Pubblico impiego: tetti di spesa per personale e indennità di produttività e ad personam

NOTA

A richiesta del Comune di Cremeno (LC), la Sezione si pronuncia sulla corretta interpretazione dell’art. 9 co. 2-bis, D. L. 31 maggio 2010 n. 78, convertito con modificazioni nella L. 30 luglio 2010 n. 122, nella parte in cui prevede che l’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni di cui all’art. 1, co. 2, D. Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, non può superare il corrispondente importo dell’anno 2010 ed è, comunque, automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio.

Il quesito posto dal Comune istante riguardava l’applicabilità di tale norma ai trattamenti economici previsti dall’art. 90, D. Lgs. 18 agosto 2000 n. 267, in tema di indennità di produttività, ed all’art. 110, D. Lgs. n. 267/00 cit., in tema di indennità ad personam.

Il Collegio ritiene che l’indennità di produttività – in quanto costituisce trattamento economico accessorio – rientri nell’orbita applicativa di cui all’art. 9, co. 2-bis cit.; una diversa soluzione si impone, a giudizio del Collegio, in merito all’indennità ad personam di cui all’art. 110 TUEL, in considerazione dell’espressa previsione, inserita in tale disposizione, in base alla quale il ridetto emolumento non deve essere imputato al costo contrattuale e del personale.

* * *

Lombardia/489/2012/PAR

REPUBBLICA ITALIANA

LA

CORTE DEI CONTI

IN

SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER LA

LOMBARDIA

composta dai magistrati:

dott. Nicola Mastropasqua Presidente

dott. Giuseppe Zola Consigliere (relatore)

dott. Gianluca Braghò Primo Referendario

dott. Alessandro Napoli Referendario

dott.ssa Laura de Rentiis Referendario

dott. Donato Centrone Referendario

dott. Francesco Sucameli Referendario

dott. Cristiano Baldi Referendario

dott. Andrea Luberti Referendario

nell’adunanza in camera di consiglio del 07 novembre 2012

Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con il regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni;

Vista la legge 21 marzo 1953, n. 161;

Vista la legge 14 gennaio 1994, n. 20;

Vista la deliberazione delle Sezioni riunite della Corte dei conti n. 14/2000 del 16 giugno 2000, che ha approvato il regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, modificata con le deliberazioni delle Sezioni riunite n. 2 del 3 luglio 2003 e n. 1 del 17 dicembre 2004;

Visto il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 recante il Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali;

Vista la legge 5 giugno 2003, n. 131;

Vista la nota prot. 6545 del 26/10/2012, con la quale il Sindaco del Comune di Cremeno (LC) ha richiesto un parere in materia di contabilità pubblica;

Vista la deliberazione n. 1/pareri/2004 del 3 novembre 2004 con la quale la Sezione ha stabilito i criteri sul procedimento e sulla formulazione dei pareri previsti dall’art. 7, comma 8, della legge n. 131/2003;

Vista l’ordinanza con la quale il Presidente ha convocato la Sezione per l’adunanza odierna per deliberare sulla richiesta del Sindaco di Cremeno (LC);

Udito il relatore Cons. Giuseppe Zola;

FATTO

Il Sindaco del Comune di Cremeno (LC), con nota 6545 del 26/10/2012, richiede un parere riguardante la corretta interpretazione dell’art. 9 comma 2bis del D.L. n. 78/2010, in relazione all’art. 90 del D.L.G.S. n. 267/2000 laddove esso prevede l’indennità di produttività ed all’art. 110 dello stesso D.L.G.S., laddove esso prevede un’indennità ad personam.

AMMISSIBILITA’ SOGGETTIVA

La richiesta di parere di cui sopra è intesa ad avvalersi della facoltà prevista dalla norma contenuta nell’art. 7, comma 8, della legge 5 giugno 2003, n. 131, la quale dispone che le Regioni, i Comuni, le Province e le Città metropolitane possono chiedere alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti “pareri in materia di contabilità pubblica”.

La funzione consultiva delle Sezioni regionali è inserita nel quadro delle competenze che la legge 131/2003, recante adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, ha attribuito alla Corte dei conti.

La Sezione, preliminarmente, è chiamata a pronunciarsi sull’ammissibilità della richiesta, con riferimento ai parametri derivanti dalla natura della funzione consultiva prevista dalla normazione sopra indicata.

Con particolare riguardo all’individuazione dell’organo legittimato a inoltrare le richieste di parere dei Comuni, si osserva che il sindaco del comune è l’organo istituzionalmente legittimato a richiedere il parere in quanto riveste il ruolo di rappresentante dell’ente ai sensi dell’art. 50 T.U.E.L.

Pertanto, la richiesta di parere è ammissibile soggettivamente poiché proviene dall’organo legittimato a proporla.

AMMISSIBILITA’ OGGETTIVA

Con riferimento alla verifica del profilo oggettivo di ammissibilità del quesito, occorre rilevare che la disposizione contenuta nell’art. 7, comma 8, della legge 131/2003 deve essere raccordata con il precedente comma 7, norma che attribuisce alla Corte dei conti la funzione di verificare il rispetto degli equilibri di bilancio, il perseguimento degli obiettivi posti da leggi statali e regionali di principio e di programma, la sana gestione finanziaria degli enti locali.

