Finanza pubblica: nozione di spesa di personale e lsu

NOTA

Il parere in rassegna esamina in modo approfondito la questione relativa alla rilevanza contabile della spesa per i lavoratori socialmente utili (lsu) nonché le ricadute sui vincoli assunzionali derivanti dalla qualificazione del rapporto / spesa ente locale / lsu (i.e.: artt. 76, co. 7, D. L. n. 112/08 e 9, co. 28, D. L. n. 78/2010).

All’esito di un esame attento, ricco di richiami di giurisprudenza, anche comunitaria, resa sulla tematica della qualificazione del rapporto ente locale/lsu, il Collegio evidenzia che:

– la nozione di “spesa di personale prescinde dalla sua riconduzione a un rapporto che, giuridicamente, sia sussumibile sotto la tipologia del lavoro subordinato, ed evidenzia, invece, l’onere finanziario occorrente per acquisire all’ente utilizzatore la risorsa rappresentata da una prestazione dal contenuto lavorativo economicamente valutabile;

non vi è ragione per escludere dall’aggregato “spese di personale” quelle che l’Ente sostiene per acquisire dai lavoratori socialmente utili prestazioni da utilizzare nell’organizzazione delle sue funzioni e dei suoi servizi, ad essi ricorrendo per avvantaggiarsi della temporaneità del rapporto, della minore onerosità del bene acquisito, della rapidità e semplicità della ricerca della risorsa, o proprio per la volontà di sottrarre tali spese dai limiti restrittivi imposti dal legislatore, vuoi per rigidità organizzative interne, vuoi per carenza di personale dipendente;

– infatti, la ragione che lega le diverse voci di spesa, così da farle confluire nell’aggregato “spesa di personale”, è quella di porre in evidenza contabile tutti gli oneri finanziari che l’ente utilizzatore deve spendere, anche dopo aver attinto alle risorse a ciò destinate trasferite dalla Regione e iscritte in entrata, per acquisire prestazioni lavorative nel prevalente interesse dell’Ente medesimo perché solo con tali risorse lavorative possono essere esercitate la funzioni pubbliche all’Ente assegnate;

– per contro, quando la spesa sostenuta non risponde a siffatta ragione, perché i lavoratori utilizzati, a condizione di non essere interessati da processi di stabilizzazione, mantengono la loro iniziale peculiarità, consistente nello svolgimenti di attività che hanno per oggetto la realizzazione di opere e la fornitura di servizi di utilità collettiva, a fronte di un assegno di natura previdenziale, detta spesa può essere esclusa dal computo rilevante ai fini degli obiettivi del patto di stabilità e di finanza pubblica.

Il parere concude nel senso che spetta al Comune verificare se, nel concreto, i rapporti intercorrenti con i LL.SS.UU. corrispondono a misure economiche di natura previdenziale o assistenziale – come tali escluse dalla voce “spesa di personale” e dall’orbita di applicazione drme suddette e, in particlare, dell’art. 9, co. 28, D.L. n. 78/2010 -, o invece, sono spese per l’acquisto all’Ente di prestazioni dal contenuto lavorativo, con la conseguenza di ricadere nella nozione di “spesa di personale” e assumere rilevanza contabilistica e vincolistica ai sensi delle norme citate.

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C o r t e d e i C o n t i

Sezione regionale di controllo per la Basilicata

Potenza

Deliberazione n. 78/2012/PAR

Parere n. 10/2012

La Sezione regionale di controllo per la Basilicata così composta:

Presidente di Sezione dr. Ciro Valentino Presidente

Consigliere dr. Rocco Lotito Componente

Primo Referendario dr. Giuseppe Teti Componente

Referendario dr. Donato Luciano Componente

nella Camera di consiglio del 7 maggio 2012

Visto l’art.100 della Costituzione;

Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con R.D. 12 luglio 1934, n.1214 e successive modificazioni ed integrazioni;

Vista la legge 14 gennaio 1994, n.20 e successive modificazioni;

Visto l’art. 7, comma 8, della legge 5 giugno 2003, n. 131;

Vista la deliberazione n.14/2000 in data 16 giugno 2000 delle Sezioni Riunite della Corte dei conti, con la quale è stato deliberato il regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, e successive modificazioni ed integrazioni;

Visti gli indirizzi e criteri generali per l’esercizio dell’attività consultiva approvati dalla Sezione delle Autonomie della Corte dei conti nell’adunanza del 27 aprile 2004 e nell’adunanza del 4 giugno 2009, delibera n. 9/Sez.Aut./2009;

Vista la Delibera n. 54/CONTR/10 resa dalle Sezioni Riunite in sede di controllo in data 21 ottobre e 8 novembre 2010, ai sensi dell’art. 17, comma 31, del decreto legge 1 luglio 2009, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2009 n. 102;

Vista la richiesta di parere, ex art. 7, comma 8, della legge n. 131/2003, formulata dal Sindaco del Comune di San Chirico Raparo con nota prot. n. 372 del 19 gennaio 2012, alla quale ha fatto seguito l’invio, a ulteriore integrazione documentale e con finalità di chiarimento del quesito, della nota prot. n. 1604 del 27 marzo 2012;

Vista l’ordinanza del Presidente di questa Sezione regionale di controllo n. 81 del 7 maggio 2012, con la quale la richiesta di parere è stata deferita all’esame collegiale della Sezione per l’odierna seduta ed è stato nominato relatore il Magistrato dr. Giuseppe Teti;

Udito nella camera di consiglio il relatore;

1. – Premesso in fatto

1.1 – Con nota del 27.1.2012 il Sindaco del Comune di San Chirico Raparo, muovendo da una approfondita e articolata disamina delle fonti normative e delle applicazioni giurisprudenziali in materia di lavoratori socialmente utili e di spesa di personale, premette quanto segue.

In sede di esame del questionario sul bilancio di previsione 2011 è stato rilevato da questa Sezione regionale di controllo che la spesa di personale del Comune istante è pari al 57% della spesa corrente. Il superamento della soglia del 40% (tale è la misura valevole per il 2011, elevata al 50% a partire dal 1.1.2012, ex art. 28, comma 11-quater, D.L. n. 201/2011), ha come conseguenza, ai sensi dell’art. 76, comma 7, d.l. n. 112/2008, e successive modificazioni e integrazioni, il divieto di precedere ad assunzioni per il 2012, “a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale”.

