Finanza pubblica: limiti ai compensi degli organi di amministrazione di società miste locali

NOTA

Con il parere in rassegna, la Sezione Lombardia si pronuncia sull’individuazione di limiti al compenso da riconoscere agli organi di amministrazione (presidente, consiglio di amministrazione e amministratore delegato) di una società mista pubblico-privata locale.

La Sezione ritiene che:

– non sono applicabili ai compensi degli amministratori di società miste pubblico-private i limiti previsti dall’art. 6, D.L. 31 maggio 2010 n.78, convertito con modificazioni dalla L. 30 luglio 2010, n. 122;

– il compenso massimo erogabile agli organi di amministrazione di tali società deve essere contenuto nei limiti previsti dall’art. 1 co. 728, L. 27 dicembre 2006, n. 296 (Finanziaria per l’anno 2007), fatte salve la specifica e tassativa eccezioni ivi prevista per l’eventuale erogazione della retribuzione di risultato.

Meritano segnalazione altresì le indicazioni in tema di determinazione dei compensi nel contesto della governance della società locale.

Riportiamo di seguito anche il parere della Sezione 21 maggio 2012, n. 218 richiamato in motivazione.

* * *

Lombardia/265/2012/PAR

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE DEI CONTI

IN

SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER LA

LOMBARDIA

composta dai magistrati:

dott. Nicola Mastropasqua Presidente

dott. Giuseppe Roberto Mario Zola Consigliere

dott. Gianluca Braghò Primo referendario

dott. Massimo Valero Primo referendario

dott. Alessandro Napoli Referendario

dott. Laura De Rentiis Referendario

dott. Donato Centrone Referendario (relatore)

dott. Francesco Sucameli Referendario

dott. Cristiano Baldi Referendario

nella camera di consiglio del 07 giugno 2012

Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con il regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni;

Vista la legge 21 marzo 1953, n. 161;

Vista la legge 14 gennaio 1994, n. 20;

Vista la deliberazione delle Sezioni riunite della Corte dei conti n. 14/2000 del 16 giugno 2000, che ha approvato il regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, modificata con le deliberazioni delle Sezioni riunite n. 2 del 3 luglio 2003 e n. 1 del 17 dicembre 2004;

Visto il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 recante il Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali;

Vista la legge 5 giugno 2003, n. 131;

Vista la deliberazione n. 1/pareri/2004 del 3 novembre 2004 con la quale la Sezione ha stabilito i criteri sul procedimento e sulla formulazione dei pareri previsti dall’articolo 7, comma 8, della legge n. 131/2003;

Vista la nota del 20 aprile 2012 con la quale il Sindaco del Comune di Rho (MI) ha chiesto un parere in materia di contabilità pubblica;

Vista l’ordinanza con la quale il Presidente ha convocato la Sezione per l’adunanza odierna per deliberare sulla sopra indicata richiesta;

Udito il relatore, dott. Donato Centrone

Premesso che

Il Sindaco del Comune di Rho (MI), con nota del 25 maggio 2012, ha formulato alla Sezione una richiesta di parere in ordine all’interpretazione dell’art. 6 comma 2 del d.l. n. 78/2010, convertito nella legge n. 122/2010.

In particolare, il Sindaco premette il seguente quadro di fatto e diritto:

– A.Se.R., Azienda Servizi del Rhodense S.p.A., è una società partecipata a capitale misto pubblico/privato, con socio privato di minoranza scelto tramite gara a doppio oggetto;

– lo Statuto della società prevede che il Consiglio di amministrazione possa nominare tra i suoi membri, nei limiti dell’art. 2381 del Codice Civile, un Amministratore Delegato, determinandone la retribuzione a norma di legge;

– il CdA della società ha nominato, con atto del 30/04/2009, un amministratore delegato conferendogli i poteri di gestione fino all’approvazione del bilancio al 31/12/2011;

– il Comune di Rho è socio di maggioranza nella citata società A.Se.R., avente ad oggetto servizi di igiene urbana, servizi ambientali integrati e attività connesse, compresa la gestione amministrativa e la riscossione della tariffa di igiene urbana;

– le interpretazioni fornite dalla Sezione regionale per la Lombardia della Corte dei conti, in particolare nelle delibere n. 366/2011 e n. 1065/2010, chiariscono che gli organismi strumentali che utilizzano risorse provenienti dall’ente locale non possano erogare compensi in favore degli amministratori;

– la predetta dipendenza finanziaria, secondo l’interpretazione della Corte, si manifesterebbe non solo sotto forma di contribuzione ma eventualmente connessa con le tariffe stabilite per le prestazioni erogate in favore dell’ente locale tramite apposito contratto di servizio o concretarsi, da Statuto, sotto forma di obbligo giuridico di ripianare i costi sociali dell’attività di gestione;

– il Comune di Rho, nel caso specifico della suddetta partecipata, sebbene società di capitali, ne riconosce la strumentalità rispetto all’Ente e la dipendenza finanziaria dallo stesso, visti gli obblighi specificati nella convenzione di servizio;

– i ricavi derivanti dalla gestione della T.I.A., pari a € 8.616.067, costituiscono circa il 90% del valore della produzione della società (dato relativo al bilancio 2011).

