Pubblico impiego: presidenza del nucleo di valutazione dell'ente locale e compenso aggiuntivo

NOTA

La sentenza in rassegna conferma la responsabilià erariale riconosciuta in prime cure in ordine alla fattispecie relativa alla corresponsione al Dirigente generale di un comune diun compenso aggiuntivo per lo svolgimento della funzione di Presidente del Nucleo di valutazione dello stesso ente.

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271/2012/A

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE PRIMA GIURISDIZIONALE CENTRALE

Composta dai seguenti magistrati:

dott.ssa Piera MAGGI Presidente

dott.ssa Maria FRATOCCHI Consigliere

dott. Mauro OREFICE Consigliere rel.

dott.ssa Rita LORETO Consigliere

dott. Piergiorgio DELLA VENTURA Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Nei giudizi di appello iscritti ai nn. 39676 e 39679 del registro di Segreteria, proposti dai sigg. Francesco Y., rappresentato e difeso dall’ avv. Francesco Silvio Dodaro, e Francesco Z., rappresentato e difeso dall’ avv. Antonio Leonardo Deramo, avverso la sentenza della Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la regione Puglia n. 593/2010, depositata in Segreteria il 29 settembre 2010.

Uditi, nel corso dell’udienza pubblica del 18 maggio 2012, il relatore Cons. Mauro OREFICE; l’avv. Francesco Silvio DODARO difensore del sig. Y.; assente l’avv. DERAMO, ed il rappresentante del Pubblico Ministero nella persona del V.P.G. Roberto BENEDETTI.

Visti tutti gli atti introduttivi ed i documenti di causa.

Considerato in

FATTO

Il Procuratore regionale, con l’atto di citazione in epigrafe, ha convenuto in giudizio innanzi alla Sezione Giurisdizionale della Corte dei conti per la regione Puglia il sig. Francesco Z. e il sig. Francesco Y., per ivi sentirli condannare, ciascuno nella misura del 50%, al pagamento in favore del Comune di Acquaviva delle Fonti (BA) della somma complessiva di € 5.983,33 (cinquemilanovecentottantatre/33), oltre rivalutazione, interessi e spese di giudizio.

Espone nella citazione il Procuratore regionale che con un preciso esposto del 29.4.2009 è stata segnalata la sussistenza di una ipotesi di danno a carico delle finanze del Comune di Acquaviva delle Fonti (BA), conseguente alla indebita corresponsione di emolumenti al Direttore Generale pro-tempore dott. Francesco Z.. In relazione agli elementi emersi dalla denuncia e a seguito dell’istruttoria, la Procura Regionale ha ritenuto sussistere una ipotesi di danno erariale, ascrivibile al concorso delle condotte del Sindaco (Francesco Y.) e del Direttore Generale pro tempore (Francesco Z.), per avere il primo adottato il decreto con il quale è stata disposta la corresponsione dell’indebito compenso e per avere il secondo percepito, dal 1° luglio 2008 al 29 giugno 2009, l’anzidetto compenso, pur disponendo, o comunque dovendo disporre, degli elementi di conoscenza necessari a comprenderne l’illegittimità e a rifiutarne il pagamento.

Il Giudice di primo grado ha parzialmente seguito la tesi accusatoria, condannando, nella supposta ipotesi di altri possibili corresponsabili, gli odierni appellanti al pagamento, ciascuno nella misura del 50%, in favore del Comune di Acquaviva delle Fonti (BA) della minor somma complessiva di € 4.188,33 (quattromilacentoottantotto/33), oltre a rivalutazione e interessi e spese di giudizio

Osserva infatti il primo Giudice “Orbene, il suddetto apporto appare ugualmente determinante e necessario, il Y. per aver disposto la corresponsione dei compensi illegittimi e il Z. per non averli rifiutati né restituiti, pur essendone, o dovendo esserne in ragione della diligenza richiesta in relazione alle funzioni apicali rivestite, a entrambi evidente la non debenza dei compensi medesimi. Emerge dunque che, ove o l’una o l’altra di tali condotte fossero mancate, la illecita corresponsione non avrebbe potuto in concreto perfezionarsi, con conseguente pariteticità dell’apporto ascrivibile ai due convenuti.”.