Il superamento della soglia è imputato alla sopravvenuta linea interpretativa assunta dalle Sezioni Riunite della Corte dei conti con delibera n. 27/CONTR/11 del 16 maggio 2011. Nel citato deliberato è stato chiarito che, al fine di verificare il rispetto dei parametri d’incidenza tra le spese di personale e la spesa corrente, l’aggregato spese di personale può essere direttamente riferito a quello già impiegato per l’applicazione del comma 557, come descritto nelle linee guida al bilancio di previsione 2010, ma operando un correttivo, per ristabilire l’equilibrio del confronto con l’insieme della spesa corrente. In tale prospettiva sono state incluse nell’aggregato “spesa di personale” le voci escluse ai fini dell’applicazione del comma 557.

La circolare n. 10/133/CR6/C1 del 18.11.2010, redatta congiuntamente dalla Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, dalla Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative regionali e dal Dipartimento della Funzione Pubblica, ha convenuto che dal divieto assoluto di assunzioni (ed anche dal limite alle stesse, stabilito nella misura del 20% delle cessazioni dell’anno precedente), sono da escludere le assunzioni di personale appartenente alle categorie protette ex L. 68/1999, nonché quelle per lo svolgimento di servizi infungibili ed essenziali, quali le ispezioni in ambito fitosanitario di cui al D. Lgs. 19 agosto 2005, n. 214. La stessa circolare ha, invece, ritenuto di dover includere nel calcolo della spesa di personale, rilevante al fine di determinare il rapporto con le spese correnti, anche gli emolumenti corrisposti a lavoratori socialmente utili, in analogia a quanto è previsto per la rilevazione del conto annuale, prevista dl Titolo V del D.Lgs. n. 165/2001 (cfr., per il 2010, la circolare MEF n. 15/2011).

1.2 – Il Comune istante, stante l’evidenza della norma che escluderebbe la possibilità di fare ricorso nel 2012 ai lavoratori adibiti in lavori socialmente utili, ha tuttavia rilevato, in estrema sintesi, quanto segue:

– a livello normativo e giurisprudenziale è stato ribadito che non esiste rapporto di lavoro con i LL.SS.UU.;

– non vi sono disposizioni normative che espressamente limitano il ricorso dei LL.SS.UU. negli enti locali, né vi sono norme che espressamente contabilizzano nella spesa di personale gli emolumenti corrisposti ai medesimi lavoratori;

– per contro, è a livello ministeriale e a livello di controllo della contabilità pubblica che i LL.SS.UU. sono stati parificati ai dipendenti pubblici e il relativo onere è stato ricompreso nella voce “spesa di personale”.

Ciò posto, sono stati formulati i seguenti quesiti:

1. Esatta evidenziazione della spesa relativa ai LL.SS.UU. sia per la componente a carico del bilancio regionale che di quella a carico del bilancio comunale.

2. Esatto inquadramento giuridico ed economico del rapporto in essere con i LL.SS.UU.

3. Esatta configurazione dell’istituto della prosecuzione delle attività previste nei progetti di impiego dei LL.SS.UU.

4. Applicabilità per i LL.SS.UU. dei vincoli posti dalle norme sopra citate, nonché per il precipuo aggregato di “spese di personale” finalizzato al calcolo percentuale dei rapporti rispetto alle spese correnti. La norma vieta le assunzioni a qualunque titolo con esclusione dell’estensione del divieto alla prosecuzione della attività in L.S.U.

5. Applicabilità per i LL.SS.UU. di quanto stabilito dall’art. 9, comma 28, D.L. 31.5.2010, n. 78, conv. in legge 30/7/2010, n. 122, con la previsione che a decorrere dall’anno 2011 è possibile avvalersi di personale a tempo determinato, con convenzioni, con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, con contratti di formazione lavoro, od altri rapporti formativi, con contratti di somministrazione di lavoro nonché con lavoro accessorio, in misura non superiore al 50% della spesa sostenuta per le stesse finalità nell’anno 2009.

6. Se possa applicarsi ai progetti in prosecuzione, almeno per le attività connesse alla raccolta e trasposto rifiuti solidi urbani e differenziati, l’eccezione evidenziata dalla Corte dei conti a sezioni riunite con la decisione n. 46/CONTR/11 del 27/6/2011 in sede di controllo per gli interventi caratterizzati da somma urgenza e lo svolgimento di servizi infungibili ed assistenziali. La norma non fa alcuna estensione alla prosecuzione della attività in LL.SS.UU.

Nell’eventualità venga chiarito che trattasi di “spese di personale” se debba trovare applicazione la normativa dettata dall’art. 9, comma 28, D.L. 31/5/2010, n. 78, conv. in legge 30/7/2010, n. 122 e ss.mm.ii., per i rapporti a termine”.

2. – Considerato in diritto

1. Sull’ammissibilità della richiesta

2.1.1 La richiesta di parere è senz’altro ammissibile sotto il profilo soggettivo in quanto presentata da un soggetto legittimato (il sindaco del comune).

2.1.2 Del pari ammissibile è sotto il profilo oggettivo in quanto le questioni sollevate con la richiesta di parere sopra riportata concernono la materia della contabilità pubblica, alla quale resta comunque circoscritta l’attività consultiva che può essere resa dalle Sezioni regionali della Corte dei conti, ex art. 7, comma 8, della legge n. 131/2003, secondo la definizione precisata dalla Sezione Riunite con la deliberazione n. 54/2010 in premessa citata. Non di meno, occorre chiarire che la trattazione dei quesiti proposti non può che essere svolta riportando gli stessi a temi di carattere generale che si prestano a essere esaminati da un punto di vista astratto (con esclusione di valutazione e pareri su casi specifici) e preventivo rispetto all’agire amministrativo. Quest’ultimo, infatti, appartiene all’autonomia decisionale dell’Ente, che occorre salvaguardare da indebite intromissioni, anche di questa Corte in sede consultiva, spettando unicamente all’amministrazione la scelta concreta di quale sia la disciplina applicabile e di quali effetti comporti nella gestione contabile a amministrativa.