Sulla base delle predette considerazioni, in data 30 aprile 2012, il Comune di Rho ha comunicato ad A.Se.R. spa di ritenere applicabile alla società l’art. 6 comma 2 del D.L. 78/2010 a partire dal primo rinnovo del Consiglio di Amministrazione, ritenendo il gettone di presenza quale unico compenso da riconoscere all’organo di amministrazione.

A.Se.R. s.p.a., con nota datata 9 maggio 2012, ha ritenuto non applicabile il disposto normativa in questione alla società, in quanto trattasi di soggetto di diritto privato e non di ente.

Tutto ciò premesso il Sindaco del Comune di Rho chiede:

1) quale sia il legittimo compenso da riconoscere all’organo di amministrazione della società (Presidente e Consiglieri);

2) quale sia il legittimo compenso da riconoscere all’amministratore delegato che, in base allo statuto della società, viene nominato dal CdA tra i suoi membri, come previsto dall’art. 2381 codice civile.

Il Sindaco allega stralcio dello Statuto di A.Se.R. S.p.A. e di visura camerale.

In merito all’ammissibilità della richiesta

Il primo punto da esaminare, in relazione al quesito formulato dal Sindaco del Comune di Rho, concerne la verifica in ordine alla circostanza se la richiesta rientri nell’ambito delle funzioni attribuite alle Sezioni regionali della Corte dei conti dall’art. 7, comma 8, della legge 6 giugno 2003, n. 131, norma in forza della quale Regioni, Province e Comuni possono chiedere a dette Sezioni pareri in materia di contabilità pubblica, nonché ulteriori forme di collaborazione, ai fini della regolare gestione finanziaria e dell’efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa.

In proposito, questa Sezione ha precisato, in più occasioni, che la funzione di cui al comma ottavo dell’art. 7 della legge n. 131/2003 si connota come facoltà conferita agli amministratori di Regioni, Comuni e Province di avvalersi di un organo neutrale e professionalmente qualificato per acquisire elementi necessari ad assicurare la legalità dell’attività amministrativa.

I pareri e le altre forme di collaborazione si inseriscono nei procedimenti amministrativi degli enti territoriali consentendo, nelle tematiche in relazione alle quali la collaborazione viene esercitata, scelte adeguate e ponderate nello svolgimento dei poteri che appartengono agli amministratori pubblici, restando peraltro esclusa qualsiasi forma di cogestione o coamministrazione con l’organo di controllo esterno (si rinvia, per tutte, alla Delibera della Sezione del 11 febbraio 2009, n. 36).

Infatti, deve essere messo in luce che il parere della Sezione attiene a profili di carattere generale anche se, ovviamente, la richiesta proveniente dall’ente pubblico è motivata, generalmente, dalla necessità di assumere specifiche decisioni in relazione ad una particolare situazione. L’esame e l’analisi svolta nel parere è limitata ad individuare l’interpretazione di disposizioni di legge e di principi generali dell’ordinamento in relazione alla materia prospettata dal richiedente, spettando, ovviamente, a quest’ultimo la decisione in ordine alle modalità applicative in relazione alla situazione che ha originato la domanda.

Con specifico riferimento all’ambito di legittimazione soggettiva per l’attivazione di questa particolare forma di collaborazione, è ormai consolidato l’orientamento che vede, nel caso del Comune, il Sindaco quale organo istituzionalmente legittimato a richiedere il parere, in quanto riveste il ruolo di rappresentante dell’ente ai sensi dell’art. 50 TUEL.

Il presente presupposto soggettivo sussiste nel quesito richiesto dal comune di Rho con nota del 25 maggio 2012.

Con riferimento alla verifica del profilo oggettivo, occorre rilevare che la disposizione contenuta nel comma 8 dell’art. 7 della legge 131 deve essere raccordata con il precedente comma 7, norma che attribuisce alla Corte dei conti la funzione di verificare il rispetto degli equilibri di bilancio, il perseguimento degli obiettivi posti da leggi statali e regionali di principio e di programma, la sana gestione finanziaria degli enti locali. Lo svolgimento delle funzioni è qualificato dallo stesso legislatore come una forma di controllo collaborativo.

Il raccordo tra le due disposizioni opera nel senso che il comma 8 prevede forme di collaborazione ulteriori rispetto a quelle del precedente comma, rese esplicite in particolare con l’attribuzione agli enti della facoltà di chiedere pareri in materia di contabilità pubblica.

