Pubblico impiego: sulle condizioni per il rimborso delle spese legali in caso di assoluzione in sede penale per carenza dell'elemento soggettivo

NOTA

Il parere della Sezione si pronuncia sulle condizioni per disporre il rimborso delle spese legali agli amministratori dell’ente locale, in presenza di una sentenza penale di assoluzione per carenza dell’elemento soggettivo del reato (abuso d’ufficio, art. 323 c.p.).

* * *

Lombardia/519/2012/PAR

REPUBBLICA ITALIANA

LA

CORTE DEI CONTI

IN

SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER LA

LOMBARDIA

composta dai magistrati:

dott. Nicola Mastropasqua Presidente

dott. Giuseppe Roberto Mario Zola Consigliere

dott. Gianluca Braghò Primo referendario

dott. Alessandro Napoli Referendario

dott.ssa Laura De Rentiis Referendario

dott. Francesco Sucameli Referendario

dott. Cristiano Baldi Referendario

dott. Andrea Luberti Referendario (relatore)

nell’adunanza in camera di consiglio del 4 dicembre 2012

Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con il regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni;

Vista la legge 21 marzo 1953, n. 161;

Vista la legge 14 gennaio 1994, n. 20;

Vista la deliberazione delle Sezioni riunite della Corte dei conti del 16 giugno 2000, n. 14, che ha approvato il regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, modificata con le deliberazioni delle Sezioni riunite del 3 luglio 2003, n. 2 e del 17 dicembre 2004, n. 1;

Visto il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante il testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali;

Vista la legge 5 giugno 2003, n. 131;

Vista la nota prot. 17456 in data 7 ottobre 2012, con cui il sindaco del comune di Cologno al Serio (BG) ha richiesto un parere in materia di contabilità pubblica;

Vista la deliberazione n. 1/PAR/2004 del 3 novembre 2004 con la quale la Sezione ha stabilito i criteri sul procedimento e sulla formulazione dei pareri previsti dall’art. 7, comma 8, della legge n. 131/2003;

Vista l’ordinanza con la quale il Presidente ha convocato la Sezione per l’adunanza odierna per deliberare sulla richiesta del sindaco del comune di Cologno al Serio;

Udito il relatore dott. Andrea Luberti;

PREMESSO CHE

Il sindaco del comune menzionato in epigrafe ha richiesto delucidazioni in ordine alla possibilità di rimborso di spese legali sopportate dagli amministratori comunali. Nello specifico, l’istante intende conseguire chiarimenti sul comportamento da tenere laddove gli amministratori siano sottoposti a procedimento penale per il reato di cui all’art. 323 c.p., in particolare laddove il proscioglimento sia disposto per la carenza dell’elemento soggettivo.

AMMISSIBILITA’ SOGGETTIVA

Il primo punto da esaminare concerne l’ammissibilità della richiesta, con riferimento ai parametri derivanti dalla natura della funzione consultiva prevista dalla normativa sopra indicata.

Con particolare riguardo all’individuazione dell’organo legittimato a inoltrare le richieste di parere dei Comuni, si osserva che il sindaco è l’organo istituzionalmente legittimato a richiedere il parere in quanto riveste il ruolo di rappresentante dell’ente ai sensi dell’art. 50 del t.u.e.l. Pertanto, la richiesta di parere è soggettivamente ammissibile poiché promanante dall’organo legittimato a proporla.

AMMISSIBILITA’ OGGETTIVA

Con riferimento alla verifica del profilo oggettivo di ammissibilità del quesito, occorre rammentare che la richiesta di parere è formulata ai sensi dell’articolo 7, comma 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, recante “Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3”.

La disposizione contenuta nell’art. 7, comma 8, della legge 131/2003 deve essere raccordata con il precedente comma 7, norma che attribuisce alla Corte dei conti la funzione di verificare il rispetto degli equilibri di bilancio, il perseguimento degli obiettivi posti da leggi statali e regionali di principio e di programma, la sana gestione finanziaria degli enti locali.