2. Nel merito

2.2.1 – Il Comune di San Chirico Raparo utilizza, secondo quanto dallo stesso riferito, 18 unità di personale impegnato in lavori socialmente utili, appartenenti alla categoria dei lavoratori in cerca di prima occupazione o disoccupati iscritti da più di due anni nelle liste di collocamento. Sempre secondo quanto riportato dall’istante, l’utilizzo di detto personale rientra nell’ambito di tre progetti promossi dall’Ente e approvati dalla Commissione regionale per l’impiego di Potenza tra il 1998 e 1999: per le attività di vigilanza del territorio e riqualificazione ambientale e idrogeologica; per le attività di sistemazione archivi, catalogazione e salvaguardia opere del centro storico; per le attività di manutenzione e sistemazione strade, vie piazze, edifici pubblici e patrimonio comunale.

I lavoratori attualmente impiegati espletano attività che, si asserisce, sono la prosecuzione di quelle originariamente progettate e autorizzate, consistenti nel servizio di pulizia e cura degli immobili comunali; servizio di pulizia e manutenzione del verde pubblico, piazze e giardini comunali; servizio di trasporto e raccolta rifiuti; servizio di mensa scolastica. Le modalità operative sono articolate sulla base di quelle che regolano le prestazioni dei dipendenti comunali di pari categoria, mentre l’utilizzo è contenuto nelle venti ore settimanali e per non più di otto ore giornaliere. Gli oneri finanziari sono in parte a valere sui fondi resi disponibili da leggi di bilancio regionali, che finanziano la spesa nella misura del 90%, e in parte a carico dal Comune utilizzatore per il restante 10%.

Orbene, anche la legge regionale di bilancio per l’esercizio 2012 garantisce la provvista finanziaria necessaria a consentire la prosecuzione delle attività in essere, fino al 31.12.2012.

Tuttavia, il Comune, avendo registrato, nel 2011, un rapporto tra la spesa di personale e la spesa corrente pari al 57%, superiore non solo al limite del 40% valevole per il 2011, ma anche alla più favorevole soglia del 50% prevista a partire dal 2012 dalla L. n. 183/2011, incorre nel divieto di procedere all’assunzione di personale “a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale” (art. 76, comma 7, D.L. n. 112/2008, nel testo oggi vigente). In tale divieto rientrerebbero anche i contratti per l’utilizzo di LL.SS.UU.

2.2.2 – Secondo quanto riferisce il Comune il superamento della soglia sarebbe da imputare al criterio di formazione dell’aggregato “spesa di personale” dettato dalle Sezioni Riunite della Corte dei conti con la delibera n. 27/CONTR/11 del 16 maggio 2011.

Nella citata circostanza le Sezioni Riunite osservarono che l’aggregato “spesa di personale”, non ulteriormente definito dal legislatore, “sembra assumere una composizione diversa a seconda che la si riferisca agli obiettivi correlati al patto di stabilità interno, ovvero la si consideri al fine del contenimento della spesa di personale (rispetto a esercizi pregressi o rispetto alla spesa corrente nel suo insieme), o, ancora, la si rilevi ai fini del controllo, dell’analisi e del monitoraggio del costo del lavoro nelle PP.AA.. La nozione suddetta può avere riferimento a finalità conoscitive e di controllo degli aggregati di finanza pubblica (es. conto annuale); a finalità di trasparenza gestionale, ovvero, come nel caso in esame, per un motivo più specifico che si connette ai livelli assunzionali considerati in relazione alla situazione di equilibrio del bilancio dell’ente e agli obiettivi del coordinamento finanziario.”

In definitiva, e per quanto qui di interesse, la spesa di personale di un dato esercizio, da rapportare alla spesa corrente dello stesso esercizio, non può essere determinata allo stesso modo con il quale si procede a proposito del raffronto tra aggregati omogenei di spesa (di personale) riferiti a esercizi diversi. “Diversi meccanismi devono, invece, essere impiegati per operare il raffronto spesa corrente spesa di personale in quanto a tale fine dovrebbe essere utilizzata una nozione di spesa del personale estesa a tutte le componenti siano esse incluse o escluse e anche a quelle alle quali fa espresso riferimento la nuova stesura del comma 557. (..) Per la verifica del rapporto tra la spesa corrente e la spesa del personale appare maggiormente coerente prendere in considerazione la spesa di personale nel suo complesso, per cui si pone la necessità di stabilire se essa debba essere considerata a lordo di tutte le voci escluse nella determinazione dell’aggregato da considerare per il confronto in serie storica. La lettura sistematica delle nuove disposizioni sembrerebbe escludere ai fini del calcolo della percentuale delle spese di personale rispetto alle spese correnti una esatta coincidenza tra l’aggregato spese di personale utilizzato per la verifica dell’obbligo di riduzione previsto dal comma 557 (come riformulato dall’art. 14, comma 7 del DL 78/2010) e l’aggregato spese di personale da utilizzare ai fini della misurazione dell’incidenza di tale spesa sulla spesa corrente”.

La conclusione cui pervengono le Sezioni Riunite della Corte è nel senso che la verifica del rispetto degli indici di incidenza tra le spese di personale e la spesa corrente deve essere effettuata considerando l’aggregato spese di personale al lordo di tutte le voci escluse. Pertanto, “al fine di verificare il rispetto dei parametri d’incidenza tra le spese di personale e la spesa corrente, l’aggregato spese di personale può essere direttamente riferito a quello già impiegato per l’applicazione del comma 557, come descritto nelle linee guida al bilancio di previsione per il 2010, ma è necessario operare un correttivo, per ristabilire l’equilibrio del confronto con l’insieme della spesa corrente. In tale prospettiva vanno incluse nell’aggregato le voci escluse ai fini dell’applicazione del comma 557”.

2.2.3 – Non è questa la sede per indagare le ragioni per le quali il Comune di San Chirico Raparo non sia riuscito, in concreto, a contenere nei limiti di legge la spesa di personale rispetto alla spesa corrente, a differenza di altri comuni similari della regione che, parimenti, hanno osservato il criterio di calcolo sopra indicato dalle Sezioni Riunite della Corte dei conti.

Occorre esaminare, in termini generali, il nucleo centrale del quesito posto dal comune istante, attorno al quale ruotano gli altri profili di incertezza ermeneutica: se cioè sia coerente e conforme al dettato normativo aver conteggiato la spesa per gli LL.SS.UU. all’interno dell’aggregato , dal momento che il rapporto tra gli LL.SS.UU. e il Comune utilizzatore non avrebbe la “causa” tipica del contratto di lavoro subordinato, consistente nello scambio di prestazione lavorativa e retribuzione, ma si caratterizzerebbe come rapporto avente natura previdenziale.

