Pubblica amministrazione: sull'applicazione del divieto di acquisto di immobili (art. 1, co. 138, L. n. 228/2012) alle procedure espropriative

NOTA

La Sezione si sofferma sulla portata dell’art. 1, co. 138, 1-quater, L. 24 dicembre 2012 n. 228, ladove prevede, per l’anno2013, che le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’ISTAT, ai sensi dell’art. 1, co. 3, L. 31 dicembre 2009, n. 196, non possono acquistare immobili a titolo oneroso.

In particolare, la Sezione esamina il tema della compatibilità del divieto in esame con le procedure espropriative, già esaminato dalla sezione regionale di controllo per la Liguria della Corte dei Conti (deliberazione del 31 gennaio 2012, n. 9).

Osserva la Sezione Lombardia che “(…) la sezione ligure ha precisato che (al fine di evitare che l’applicazione pedissequa di tale divieto conduca al risultato opposto rispetto a quello voluto dal legislatore) il divieto non deve ritenersi operante laddove la procedura espropriativa sia stata accompagnata dall’emissione, prima del 1 gennaio 2013, di un decreto di occupazione d’urgenza dell’area preordinata all’espropriazione con la contemporanea corresponsione della relativa indennità: in questo caso il procedimento sarebbe giunto a uno stato tale da ritenere possibile e più soddisfacente alla ratio finanziaria voluta dal legislatore condurlo a termine: e tanto in considerazione del dato che l’eventuale corresponsione dell’indennità risulterebbe in caso contrario inutiliter data.

Tale conclusione non pare, però, tout court applicabile al diverso caso in cui l’Amministrazione sia riuscita a procurarsi la disponibilità dell’area necessaria per la realizzazione dell’opera pubblica in virtù di accordi bonari, e senza la necessità di emanare un decreto di occupazione d’urgenza e di procedere alla dichiarazione di pubblica utilità.

Infatti, come già scrutinato dalla Sezione con riguardo al diverso tema del preliminare di acquisto “la norma dell’art. 1-quater del D.L. n. 98/2012, intende contenere i fenomeni finanziari (e i flussi di cassa) collegati all’acquisto di immobili. Pertanto, la qualificazione del preliminare, considerata la sua ormai riconosciuta assimilabilità della causa con quello del definitivo, dipenderà dal tipo di effetto che esso produce. Se il preliminare di cui si tratta, stipulato nel 2012, è un preliminare ad effetti anticipati, in relazione al quale sono presenti tutti gli elementi del rapporto finale, compresa la previsione immediata dell’obbligo alle reciproche prestazioni, l’acquisto può dirsi già realizzato nel 2012 e pertanto l’ente non incorre nel divieto sospensivo di contrarre previsto per gli acquisti di immobili a titolo oneroso, nel 2013”(deliberazione del 19 marzo 2013, n. 102).

Ne deriva che, ai fini della mancata operatività della norma proibitiva, occorre distinguere tra il caso in cui :i) un flusso finanziario (i.e., nel vigente sistema contabile, il perfezionamento dell’obbligo di pagamento) si sia già verificato (quale corrispettivo dell’anticipato godimento del bene, anche a titolo di indennità di occupazione di urgenza) e: ii) il caso in cui l’amministrazione abbia comunque occupato il bene, ma senza erogare un corrispettivo (come nel caso di specie); in tal caso, infatti, la mera possibilità di controversie civilistiche non può ritenersi ostativo all’applicazione del divieto di acquisto, che mira a precludere conseguenze ben più onerose. “.

* * *

Lombardia/163/2013/PAR

REPUBBLICA ITALIANA

LA

CORTE DEI CONTI

IN

SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER LA

LOMBARDIA

composta dai magistrati:

dott. Nicola Mastropasqua Presidente

dott. Giuseppe Roberto Mario Zola Consigliere

dott. Gianluca Braghò Primo referendario

dott. Alessandro Napoli Referendario

dott.ssa Laura De Rentiis Referendario

dott. Donato Centrone Referendario

dott. Francesco Sucameli Referendario

dott. Cristiano Baldi Referendario

dott. Andrea Luberti Referendario (relatore)

nell’adunanza in camera di consiglio dell’11 aprile 2013

Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con il regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni;

Vista la legge 21 marzo 1953, n. 161;

Vista la legge 14 gennaio 1994, n. 20;

Vista la deliberazione delle Sezioni riunite della Corte dei conti del 16 giugno 2000, n. 14, che ha approvato il regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, modificata con le deliberazioni delle Sezioni riunite del 3 luglio 2003, n. 2 e del 17 dicembre 2004, n. 1;

Visto il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante il testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali;

Vista la legge 5 giugno 2003, n. 131;

Vista la nota n. 1594, con cui il comune di Dervio (LC) ha richiesto un parere in materia di contabilità pubblica;

Vista la deliberazione n. 1/PAR/2004 del 3 novembre 2004 con la quale la Sezione ha stabilito i criteri sul procedimento e sulla formulazione dei pareri previsti dall’art. 7, comma 8, della legge n. 131/2003;

Vista l’ordinanza con la quale il Presidente ha convocato la Sezione per l’adunanza odierna per deliberare sulla richiesta del sindaco del comune di Dervio;

Udito il relatore dott. Andrea Luberti;

PREMESSO CHE

Il comune istante richiede chiarimenti in merito alla corretta interpretazione dell’art. 1, comma 138, della legge n. 228/2012.