La sentenza è stata impugnata con ricorso in appello depositato per entrambi gli appellanti in data 17 gennaio 2011.

La difesa del Y. ha contestato innanzitutto l’affermazione del Giudice di primo grado secondo la quale le attività di Presidente del Nucleo di valutazione costituirebbero una prestazione rientrante nei compiti istituzionali del Dirigente generale, così come ha definito scarsamente convincente l’assunto del medesimo Giudice secondo cui il Dirigente generale avrebbe dovuto assolvere alle funzioni di Presidente del Nucleo di valutazione a prescindere da qualsivoglia accettazione del designato.

Contesta inoltre l’atto di appello de quo il fatto che le attività del Presidente di che trattasi possano essere già remunerate con la corresponsione del corrispettivo di Dirigente generale oggetto del relativo contratto. Inoltre inconferente appare secondo l’appellante il fatto di rivestire da parte dell’appellante una posizione apicale ai fini ella configurazione della colpa grave. Il Sindaco, in realtà, non possedeva una conoscenza superiore a quella dell’uomo medio, non essendo un tecnico; né la Giunta, né l’Ufficio di ragioneria hanno eccepito alcunché in ordine all’operazione svolta, in ciò ingenerando nel Sindaco una ulteriore presunzione di legittimità dell’operato. In ogni caso, ricorda l’appellante, il Disciplinare, così come la Delibera di Giunta n. 64/2008, prevedeva un compenso per i componenti del Nucleo di valutazione. Da ultimo, l’appellante contesta la ripartizione paritaria dell’ipotesi di responsabilità, poiché ove la responsabilità esista, sarebbe il beneficiario e cioè il Dirigente generale a dover restituire l’intera somma percepita. L’appello conclude poi per la subordinata richiesta di applicazione del potere riduttivo.

Quanto al Z., le contestazioni di cui al rispettivo atto di appello ricalcano sostanzialmente quelle del Y., salvo il fatto di riferire le stesse alla posizione del Dirigente piuttosto che a quelle del Sindaco.

Va ricordato, inoltre che entrambi gli appellanti hanno presentato istanza di definizione agevolata, respinta da questa Sezione con le ordinanze nn. 51/2011 e 52/2011, essendo si il fatto dannoso consumato in data posteriore alla data di scadenza dell’efficacia della legge (31 dicembre 2005).

La Procura Generale ha depositato in data 19 dicembre 2011 le proprie conclusioni, chiedendo la conferma integrale della sentenza di primo grado e la reiezione dell’appello.

In data 23 aprile 2012, sono state depositate inoltre, nell’interesse del sig. Y., deduzioni in sede conclusionale con ulteriori argomentazioni difensive riferite in particolare al principio di onnicomprensività della retribuzione ed all’assenza di colpa grave in capo al medesimo.

In occasione dell’odierna udienza le parti si sono sostanzialmente riportate agli atti scritti.

Ritenuto in

DIRITTO

Preliminarmente, il Collegio ritiene che i giudizi de quibus vadano riuniti per evidente connessione oggettiva.

La questione che il Collegio è chiamata a dirimere, affrontata nel merito, riguarda quindi la verifica del se al Dirigente generale del Comune spetti un compenso per lo svolgimento della funzione di Presidente del Nucleo di valutazione dello stesso Ente territoriale.

In proposito, le valutazioni del Collegio non possono che partire da uno degli elementi che gli appellanti hanno principalmente sollevato, e cioè il problema dell’onnicomprensività della retribuzione del Dirigente.

