Contratti della P.A.: sull'ambito di applicazione dell'art. 33 co. 3-bis, D. Lgs. 12 aprile 2006 n. 163

NOTA

Con il parere in rassegna la Sezione piemontese si pronuncia sulla portata applicativa oggettiva dell’art. 33, co. 3-bis, D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, comma aggiunto dall’art. 23, comma 4 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 in tema di centrali di committenza.

Il comma 3-bis prevedeva testualmente: “3-bis. I Comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti ricadenti nel territorio di ciascuna Provincia affidano obbligatoriamente ad un’unica centrale di committenza l’acquisizione di lavori, servizi e forniture nell’ambito delle unioni dei comuni, di cui all’articolo 32 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove esistenti, ovvero costituendo un apposito accordo consortile tra i comuni medesimi e avvalendosi dei competenti uffici.

All’esito di attento esame del dato positivo, la Sezione perviene alla conclusione che la competenza delle centrali di committenza prevista dall’art. 33 co. 3-bis:

– attrae anche le acquisizioni in economia mediante procedura di cottimo fiduciario che prevede l’indizione di una gara informale;

– non attrae le acquisizioni in economia mediante amministrazione diretta;

– non attrae le ipotesi eccezionali di affidamento diretto consentite dalla legge, quali quelle previste all’art. 125, co. 8 e co. 11 D. Lgs. 12 aprile 2006 n. 163.

Ricordiamo che il comma 3-bis è stato modificato dal D. L. 6 luglio 2012 n. 95, con l’aggiunta di un nuovo periodo: 3-bis. I Comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti ricadenti nel territorio di ciascuna Provincia affidano obbligatoriamente ad un’unica centrale di committenza l’acquisizione di lavori, servizi e forniture nell’ambito delle unioni dei comuni, di cui all’articolo 32 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove esistenti, ovvero costituendo un apposito accordo consortile tra i comuni medesimi e avvalendosi dei competenti uffici. In alternativa, gli stessi Comuni possono effettuare i propri acquisti attraverso gli strumenti elettronici di acquisto gestiti da altre centrali di committenza di riferimento, ivi comprese le convenzioni di cui all’articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488 e ed il mercato elettronico della pubblica amministrazione di cui all’articolo 328 del decreto del Presidente dellaRepubblica 5 ottobre 2010, n. 207“.

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CORTE DEI CONTI

SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER IL PIEMONTE

Delibera n. 271/2012/SRCPIE/PAR

La Sezione Regionale di Controllo per il Piemonte, nell’adunanza del 4 luglio composta dai Magistrati:

Dott. ssaEnricaLATERZAPresidenteDott.MarioPISCHEDDAConsigliereDott.GiancarloASTEGIANOConsigliereDott.Giuseppe MariaMEZZAPESAPrimo Referendario relatoreDott.WalterBERRUTIPrimo ReferendarioDott.ssaAlessandraOLESSINAPrimo Referendario

Visto l’art. 100, comma 2, della Costituzione;

Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con Regio Decreto 12 luglio 1934, n. 1214 e successive modificazioni;

Vista la Legge 14 gennaio 1994, n. 20, recante disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti;

Visto il Regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, deliberato dalle Sezioni Riunite in data 16 giugno 2000 e successive modificazioni;

Vista la Legge 5 giugno 2003, n. 131 recante disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, ed in particolare l’art. 7, comma 8;

Vista l’atto d’indirizzo della Sezione delle Autonomie del 27 aprile 2004, avente ad oggetto gli indirizzi e criteri generali per l’esercizio dell’attività consultiva, come integrato e modificato dalla deliberazione della medesima Sezione del 4 giugno 2009, n. 9;

Vista la deliberazione della Sezione delle Autonomie del 17 febbraio 2006, n. 5;

Vista la deliberazione delle Sezioni Riunite di questa Corte n. 54/CONTR/10 del 17 novembre 2010;

