Pubblica amministrazione: il contratto di permuta rientra nel divieto enunciato dall’art. 1, co. 138, L. n. 228/2012

NOTA

La Sezione si sofferma sulla portata dell’art. 1, co. 138, 1-quater, L. 24 dicembre 2012 n. 228, ladove prevede, per l’anno2013, che le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’ISTAT, ai sensi dell’art. 1, co. 3, L. 31 dicembre 2009, n. 196, non possono acquistare immobili a titolo oneroso.

All’esito di un attento e meditato esame del dato positivo e giurisprudenziale, il Collegio ritiene che “(…) il contratto di permuta rientri nel concetto di “acquisto a titolo oneroso” enunciato dall’art. 1, comma 138, L. 24 dicembre 2012 n. 228 (legge di stabilità per il 2013).“.

* * *

Deliberazione n.7 /2013/PAR

CORTE DEI CONTI

SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER LE MARCHE

nell’adunanza del 12 febbraio 2013

composta dai magistrati:

Cons. Fabio Gaetano GALEFFI – Presidente f.f. – relatore

Cons. Andrea LIBERATI – Componente

Ref. Valeria FRANCHI – Componente

PARERE

COMUNE DI PESARO

VISTO l’art. 100, secondo comma, della Costituzione;

VISTO il Testo Unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con R.D. 12 luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni;

VISTA la legge 14 gennaio 1994, n. 20, recante disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti;

VISTO il Regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, con il quale è stata istituita in ogni Regione a statuto ordinario una Sezione regionale di controllo, deliberato dalle Sezioni Riunite in data 16 giugno 2000 e successive modificazioni;

VISTA la legge 5 giugno 2003, n. 131 recante disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge cost. 18 ottobre 2001, n. 3, ed in particolare l’art. 7, comma 8;

VISTO l’atto di indirizzo della Sezione delle Autonomie approvato nell’adunanza del 27 aprile 2004 avente ad oggetto gli indirizzi e criteri generali per l’esercizio dell’attività consultiva, come integrato dalla deliberazione n. 9/SEZAUT/2009/INPR in data 3 luglio 2009 della Sezione delle Autonomie;

VISTA la richiesta di parere da parte del Sindaco del Comune di Pesaro prot. 3194 del 14 gennaio 2013, acquisita a prot. 110 il 15 successivo;

VISTO l’atto prot. 499 dell’8 febbraio 2013, con cui è stata convocata la Sezione per la data odierna;

UDITO il relatore dottor Fabio Gaetano Galeffi;

FATTO

Il Sindaco del Comune di Pesaro ha formulato una richiesta di parere inerente la sfera di applicazione del divieto di acquistare immobili a titolo oneroso, come introdotto dall’art. 1, comma 138, della legge 228/2012 (legge di stabilità per il 2013).

Con la predetta richiesta, l’amministrazione richiedente ha riferito e precisato:

– di aver attivato nel corso dell’anno 2012 una istruttoria per la conclusione di importanti operazioni di permuta, alcune delle quali finalizzate, nell’ambito del processo di riorganizzazione e razionalizzazione degli uffici volto alla riduzione dei canoni locativi passivi, all’acquisizione di fabbricati da destinare a sede di uffici comunali;

– che l’art. 1, comma 138, della legge 24 dicembre 2012 n. 228, ha disposto che, per l’anno 2013, le amministrazioni pubbliche non possono acquistare immobili a titolo oneroso, né stipulare contratti di locazione passiva salvo che si tratti di rinnovi di contratti, ovvero la locazione sia stipulata per acquisire, a condizioni più vantaggiose, la disponibilità di locali in sostituzione di immobili dismessi ovvero per continuare ad avere la disponibilità di immobili venduti.

Ciò premesso, l’amministrazione conclusivamente chiede se sia possibile concludere operazioni di permuta alla luce della normativa sopravvenuta, ovvero se nella locuzione “acquisto a titolo oneroso” sia da intendere ricompresa anche la permuta immobiliare, la quale si caratterizza per lo scambio di immobili senza pagamento di prezzo in denaro.