Lo svolgimento delle funzioni è qualificato dallo stesso legislatore come una forma di controllo collaborativo.

Il raccordo tra le due disposizioni opera nel senso che il comma 8 prevede forme di collaborazione ulteriori rispetto a quelle del precedente comma rese esplicite in particolare con l’attribuzione agli enti della facoltà di chiedere pareri in materia di contabilità pubblica.

Appare conseguentemente chiaro che le Sezioni regionali della Corte dei conti non svolgono una funzione consultiva a carattere generale in favore degli enti locali, ma che anzi le attribuzioni consultive si connotano sulle funzioni sostanziali di controllo collaborativo ad esse conferite dalla legislazione positiva.

Al riguardo, le Sezioni riunite della Corte dei conti, intervenendo con una pronuncia in sede di coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell’art. 17, comma 31 del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, hanno delineato una nozione unitaria di contabilità pubblica incentrata sul “sistema di principi e di norme che regolano l’attività finanziaria e patrimoniale dello Stato e degli enti pubblici” da intendersi in senso dinamico anche in relazione alle materie che incidono sulla gestione del bilancio e sui suoi equilibri (Delibera n. 54, in data 17 novembre 2010).

Il limite della funzione consultiva come sopra delineato fa escludere qualsiasi possibilità di intervento della Corte dei conti nella concreta attività gestionale ed amministrativa che ricade nella esclusiva competenza dell’autorità che la svolge o che la funzione consultiva possa interferire in concreto con competenze di altri organi giurisdizionali.

Dalle sopraesposte considerazioni consegue che la nozione di contabilità pubblica va conformandosi all’evolversi dell’ordinamento, seguendo anche i nuovi principi di organizzazione dell’amministrazione, con effetti differenziati, per quanto riguarda le funzioni della Corte dei conti, secondo l’ambito di attività.

Con specifico riferimento alla richiesta oggetto della presente pronuncia, la Sezione osserva che la stessa risulta oggettivamente ammissibile, in quanto attiene all’interpretazione di norme finanziarie in materia di organizzazione della pubblica amministrazione locale, con conseguente diretta incidenza sulle spese di personale sostenibili e nella misura in cui riguarda i futuri comportamenti dell’ente locale e non decisioni pregresse e già cessate, sulla quale questa Sezione non intende pronunciarsi.

MERITO

Val la pena, per precisione, riportare il testo integrale del comma 2 bis dell’Art. 9 del D.L. n. 78/2010, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, Legge 30 luglio 2010, n.122: “A decorrere dal 1° gennaio 2011 e sino al 31 dicembre 2013 l’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non può superare il corrispondente importo dell’anno 2010 ed è, comunque, automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio”.

Il vincolante testo appena riportato appare molto chiaro: fino al 31 dicembre 2013 ogni tipo di “trattamento accessorio”, anche riferito al livello dirigenziale, non può essere superiore a quanto previsto, per quella voce, nell’anno 2010.

L’art. 90 del D.L.G.S. n. 267/2000 stabilisce che, sulla base del regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi, il comune possa prevedere “la costituzione di uffici posti alle dirette dipendenze del sindaco”, della Giunta o degli Assessori, al fine di svolgere le funzioni di indirizzo e di controllo fissate dalla legge. Tali uffici possono essere coperti da dipendenti dell’Ente oppure da collaboratori assunti a contratto a tempo determinato. Il punto 3 di detto articolo stabilisce che “con provvedimento motivato della Giunta, al personale di cui al comma 2, il trattamento economico accessorio previsto dai contratti collettivi può essere sostituito da un unico emolumento comprensivo dei compensi per il lavoro straordinario, per la produttività collettiva e per la qualità della prestazione individuale.”

Poiché si tratta di “trattamento economico accessorio”, è evidente che il relativo contratto non può non essere calcolato ai fini di una esatta interpretazione dell’art. 9 comma 2bis del D.L. n. 78/2010. Vi è solo da precisare che, per quanto riguarda “il lavoro straordinario” dovrà farsi riferimento al comma 1 del medesimo articolo 9, che attiene ai compensi individuali ( mentre il comma 2bis attiene al monte complessivo del trattamento accessorio).

Diverso è il criterio da applicare all’art. 110 del D.L.G.S. n. 267/2000, che regola gli “incarichi a contratto”.

Detto articolo prevede che il “trattamento economico, equivalente a quello previsto dai vigenti contratti collettivi nazionale e decentrati per il personale degli enti locali, può essere integrato, con provvedimento motivato dalla Giunta, da una indennità ad personam”.

L’ultimo periodo del punto 3 dell’art. 110 precisa che “il trattamento economico e l’eventuale indennità ad personam sono definiti in stretta correlazione con il bilancio dell’ente e non vanno imputati al costo contrattuale e del personale.”

Non vi è dubbio che tale indennità non debba far parte di quel trattamento economico accessorio di cui al comma 2bis dell’art. 9 e che pertanto essa non debba essere conteggiata ai fini di non superare il limite di quanto speso nel 2010.

P.Q.M.

nelle considerazioni esposte è il parere della Sezione.

Il Relatore Il Presidente

(Cons. Giuseppe Zola) (Dott. Nicola Mastropasqua)

Depositata in Segreteria

il 15/11/2012

Il Direttore della Segreteria

(dott.ssa Daniela Parisini)