Appare conseguentemente chiaro che le Sezioni regionali della Corte dei conti non svolgono una funzione consultiva a carattere generale in favore degli enti locali, ma che, anzi, le attribuzioni consultive si connotano sulle funzioni sostanziali di controllo collaborativo ad esse conferite dalla legislazione positiva. Al riguardo, le Sezioni riunite della Corte dei conti, intervenendo con una pronuncia in sede di coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell’art. 17, comma 31 del decreto legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, hanno delineato una nozione di contabilità pubblica incentrata sul “sistema di principi e di norme che regolano l’attività finanziaria e patrimoniale dello Stato e degli enti pubblici”, da intendersi in senso dinamico anche in relazione alle materie che incidono sulla gestione del bilancio e sui suoi equilibri (Delibera n. 54 del 17 novembre 2010).

Il limite della funzione consultiva come sopra delineato fa escludere qualsiasi possibilità di intervento della Corte dei conti nella concreta attività gestionale ed amministrativa, che ricade nella esclusiva competenza dell’autorità che la svolge o di interferenza, in concreto, con competenze di altri organi giurisdizionali.

Tanto premesso, le richieste del Comune di Rho possono ritenersi ammissibili sotto il profilo oggettivo attenendo alla materia della “contabilità pubblica”, come qualificata nella sopracitata Delibera delle Sezioni Riunite della Corte, nella misura si limitano a richiedere un quadro normativo circa divieti e limitazioni ai compensi erogabili agli organi di direzione, amministrazione e controllo di società partecipate (quali emergenti dall’art. 6 commi 2 e 3 del d.l. n. 78/2010, convertito nella legge n. 122/2010 o, circa la misura massima, dall’art. 1, comma 725, della Legge 27 dicembre 2006, n. 296). Esula dal presente parere l’analisi della quantificazione concreta del compenso riconoscibile agli amministratori, frutto di scelte rimesse all’assemblea dei soci (come da artt. 2365, 2368, 2369 e 2389 del codice civile).

Esame nel merito

Occorre preliminarmente precisare che la decisione da parte dell’Amministrazione sulle modalità interpretative delle norme di contabilità è frutto di valutazioni proprie dell’Ente medesimo, rientranti nelle prerogative dei competenti organi decisionali, pur nel rispetto delle previsioni legali e nell’osservanza delle regole di sana gestione finanziaria e contabile. Cionondimeno il Comune richiedente potrà tenere conto, nelle determinazioni di propria competenza, dei principi generali enunciati in sede interpretativa nel presente parere.

Appare opportuno richiamare il dettato normativo oggetto dei dubbi interpretativi.

Nell’ambito della manovra finanziaria varata ed approvata nell’estate del 2010 (d.l. 31 maggio 2010, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122), il legislatore ha dettato numerose norme dirette a contenere e razionalizzare la spesa pubblica, sia dello Stato che, con alcune modificazioni (discendenti dall’autonomia riconosciuta dalla parte Seconda, Titolo V, della Costituzione, specie dopo l’intervento della Legge costituzionale n. 3/2001) degli enti locali.

Una delle disposizioni di questa natura è l’articolo 6 che, sotto la rubrica “Riduzione dei costi degli apparati amministrativi”, contiene 27 commi dettanti varie regole di contenimento della spesa, applicabili, a seconda dei casi, a tutte o solamente ad alcune amministrazioni pubbliche.

L’art. 6 comma 2 del d.l. n. 78/2010 dispone, in particolare, che “la partecipazione agli organi collegiali, anche di amministrazione, degli enti, che comunque ricevono contributi a carico delle finanze pubbliche, nonché la titolarità di organi dei predetti enti è onorifica; essa può dar luogo esclusivamente al rimborso delle spese sostenute ove previsto dalla normativa vigente; qualora siano già previsti i gettoni di presenza non possono superare l’importo di 30 euro a seduta giornaliera. La violazione di quanto previsto dal presente comma determina responsabilità erariale e gli atti adottati dagli organi degli enti e degli organismi pubblici interessati sono nulli. (……). La disposizione del presente comma non si applica agli enti previsti nominativamente dal decreto legislativo n. 300 del 1999 e dal decreto legislativo n. 165 del 2001, e comunque alle università, enti e fondazioni di ricerca e organismi equiparati, alle camere di commercio, agli enti del Servizio sanitario nazionale, agli enti indicati nella tabella C della legge finanziaria ed agli enti previdenziali ed assistenziali nazionali, alle ONLUS, alle associazioni di promozione sociale, agli enti pubblici economici individuati con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze su proposta del Ministero vigilante, nonché alle società”.

Il dettato normativo appare chiaro nell’escludere, fra gli altri, dall’ambito soggettivo di applicazione del precetto le società (senza altre specificazioni).