Vista la richiesta proveniente dal Sindaco del Comune di Celle Enomondo, trasmessa per il tramite del Consiglio delle Autonomie, e pervenuta in data 7 giugno 2012;

Vista l’Ordinanza n. 25/2012 con la quale il Presidente di questa Sezione di controllo ha convocato la Sezione per l’odierna seduta e ha nominato relatore il Primo Referendario Dott. Giuseppe Maria Mezzapesa

Udito il relatore;

Ritenuto in

FATTO

Il Comune istante formula una richiesta di parere al fine di conoscere la corretta interpretazione ed applicazione delle previsioni che hanno reso obbligatorio il ricorso ad un’unica centrale di committenza per i comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti (art. 33, comma 3 bis, del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, comma aggiunto dall’art. 23, comma 4 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214).

Il comma 5, dell’art. 23 del decreto legge da ultimo citato, ha precisato che la nuova disciplina si applica “alle gare bandite” successivamente al 31 marzo 2012, termine prorogato di dodici mesi dall’art. 29 del D.L. 29 dicembre 2011, n. 216, convertito con modificazioni dalla L. 24 febbraio 2012, n. 14.

Il Comune istante chiede pertanto di sapere se, in considerazione delle disposizioni appena richiamate, si possa ipotizzare, in sede di organizzazione della centrale unica di committenza, che la competenza per la gestione degli affidamenti diretti, così come per le acquisizioni in economia mediante trattativa diretta ovvero mediante amministrazione diretta, resti in capo ai comuni.

DIRITTO

La funzione consultiva delle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti è prevista dall’art. 7, comma 8, della Legge n. 131 del 2003 che, innovando nel sistema delle tradizionali funzioni della Corte dei conti, dispone che le regioni, i comuni, le province e le città metropolitane possano chiedere alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti pareri in materia di contabilità pubblica.

Con atto del 27 aprile 2004, la Sezione delle Autonomie ha dettato gli indirizzi e i criteri generali per l’esercizio dell’attività consultiva, evidenziando, in particolare, i soggetti legittimati alla richiesta e l’ambito oggettivo della funzione.

Occorre pertanto verificare preliminarmente la sussistenza contestuale del requisito soggettivo e di quello oggettivo, al fine di accertare l’ammissibilità della richiesta in esame:

Requisito soggettivo:

La legittimazione a richiedere pareri è circoscritta ai soli Enti previsti dalla legge n. 131 del 2003, stante la natura speciale della funzione consultiva introdotta dalla medesima legge, rispetto all’ordinaria sfera di competenze della Corte.

I pareri richiesti dai comuni, dalle province e dalle aree metropolitane, vanno inoltrati per il tramite del Consiglio delle autonomie locali.

Inoltre la richiesta può considerarsi ammissibile solo se proveniente dall’Organo rappresentativo dell’Ente (Presidente della Giunta regionale, Presidente della Provincia, Sindaco).

La richiesta di parere in esame proviene da un Comune, è stata sottoscritta dal Sindaco, legale rappresentante dell’Ente, come tale capace di manifestarne la volontà, ed è stata trasmessa per il tramite del Consiglio delle Autonomie locali.

Sotto il profilo soggettivo, dunque, la richiesta di parere si palesa ammissibile. Requisito oggettivo:

I pareri sono previsti, dalla Legge n. 131 del 2003, esclusivamente nella materia della contabilità pubblica.

L’ambito oggettivo di tale locuzione, in conformità a quanto stabilito dalle Sezioni Autonomie nel citato atto di indirizzo del 27 aprile 2004, nonché nella deliberazione n. 5/2006, deve ritenersi riferito alla “attività finanziaria che precede o che segue i distinti interventi di settore, ricomprendendo, in particolare, la disciplina dei bilanci e i relativi equilibri, l’acquisizione delle entrate, l’organizzazione finanziaria – contabile, la disciplina del patrimonio, la gestione delle spese, l’indebitamento, la rendicontazione e i relativi controlli”.