2.2.4 – Per meglio inquadrare i termini della questione proposta dal Comune istante appare opportuno passare in rapida rassegna, pur nell’ambito della ricca normazione nazionale e regionale in materia, gli elementi che caratterizzano i lavori socialmente utili, limitandosi ai soli aspetti funzionali allo sviluppo della trattazione.

2.2.4 a – In estrema sintesi, sono lavori socialmente utili tutte le attività che hanno per oggetto la realizzazione di opere e la fornitura di servizi di utilità collettiva, mediante l’utilizzo di lavoratori in mobilità o in cassa integrazione guadagni straordinaria o in disoccupazione speciale oppure mediante il coinvolgimento in progetti di lavori socialmente utili di soggetti in cerca di prima occupazione o disoccupati.

Rientrano nella competenza del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale i lavoratori socialmente utili appartenenti al cosiddetto “bacino nazionale”, cioè quei soggetti che abbiano effettivamente maturato 12 mesi di permanenza nelle attività socialmente utili negli anni 1998-1999.

La gestione dei lavori socialmente utili e le azioni di politica attiva del lavoro riferita ai lavoratori LSU, è demandata alle Regioni, che agiscono sulla base di convenzioni con il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale. Le regioni, le province e i comuni, singolarmente o in cooperazione con altri comuni, possono utilizzare risorse proprie per agevolare la stabilizzazione dell’occupazione dei soggetti utilizzati in progetti di lavori socialmente utili.

L’utilizzo temporaneo di lavoratori che godono del trattamento straordinario della Cassa integrazione guadagni in attività non incompatibili con la loro professionalità, in opere o servizi di pubblica utilità, ovvero, quali istruttori per iniziative di formazione professionale d’intesa con le amministrazioni pubbliche interessate, era già stato previsto dall’art. 1 bis, D.L. n. 244/1981, conv. con L. n. 390/1981. Tale utilizzazione non avrebbe comportato, comunque, l’instaurazione di alcun tipo di rapporto di lavoro con queste amministrazioni e sarebbe cessata non appena fosse terminato il periodo di godimento del predetto trattamento. Ai lavoratori di cui sopra era dovuta, a carico delle Amministrazioni pubbliche interessate, una somma pari alla differenza tra la somma corrisposta dall’INPS a titolo di integrazione salariale e il salario o stipendio che sarebbe stato percepito in costanza del rapporto di lavoro e, comunque, non superiore a quello dei lavoratori che nell’amministrazione pubblica interessata svolgevano pari mansioni. I lavoratori che avessero rifiutato di essere avviati a corsi o non li avessero frequentati regolarmente, ovvero avessero rifiutato di essere utilizzati nelle opere o nei servizi, sarebbero decaduti dal diritto al godimento del trattamento di integrazione salariale straordinario, nonché da qualsiasi erogazione a carattere retributivo o previdenziale a carico dell’azienda. I lavoratori avviati a opere o servizi di pubblica utilità avevano diritto all’astensione dal lavoro in tutti i casi di inesigibilità della prestazione previsti dalla legge in relazione al rapporto di lavoro subordinato.

Ulteriori disposizioni normative si sono succedute nel tempo, fino alla legge n. 196 del 24.6.1997 che, agli artt. 22 e 26, ha delegato il Governo, rispettivamente, a rivedere la disciplina sui lavori socialmente utili, di cui al D.L. 1 ottobre 1996, n. 510, art. 1, comma 1, convertito, con modificazioni, nella L. 28 novembre 1996, n. 608, e per la definizione di un piano straordinario di lavori di pubblica utilità e di borse di studio a favore di giovani inoccupati del Mezzogiorno.

La delega è stata attuata con l’emanazione di due successivi decreti legislativi: il D.Lgs. 7 agosto 1997, n. 280, recante norme in materia di interventi a favore di giovani inoccupati nel Mezzogiorno; e il D.Lgs. 1 dicembre 1997, n. 468, recante la revisione della disciplina sui lavori socialmente utili.

In particolare, il D.Lgs. n. 280 del 1997, art. 3, ha definito i settori nei quali sono attivati i lavori di pubblica utilità (servizi alla persona, salvaguardia e cura dell’ambiente e del territorio, sviluppo rurale e dell’acquacoltura, recupero e riqualificazione degli spazi urbani e dei beni culturali), stabilendo la durata massima di dodici mesi per i relativi progetti e rinviando per le modalità di attuazione a quelle stabilite dall’art. 1 del sopra richiamato D.L. n. 510 del 1996.

A dare contenuto alla locuzione “lavori socialmente utili” soccorre invece il D.Lgs. n. 468/1997, che, all’art.1, li definisce come quelle attività che hanno per oggetto la realizzazione di opere e la fornitura di servizi di utilità collettiva, mediante l’utilizzo di particolari categorie di soggetti, alle condizioni di legge, compatibilmente con l’equilibrio del locale mercato del lavoro. Le attività in argomento si sostanziano, in particolare, in “prestazioni di attività socialmente utili da parte di titolari di trattamenti previdenziali”, da realizzarsi mediante progetti attivati in determinati settori (art. 2, d.lgs. n. 468/1977 e art. 3, comma 1, d.lgs. n. 81/2000).

Il D. Lgs. n. 468/1997 è stato integrato e modificato col Decreto Legislativo 28 febbraio 2000, n. 81. Altre disposizioni di dettaglio, soprattutto in materia di stabilizzazione del lavoro precario e di finanziamenti ulteriori di attività socialmente utili e per l’attuazione di misure di politica attiva del lavoro riferite a lavoratori impegnati in attività socialmente utili, sono contenute nella legge n. 296/2006 (finanziaria per il 2007).

Le Regioni possono, peraltro, individuare attività aggiuntive a quelle previste dal legislatore nazionale, funzionali allo sbocco occupazionale territoriale dei soggetti interessati, in iniziative che comportano trasferimenti di risorse finanziarie pubbliche per opere infrastrutturali, ovvero siano finanziate da fondi strutturali europei, ovvero siano oggetto di programmazione negoziata (art. 3, comma 2, d.lgs. n. 81/2000). Anche le Provincie, nell’ambito della loro competenza, possono specificare e integrare l’elenco di attività individuate dalle regioni, in rapporto alle esigenze del locale mercato del lavoro (ivi, comma 3). La Regione Basilicata, ai sensi dell’art. 3 della L. R. n. 60/2000, ha istituito l’elenco aggiuntivo (prevedendo un analogo elenco a cura delle Provincie), e ha demandato alla Giunta Regionale l’individuazione di tali attività aggiuntive.