Il principio è fissato in due passaggi dell’articolo 24 del d.lgs 165/2001. Il primo discende dal comma 1, primo paragrafo: “La retribuzione del personale con qualifica di dirigente è determinata dai contratti collettivi per le aree dirigenziali, prevedendo che il trattamento economico accessorio sia correlato alle funzioni attribuite, alle connesse responsabilità e ai risultati conseguiti”. Dunque, la retribuzione dei dirigenti non è frutto di una contrattazione individuale, ma è fissata dalla contrattazione collettiva (con l’eccezione delle amministrazioni per le quali il rapporto di lavoro non risulti contrattualizzato). Il secondo elemento, è dato dal successivo comma 3: “Il trattamento economico determinato ai sensi dei commi 1 e 2 remunera tutte le funzioni ed i compiti attribuiti ai dirigenti in base a quanto previsto dal presente decreto, nonché qualsiasi incarico ad essi conferito in ragione del loro ufficio o comunque conferito dall’amministrazione presso cui prestano servizio o su designazione della stessa; i compensi dovuti dai terzi sono corrisposti direttamente alla medesima amministrazione e confluiscono nelle risorse destinate al trattamento economico accessorio della dirigenza”. In sostanza, quindi, ciò che la norma vuol dire è che lo stipendio fissato dalla contrattazione collettiva è sufficiente a remunerare qualsiasi attività svolta dal dirigente per l’amministrazione di appartenenza, compresi gli incarichi che essa gli attribuisca in ragione del proprio ufficio o su sua designazione.

La norma è molto chiara. Tanto che la Commissione speciale sul pubblico impiego nell’adunanza del 4 maggio 2005 ha chiarito come nell’ipotesi di compensi dovuti dai terzi per incarichi aggiuntivi, non vi sia spazio per dubbi: essi sono soggetti sempre e comunque, al principio dell’onnicomprensività.

La discussione sul tema della onnicomprensività ha infatti conosciuto un punto di svolta con il parere reso dalla Commissione speciale sul pubblico impiego, deliberato nell’adunanza del 4 maggio 2005 che, nell’affermare come il principio dell’onnicomprensività sia legato con un rapporto di stretta conseguenzialità alla particolare posizione che assumono i dirigenti, nell’ambito dell’organizzazione della pubblica amministrazione, essendo stata loro attribuita la diretta responsabilità in materia di gestione finanziaria, tecnica ed amministrativa, restando demandata agli organi di governo la funzione di definire gli obiettivi ed i programmi da attuare, nonché di verificare la rispondenza dei risultati della gestione amministrativa alle direttive generali impartite, ha precisato che detto principio opera anche con riguardo agli incarichi ulteriori, comunque conferiti dall’amministrazione.

Allo scopo, la Commissione speciale ha argomentato che, trattandosi di un impegno di carattere esclusivo, nell’espletamento del quale il funzionario deve prestare tutta la sua opera (con le sole eccezioni previste per gli incarichi non compresi nei compiti e doveri d’ufficio, autorizzabili ai sensi dell’art. 53 del citato decreto legislativo n. 165/2001), la corresponsione di un trattamento economico onnicomprensivo appare coerente con i fondamentali principi di correttezza e di trasparenza che debbono caratterizzare l’organizzazione dei pubblici uffici e si palesa, altresì, maggiormente rispondente all’opportunità di consentire un più equo e favorevole trattamento previdenziale e pensionistico per il personale in questione.

Di qui, la conclusione che nell’ipotesi di compensi dovuti dai terzi per incarichi aggiuntivi, per la Commissione speciale non v’è spazio per dubbi sulla soggezione, sempre e comunque, al principio dell’onnicomprensività. Questo, è stato precisato, anche alla luce della previsione di cui all’art. 14, co. 2, del contratto collettivo per la dirigenza all’epoca vigente (sottoscritto il 5 aprile 2001),“secondo cui, allo scopo di remunerare il maggiore impegno e la maggiore responsabilità dei dirigenti che svolgono detti incarichi aggiuntivi, viene loro corrisposta, ai fini del trattamento accessorio, oltre alla retribuzione di posizione e di risultato, una quota, in ragione del loro apporto, fino al 30% della somma che confluisce nel fondo di attuazione del principio di onnicomprensività. Può ritenersi, infatti, che una simile previsione, consentendo un trattamento differenziato e di particolare favore per i dirigenti maggiormente impegnati, sia comunque idonea a soddisfare le esigenze di carattere sostanzialmente perequativo segnalate dall’Amministrazione riferente”.

