quarto periodo, per le progressioni di carriera comunque denominate, maternità, malattia, missioni svolte all’estero, effettiva presenza in servizio, fatto salvo quanto previsto dal comma 17, secondo periodo, e dall’art. 8, comma 14”; trattasi invero di emolumenti che non rientrano nel “trattamento economico ordinariamente spettante”, afferendo gli stessi alle voci retributive dell’accessorio prive del carattere fisso e continuativo, riguardando incentivi che dovrebbero corrispondersi solo nella eccezionale occasione della evasione delle pratiche di condono edilizio, ed evidenzianti, quindi, caratteristiche di eventualità e variabilità.

In definitiva, le componenti variabili del trattamento accessorio, escluse dal limite del comma 1 dell’art. 9, innanzi citato, per il loro carattere non fisso e continuativo, trovano il loro vincolo di incremento proprio nella disciplina del comma 2-bis del medesimo articolo 9; in tal senso, si sono espresse molte Sezioni regionali di controllo, nonché l’Ispettorato generale per gli ordinamenti del personale e l’analisi dei costi del lavoro pubblico (cfr., al riguardo, circolare IGOP n. 12/2011 del 15 aprile 2011 e delibere delle Sezioni regionali di controllo: Veneto, n. 172/2010 e 285/2011, Piemonte, n. 5/2011, Toscana, n. 216/2010, 152/2011, 197/2011).

E’ pur vero che le Sezioni riunite della Corte dei conti, con la delibera n° 51/CONTR/11 succitata, hanno ravvisato due specifiche eccezioni al limite imposto dalla norma in questione, sostenendo che le sole risorse di alimentazione dei fondi da ritenere non ricomprese nell’ ambito applicativo dell’art. 9, comma 2-bis siano “le risorse finalizzate a incentivare prestazioni poste in essere per la progettazione di opere pubbliche” e “le risorse che affluiscono al fondo per remunerare le prestazioni professionali dell’avvocatura interna (comunale/provinciale)”, in quanto “destinate a remunerare prestazioni professionali tipiche di soggetti individuati o individuabili e che peraltro potrebbero essere acquisite attraverso il ricorso all’esterno dell’amministrazione pubblica con possibili costi aggiuntivi per il bilancio dei singoli enti”, ma -in disparte la circostanza che le Sezioni riunite di questa Corte, nella predetta deliberazione, hanno individuato delle specifiche eccezioni ad una regola generale, limitando motivatamente ed espressamente la propria pronuncia a due sole fattispecie, diverse da quella qui in esame- nella materia in trattazione il legislatore risulta essere intervenuto con disposizioni speciali (in quanto tali sottratte ad ogni procedimento ermeneutico di integrazione analogica), con vincoli di allocazione e di tipologia di impegno contabile, e con previsioni puntuali destinate a finanziare l’incremento della produttività nello smaltimento dei carichi di lavoro relativi all’istruttoria “connessa al rilascio delle concessioni in sanatoria”; sicché, la scelta alternativa dell’utilizzo del diverso istituto (rispetto a quelli “speciali” e strutturali individuati ad hoc dal legislatore) del fondo per la contrattazione decentrata, pur essendo ammissibile in base all’ampiezza della discrezionalità intestata all’Amministrazione interessata, non può che rimanere disciplinata, in parte qua, dalla norma generale di cui all’art. 9, comma 2-bis.

Nelle suesposte considerazioni è il parere della Sezione.

Copia della presente deliberazione sarà trasmessa, per il tramite del Direttore del Servizio di supporto, all’Amministrazione interessata.

Così deliberato in Napoli, nella camera di consiglio del 23 aprile 2012

IL RELATORE IL PRESIDENTE

F. to Ref. Carla Serbassi F. to Pres. Sez. Vittorio Lomazzi

Depositato in Segreteria in data 23 aprile 2012

Il Direttore del servizio di supporto

f.to dott. Mauro Grimaldi