Peraltro, un quadro normativo completo e rigoroso non può mancare di considerare anche le norme di legge regionale che, nei limiti della potestà legislativa concorrente, hanno ulteriormente dettagliato la materia. In particolare, quanto alla Regione Basilicata, occorre qui fare riferimento alla citata L.R. n. 60 del 2000, aggiornata e coordinata con la legge regionale n. 4 del 2004; la L.R. n. 2 del 2005, aggiornata e coordinata con la legge regionale n. 20 del 2008. Altre norme regionali riguardanti il percorso di stabilizzazione dei lavoratori impegnati in attività socialmente utili sono state dichiarate costituzionalmente illegittime dalla Corte costituzionale con sentenza n. 67/2011.

2.2.4 b – Al pari delle precedenti normative di settore, l’art. 8, comma 1, del D. Lgs. n. 468/1997, ribadisce che “l’utilizzazione dei lavoratori nelle attività di cui all’art. 1 non determina l’instaurazione di un rapporto di lavoro e non comporta la sospensione e la cancellazione dalle liste di collocamento o dalle liste di mobilità”. Quanto al trattamento economico lo stesso articolo 8, comma 2, prevede che i lavoratori utilizzati, già percettori di trattamenti previdenziali di cui all’art. 4 comma 1, lett. c) e d), sono impegnati per l’orario settimanale corrispondente alla proporzione tra il trattamento stesso e il livello retributivo iniziale previsto per i dipendenti che svolgono attività analoghe e comunque per non meno di 20 ore settimanali e per non più di 8 ore giornaliere. Nel caso di impegno per un orario superiore, entro il limite del normale orario contrattuale, ai lavoratori compete un importo integrativo corrispondente alla retribuzione oraria relativa al livello retributivo iniziale, calcolato al netto delle ritenute previdenziali ed assistenziali.

Ai lavoratori non già percettori di trattamenti previdenziali, se utilizzati nelle attività di lavori socialmente utili, compete un assegno mensile, di importo determinato, denominato assegno per i lavori socialmente utili, erogato dall’INPS, per un orario settimanale di 20 ore e per non più di 8 ore giornaliere. Impegni per orari superiori determinano un importo integrativo come sopra detto.

2.2.5 – La ricognizione normativa, necessariamente sintetica, consente comunque di cogliere la ragione del dubbio avanzato dal Comune istante circa la natura del rapporto intercorrente tra i soggetti pubblici utilizzatori e i LL.SS.UU.

La Cassazione civile, facendo leva sulla normativa dettata dal D.Lgs. n. 468/1997, poi modificata dal D. Lgs. n. 81/2000, ha ritenuto che “le attività socialmente utili possono essere svolte per l’esecuzione di progetti attuati da enti pubblici (…); progetti affidabili per la loro realizzazione ad altri enti attraverso il coinvolgimento di soggetti inoccupati e disoccupati, cui vengono riconosciuti alcuni emolumenti (condizionati alla prestazione di attività lavorative) espressamente regolati dalla legge non in quanto oggetto di un contratto di rapporto di lavoro subordinato, ma come obblighi dell’ente pubblico scaturenti da un rapporto giuridico di carattere previdenziale”, che trova fondamento nell’art. 38 Cost. in quanto diretto a soddisfare un interesse sociale quale la tutela contro la disoccupazione (Cass., Sez. Un., 22.2.2005, n. 3508; in senso analogo la decisione citata dall’istante, Cass., Sez. Un., 3.1.2007, n. 3). In senso conforme: App. Potenza, 31.5.2001 che, pur escludendo l’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato, non esclude l’applicabilità di istituti tipici di tale rapporto. Il T. Napoli, sez. lavoro, 9.4.2010, da un lato afferma che i LL.SS.UU., dal rapporto con i soggetti pubblici utilizzatori, beneficiano di prestazione assistenziale, rappresentata da una fonte di guadagno e di arricchimento professionale, dall’altro riconosce che l’interesse dei soggetti utilizzatori è quello di assicurarsi manodopera per coprire vacanze organiche o altre necessità senza dover costituire un più oneroso rapporto di lavoro a tempo indeterminato, destinato a divenire inutile col passare del tempo.

Anche il Giudice Amministrativo, come riportato dal Comune di San Chirico Raparo, ha in più circostanze affermato che “le caratteristiche dei lavori socialmente utili non ne consentono la qualificazione come rapporto di impiego; e ciò per la considerazione che il rapporto dei lavoratori socialmente utili trae origini da motivi assistenziali (rientrando nel quadro dei c.d. ammortizzatori sociali); e riguarda un impegno lavorativo certamente precario; non comporta la cancellazione dalle liste di collocamento; presenta caratteri del tutto peculiari quali l’occupazione per non più di ottanta ore mensili, il compenso orario uguale per tutti (sostitutivo dell’indennità di disoccupazione) versato dallo Stato e non dal datore di lavoro, la limitazione delle assicurazioni obbligatorie solo a quelle per infortuni e le malattie professionali” (Cons. Stato, 30.3.2007, n. 3664). In senso analogo, Cons. Stato, 4.12.2009, n. 5417; TAR Lazio, Latina, 18.1.2006, n. 33.

Da ultimo, occorre brevemente scrutinare la decisione della Corte di Giustizia, n. 157 del 15.3.2012 (causa C-157/11), avente ad oggetto domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale di Napoli a proposito di un lavoratore socialmente utile consecutivamente impiegato per alcuni anni da un comune e poi dallo stesso stabilizzato, che reclamava l’adeguamento degli emolumenti per gli anni antecedenti la stabilizzazione, assumendo la natura sostanzialmente subordinata anche del precedente rapporto di lavoro.

La rilevanza che l’istante attribuisce a tale decisione per la soluzione della questione della giuridica qualificazione del rapporto intercorrente con gli LL.SS.UU., non sembra a questa Sezione particolarmente dirimente la questione qui trattata.