In particolare, è richiesto se tale disposizione di legge osti all’acquisto di aree di sedime sulle quali siano già state realizzate opere pubbliche sulla base di accordi preliminari e convenzioni approvate dal consiglio comunale prima dell’entrata in vigore della norma in parola.

Il richiedente, in particolare, sottolinea che l’amministrazione istante è direttamente interessata alla risoluzione della questione sopra illustrata in quanto prima del 31 dicembre 2012 aveva terminato la realizzazione di due opere pubbliche (l’ampliamento di un parco comunale e la realizzazione di un parcheggio pubblico) sulla base di un accordo preliminare stipulato con scrittura privata e di schema di convenzione approvato dal consiglio comunale, previa concessione gratuita delle aree fino all’ultimazione delle opere.

Nelle more, le opere sono state ultimate correttamente e l’amministrazione comunale è in procinto di procedere al frazionamento dei terreni, all’accatastamento degli stessi, all’acquisizione delle aree dai legittimi proprietari ed alla trascrizione degli atti sui registri immobiliari.

AMMISSIBILITA’ SOGGETTIVA

Il primo punto da esaminare concerne l’ammissibilità della richiesta, con riferimento ai parametri derivanti dalla natura della funzione consultiva prevista dalla normativa sopra indicata.

Con particolare riguardo all’individuazione dell’organo legittimato a inoltrare le richieste di parere dei Comuni, si osserva che il sindaco è l’organo istituzionalmente legittimato a richiedere il parere in quanto riveste il ruolo di rappresentante dell’ente ai sensi dell’art. 50 del t.u.e.l. Pertanto, la richiesta di parere è soggettivamente ammissibile poiché promanante dall’organo legittimato a proporla.

AMMISSIBILITA’ OGGETTIVA

Con riferimento alla verifica del profilo oggettivo di ammissibilità del quesito, occorre rammentare che la richiesta di parere è formulata ai sensi dell’articolo 7, comma 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, recante “Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3”.

La disposizione contenuta nell’art. 7, comma 8, della legge 131/2003 deve essere raccordata con il precedente comma 7, norma che attribuisce alla Corte dei conti la funzione di verificare il rispetto degli equilibri di bilancio, il perseguimento degli obiettivi posti da leggi statali e regionali di principio e di programma, la sana gestione finanziaria degli enti locali.

Lo svolgimento delle funzioni è qualificato dallo stesso legislatore come una forma di controllo collaborativo.

Il raccordo tra le due disposizioni opera nel senso che il comma 8 prevede forme di collaborazione ulteriori rispetto a quelle del precedente comma che, lungi dal conferire alle Sezioni regionali di controllo un generale ruolo di consulenza, la limitano alla sola contabilità pubblica. Preliminare all’ulteriore procedibilità del parere è quindi la ricomprensione del parere tra quelli attribuibili per materia alle Sezioni regionali di controllo.

Le Sezioni riunite della Corte dei conti, intervenute con una pronuncia in sede di coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell’art. 17, comma 31 del decreto legge 1 luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, hanno al riguardo precisato che detto concetto non si estende sino a ricomprendere la totalità dell’azione amministrativa che presenti riflessi di natura finanziaria, ma deve intendersi limitato al “sistema di principi e di norme che regolano l’attività finanziaria e patrimoniale dello Stato e degli Enti pubblici”, sia pure “in una visione dinamica dell’accezione che sposta l’angolo visuale dal tradizionale contesto della gestione del bilancio a quello inerente ai relativi equilibri”.

Con specifico riferimento al quesito posto dall’Ente, esso si palesa ammissibile anche sul piano oggettivo, sulla scorta di costante giurisprudenza della Sezione, in quanto afferente a materia tradizionalmente attratta alla contabilità pubblica.

Sotto altro profilo ritiene, peraltro, il Collegio che, nella specie, non sussista potenziale interferenza tra la funzione consultiva intestata alla Corte dei conti e quella attribuita alla competenza dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici ai sensi dell’art. 6, comma 7, lett. n) d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163.