Le Sezioni riunite in sede di controllo, nell’esercizio della funzione di orientamento generale assegnata dall’art. 17, comma 31, del decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, hanno fornito ulteriori chiarimenti (cfr. del. n. 54/2010). Si è precisato, infatti, che la funzione consultiva delle Sezioni regionali di controllo nei confronti degli Enti territoriali deve svolgersi anche in ordine a quesiti che risultino connessi alle modalità di utilizzo delle risorse pubbliche, nel quadro di specifici obiettivi di contenimento della spesa sanciti dai principi di coordinamento della finanza pubblica, e in grado di ripercuotersi direttamente sulla sana gestione finanziaria dell’Ente e sui pertinenti equilibri di bilancio.

Va infine ricordato che, come già precisato nei citati atti di indirizzo, nonché in numerose delibere di questa Sezione, possono essere oggetto della funzione consultiva della Corte dei Conti le sole richieste di parere volte ad ottenere un esame da un punto di vista astratto e su temi di carattere generale. Devono quindi ritenersi inammissibili le richieste concernenti valutazioni su casi o atti gestionali specifici, tali da determinare un’ingerenza della Corte nella concreta attività gestionale dell’Ente e, in ultima analisi, una compartecipazione all’amministrazione attiva, incompatibile con la posizione di terzietà ed indipendenza della Corte quale organo magistratuale.

Con la richiesta di parere in esame risulta formulato un quesito giuridico, di natura generale ed astratta, sulla corretta interpretazione di norme concernenti l’attività contrattuale dell’Ente che rientra nella materia della contabilità pubblica come sopra definita. Peraltro lo stesso quesito ha ad oggetto una specifica disciplina introdotta dal legislatore per un più razionale impiego delle risorse pubbliche, con effetti sulla gestione finanziaria dell’Ente e sui pertinenti equilibri di bilancio.

Pertanto la richiesta di parere risulta ammissibile anche sotto il profilo oggettivo.

Merito:

L’art. 33 del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture), al comma 3 bis – comma aggiunto dall’art. 23, comma 4 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 – prevede che “i Comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti ricadenti nel territorio di ciascuna Provincia affidano obbligatoriamente ad un’unica centrale di committenza l’acquisizione di lavori, servizi e forniture nell’ambito delle unioni dei comuni, di cui all’articolo 32 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove esistenti, ovvero costituendo un apposito accordo consortile tra i comuni medesimi e avvalendosi dei competenti uffici”.

Il comma 5 dello stesso art. 23, ha precisato che la nuova disciplina “si applica alle gare bandite successivamente al 31 marzo 2012”, termine prorogato di dodici mesi dall’art. 29 del D.L. 29 dicembre 2011, n. 216, convertito con modificazioni dalla L. 24 febbraio 2012, n. 14, per coordinare l’applicazione delle previsioni in esame con quelle di cui all’art. 16 del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148. Queste ultime, infatti, hanno imposto agli enti fino a mille abitanti di esercitare obbligatoriamente in forma associata, mediante un’unione di Comuni, tutte le funzioni amministrative e tutti i servizi pubblici loro spettanti sulla base della legislazione vigente.

Con la richiesta di parere in esame si chiede se possa escludersi, per i comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti, l’obbligo di affidarsi alla centrale unica di committenza, nelle eccezionali ipotesi di procedure negoziate ammesse nei confronti di un solo operatore, o anche per le acquisizioni in economia mediante trattativa diretta ovvero amministrazione diretta. Infatti, a fronte di una previsione normativa che sembra riguardare tutte le acquisizioni di lavori, servizi e forniture (l’art. 33, comma 3 bis del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163), il riferimento contenuto nell’art. 23, comma 5, del D.L. n. 216/2011 sopra citato, “alle gare bandite”, lascerebbe intendere l’esclusione, dall’ambito applicativo della disciplina, delle fattispecie prive di un confronto concorrenziale tra potenziali aggiudicatari.