La pregiudiziale verteva sul punto se il rapporto intercorrente tra i lavoratori socialmente utili e le amministrazioni pubbliche utilizzatrici, previsto da una normativa nazionale come quella italiana sui LL.SS.UU., rientri o meno nell’ambito di applicazione dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999. La clausola 3, punto 1, di detto accordo quadro, prevede che un «lavoratore a tempo determinato» è “una persona con un contratto o un rapporto di lavoro [a tempo determinato] definiti direttamente fra il datore di lavoro e il lavoratore e il cui termine è determinato da condizioni oggettive, quali il raggiungimento di una certa data, il completamento di un compito specifico o il verificarsi di un evento specifico”. Il punto 1 della clausola 4, relativa al principio di non discriminazione, così prevede: “Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive”.

Orbene, premesso che la definizione dei contratti e dei rapporti di lavoro cui si applica detto accordo quadro spetta non a quest’ultimo o al diritto dell’Unione, ma alla legislazione e/o alla prassi nazionale (punto 42), ne consegue che spetta solo agli Stati membri e/o alle parti sociali definire ciò che costituisce un contratto o un rapporto di lavoro rientrante nell’accordo quadro, conformemente alla clausola 2, punto 1, del medesimo (punto 45). Ciò posto, la Corte di Giustizia, avendo presente la disposizione nazionale secondo la quale “l’utilizzazione dei lavoratori nelle attività di cui all’art. 1 non determina l’instaurazione di un rapporto di lavoro e non comporta la sospensione e la cancellazione dalle liste di collocamento o dalle liste di mobilità” (art. 8, comma 1, del D. Lgs. n. 468/1997), piuttosto che rimettersi a questa prescrizione, rileva che “la qualificazione formale, da parte del legislatore nazionale, del rapporto costituito tra una persona che svolge lavori socialmente utili e l’amministrazione pubblica per cui vengono effettuati questi lavori non può escludere che a detta persona debba tuttavia essere conferita la qualità di lavoratore in base al diritto nazionale, se tale qualifica formale è solamente fittizia e nasconde in tal modo un reale rapporto di lavoro ai sensi di tale diritto” (punto 49). Ciò in quanto agli Stati membri non è consentito applicare una normativa che possa pregiudicare la realizzazione degli obiettivi perseguiti da una direttiva e, conseguentemente, privare la direttiva medesima del proprio effetto utile (punto 50). Pertanto la Corte di Giustizia rimette nelle mani del giudice nazionale la conclusione se, tenuto conto delle caratteristiche e delle circostanze in cui vengono effettuati i lavori socialmente utili (come nel caso del ricorrente principale), il rapporto tra costoro e l’amministrazione pubblica italiana costituisce, in realtà, un rapporto di lavoro ai sensi del diritto nazionale (punto 52).

2.2.6 – Rispetto all’approccio giuridico – che, naturalmente, tende a ricondurre, qualificandolo, il rapporto intercorrente tra l’Ente utilizzatore e i lavoratori socialmente utili all’interno di una tipologia contrattuale, secondo la “causa” che lo contraddistingue – l’approccio contabile, rilevante ai fini che qui interessano, sembra muovere da presupposti diversi.

È indubbio che vi debba essere una relazione tra la tipologia giuridica dell’operazione gestionale e la contabilizzazione della relativa spesa. Tuttavia tale relazione non si sostanzia in una proiezione della prima sulla seconda. Ciò che contabilmente rileva è l’aspetto economico della gestione e, dunque, del singolo atto in cui essa si traduce.

Proprio la varietà delle figure-tipo che il legislatore ha ritenuto di dover assoggettare a stringenti limiti di spesa (nella fattispecie, rapportata al complesso delle spese correnti), mette in discussione l’ipotesi che ci si debba riferire sempre e soltanto a rapporti di lavoro subordinato alle dipendenze del Comune.

In effetti, dal coacervo di disposizioni che nel tempo si sono succedute e, particolarmente, dall’art. 9, comma 28, D.L. n. 78/2010, rilevano nell’aggregato “spesa di personale”, oltre alle spese sostenute per i rapporti di lavoro flessibili, i Co.co.co, anche quelle per i contratti di formazione lavoro, per “altri rapporti formativi”, somministrazione di lavoro, lavoro accessorio (art. 70, comma 1, let.d, D.Lgs. n. 276/2003). Del resto, le conseguenze del superamento del limite si riflettono, per disposizione di legge, impedendo assunzioni di personale “a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale”, con ciò ulteriormente dimostrando che non assume rilievo la natura del rapporto in relazione al “tipo” di contratto in essere.

La rilevanza contabile della “spesa di personale” sembra pertanto prescindere dalla sua riconduzione a un rapporto che, giuridicamente, sia sussumibile sotto la tipologia del lavoro subordinato, ed evidenzia, invece, l’onere finanziario occorrente per acquisire all’ente utilizzatore la risorsa rappresentata da una prestazione dal contenuto lavorativo economicamente valutabile. Tale onere comprende tutte le voci di spesa accessorie e connesse all’acquisizione della risorsa.

Non vi è ragione, allora, per escludere dall’aggregato “spese di personale” quelle che l’Ente sostiene per acquisire dai lavoratori socialmente utili prestazioni da utilizzare nell’organizzazione delle sue funzioni e dei suoi servizi, ad essi ricorrendo per avvantaggiarsi della temporaneità del rapporto, della minore onerosità del bene acquisito, della rapidità e semplicità della ricerca della risorsa, o proprio per la volontà di sottrarre tali spese dai limiti restrittivi imposti dal legislatore, vuoi per rigidità organizzative interne, vuoi per carenza di personale dipendente.

A questo riguardo va detto che la composizione dell’aggregato spesa di personale, che non si trova già evidenziato come tale nel bilancio dell’Ente ma diventa una operazione aritmetica successiva alla gestione del bilancio stesso, dovrebbe sempre potersi coerentemente desumersi dal complessivo sistema di bilancio, che, appunto, svolge una funzione informativa e non solo autorizzatoria. In altre parole, gli oneri finanziari di cui qui si tratta dovrebbero essere, prima di tutto, rinvenibili e correttamente appostati nella struttura del bilancio di previsione dell’ente, per la parte spesa. In particolare, dovrebbero trovare appropriata corrispondenza negli “interventi” in cui si articola la spesa, che contraddistinguono la tipologia e l’uso dei fattori produttivi e indicano la natura economica dei fattori produttivi destinati a ciascun servizio (para. 53, principio contabile n. 1). Tuttavia, a tale risultato può essere di ostacolo la rigidità delle voci in cui è articolato il bilancio dell’ente.