L’amministrazione richiedente precisa che le operazioni di permuta non sono considerate nell’attuale disciplina del patto di stabilità, in quanto indicono non sulla gestione finanziaria, bensì su quella patrimoniale; il conto del patrimonio subisce infatti, per effetto della cessione a titolo di permuta, un decremento delle immobilizzazioni materiali e un corrispondente incremento pari al valore del bene acquisito.

* * *

La richiesta di parere è stata trasmessa con lettera a firma del Sindaco e, pertanto, risulta ammissibile sotto il profilo soggettivo.

Sotto il profilo oggettivo il quesito appare ammissibile, nei termini di cui appresso.

DIRITTO

La Sezione è chiamata ad esprimere un parere in ordine alla possibilità per l’Ente di concludere contratti di permuta immobiliare nel corso dell’anno 2013, alla luce delle modifiche normative introdotte dall’art. 1, comma 138, della legge 24 dicembre 2012 n. 228 (legge di stabilità per il 2013), che ha introdotto un comma 4-quater all’art. 12 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, del seguente letterale tenore: “1-quater. Per l’anno 2013 le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’ISTAT ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni, nonché le autorità indipendenti, ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), non possono acquistare immobili a titolo oneroso né stipulare contratti di locazione passiva salvo che si tratti di rinnovi di contratti, ovvero la locazione sia stipulata per acquisire, a condizioni più vantaggiose, la disponibilità di locali in sostituzione di immobili dismessi ovvero per continuare ad avere la disponibilità di immobili venduti. Sono esclusi gli enti previdenziali pubblici e privati, per i quali restano ferme le disposizioni di cui ai commi 4 e 15 dell’articolo 8 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. Sono fatte salve, altresì, le operazioni di acquisto di immobili già autorizzate con il decreto previsto dal comma 1, in data antecedente a quella di entrata in vigore del presente decreto.”.

Osserva preliminarmente il Collegio che la norma di che trattasi prescrive, in maniera apparentemente indifferenziata, un divieto all’acquisto a titolo oneroso di immobili.

All’interno del percorso argomentativo e interpretativo che la Sezione è chiamata a svolgere in questa sede per l’espressione del parere, occorre in primo luogo tentare di delimitare l’area di applicazione del concetto di “acquisto a titolo oneroso”, con l’obiettivo di individuare il contenuto del divieto e la finalità che lo sostiene.

La finalità della norma appare infatti, indubbiamente, come obiettivo di finanza pubblica diretto al contenimento della spesa pubblica.

Per comprendere quale sia l’area di applicazione del divieto, peraltro, occorre analizzare i corrispondenti istituti di diritto civile che costituiscono il contenuto del divieto stesso.

Oltre che sotto il profilo civilistico per circoscrivere il contenuto del divieto, l’analisi può essere condotta sotto il profilo dei riflessi sulla contabilità finanziaria e, per completezza, con un accenno anche sotto il profilo economico-aziendalistico.

Dal punto di vista civilistico, l’acquisto di un immobile a titolo oneroso si richiama senz’altro allo schema tipico della compravendita, la quale risulta esplicitamente coinvolta nel divieto.

Come noto, peraltro, l’effetto traslativo del diritto di proprietà su beni immobili si realizza anche attraverso altri strumenti, come, a titolo esemplificativo, il conferimento in società, la donazione, la transazione, i contratti ad effetti reali, anche atipici. Indirettamente si può procedere al trasferimento della titolarità di beni immobili anche attraverso la cessione di quote o di azioni di società che posseggano immobili.

Infine il trasferimento di diritti di proprietà su beni immobili può avvenire anche grazie alla permuta.

La nozione individuata nella legge di stabilità per il 2013 presuppone una distinzione tra “contratto” e “acquisto” a titolo oneroso, comprendendo il divieto soltanto la posizione attiva di acquirente da parte dell’Amministrazione.