Ritiene la Sezione che per la soluzione del quesito posto – senza escludere del tutto valore interpretativo alle previsioni di cui all’art. 23, comma 5, del D.L. n. 216/2011 relative al momento di applicazione della novella – debba aversi principalmente riguardo alla ratio ed alla collocazione sistematica della disciplina sostanziale.

L’art. 33 del d.lgs. 163/2006 stabilisce in via generale, al comma 1, che le stazioni appaltanti e gli enti aggiudicatori possono acquisire lavori, servizi e forniture facendo ricorso a centrali di committenza, anche associandosi o consorziandosi.

Ai sensi dell’art. 3, comma 34, del codice dei contratti pubblici, la “centrale di committenza” è un’amministrazione aggiudicatrice che: acquista forniture o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici o altri enti aggiudicatori; aggiudica appalti pubblici o conclude accordi quadro di lavori, forniture o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici o altri enti aggiudicatori.

In ogni caso le centrali di committenza sono tenute all’osservanza del codice dei contratti pubblici (art. 33, comma 2, del codice dei contratti pubblici).

Le amministrazioni pubbliche non possono delegare alle centrali di committenza le funzioni di stazioni appaltanti di lavori pubblici, potendo tuttavia affidare tali funzioni ai Provveditorati interregionali per le opere pubbliche (già Servizi Integrati Infrastrutture e Trasporti – SIIT) o alle amministrazioni provinciali (art. 33, comma 3 dello stesso codice).

Il comma 3-bis, aggiunto dall’art. 23, comma 4, del D.L. n. 201/2011, convertito dalla legge n. 214/2011, ha reso invece il ricorso alle centrali uniche di committenza obbligatorio per i comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti, per l’acquisizione di lavori, servizi e forniture, concentrando le gestioni delle procedure di acquisto in organismi specializzati di riferimento per le intere unioni di comuni di cui all’articolo 32 del TUEL, ove esistenti, ovvero per i consorzi che i comuni non facenti capo ad unioni sono obbligati a costituire.

Come precisato dalla relazione tecnica al citato d.l. 201/2011, la finalità di tale disciplina è superare il sistema di frammentazione degli appalti pubblici e ridurre i costi di gestione delle procedure ad evidenza pubblica, in virtù delle conseguenti economie di scala.

L’intera disciplina sin qui descritta – inclusa la novella appena riportata – è collocata al titolo I, “contratti di rilevanza comunitaria”, della parte II “contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture nei settori ordinari” del codice dei contratti pubblici.

Per l’applicabilità della stessa anche ai contratti pubblici sotto soglia, occorre fare riferimento all’art. 121 del successivo titolo II, ove si prescrive che a questi ultimi si applicano, oltre alle disposizioni della parte I, della parte IV e della parte V, anche le disposizioni della parte II, “in quanto non derogate dalle norme del presente titolo”.

Questa ricostruzione sistematica vale già di per sé ad escludere la possibilità di una interpretazione meramente letterale dell’art. 33, comma 3 bis, tesa ad includere tutte le acquisizioni di lavori, servizi e forniture, senza distinzione di valore o tipologia procedurale. Ferma, infatti, l’applicazione ai contratti di rilevanza comunitaria, le previsioni di cui all’art. 33, comma 3 bis (al pari delle altre contenute nella parte II del Codice), si applicano anche ai contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alla soglia comunitaria, solo ove non risultino derogate dalle disposizioni di cui al titolo II, rubricato “contratti sotto soglia comunitaria”.