Pertanto, in disparte ulteriori considerazioni circa l’interpretazione della disposizione (per le quale utili indicazioni possono trarsi dai precedenti pareri della Sezione n. 1065/2010, n. 155, 361, 366, 508, 616, 669, 674 del 2011 e, da ultimo, n. 218/2012, due dei quali citati e conosciuti dal Comune istante), fra gli “enti, che comunque ricevono contributi a carico delle finanze pubbliche”, cui si applica il divieto di corresponsione di compensi agli organi collegiali (anche di amministrazione), non sono compresi, per espressa esclusione normativa, le società per azioni (quale risulta, dal testo del quesito, nonché dall’allegata copia della visura camerale, la A.Se.R. spa, società mista pubblico privata, partecipata dal Comune di Rho).

I pareri della Sezione, cui fa riferimento l’istanza del Sindaco (n. 1065/PAR del 23/12/2010 e n. 366/PAR del 09/06/2011), riguardano invece, rispettivamente, i differenti casi dell’Istituzione e dell’Azienda speciale (istituite ai sensi dell’art. 114 TUEL), per i quali si conferma l’interpretazione, a suo tempo resa, circa la sottoposizione, in assenza di eccezioni nella lettera del comma 2 dell’art. 6 del d.l. n. 78/2010, al precetto normativo.

Quanto esposto non significa che i compensi erogabili agli organi d’amministrazione delle società partecipate da enti locali siano sottratti a qualsivoglia limite o tetto.

Infatti l’art. 1, comma 725, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Finanziaria per l’anno 2007) ha stabilito che “nelle società a totale partecipazione di comuni e province, il compenso lordo annuale, onnicomprensivo, attribuito al Presidente e ai componenti del Consiglio di Amministrazione non può essere superiore per il Presidente al 70 per cento e per i componenti al 60 per cento delle indennità spettanti rispettivamente al Sindaco e al Presidente della Provincia (…). Resta ferma la possibilità di prevedere indennità di risultato solo nel caso di produzione di utili e in misura comunque non superiore al doppio del compenso onnicomprensivo di cui al primo periodo”.

Nel caso sottoposto all’odierno esame della Sezione rileva, nello specifico, il successivo comma 728 il quale dispone che “nelle società a partecipazione mista di enti locali e altri soggetti pubblici o privati, i compensi di cui ai commi 725 e 726 possono essere elevati in proporzione alla partecipazione di soggetti diversi dagli enti locali, nella misura di un punto percentuale ogni cinque punti percentuali di partecipazione di soggetti diversi dagli enti locali nelle società in cui la partecipazione degli enti locali è pari o superiore al 50 per cento del capitale, e di due punti percentuali ogni cinque punti percentuali di partecipazione di soggetti diversi dagli enti locali nelle società in cui la partecipazione degli enti locali è inferiore al 50 per cento del capitale”.

Questa Sezione ha avuto occasione di pronunciarsi in merito alla corretta determinazione dei compensi dei Presidenti e dei membri del Consiglio d’amministrazione di società partecipate dall’ente locale con le deliberazioni n. 220 del 5 novembre 2008 e n. 218 del 21 maggio 2012, di cui si richiamano le conclusioni. Su altri aspetti della medesima problematica si è espressa la Sezione regionale di controllo per il Lazio con parere n. 18/2011/PAR del 30 marzo 2011 e, più di recente, la Sezione Toscana con parere n. 8/2012/PAR del 31 gennaio 2012.

Alla luce di quanto sopra il compenso massimo erogabile ai membri del Consiglio d’amministrazione deve essere contenuto nei limiti previsti dalle previsioni normative citate, in particolare, per le società miste pubblico-private (quale A.Se.R. spa), dall’art. 1 comma 728 della LF n. 296/2006. Medesime conclusioni devono trarsi per i compensi attribuibili agli amministratori investiti di particolari compiti o cariche, come l’amministratore delegato, problematica per la quale si sono pronunciate in maniera conforme la Sezione Piemonte, nel parere n. 29 del 20 luglio 2009, e Lazio nel citato parere n. 18 del 20 marzo 2011.

Va precisato inoltre che, ai sensi dell’art. 2383 del codice civile, la nomina degli amministratori (consiglieri ed eventuale amministratore delegato ex art. 2381 cod. civ.) spetta all’assemblea dei soci. Il successivo art. 2389 specifica poi che “i compensi spettanti ai membri del consiglio d’amministrazione e del comitato esecutivo sono stabiliti all’atto della nomina o dall’assemblea”.

Il comune di Rho, in quanto socio di maggioranza della società A.Se.R. spa, è in possesso della quota di capitale richiesta dall’art. 2368 cod. civ. (metà del capitale sociale per la valida costituzione dell’assemblea e maggioranza assoluta dei presenti per le deliberazioni, salvo differente maggioranza prevista dallo Statuto), potendo in sede di assemblea ordinaria (modalità sufficiente per la nomina degli amministratori e la determinazione del compenso, cfr. art. 2364 cod. civ.,) decidere se attribuire o meno un compenso agli organi di amministrazione della società e, in caso positivo, come quantificarlo.