In diritto civile, si distingue il contratto a titolo oneroso dal contratto a titolo gratuito in funzione del sacrificio che sarebbe addossato soltanto ad una delle parti nel caso del titolo gratuito. In realtà, in dottrina è stato osservato che il contratto a titolo oneroso non sempre è caratterizzato dal sinallagma e dalla corrispettività (ad es. nel mandato in cui la prestazione è collegata alla fiducia tra mandante e mandatario). D’altra parte, il contratto a titolo gratuito comprende talvolta un interesse economico che viene conseguito anche se manca la prestazione dell’altro contraente.

Sotto il profilo civilistico, ad un primo esame la permuta immobiliare sembrerebbe mantenere un carattere oneroso, poiché lo scambio dei diritti di proprietà su cose diverse implicherebbe necessariamente il collegamento ad un certo controvalore (configurabile anche come entità numeraria), che i contraenti assegnano ai beni reciprocamente trasferiti.

La giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, tuttavia, non è univoca in questa direzione, in quanto si tende talora a distinguere l’onerosità intrinseca del contratto dall’effetto commutativo che è proprio della permuta e che non prevede, salva la fattispecie del conguaglio (su cui infra), il versamento di un corrispettivo in denaro.

È stato sostenuto incidentalmente che la permuta è un contratto oneroso (Cass. Sez. III, 12235/2007: “L’eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione nei contratti a titolo gratuito consiste nella sopravvenuta sproporzione tra il valore originario della prestazione ed il valore successivo, mentre nei contratti onerosi (nel caso, permuta) consiste nella sopravvenuta sproporzione tra i valori delle prestazioni”).

Un altro orientamento giurisprudenziale, che sembra prevalente, tende a non assimilare la permuta al concetto di acquisto a titolo oneroso: in base a Cass. Sez. III 6867/2003, “In tema di locazione di immobili urbani ad uso non abitativo, l’istituto della prelazione e quello del riscatto, contemplati dall’art. 38 della legge 27 luglio 1978, n. 392 per il caso di ”, costituendo limitazioni delle facoltà del proprietario, non sono estensibili in via analogica, e pertanto trovano applicazione nella sola ipotesi di vendita dell’immobile locato, e non anche nell’ipotesi della permuta, all’interno della quale manca anche la possibilità, per il conduttore, di offrire condizioni esattamente uguali a quelle comunicategli.”

L’indirizzo interpretativo appena enunciato è consolidato in una serie di decisioni sulla stessa linea: Cass. Sez. III 14455/2006 “In tema di locazione di immobili urbani ad uso non abitativo, il diritto di prelazione e quello di riscatto, contemplati dagli artt. 38 e 39 della legge 27 luglio 1978 n.392, sussistono soltanto nel caso in cui il trasferimento a titolo oneroso del bene locato sia realizzato mediante una compravendita, e non anche nel caso di permuta”; Cass. Sez. II 16853/2007 “In materia di locazione di immobili urbani ad uso diverso da quello di abitazione, il diritto di prelazione ed il conseguente diritto di riscatto previsti dagli artt. 38 e 39 della legge n. 392 del 1978 non possono essere esercitati nelle ipotesi di permuta del bene immobile, sia in forza del richiamo testuale contenuto nel citato art. 38 – ove si fa riferimento al prezzo – sia perché manca per il retraente la possibilità di offrire condizioni uguali a quelle comunicategli dal locatore”.

Ciò posto, è necessario anche rilevare che il contratto di permuta immobiliare può prevedere, in tutti i casi in cui non vi sia una perfetta coincidenza tra i controvalori di ciascun bene scambiato, il versamento di un conguaglio in denaro. Secondo la giurisprudenza, la presenza di un conguaglio in denaro non è in grado di modificare lo schema del contratto di permuta: Cass. Sez. III, 14455/2007 “qualora l’atto di trasferimento contempli quale corrispettivo, oltre a prestazioni in natura (nella specie: la cessione di quote di una cooperativa e la costituzione di una rendita vitalizia), il versamento di un conguaglio in danaro, non rileva che detto conguaglio sia oggettivamente prevalente sulle altre prestazioni, atteso che per qualificare il contratto come permuta, il giudice ben può fare riferimento non al criterio oggettivo, ma al criterio soggettivo fondato sulla maggiore importanza della prestazione in natura in rapporto all’interesse della parte”.