Lo svolgimento delle funzioni è qualificato dallo stesso legislatore come una forma di controllo collaborativo.

Il raccordo tra le due disposizioni opera nel senso che il comma 8 prevede forme di collaborazione ulteriori rispetto a quelle del precedente comma che, lungi dal conferire alle Sezioni regionali di controllo un generale ruolo di consulenza, la limitano alla sola contabilità pubblica. Preliminare all’ulteriore procedibilità del parere è quindi la ricomprensione del parere tra quelli attribuibili per materia alle Sezioni regionali di controllo.

Le Sezioni riunite della Corte dei conti, intervenute con una pronuncia in sede di coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell’art. 17, comma 31 del decreto legge 1 luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, hanno al riguardo precisato che detto concetto non si estende sino a ricomprendere la totalità dell’azione amministrativa che presenti riflessi di natura finanziaria, ma deve intendersi limitato al “sistema di principi e di norme che regolano l’attività finanziaria e patrimoniale dello Stato e degli Enti pubblici”, sia pure “in una visione dinamica dell’accezione che sposta l’angolo visuale dal tradizionale contesto della gestione del bilancio a quello inerente ai relativi equilibri”.

Con specifico riferimento alla richiesta analizzata dalla presente pronunzia, la stessa nella giurisprudenza della Sezione è sempre stata ritenuta oggettivamente ammissibile, in quanto rivolta a chiarire l’applicazione di norme e principi giuridici che costituiscono fonte di atti di spesa.

MERITO

In linea di principio, deve osservarsi che la Sezione ha avuto modo di affrontare, anche di recente, la problematica della possibilità per un ente locale di rimborsare le spese legali sostenute da un proprio amministratore coinvolto in un processo penale.

Più in particolare, con la deliberazione resa in data 21 marzo 2012, n. 86, la Sezione, con ampia e approfondita disamina, ha avuto modo di precisare la tipologia di valutazioni che deve essere compiuta dal responsabile dell’ente al fine di disporre il rimborso delle spese legali sostenute.

E’ stato al riguardo affermato che: i) la materia trova la sua disciplina, per i soli dipendenti dell’ente, in sede contrattuale, ed esattamente nell’art. 28 del c.c.n.l. per il personale del comparto delle Regioni e delle autonomie locali del 14 settembre 2000 secondo cui “1. L’ente, anche a tutela dei propri diritti ed interessi, ove si verifichi l’apertura di un procedimento di responsabilità civile o penale nei confronti di un suo dipendente per fatti o atti direttamente connessi all’espletamento del servizio e all’adempimento dei compiti d’ufficio, assumerà a proprio carico, a condizione che non sussista conflitto di interessi, ogni onere di difesa sin dall’apertura del procedimento, facendo assistere il dipendente da un legale di comune gradimento. 2. In caso di sentenza di condanna esecutiva per fatti commessi con dolo o colpa grave, l’ente ripeterà dal dipendente tutti gli oneri sostenuti per la sua difesa in ogni stato e grado del giudizio”; ii) per quanto riguarda, invece, la posizione degli amministratori, laddove l’ente ritenga di disporre il rimborso delle spese descritte, pur in carenza di una norma legittimante, può trovare applicazione il generale principio secondo cui le conseguenze economiche dei comportamenti adottati da chi agisce per curare un interesse altrui devono essere poste a carico del titolare dell’interesse medesimo; iii) soccorre, altresì, l’intepretazione estensiva, peraltro in applicazione del sopra menzionato principio, di quanto previsto in tema di mandato dall’art. 1720 c.c., che impone al mandante di tenere indenne il mandatario da ogni pregiudizio subito a causa dello svolgimento del mandato; iv) pertanto, posta la legittimità del rimborso delle spese legali in favore (anche) degli amministratori, per gli stessi non potranno trovare applicazione le norme positivamente dettate per il rimborso in favore dei dipendenti, ma dovranno essere sperimentate opzioni valutative di diverso tenore.