Nel caso in cui, invece, l’ostacolo a differenti determinazioni del Comune, socio di maggioranza, sia costituito, come sembra trasparire dal testo del quesito, dall’art. 24 dello Statuto che, facendo applicazione dell’art. 2389 comma 3 del codice civile, rimette al Consiglio d’amministrazione medesimo emolumenti e compensi per lo svolgimento di particolari mansioni, può essere praticata l’opzione di una modifica statutaria ad hoc.

Come previsto dall’art. 2365 cod. civ., in questo caso occorre la convocazione e la deliberazione dell’assemblea straordinaria che, tuttavia, come disposto dall’art. 2368 cod. civ. delibera, già in prima convocazione, con il voto favorevole di tanti soci che rappresentano più della metà del capitale sociale, se lo statuto non richiede una maggioranza più elevata (senza prevedere quorum costitutivi). Pertanto il Comune di Rho potrà, in quanto detentore di una sufficiente quota di partecipazione, approvare una modifica statutaria che rimetta interamente all’assemblea (e quindi al socio comune) la determinazione dei compensi agli amministratori.

Nel caso in cui, invece, lo statuto preveda maggioranze più elevate, non permettendo al solo Comune socio di modificarlo, va comunque tenuto presente che gli eventuali maggiori compensi che il consiglio d’amministrazione può deliberare per alcuni suoi componenti o per l’amministratore delegato, ai sensi dell’art. 2389 comma 3 del codice civile, devono mantenersi nei limiti previsti dall’art. 1 commi 725-728 della legge n. 296/2006 che espressamente prevede che il tetto massimo erogabile sia riferito ai qualunque emolumento attribuito (“compenso lordo annuale, onnicomprensivo”), fatte salve la specifica e tassativa eccezioni ivi prevista per l’eventuale erogazione della retribuzione di risultato. Si rinvia alle motivazioni già esposte in merito nel recente parere della Sezione n. 218 del 21 maggio 2012, nonché ai precedenti delle Sezioni Toscana n. 8/2012/PAR, Lazio n. 18/2011/PAR e Piemonte n. 29/2009/PAR.

Infine pare doveroso segnalare che il Comune socio può, in sede di nomina dei propri rappresentanti nel Consiglio d’amministrazione della società, dare a questi ultimi le opportune direttive atte a escludere o limitare la possibilità per il Consiglio d’amministrazione (la cui maggioranza di membri è costituita da rappresentanti del Comune socio) di attribuire eventuali compensi aggiuntivi all’amministratore delegato o ad altri componenti cui vengano conferiti particolari compiti o funzioni.

P.Q.M.

nelle considerazioni esposte è il parere della Sezione

Il Relatore Il Presidente

(Donato Centrone) (Nicola Mastropasqua)

Depositata in Segreteria

Il 12 giugno 2012

Il Direttore della Segreteria

(dott.ssa Daniela Parisini)

* * *

LOMBARDIA/218/2012/PAR

REPUBBLICA ITALIANA

CORTE DEI CONTI

SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER LA

LOMBARDIA

composta dai Magistrati:

dott. Nicola Mastropasqua Presidente

dott. Giuseppe Zola Consigliere

dott. Gianluca Braghò Primo Referendario

dott. Massimo Valero Primo Referendario (relatore)

dott. Alessandro Napoli Referendario

dott.ssa Laura De Rentiis Referendario

dott. Donato Centrone Referendario

dott. Francesco Sucameli Referendario

dott. Cristiano Baldi Referendario

dott. Andrea Luberti Referendario

nella camera di consiglio del 15 maggio 2012

Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con il regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni;

Vista la Legge 21 marzo 1953, n. 161;

Vista la Legge 14 gennaio 1994, n. 20;

Vista la deliberazione delle Sezioni riunite della Corte dei conti n. 14/2000 del 16 giugno 2000, che ha approvato il regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, modificata con le deliberazioni delle Sezioni riunite n. 2 del 3 luglio 2003 e n. 1 del 17 dicembre 2004, nonché con la deliberazione n. 229 in data 19 giugno 2008 del Consiglio di Presidenza;

Visto il Decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 recante il Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali;

Vista la Legge 5 giugno 2003, n. 131;

Vista la deliberazione n. 1/pareri/2004 del 3 novembre 2004 con la quale la Sezione ha stabilito i criteri sul procedimento e sulla formulazione dei pareri previsti dall’articolo 7, comma 8, della legge n. 131/2003;

Vista la nota n. 285507 del 26 aprile 2012 pervenuta a questa Sezione dal Sindaco del Comune di Milano;

Vista l’ordinanza con la quale il Presidente ha convocato la Sezione per la camera di consiglio del 15 maggio 2012 per deliberare, tra le altre, sulla richiesta proveniente dal Comune di Milano;

Udito il relatore, dott. Massimo Valero;

PREMESSO IN FATTO

Con la nota indicata in epigrafe il Sindaco del Comune di Milano chiede alla Sezione un parere su quanto di seguito riportato.