2.2.7 – Alla luce delle considerazioni che precedono non sembra esservi contraddittorietà tra gli approdi della giurisprudenza, civile e amministrativa, che, conformemente al dettato di legge (art. 8, comma 1, D.Lgs. n. 468/1997), esclude che la prestazione di lavoro resa dagli LL.SS.UU. dia luogo a un rapporto di lavoro con l’Ente, e gli approdi della giurisprudenza di questa Corte in sede consultiva con delibera Sezioni Riunite n. 27/2011.

Del resto, in tal senso si era già pronunciato il MEF, con la nota n. 38544 del 6.5.2010, che espressamente riconduce la spesa per i LL.SS.UU. all’interno della spesa di personale, al lordo dei contributi regionali (nota n. 34748, del 31.3.2008).

Anche la nota-circolare 11/17/CR06/C1 del 10.2.2011, redatta congiuntamente dalla Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome e dalla Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative regionali, contenente il testo coordinato del documento del 10 febbraio 2011 con le modifiche approvate dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome il 13 ottobre 2011, e avente ad oggetto l’interpretazione delle disposizioni del D.L. n. 78/2010, conteggia nella spesa di personale anche gli emolumenti corrisposti ai LL.SS.UU. e, proprio i fini dell’applicazione dell’art. 76, comma 7, del D.L. 112/2008, come convertito nella L. 133/2008, nella modifica introdotta dalla norma in esame, precisa che la spesa di personale, da raffrontare alla spesa corrente, per la verifica del rispetto del parametro di virtuosità ivi stabilito, deve essere considerata nel suo complesso, vale a dire al lordo delle voci escluse nella determinazione dell’aggregato da considerare per il confronto in serie storica, ossia per l’accertamento del rispetto dell’obbligo posto dal comma 557 dell’art. 1 della legge finanziaria 2007.

2.2.8 – Tuttavia, la questione qui in esame presenta più articolate sfaccettature che meritano specifica riflessione.

Ed invero, sebbene la causa giuridica del contratto che è fonte della spesa non può essere, per le ragioni prima dette, elemento discriminante per determinare quali spese includere o escludere dal computo, occorre che, allorquando si deve procedere all’aggregazione di voci di spesa, partendo dal dato normativo si individui la ragione che, a fattor comune, giustifica siffatta aggregazione, da un lato, e, dall’altro, può motivare l’esclusione per disaggregazione di altre voci.

In un precedente parere (n. 3/2010), citato dal Comune istante e ribadito da un successivo pronunciamento (parere n. 16/2011, delibera del 1.9.2011), questa Sezione aveva affrontato il tema delle borse lavoro e della loro rilevanza ai fini del calcolo della spesa di personale. In quella occasione ci si interrogò, tra l’altro, sul quesito se le somme erogate quali contributi economici a soggetti in temporanea condizione di precarietà sotto forma di borse lavoro, tirocini pratici e formativi, stage e ogni altra forma di intervento idoneo a far loro conseguire (anche) l’apprendimento di nuove e specifiche competenze lavorative di guisa da favorirne l’inserimento nel mondo del lavoro, fossero da computare nel saldo “spesa di personale” da contenere entro ben stringenti limiti di crescita a norma delle vigenti disposizioni, cosicché l’intervento ipotizzato sarebbe possibile solo se escluso da detto computo, ovvero se di importo tale da non comportare il superamento del suddetto limite.

La Sezione, preferendo una lettura sostanzialistica e non meramente classificatoria dell’intervento svolto dal Comune, tesa cioè a valutare il concreto atteggiarsi delle modalità esecutive del progetto (borsa-lavoro), individuò una linea di discrimine tra la funzione di sussidio economico prestato a favore di soggetti bisognosi e di sostegno al loro percorso formativo, e la diversa finalità di acquisire al soggetto attuatore e ospitante (il comune) una prestazione lavorativa per l’esecuzione di funzioni, servizi e operazioni nel suo esclusivo o prevalente interesse. Con la conseguenza che, nel caso in cui si manifestasse prevalente la finalità di sopperire ad esigenze funzionali dell’ente promotore ed esecutore del progetto, ancorché ciò non comporti l’instaurazione né l’esistenza di un rapporto di lavoro, gli emolumenti a qualsiasi titolo corrisposti ai beneficiari avrebbero dovuto essere computati tra le spese di personale dell’ente.

Non vi sono sopraggiunte ragioni per discostarsi, oggi, da tale impostazione che semmai, appare suffragata proprio da alcuni passaggi della decisione della Corte di Giustizia innanzi citata, che, nel valorizzare il disposto della ricordata clausola (derogatoria) 2 punto 2 dell’accordo quadro, ribadisce che la qualificazione giuridica del rapporto con gli LL.SS.UU., come lavoro subordinato o meno, deve essere condotta in concreto, sulla base degli indici rivelatori di tale rapporto elaborati dalle legislazioni nazionali e dalla relativa giurisprudenza nazionale; senza, peraltro, assumere rilievo sempre e comunque determinante per tutti gli effetti previsti dalla disciplina comunitaria.

Le articolate argomentazioni che hanno indotto nel Comune istante il dubbio che le spese sostenute per i lavoratori socialmente utili, quando questi non sono interessati da processi di stabilizzazione, avendo natura previdenziale, siano da escludere dal computo della spesa di personale, possono, a determinate condizioni, essere ricondotte all’interno dei principi ermeneutici fatti propri da questa Sezione e sopra esposti.

Si è detto in precedenza che la ragione che lega le diverse voci di spesa, così da farle confluire nell’aggregato “spesa di personale”, è quella di porre in evidenza contabile tutti gli oneri finanziari che l’ente utilizzatore deve spendere, anche dopo aver attinto alle risorse a ciò destinate trasferite dalla Regione e iscritte in entrata, per acquisire prestazioni lavorative nel prevalente interesse dell’Ente medesimo perché solo con tali risorse lavorative possono essere esercitate la funzioni pubbliche all’Ente assegnate.

Per contro, quando la spesa sostenuta non risponde a siffatta ragione, perché i lavoratori utilizzati, a condizione di non essere interessati da processi di stabilizzazione, mantengono la loro iniziale peculiarità, consistente nello svolgimenti di attività che hanno per oggetto la realizzazione di opere e la fornitura di servizi di utilità collettiva, a fronte di un assegno di natura previdenziale, detta spesa può essere esclusa dal computo rilevante ai fini degli obiettivi del patto di stabilità e di finanza pubblica.