MERITO

La novella dell’art. 12 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111), operata dal comma 138 dell’art. 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228 prevede che “Per l’anno 2013 le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’ISTAT ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni, nonché le autorità indipendenti, ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), non possono acquistare immobili a titolo oneroso né stipulare contratti di locazione passiva salvo che si tratti di rinnovi di contratti, ovvero la locazione sia stipulata per acquisire, a condizioni più vantaggiose, la disponibilità di locali in sostituzione di immobili dismessi ovvero per continuare ad avere la disponibilità di immobili venduti. Sono esclusi gli enti previdenziali pubblici e privati, per i quali restano ferme le disposizioni di cui ai commi 4 e 15 dell’articolo 8 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. Sono fatte salve, altresì, le operazioni di acquisto di immobili già autorizzate con il decreto previsto dal comma 1, in data antecedente a quella di entrata in vigore del presente decreto”.

Se da un punto di vista soggettivo l’ampia formulazione della norma consente di certo di affermare essa sia applicabile al comune, in quanto ente locale e rientrante del predetto elenco, dal punto di vista oggettivo la fattispecie oggetto del divieto è costituita dagli “acquisti” di beni.

Ciò impone una digressione sul concetto civilistico di acquisto. Il codice civile non ne contiene una definizione, costituendo tale nozione una precomprensione di numerose norme (ex plurimis, artt. 17, 23, 37, 177, 179 lett. f, 186, 230-bis, 342, 372, 374, 586, 657, 922, 1376, 1471 u.c., 1472, 1478, 1706 e s., 2644).

Tuttavia, indipendentemente da considerazioni di carattere tassonomico sul carattere originario o derivativo dell’acquisto conseguente a procedura espropriativa, è indubbio che il divieto in esame ricomprende anche le acquisizioni coattive, incidendo l’espropriazione sull’an e non sul quomodo del titolo di trasferimento.

Il problema della compatibilità del divieto in esame con le procedure espropriative è stato, tra l’altro, esaminato dalla sezione regionale di controllo per la Liguria della Corte dei Conti (deliberazione del 31 gennaio 2012, n. 9).

In particolare, la sezione ligure ha precisato che (al fine di evitare che l’applicazione pedissequa di tale divieto conduca al risultato opposto rispetto a quello voluto dal legislatore) il divieto non deve ritenersi operante laddove la procedura espropriativa sia stata accompagnata dall’emissione, prima del 1 gennaio 2013, di un decreto di occupazione d’urgenza dell’area preordinata all’espropriazione con la contemporanea corresponsione della relativa indennità: in questo caso il procedimento sarebbe giunto a uno stato tale da ritenere possibile e più soddisfacente alla ratio finanziaria voluta dal legislatore condurlo a termine: e tanto in considerazione del dato che l’eventuale corresponsione dell’indennità risulterebbe in caso contrario inutiliter data.

Tale conclusione non pare, però, tout court applicabile al diverso caso in cui l’Amministrazione sia riuscita a procurarsi la disponibilità dell’area necessaria per la realizzazione dell’opera pubblica in virtù di accordi bonari, e senza la necessità di emanare un decreto di occupazione d’urgenza e di procedere alla dichiarazione di pubblica utilità.

Infatti, come già scrutinato dalla Sezione con riguardo al diverso tema del preliminare di acquisto “la norma dell’art. 1-quater del D.L. n. 98/2012, intende contenere i fenomeni finanziari (e i flussi di cassa) collegati all’acquisto di immobili. Pertanto, la qualificazione del preliminare, considerata la sua ormai riconosciuta assimilabilità della causa con quello del definitivo, dipenderà dal tipo di effetto che esso produce. Se il preliminare di cui si tratta, stipulato nel 2012, è un preliminare ad effetti anticipati, in relazione al quale sono presenti tutti gli elementi del rapporto finale, compresa la previsione immediata dell’obbligo alle reciproche prestazioni, l’acquisto può dirsi già realizzato nel 2012 e pertanto l’ente non incorre nel divieto sospensivo di contrarre previsto per gli acquisti di immobili a titolo oneroso, nel 2013”(deliberazione del 19 marzo 2013, n. 102).

Ne deriva che, ai fini della mancata operatività della norma proibitiva, occorre distinguere tra il caso in cui :i) un flusso finanziario (i.e., nel vigente sistema contabile, il perfezionamento dell’obbligo di pagamento) si sia già verificato (quale corrispettivo dell’anticipato godimento del bene, anche a titolo di indennità di occupazione di urgenza) e: ii) il caso in cui l’amministrazione abbia comunque occupato il bene, ma senza erogare un corrispettivo (come nel caso di specie); in tal caso, infatti, la mera possibilità di controversie civilistiche non può ritenersi ostativo all’applicazione del divieto di acquisto, che mira a precludere conseguenze ben più onerose.

P.Q.M.

Nelle considerazioni esposte è il parere della Sezione.

L’Estensore Il Presidente

(dott. Andrea Luberti) (dott. Nicola Mastropasqua)

Depositata in Segreteria

il 23 aprile 2013

Il Direttore della Segreteria

(dott.ssa Daniela Parisini)