L’art. 1, comma 725, della Legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Legge Finanziaria per l’anno 2007) ha stabilito che, “nelle società a totale partecipazione di comuni e province, il compenso lordo annuale, onnicomprensivo, attribuito al Presidente e ai componenti del Consiglio di Amministrazione non può essere superiore per il Presidente al 70 per cento e per i componenti al 60 per cento delle indennità spettanti rispettivamente al Sindaco e al Presidente della Provincia (…).

Resta ferma la possibilità di prevedere indennità di risultato solo nel caso di produzione di utili e in misura comunque non superiore al doppio del compenso onnicomprensivo di cui al primo periodo. Le disposizioni del presente collima si applicano anche alle società controllate, ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, dalle società indicate nel primo periodo del presente comma“.

La Corte dei Conti – Sezione Regionale di Controllo per la Lombardia, con delibera n. 220 del 5 novembre 2008, pronunciandosi sulla determinazione dei compensi degli allora Presidenti di ATM S.p.A. e di SEA S.p.A., ha ribadito il principio dell’onnicomprensività degli emolumenti riconosciuti, a qualsiasi titolo, al Presidente e ai membri del Consiglio di Amministrazione, nei limiti del tetto previsto dalla Legge Finanziaria per il 2007, anche in presenza di specifiche deleghe conferite ai predetti soggetti, ai sensi dell’art. 2389, comma 3, c.c..

L’Amministrazione Comunale partecipa, quale socio unico e maggioritario, in Società di dimensioni significative di natura strumentale e/o esercenti servizi pubblici locali e di interesse generale. Al fine di garantire efficienza ed efficacia all’attività delle predette società l’Amministrazione Comunale intende adottare un indirizzo generale volto a consentire la possibilità ai Presidenti o agli Amministratori Delegati di ricoprire anche il ruolo di Direttore Generale per garantire unicità nella guida gestionale e manageriale delle stesse.

Ai fini dell’attuazione del predetto indirizzo ed in coerenza con gli orientamenti formulati da codesta Corte, l’Amministrazione intende garantire il rispetto, da parte delle società, delle seguenti condizioni:

– adeguata specificazione dei compiti e delle responsabilità assegnate al Direttore Generale, ben distinti rispetto a quelli riconducibili al ruolo di Presidente/Amministratore Delegato;

– durata del contratto di lavoro a tempo determinato, quale Direttore Generale, non superiore a quella della nomina quale amministratore.

In tale ipotesi il soggetto, nominato Presidente/Amministratore Delegato della società ed assunto con contratto a tempo determinato quale Direttore Generale, rinuncerebbe al compenso spettante in qualità di amministratore e percepirebbe la retribuzione per il solo ruolo di Direttore Generale, determinato nel rispetto dei limiti generali previsti dall’art. 3, comma 44, della Legge n. 244/2007 per i trattamenti economici corrisposti dalle pubbliche amministrazioni (attualmente € 294.000,00).

Tale indirizzo è già stato adottato dal Comune di Roma con le deliberazioni n. 313 del 16 settembre 2011 e la n. 70 del 16 marzo 2012.

Alla luce di quanto dianzi illustrato si sottopone alla Sezione il seguente quesito:

– se il Comune di Milano possa adottare un indirizzo generale volto a consentire ai Presidenti o agli Amministratori Delegati, di società a totale o maggioritaria partecipazione comunale, di ricoprire anche il ruolo di Direttore Generale per garantire unicità nella guida gestionale e manageriale delle stesse;

– se la società possa riconoscere al soggetto che ricopra il doppio ruolo (Presidente/Amministratore Delegato e Direttore Generale), la retribuzione spettante per il Direttore Generale secondo quanto sopra specificato.

Condizioni di ammissibilità

Il primo punto da esaminare concerne la verifica in ordine alla circostanza se la richiesta di parere rientri nell’ambito delle funzioni attribuite alle Sezioni regionali della Corte dei conti dall’art. 7 comma ottavo, della legge 6 giugno 2003, n. 131, norma in forza della quale Regioni, Province e Comuni possono chiedere a dette Sezioni pareri in materia di contabilità pubblica nonché ulteriori forme di collaborazione ai fini della regolare gestione finanziaria e dell’efficienza e dell’efficacia dell’azione amministrativa.

In proposito, questa Sezione ha precisato, in più occasioni, che la funzione di cui al comma ottavo dell’art. 7 della legge n. 131/2003 si connota come facoltà conferita agli amministratori di Regioni, Comuni e Province di avvalersi di un organo neutrale e professionalmente qualificato per acquisire elementi necessari ad assicurare la legalità della loro attività amministrativa.

I pareri e le altre forme di collaborazione si inseriscono nei procedimenti amministrativi degli enti territoriali consentendo, nelle tematiche in relazione alle quali la collaborazione viene esercitata, scelte adeguate e ponderate nello svolgimento dei poteri che appartengono agli amministratori pubblici, restando peraltro esclusa qualsiasi forma di cogestione o coamministrazione con l’organo di controllo esterno (per tutte: 11 febbraio 2009, n. 36).