La funzione della permuta risponde all’esigenza di regolare il reciproco trasferimento di cose o diritti. Nella pratica contrattuale, lo scambio di beni si può realizzare attraverso il flusso di beni e/o servizi, assegnando al denaro un ruolo eventuale, a chiusura di posizioni creditorie o debitorie non perfettamente coincidenti.

La permuta, come contratto bilaterale, si qualifica non solo per il carattere corrispettivo che è insito nel reciproco scambio di diritti, ma anche per il carattere commutativo, proprio della funzione di “baratto” (barter nel diritto anglosassone) che viene realizzata mediante questo schema contrattuale.

La permuta in base all’art. 1552 del codice civile è definita come “il contratto che ha per oggetto il reciproco trasferimento della proprietà di cose, o di altri diritti, da un contraente all’altro”.

La finalità della permuta potrebbe essere raggiunta con una duplice vendita tra le stesse parti; la permuta peraltro rileva ai fini fiscali in quanto la tassazione colpisce una sola volta il controvalore dei beni (o il controvalore più elevato nel caso di conguaglio), determinando un vantaggio per i contraenti.

Nel sistema del commercio internazionale, il contratto di permuta (barter in inglese, troc in francese, Tauschgeschäft in tedesco) assume varie forme:

– lo scambio in senso proprio senza conguaglio in denaro;

– l’obbligo di un contraente di consegnare beni e/o servizi in cambio di altri beni con conguaglio in denaro;

– l’obbligo di un contraente di fornire beni in cambio di tecnologia;

– altre forme di compensazione commerciale.

Poiché al contratto di permuta sono applicabili, in quanto compatibili, le norme della vendita (art. 1555 del codice civile), la giurisprudenza ha anche precisato che la permuta immobiliare comprende, oltre all’effetto traslativo della proprietà, anche l’ulteriore e specifico obbligo di consegna che costituisce un’attività materiale successiva ove l’acquirente non abbia già la disponibilità del bene (Cass. Sez. II 1960/2008).

Il bene oggetto della permuta può essere un diritto di proprietà, o un diritto reale di godimento, come anche un diritto di credito, o può riguardare beni immateriali (es. cessione di diritti di utilizzo, marchi, brevetti, ecc.)

Nella prassi operativa, è venuta in rilievo anche la permuta di cose generiche e la permuta di cose future.

La permuta di cose generiche è stata ritenuta ammissibile da Cass. Sez. II 10256/1997: “È legittima la permuta di cosa presente (con conseguente effetto traslativo immediato della proprietà) con una cosa futura ovvero soltanto generica (abbisognevole, pertanto, di individuazione nell’ambito del relativo “genus”), la cui proprietà venga, invece, trasferita in momento successivo (all’atto, cioè, della rispettiva venuta ad esistenza o specificazione), realizzandosi, in tal caso, l’effetto traslativo immediato con riguardo alla cosa presente, e la contestuale nascita dell’obbligazione, per il ricevente, di tenere il comportamento necessario affinché la “res”, futura o generica, sia a sua volta trasferita in proprietà alla controparte, per effetto della sua venuta ad esistenza o specificazione”.

La permuta di cose future si innesta invece in un contesto più ampio di negozio giuridico complesso o collegato, in cui, sulla base delle specifiche disposizioni contrattuali stipulate dalle parti, vengono perseguiti interessi diversificati, rientranti in parte nello schema del contratto di appalto (se ad es. viene permutata un’area fabbricabile con un fabbricato ancora da costruire), con eventuale presenza di un’alea conseguente alla incertezza circa la corretta e completa esecuzione delle prestazioni contrattuali da parte del soggetto che si obbliga a costruire il fabbricato.