Si consideri, infatti, che ancora oggi, in tema di lavori socialmente utili, la Cassazione civile ritiene che l’art. 1 del D.Lgs. n. 468/1997 fornisca una definizione di portata generale, come tale “comprensiva delle varie attività che hanno per oggetto la realizzazione di opere e la fornitura di servizi di utilità collettiva, nonché dei lavori di pubblica utilità mirati alla creazione di occupazione in particolari bacini d’impiego, in conformità all’intento demandato dalla legge delega(Cass., Sez. Lavoro, 21.1.2011, n. 1461).

D’altra parte, deve osservarsi che anche in costanza di rapporti di lavoro subordinato si possono presentare circostanze nelle quali il rapporto stesso si sospende dando luogo a spese aventi chiara natura non retributiva ma assistenziale, sulla cui rilevanza ai fini del computo della spesa di personale possono aprirsi, seppure non in questa sede, utili riflessioni. Così, nel caso dell’astensione per maternità, malattia e legge n. 104/1992, di lavoratori subordinati di imprese dello Stato, di enti pubblici e degli EE.LL., la cui spesa di personale rileva per l’Ente Locale ai fini del calcolo complessivo, si deve riflettere se detta spesa sia o meno comprensiva delle prestazioni previdenziali che sono oggi a carico dell’INPS (ex art. 20, comma 2, D.L. n. 112/2008). Più in generale, poi, la questione si può porre per tutte le circostanza nelle quali, sia per malattia, sia nel caso di astensione dal lavoro per gravidanza a rischio, l’attribuzione patrimoniale a favore del lavoratore è sorretta da una ragione (“causa” giuridica) effettivamente assistenziale e non retributiva, dal momento che, come riconosciuto dalla stessa Corte dei conti in sede giurisdizionale, in casi del genere l’obbligo della prestazione lavorativa si converte nel dovere di curarsi e di astenersi al prestare altre attività (C. conti, App. 3° Sez., 10.12.2009, n. 571).

Tanto esposto, in assenza di interventi chiarificatori ed espressi da parte del legislatore, qualora lo ritenga, nella sua discrezionalità, opportuno, resta fermo che spetta al Comune verificare se, nel concreto, i rapporti intercorrenti con i LL.SS.UU. corrispondono a misure economiche di natura previdenziale o assistenziale, o invece sono spese per l’acquisto all’Ente di prestazioni dal contenuto lavorativo.

L’esame, ad evitare che l’esito possa dar luogo a risultati non conformi alle prescrizioni di legge, deve essere condotto con particolare attenzione e rigore metodologico in ragione della varietà dei contenuti delle prestazioni rese dai cc.dd. LL.SS.UU.

2.2.9 – Da ultimo, per completezza, restano da esaminare i singoli punti del quesito non ricompresi nella disamina che precede.

2.2.9.1 – Quanto all’esatto inquadramento giuridico del rapporto in essere con gli LL.SS.UU., non giova ripetere quanto detto circa la non risolutiva importanza della questione ai fini del problema principale, rilevando la utilità economica della spesa posta in essere e non rilevando la parziale ripartizione della stessa a carico del bilancio rispettivamente comunale e regionale.

2.2.9.2 – Quanto all’istituto della prosecuzione delle attività previste nei progetti di impiego degli LL.SS.UU., nonostante la non ben chiara enunciazione del quesito, si osserva che il problema, per i motivi sopra esposti, non si pone per quei rapporti che sono da considerare esclusi dalla rilevanza ai fini del calcolo della spesa di personale.

2.2.9.3 – Lo stesso principio costituisce criterio per dirimere la questione se, quando e in che misura, si applichi la disposizione ulteriormente limitativa introdotta dall’art. 9, comma 28, D.L. 78/2010. Fermo restando che gli LL.SS.UU. coinvolti in percorsi di stabilizzazione in corso, le cui spese comunque rientrano a pieno titolo tra quelle da computarsi all’interno della “spesa di personale” dell’Ente, hanno visto posticipata la decorrenza dei tagli a decorrere dal 1.1.2013 (art. 1, comma 6-bis, D.L. n. 216/2011), per gli altri occorre distinguere, nel senso di cui al presente parere, quanti sono effettivamente, e in concreto, assoggettati a un rapporto previdenziale e quanti, invece, sono da considerarsi al fini del calcolo della spesa di personale. Per questi ultimi ricorre l’ipotesi di cui al citato art. 9, comma 28 (cfr., per le modalità applicative, Corte conti, Sezioni Riunite, 11/CONTR/12).

2.2.9.4 – Quanto all’applicabilità al caso di specie del deliberato della Corte dei conti, Sezioni Riunite n. 46/CONTR/11 del 27.6.2011, sembra evidente che l’affidamento agli LL.SS.UU. dei servizi e delle funzioni essenziali e infungibili dell’Ente, pur non essendo da escludere secondo una lettura ampia e realistica dei settori di intervento ai quali, in concreto, negli anni, sono stati adibiti gli appartenenti a questa categoria di prestatori di lavoro, non di meno si presenta del tutto contraria alla possibilità di escluderne gli oneri finanziari dal computo delle “spese di personale”, stante quanto sopra illustrato.

P.Q.M.

Nelle sopra esposte considerazioni è il parere della Corte dei Conti – Sezione regionale di controllo per la Basilicata, in relazione alla richiesta inoltrata dal Sindaco del Comune di San Chirico Raparo con la nota in epigrafe citata.

DISPONE

Che copia della presente deliberazione sia trasmessa, a cura della segreteria della Sezione, all’Amministrazione richiedente ed al presidente del coordinamento delle Sezioni regionali di controllo della Sezione delle Autonomie della Corte dei conti.

Così deciso in Potenza, nella Camera di consiglio del 7 maggio 2012.

IL PRESIDENTE

F.to Dott. Ciro VALENTINO

I MAGISTRATI

F.to Dott. Rocco LOTITO

F.to Dott. Giuseppe TETI – relatore

F.to Dott. Donato LUCIANO

Depositata in Segreteria l’8 maggio 2012

IL FUNZIONARIO

PREPOSTO AI SERVIZI DI SUPPORTO

F.to dott. Giovanni CAPPIELLO