Infatti, deve essere messo in luce che il parere della Sezione attiene a profili di carattere generale anche se, ovviamente, la richiesta proveniente dall’ente pubblico è motivata, generalmente, dalla necessità di assumere specifiche decisioni in relazione ad una particolare situazione. L’esame e l’analisi svolta nel parere è limitata ad individuare l’interpretazione di disposizioni di legge e di principi generali dell’ordinamento in relazione alla materia prospettata dal richiedente, spettando, ovviamente, a quest’ultimo la decisione in ordine alle modalità applicative in relazione alla situazione che ha originato la domanda.

Con specifico riferimento all’ambito di legittimazione soggettiva degli enti in relazione all’attivazione di queste particolari forme di collaborazione, è ormai consolidato l’orientamento che vede nel caso del Comune, il Sindaco o, nel caso di atti di normazione, il Consiglio comunale quale organo che può proporre la richiesta.

Con riferimento alla verifica del profilo oggettivo, occorre rilevare che la disposizione contenuta nel co. 8, dell’art. 7 della legge 131 deve essere raccordata con il precedente co. 7, norma che attribuisce alla Corte dei conti la funzione di verificare il rispetto degli equilibri di bilancio, il perseguimento degli obiettivi posti da leggi statali e regionali di principio e di programma, la sana gestione finanziaria degli enti locali.

Lo svolgimento delle funzioni è qualificato dallo stesso legislatore come una forma di controllo collaborativo.

Il raccordo tra le due disposizioni opera nel senso che il co. 8 prevede forme di collaborazione ulteriori rispetto a quelle del precedente comma rese esplicite in particolare con l’attribuzione agli enti della facoltà di chiedere pareri in materia di contabilità pubblica.

Appare conseguentemente chiaro che le Sezioni regionali della Corte dei conti non svolgono una funzione consultiva a carattere generale in favore degli enti locali, ma che anzi le attribuzioni consultive si connotano sulle funzioni sostanziali di controllo collaborativo ad esse conferite dalla legislazione positiva.

Al riguardo, le Sezioni riunite della Corte dei conti, intervenendo con una pronuncia in sede di coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell’art. 17, co. 31 del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, hanno delineato una nozione unitaria della nozione di contabilità pubblica incentrata sul “sistema di principi e di norme che regolano l’attività finanziaria e patrimoniale dello Stato e degli enti pubblici”, da intendersi in senso dinamico anche in relazione alle materie che incidono sulla gestione del bilancio e sui suoi equilibri (Delibera n. 54, in data 17 novembre 2010).

Il limite della funzione consultiva come sopra delineato fa escludere qualsiasi possibilità di intervento della Corte dei conti nella concreta attività gestionale ed amministrativa che ricade nella esclusiva competenza dell’autorità che la svolge o che la funzione consultiva possa interferire in concreto con competenze di latri organi giurisdizionali.

Dalle sopraesposte considerazioni consegue che la nozione di contabilità pubblica va conformandosi all’evolversi dell’ordinamento, seguendo anche i nuovi principi di organizzazione dell’amministrazione, con effetti differenziati, per quanto riguarda le funzioni della Corte dei conti, secondo l’ambito di attività.

Con specifico riferimento alla richiesta oggetto della presente pronuncia la Sezione osserva che la stessa, oltre a risolversi in un profilo giuridico di portata generale ed astratta, rientri nel perimetro della nozione di contabilità pubblica, sia in quanto attiene alla disciplina di profili gestionali e/o di governance delle società partecipate dal Comune, sia in quanto detta disciplina risulta contenuta in leggi finanziarie ed è di regola finalizzata al contenimento della spesa pubblica, nonché direttamente o indirettamente incidente sugli equilibri di bilancio dell’ente locale.

Per i suddetti motivi la presente richiesta di parere è conforme ai requisiti soggettivi ed oggettivi di ammissibilità e, nei limiti appena precisati, può essere esaminata nel merito.

MERITO

In via preliminare la Sezione precisa che la decisione in ordine all’interpretazione ed applicazione in concreto delle norme di disciplina della materia oggetto del quesito è di esclusiva competenza dell’ente locale rientrando nella piena discrezionalità e responsabilità dell’Amministrazione. Quest’ultima, ovviamente, potrà orientare la sua decisione in base alle conclusioni contenute nel parere della Sezione, sviluppate in termini di enunciazione dei principi di ermeneutica della materia nel presente parere.

Come richiamato nel quesito stesso, questa Sezione ha avuto occasione di pronunciarsi in merito alla corretta determinazione dei compensi dei Presidenti e dei membri del Consiglio di Amministrazione di società partecipate dall’ente locale con la deliberazione n. 220 del 5 novembre 2008, di cui qui si richiamano le conclusioni.