All’interno di questo titolo, l’art. 125 prevede una disciplina speciale per le acquisizioni in economia di beni, servizi, lavori. Come noto dette acquisizioni possono essere effettuate, entro le soglie previste, mediante amministrazione diretta, ovvero mediante procedura di cottimo fiduciario. Nell’amministrazione diretta le acquisizioni sono effettuate con materiali e mezzi propri o appositamente acquistati o noleggiati e con personale proprio delle stazioni appaltanti, o eventualmente assunto per l’occasione, sotto la direzione del responsabile del procedimento. Il cottimo fiduciario è invece una procedura negoziata in cui le acquisizioni avvengono mediante affidamento a terzi, “nel rispetto dei principi di trasparenza, rotazione, parità di trattamento, previa consultazione di almeno cinque operatori economici, se sussistono in tale numero soggetti idonei, individuati sulla base di indagini di mercato ovvero tramite elenchi di operatori economici predisposti dalla stazione appaltante”.

Il vantaggio delle procedure in economia risiederebbe nella maggiore snellezza della procedura e nella tempestività di esecuzione delle prestazioni, per le acquisizioni di importi minori, comunque inferiori alle soglie individuate con legge.

Il comma 14 dell’art. 125 precisa che “ i procedimenti di acquisizione di prestazioni in economia sono disciplinati, nel rispetto del presente articolo, nonché dei principi in tema di procedure di affidamento e di esecuzione del contratto desumibili dal presente codice, dal regolamento”.

Resta da chiarire, dunque, se rispetto agli ambiti di autonomia regolamentare dei comuni in materia di affidamenti in economia, le previsioni di cui all’art. 33, comma 3 bis, rappresentino principi inderogabili in tema di procedure di affidamento.

Si ritiene di dover pervenire a questa conclusione con riguardo alla procedura di cottimo fiduciario.

Ai sensi dell’’art. 3, comma 40, del codice dei contratti pubblici il cottimo fiduciario “costituisce procedura negoziata”, laddove per procedura negoziata si intende ogni procedura in cui la stazione appaltante consulta gli operatori economici scelti e negozia con uno o più di essi le condizioni dell’appalto.

Il regolamento di esecuzione ed attuazione del codice dei contratti pubblici (D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207), reca una disciplina omogenea per tutte le pubbliche amministrazioni in relazione alle procedure di cottimo fiduciario, come stabilito dal sopra citato comma 14 dell’art. 125 del d.lgs. 163/2006, rafforzando sostanzialmente le garanzie di trasparenza in detta disciplina, già assicurate dal rinvio ai principi in tema di procedure di affidamento e di esecuzione del contratto desumibili dal codice. Peraltro, dal confronto fra la formulazione dell’art. 125, comma 14, sopra citato e quella dell’art. 30, comma 1, sempre del codice dei contratti pubblici, relativa alle concessioni di servizio (“salvo quanto disposto nel presente articolo, le disposizioni del codice non si applicano alle concessioni di servizi”), risulta evidente la volontà del legislatore – confermata dalla disciplina contenuta nel regolamento di esecuzione, nonché dalla giurisprudenza amministrativa – di assoggettare la procedura di cottimo fiduciario alle norme del codice dei contratti pubblici previste per i procedimenti di affidamento ordinari, purché compatibili con la procedura semplificata.

Si ritiene pertanto che debbano essere attratte alla competenza delle centrali di committenza, anche le acquisizioni in economia mediante procedura di cottimo fiduciario che prevede l’indizione di una gara informale. Il ricorso alle centrali uniche di committenza risulta infatti del tutto compatibile con detta procedura, ma, soprattutto, la ricostruzione prospettata appare pienamente coerente con la ratio della previsione normativa: una gestione obbligatoria per i piccoli comuni da parte di centrali di committenza uniche, può e deve esplicare i vantaggi auspicati, in termini di razionalizzazione e risparmi di spesa, anche con riguardo alla procedura negoziata in esame.