La Sez. V della Cassazione 4508/2009, in materia di imposta di registro, ha affermato che “il contratto avente ad oggetto il trasferimento di un’area edificabile, in cambio di una costruzione da realizzarsi a cura e spese del cessionario su altra area del cedente, non può integrare una permuta, secondo la previsione dell’art. 1552 cod. civ., qualora il sinallagma negoziale voluto dalle parti si identifichi nel trasferimento della proprietà attuale contro quella della proprietà futura, poichè l’obbligazione di eseguire la costruzione non resta su un piano accessorio e strumentale”.

Questo indirizzo interpretativo, proprio perché legato a specifiche indagini sulla effettiva volontà delle parti contraenti, non è univoco, in quanto “Il contratto con cui una parte cede all’altra la proprietà di un’area edificabile, in cambio di un appartamento sito nel fabbricato che sarà realizzato sulla stessa area a cura e con mezzi del cessionario, integra gli estremi del contratto di permuta tra un bene esistente ed un bene futuro, qualora il sinallagma negoziale consista nel trasferimento della proprietà attuale in cambio della cosa futura” (Cass. Sez. I 28479/2008), anche se nella stessa sentenza questo principio serve ad affermare la mancata applicabilità: “In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto corretta la decisione del giudice di merito, che aveva ravvisato nelle pattuizioni intercorse tra le parti due distinti contratti, una compravendita ed una promessa di vendita, escludendo la possibilità di qualificare la fattispecie come permuta, avendo le parti convenuto l’immediato trasferimento della proprietà dell’area contro la mera promessa di vendita di un appartamento nel fabbricato da costruire”.

Sotto il profilo economico-aziendalistico, che beninteso non si applica direttamente all’ente locale, l’acquisto di immobili a mezzo permuta implica una serie di scritturazioni sul valore patrimoniale delle immobilizzazioni (oltre che sull’ammortamento dell’immobile acquistato); virtualmente (in mancanza di conguagli in denaro o natura, di oneri accessori come l’Iva, o di rilevazione di plusvalenze/minusvalenze) il valore globale delle immobilizzazioni rimane inalterato dopo la permuta.

Sotto il profilo della contabilità finanziaria degli enti pubblici, la permuta immobiliare va a incidere sulla gestione patrimoniale; in mancanza di conguagli non viene intaccata la gestione finanziaria.

Secondo il parere della Sez. controllo Veneto 33/2009, la permuta (ipotesi di cui all’art.1 comma 262, della L. n. 296/2006) rientra tra le modalità di valorizzazione del patrimonio immobiliare, insieme alla concessione onerosa – eventualmente nelle forme di cui all’art. 143 del D. Lgs. n. 163/2006 -, alla locazione infracinquantennale a privati a fini di riqualificazione o riconversione (es., art.1 comma 259 L. n. 296/2006), e al conferimento o costituzione di fondi comuni di investimento immobiliare (es., art. 4 e ss. del D.L. n. 351/2001, conv. in L. n. 224/2001, art. 58 D.L. n. 112/2008).

Il parere della Sez. controllo Lombardia 1078/2010 precisa che la (parziale) permuta di beni non presenta alcuna incidenza sui saldi dell’ente locale rilevanti ai fini del calcolo del Patto di stabilità interno che sono determinati in base ai movimenti finanziari. L’attuale disciplina del Patto di stabilità interno non prende in considerazione la permuta di beni ma solo i movimenti finanziari e, conseguentemente, l’ente locale deve calcolare sia l’obiettivo annuale che le operazioni che compie in corso di esercizio tenendo unicamente conto degli impegni assunti in relazione alla spesa corrente e dei pagamenti effettuati in relazione alla spesa in conto capitale.