Su altri aspetti della medesima problematica si è espressa la Sezione regionale di controllo per il Lazio con parere n. 18/2011/PAR del 30 marzo 2011 e, più di recente, la Sezione regionale di controllo per la Toscana con parere n. 8/2012/PAR del 31 gennaio 2012. In particolare, in quest’ultimo parere è messo in luce che il termine “onnicomprensivo” contenuto nel comma 725 della Legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Legge Finanziaria per l’anno 2007), riferito al compenso annuale lordo percepito dal presidente e dagli altri componenti il consiglio di amministrazione, si riferisce a qualsiasi compenso percepito in ragione del rapporto societario, ivi inclusa la remunerazione degli ulteriori incarichi di cui al comma 3 dell’art. 2389 del c.c.. e che “l’onnicomprensività può trovare un temperamento ragionevole nella deroga contenuta nel secondo periodo del citato comma 725, laddove si prevede la possibilità di erogare agli amministratori, con implicita ma evidente allusione a quelli investiti di particolari cariche, un compenso aggiuntivo solo sotto forma di “indennità di risultato”, che andrebbero definite con appositi disciplinari, e “nel solo caso di produzione di utili e in misura comunque non superiore al doppio del compenso onnicomprensivo di cui al primo periodo”. In tal senso si esprimono altre sezioni di questa Corte (Lazio con deliberazione n. 18/2011 e Piemonte deliberazione n. 29/2009).

Nella fattispecie all’esame il consiglio di amministrazione della società ha ritenuto di assegnare a due membri del medesimo consiglio deleghe ed incarichi ai sensi del 3° c. dell’art. 2389 c.c. citato, compensando ulteriormente gli stessi in modo da non sforare, in ogni caso, i suddetti limiti (art. 1, comma 725, L. 296/06 e art. 6, comma 6 L. 122/2010).

Tanto premesso sembra possibile a giudizio di questa Sezione incrementare l’indennità percepita dai membri del consiglio di amministrazione in ragione degli ulteriori incarichi attribuiti (ai sensi dell’art. 2389, comma 3, del codice civile) purché non vengano violati i limiti dettati dall’art. 1, comma 725 e 726 della L. 296/2006, e dall’art. 6, comma 6, della L. 122/2010”.

Richiamati suddetti principi che devono informare l’attività di governance delle società partecipate dall’ente locale, allorché il Comune intenda adottare un indirizzo generale volto a consentire ai Presidenti o agli Amministratori Delegati di società a totale o maggioritaria partecipazione comunale, di ricoprire anche il ruolo di Direttore Generale, resta nella discrezionalità dell’ente medesimo ogni scelta in merito.

Sempre nell’esercizio di tale discrezionalità l’ente locale potrà prevedere, nell’ottica della razionalizzazione e del contenimento della spesa, che al soggetto, nominato Presidente/Amministratore Delegato della società ed assunto con contratto a tempo determinato quale Direttore Generale, percepisca una sola retribuzione, commensurata alle attività svolte nel ruolo di Direttore Generale. Tale previsione, riferita ai soggetti intestatari della doppia carica, potrà senz’altro essere inserita a livello regolamentare nella delibera d’indirizzo generale, piuttosto che sotto la forma di rinuncia al compenso spettante in qualità di amministratore, ipotizzata nel quesito.

È appena il caso di ricordare, comunque, che la disciplina che l’ente intenda adottare in merito dovrà tenere in considerazione tutti gli eventuali profili problematici insiti nella doppia veste ricoperta dai soggetti collocati al vertice dell’organizzazione societaria, quali i potenziali conflitti di interesse derivanti da eventuali incarichi, anche di funzioni dirigenziali, conferiti all’amministratore della medesima società, con la specificazione che le responsabilità e i compiti riconducibili a tali incarichi siano adeguatamente specificati nonché distinti rispetto a quelli riconducibili al rapporto di amministrazione. Particolare attenzione dovrà essere posta per garantire la corretta posizione personale degli amministratori-dipendenti sotto il profilo previdenziale (e fiscale) oltre, naturalmente, per il rispetto dei noti vincoli di finanza pubblica già richiamati nei predetti pareri.

Di questi ultimi limiti, pertanto, si dovrà tener conto nella regolamentazione contrattuale che la società ponesse in essere con un soggetto che ricopra il doppio ruolo (Presidente/Amministratore Delegato e Direttore Generale), al quale il Comune intenda riconoscere la sola retribuzione spettante per il Direttore Generale, tenendo presente il tetto complessivo stabilito come limite generale per i compensi posti a carico della Pubblica Amministrazione.

P.Q.M.

nelle considerazioni esposte è il parere della Sezione.

Il Relatore Il Presidente

(dott. Massimo Valero) (dott. Nicola Mastropasqua)

Depositata in Segreteria

il 21 maggio 2012

Il Direttore della Segreteria

(dott.ssa Daniela Parisini)