Queste conclusioni non contrastano con quanto previsto dall’art. 23, comma 5, del d.l. 201/2011, secondo cui la nuova disciplina “si applica alle gare bandite successivamente al 31 marzo 2012” (termine prorogato di 12 mesi). Trattasi di una norma che, con riferimento alle procedure più complesse che contemplano un bando di gara, specifica il momento a decorrere dal quale trova piena applicazione per la nuova modalità di affidamento.

Per il cottimo fiduciario non è necessaria la pubblicazione del bando e l’osservanza dei termini minimi per la ricezione delle offerte, l’art. 331 del Regolamento di esecuzione ha espressamente escluso, infatti, l’applicabilità degli obblighi di pubblicità e di comunicazione stabiliti dall’art. 124 del d.lgs. 163/2006 per le procedure negoziate sotto-soglia. Tuttavia lo stesso regolamento dispone che le stazioni appaltanti debbano osservare il principio della massima trasparenza quale risultante del contemperamento tra esigenze di efficienza amministrativa e tutela dei principi della parità di trattamento, non discriminazione e concorrenza tra gli operatori economici. Principi in attuazione dei quali, peraltro, è prevista l’indizione di una gara ufficiosa, con consultazione di almeno cinque operatori economici (individuati sulla base di indagini di mercato ovvero tramite elenchi di operatori economici predisposti dalla stazione appaltante). Si evidenzia, inoltre, come la gara ufficiosa oltre ad essere, come il sondaggio di mercato, strumento di conoscenza, implica anche una valutazione comparativa delle offerte, valutazione che è insita nel concetto stesso di “gara” (Cons. Stato, VI, 29 marzo 2001, n. 1881), ragione per cui, peraltro, in relazione alla gara ufficiosa le ditte partecipanti divengono titolari di posizioni di interesse legittimo. Si ritiene pertanto che il termine previsto dall’art. 23, comma 5, del d.l. 201/2011, per l’applicazione dell’obbligo di ricorso a centrali uniche di committenza per i piccoli comuni, possa in via analogica applicarsi anche al cottimo fiduciario, valorizzando il momento di esplicazione della gara informale, con conseguente sorgere in capo agli interessati delle relative posizioni giuridiche soggettive.

Si ritiene, invece, che possano escludersi dalla gestione obbligatoria in capo alle centrali uniche di committenza, le acquisizioni in economia mediante amministrazione diretta. In tale ipotesi le acquisizioni sono effettuate con strumenti propri o appositamente acquistati o noleggiati dall’amministrazione, e con personale proprio della stazioni appaltanti, o eventualmente assunto per l’occasione, sotto la direzione del responsabile del procedimento. Si tratta, pertanto, di fattispecie non pienamente compatibili con il ricorso a una centrale di committenza e comunque, in assenza di vere e proprie procedure concorrenziali non rispondenti alla ratio della norma che, come già più volte rilevato, è quella di ottenere risparmi di spesa riducendo i costi di gestione delle procedure negoziali attraverso la concentrazione delle stesse.

Per le stesse ragioni sembrano da escludere dall’obbligo di legge in esame, anche le ipotesi eccezionali di affidamento diretto consentite dalla legge, quali quelle previste all’art. 125, comma 8 e comma 11 del codice dei contratti pubblici, che, rispettivamente, per lavori, ovvero servizi o forniture, inferiori a quarantamila euro, consentono l’affidamento diretto da parte del responsabile del procedimento.

P.Q.M.

Nelle su estese osservazioni è il parere di questa Sezione.

Copia del parere sarà trasmessa a cura del Direttore della Segreteria all’Amministrazione che ne ha fatto richiesta.

Così deliberato in Torino nell’adunanza del 4 luglio 2012.

Il Primo Referendario Relatore

F.to Dott. Giuseppe Maria MEZZAPESA

Il Presidente

F.to Dott.ssa Enrica LATERZA

Depositato in Segreteria il 6/07/2012

Il Funzionario Preposto

F.to Dott. Federico SOLA