Dalle argomentazioni che precedono risulta anche evidente che i compensi interessati siano soltanto quelli derivanti da incarichi che, per essere davvero “aggiuntivi”, devono cumularsi ad un incarico (dirigenziale vero e proprio) per così dire principale.

Di conseguenza, sorge il problema del se il principio di onnicomprensività si applichi agli incarichi che siano conferiti – a personale di qualifica dirigenziale – in via aggiuntiva rispetto ad altro (c.d. principale) che non abbia, o non abbia sicuramente, natura esso pure dirigenziale. Si pensi, nei ministeri o negli enti locali, agli incarichi apicali (sì, ma non anche di natura dirigenziale) conferiti a dirigenti nell’ambito degli uffici di diretta collaborazione del ministro o del sindaco, nonché, ad esempio, a quelli di componente dell’organismo indipendente di valutazione di cui all’art. 14 del d.lgs. n. 150 del 2009. Si può in effetti ritener che sia improprio estendere a questi casi l’applicazione del principio di onnicomprensività di cui all’art. 24 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, atteso che si tratta di ipotesi nei quali l’interessato “è dirigente ma non opera anche come dirigente”.

Dominante appare infatti l’intuitu personae, piuttosto che il profilo funzionale, e questo cambia le cose nella sostanza, sicché ciò non può restare senza conseguenze in punto di inoperatività delle conseguenze sfavorevoli di cui al citato art. 24.

In ogni caso la fattispecie di causa riguarda un dirigente interno che va a svolgere funzioni di Presidente del nucleo di valutazione che, alla luce del riportato art. 24 e delle conseguenti interpretazioni, non ha diritto ad alcun compenso aggiuntivo. Del resto appare dirimente la locuzione del citato art. 24 laddove testualmente recita “Il trattamento economico determinato ai sensi dei commi 1 e 2 remunera tutte le funzioni ed i compiti attribuiti ai dirigenti in base a quanto previsto dal presente decreto, nonché qualsiasi incarico ad essi conferito in ragione del loro ufficio o comunque conferito dall’amministrazione presso cui prestano servizio o su designazione della stessa”. Appare infatti evidente che, al di là di qualsivoglia norma subprimaria o disposizione amministrativa che disponga in senso contrario, mai il soggetto in questione avrebbe potuto assumere l’incarico in veste diversa da quella che lo legava funzionalmente all’Amministrazione, rimanendo di conseguenza assoggettato al regime comune di onnicomprensività della retribuzione, diversamente da quanto sarebbe accaduto per un soggetto esterno all’Ente territoriale.

Ad avviso del Collegio le argomentazioni che precedono risultano assorbenti di qualunque altra contestazione, tanto più di quelle relative alla ripartizione dell’addebito operata dal Giudice di primo grado in via paritaria, proprio perché le stesse difese degli appellanti riportano pedissequamente le stesse argomentazioni per entrambi proprio a dimostrazione di una posizione sostanzialmente identica sotto il profilo della partecipazione alla causazione del danno. Il Collegio da ultimo non ritiene di dover accedere alla richiesta di riduzione dell’addebito, essendo già stata ridotta l’iniziale pretesa della Procura regionale in ordine alla potenziale partecipazione di ulteriori soggetti non citati in giudizio alla causazione del danno.

Le spese di giustizia seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE DEI CONTI – I SEZIONE GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO

Respinge gli appelli riuniti iscritti ai nn. 39676 e 39679 del registro di Segreteria, proposti dai sigg. Francesco Y., rappresentato e difeso dall’ avv. Francesco Silvio Dodaro, e Francesco Z., rappresentato e difeso dall’ avv. Antonio Leonardo Deramo, avverso la sentenza della Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la regione Puglia n. 593/2010, depositata in Segreteria il 29 settembre 2010. Per gli effetti conferma integralmente l’impugnata decisione.

Le spese di giustizia del presente grado, liquidate in € 236, 02 (Duecentotrentasei/02) seguono la soccombenza.

Manda alla segreteria per gli adempimenti di competenza.

Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del 18 maggio 2012.

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

F.to Cons. Mauro OREFICE F.to Pres. Piera MAGGI

Depositato in Segreteria il 24/5/2012

Il Dirigente

F.to Masimo BIAGI