La Sez. contr. Puglia, con parere 133/2011, ha avuto modo di affermare che la permuta (di un veicolo) dà luogo ad un contratto che non prevede da parte del Comune il versamento di un prezzo e, quindi, l’effettuazione di una “spesa” intesa come onere a carico del bilancio finanziario dell’ente; nel vincolo percentuale di spesa posto dall’art. 6, comma 14, del DL 78/2010, la permuta è da intendersi esclusa dalla norma, che richiama il concetto di acquisto, termine utilizzato per descrivere gli effetti del contratto tipico di compravendita.

Infine, per una questione connessa, con parere 13/2012 la Sez. contr. Emilia-Romagna ha esaminato un caso specifico proposto da un ente locale, avente ad oggetto la possibilità di finanziare alcuni lavori inseriti nel Piano Triennale delle Opere Pubbliche mediante la permuta con immobili di proprietà comunale ai sensi dell’articolo 53, comma 6, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, anche ai fini del rispetto della normativa sul patto di stabilità interno; la Sezione Emilia-Romagna, premesso che nel caso di specie, la spesa è qualificabile come investimento, ha osservato che la possibilità di finanziare un’opera pubblica con la permuta di immobili di proprietà comunale trova il suo fondamento normativo nell’articolo 53, comma 6, del già menzionato d.lgs. 163/2006 (cd. Codice dei contratti pubblici). Tale disposizione consente all’amministrazione aggiudicatrice di sostituire il corrispettivo in danaro dovuto all’appaltatore per la realizzazione di un’opera pubblica con un corrispettivo in natura, quale è appunto la permuta di un proprio bene immobile.

Osserva la Sez. Emilia-Romagna che il finanziamento di una spesa di investimento con la permuta di un bene immobile comporta una modifica nel patrimonio dell’ente, dovendosi registrare nel Conto del patrimonio un decremento delle immobilizzazioni immateriali pari al valore del bene permutato, ma non incide sulla gestione finanziaria dell’ente locale in quanto non si determinano movimenti di natura finanziaria.

Osserva il Collegio che il predetto profilo, tuttavia, non è attinente al caso sollevato dal Comune di Pesaro, in cui si dà per presupposto che vi sia uno scambio reciproco di beni immobili, senza obbligazioni di fare o di costruire a carico della controparte.

L’operazione di permuta va posta a raffronto con l’invarianza patrimoniale e finanziaria che consegue alla permuta stessa. Per effetto della permuta, infatti, l’ente non subisce né un decremento patrimoniale, né un depauperamento finanziario. L’effetto della permuta lascia intatto il patrimonio dell’ente e non comporta movimentazioni finanziarie.

Ciononostante, allo stato della normativa attuale, il tenore letterale della norma di riferimento non lascia spazio a dubbi circa il significato della disposizione. Essendo incontrovertibile che il contratto di permuta sia escluso dal novero degli atti a titolo gratuito, ne emerge anche la impossibilità, ai sensi dell’art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale (c.d. preleggi), di procedere ad una interpretazione diversa da quella letterale; in particolare non è possibile, in presenza di indicazioni inequivoche, indagare quale sia l’intenzione del legislatore, in quanto il contenuto della disposizione si presenta evidente e palese in base al significato delle parole utilizzate.

Tutto ciò premesso, questa Sezione regionale esprime l’avviso che il contratto di permuta rientri nel concetto di “acquisto a titolo oneroso” enunciato dall’art. 1, comma 138, della legge 24 dicembre 2012 n. 228 (legge di stabilità per il 2013).

P.Q.M.

Nelle suestese considerazioni è il parere di questa Sezione regionale di controllo.

La presente deliberazione verrà trasmessa, a cura della segreteria, al Sindaco del Comune di Pesaro e al Presidente del Consiglio delle Autonomie locali delle Marche.

Così deliberato in Ancona, nella Camera di consiglio del 12 febbraio 2013.

Il Presidente f.f. – relatore

Fabio Gaetano Galeffi

Depositata in Segreteria in data 12/02/2013

Il direttore della Segreteria

Carlo Serra