Tali diverse valutazioni sono state ritenute consistenti nel positivo accertamento della correttezza del comportamento tenuto, pur se indipendentemente dalla formula assolutoria utilizzata dal giudice penale, in quanto, come cennato, per gli amministratori non risulta applicabile la disposizione contrattuale valevole per gli impiegati dell’ente che prevede la ripetizione delle somme nelle sole ipotesi di dolo o colpa grave.

Applicando i riferiti principi allo specifico oggetto della richiesta (proscioglimento per il reato di abuso di ufficio) qualche preliminare considerazione deve essere compiuta con riferimento al reato previsto e punito dall’art. 323, al fine di trarne corollari rilevanti per la questione.

E’ noto, al riguardo, che il delitto di abuso di ufficio mira a prevenire il disdicevole fenomeno dell’esercizio di poteri pubblicistici prestato in modo non funzionale al pubblico interesse curato, ma anzi asservito a finalità egoistiche.

Tuttavia, la fattispecie in commento, all’esito della sua ultima e travagliata riformulazione, ha, in ossequio al principio di frammentarietà che è proprio della sanzione penale, limitato la concreta punibilità ai soli fatti ricompresi nell’orbe applicativo della disposizione e dei suoi elementi ad colorandum, nel dettaglio: i) la violazione di legge o di regolamento (che in particolare può consistere nell’obbligo di astensione in presenza di un interesse proprio o familiare); ii) la determinazione a se stesso di un vantaggio patrimoniale ovvero a un terzo di un danno, anche non patrimoniale; iii) la vera e propria intenzionalità del comportamento, elemento soggettivo più marcato rispetto alla mera volontarietà del fatto e consistente nel vero e proprio animus lucri captandi o damni faciendi.

A prescindere da ogni valutazione, non conferente nella presente sede, sulla correttezza dell’opzione legislativa, deve comunque osservarsi che prima facie molti dei fatti astrattamente non sanzionabili sotto il profilo penalistico risultano, tuttavia, suscettibili di essere affetti di marchiane illegittimità nonché forieri di responsabilità in capo all’ente.

Nella citata pronunzia 86/2012 la Sezione ha peraltro precisato che “se la sentenza di assoluzione si fonda sull’affermazione che il fatto non è stato commesso o si è verificato in presenza di una scriminante, tale positivo accertamento costituirà un limite imprescindibile nella decisione dell’ente pubblico per il rimborso delle spese legali. Se, invece, la pronuncia di assoluzione si fonda sul difetto di un elemento costitutivo per la sola fattispecie penalmente rilevate (…) tale pronuncia non escluderà un’autonoma valutazione dell’ente pubblico sulla condotta del suo amministratore e sul permanere del conflitto di interessi”.

Ne deriva che, con riferimento alla fattispecie in commento, peraltro citata a titolo esemplificativo già nella deliberazione 86/2012, occorrerà valutare se il proscioglimento sia intervenuto per l’accertamento della sostanziale correttezza del comportamento tenuto dall’amministratore, ovvero se la pronunzia penale si limiti ad acclarare l’insussistenza dei presupposti per l’irrogazione della sanzione: ben potendo la stessa, a titolo esemplificativo, riscontrare l’esistenza di forti illegittimità nel comportamento dell’amministratore, ma al contempo ritenere il reato non integrato in quanto risulti carente la patrimonialità del vantaggio conseguito ovvero (con riferimento all’elemento soggettivo) difetti la vera e propria intenzione di determinare un vantaggio patrimoniale o un danno, per quanto gli stessi siano stati effettivamente determinati.

Tale statuizione, rilevante sotto il profilo penalistico, non escluderebbe però una valutazione di disvalore per il comportamento dell’agente, e sarebbe quindi insufficiente a legittimare la ripetizione delle spese legali.

P.Q.M.

Nelle considerazioni esposte è il parere della Sezione.

L’Estensore Il Presidente

(dott. Andrea Luberti) (dott. Nicola Mastropasqua)

Depositata in Segreteria

il 10 dicembre 2012

Il Direttore della Segreteria

(dott.ssa Daniela Parisini)