Stato ansioso depressivo in post-infarto e dipendenza da causa di servizio

NOTA

Con la sentenza in rassegna la Sezione Pugliese della Corte dei conti si pronuncia su una domanda del ricorrente tesa a ottenere l’equo indennizzo e la pensione privilegiata in correlazione alle infermità diagnosticate dalla CMO (“stato ansioso depressivo in post-infartoe “cardiopatia ischemico-sclerotica in coronaropatico con esiti di pregresso infarto del miocardio, turbe del ritmo in soggetto con stato ansioso.”).

La Sezione, in estrema sintesi,

– ritiene estranei alla cognizione del Giudice delle pensioni i vizi di legittimità degli atti amministrativi posti in essere nel corso del procedimento amministrativo preordinato al riconoscimento del diritto a pensione (nel senso di violazione di norme ed eccesso di potere), sottolineando che l’oggetto della giurisdizione della Corte è la fondatezza della pretesa pensionistica e non l’accertamento della legittimità degli atti dell’Amministrazione;

– dichiara il difetto di giurisdizione del Giudice delle pensioni a conoscere della domanda vlta al conseguimento dell’equo indennizzo (per essere competente il Giudice amminstrativo – TAR/CONSIGLIO DI STATO -);

– respinge la domanda relativa al conseguimento della pensione privilegiata, rilevando che le patologie diagnosticate non possono ritenersi correlata a stress lavorativo ma a fattori endogeno-costituzionali estranei al servizio, quali la componente caratteriale del soggetto, connotata da stati ansiosi e depressivi.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI Sent. 1205/2011

SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA PUGLIA

in composizione monocratica, nella persona del Giudice Unico

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 16616/PC (ex 6702/C)del Registro di Segreteria, proposto dalla sig.ra X Carmelita, nata il 16.7.1937 a Torremaggiore (FG), residente in San Severo, (FG), elettivamente domiciliata in Bari alla via Dalmazia n. 161 presso lo studio dell’avv. Paola Bascià

contro

l’Istituto Postelegrafonici, cui è subentrato ex lege l’I.N.P.S.,

il Comitato per le Pensioni Privilegiate Ordinarie ed

il Ministero della Sanità – Ufficio Medico Legale.

Esaminati gli atti e i documenti tutti della causa;

Vista la legge n. 205/2000;

Udito, nella pubblica udienza del 18.10.2011, l’avv. Luisa De Sanctis per l’INPS; non comparse le altre parti.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso, notificato in data 16.3.2000 e depositato nella segreteria di questa Sezione Giurisdizionale il 23.3.2000, la sig.ra X Carmelita, vedova del sig. X Vincenzo Nicola – già dipendente del Ministero P.T., cessato dal servizio per dimissioni dall’1.3.1992, deceduto il 23.12.1993 – ha impugnato:

la deliberazione n. 88 in data 30.7.1999, con cui era stata respinta l’istanza di pensione privilegiata avanzata dal coniuge l’11.5.1992 perché non ritenuta dipendente da causa di sevizio l’infermità denunciata,

la deliberazione del C.P.P.O. del 13.11.1995,

il parere espresso dall’U.M.L. del Ministero della Sanità in data 21.4.1997,

il parere espresso dal Consiglio d Amministrazione nella riunione del 23.2.1999.

La ricorrente ha allegato:

che il dante causa era stato assunto nel 1960 e a partire dal primo incarico presso la Direzione Prov.le di Torino era stato adibito in attività di messaggere su vetture postali ed anche dopo il trasferimento presso la Direzione Prov.le di Foggia aveva continuato a far parte del personale viaggiante fino al 1985, periodo da cui aveva svolto mansioni di operatore specializzato d’esercizio presso l’Ufficio di San Severo;

ha dedotto:

che i disagi ambientali, le inclemenze atmosferiche, gli strapazzi fisici, lo stress legati all’attività lavorativa avevano contribuito in maniera preponderante al determinismo dell’infermità del coniuge ossia “stato ansioso depressivo in post-infarto”,

che la malattia era stata riconosciuta dipendente da causa di servizio con provvedimento del 10.10.1990 della Direzione Centrale per il Personale presso il Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni sulla base del giudizio espresso dal C.M.O. di Bari,

che la C.M.O. di Bari, successivamente alla domanda di pensione privilegiata, in data 31.5.1993, aveva confermato la dipendenza della patologia diagnosticata come “cardiopatia ischemico-sclerotica in coronaropatico con esiti di pregresso infarto del miocardio, turbe del ritmo in soggetto con stato ansioso”, ascrivendola alla 2^ ctg. tab. A,

l’illegittimità del provvedimento impugnato perché non esternava il motivo per cui si discostava dal parere della C.M.O. non potendosi ritenere soddisfatto tale onere motivazionale con il richiamo ai pareri del C.P.P.O. e dell’U.M.L. del Ministero della Sanità, anch’essi ritenuti privi di idonea motivazione,

che la giurisprudenza di questa Corte aveva riconosciuto più volte la dipendenza da causa di servizio di malattie cardiache in relazione alla gravosità del servizio;

ha chiesto, in accoglimento del ricorso, la condanna dell’amministrazione alla corresponsione dell’equo indennizzo e del trattamento di pensione privilegiata di reversibilità.

Con memoria del 13.2.2007 l’ufficio di segreteria del Comitato di Verifica delle Cause di Servizio presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha chiesto, in via preliminare, l’estromissione dal giudizio del Comitato in considerazione del fatto che il parere dello stesso è da ritenersi atto endoprocedimentale e, come tale, non impugnabile autonomamente, nel merito, il rigetto del ricorso deducendo che l’indagine esperita è stata concreta, integrale ed esauriente, investendo tutti gli elementi connessi con lo svolgimento del servizio da parte del dipendete e tutti i precedenti di servizio risultanti dagli atti e che i disagi subiti da costui non sono stati riconosciuti apprezzabili ai fini della dipendenza in questione in quanto non configurabili quali fattori concausali efficienti e determinanti nell’insorgenza e decorso dell’infermità, così come congruamente motivato nel parere emesso.

In data 10.9.2007 l’avv. Antonio Jannarelli – già nominato difensore della ricorrente, il cui mandato è stato successivamente revocato nel corso del giudizio – ha depositato una memoria difensiva con cui ha riproposto le argomentazioni già contenute nell’atto introduttivo sottolineando l’erroneità e l’illogicità delle conclusioni del C.P.P.O. ed il fatto che la patologia era stata contratta dal X per la natura particolarmente stressante dell’attività lavorativa posto che il medesimo, di sane abitudini alimentari, non era dedito né al fumo, né tantomeno all’alcool.

Con ordinanza n. 133/2007 del 30.10.2007 è stato demandato all’Ospedale Militare Marittimo di Taranto di esprimere un parere sulla dipendenza da causa di servizio dell’infermità “cardiopatia ischemico-sclerotica in coronaropatico con esiti di pregresso infarto del miocardio, turbe del ritmo in soggetto con stato ansioso”, diagnosticata dalla C.M.O. di Bari in data 31.5.1993.

Con verbale in data 27.5.2009 la C.M.O. di Taranto ha espresso il parere richiesto confermando, con propria motivazione, quello già formulato dal C.P.P.O.

In data 31.12.2009 il dott. Giuseppe Russi, perito di fiducia della ricorrente, su richiesta delle stessa, ha depositato uno scritto con cui ha criticato il parere espresso dalla C.M.O. di Taranto evidenziando la “correlazione di elevata probabilità tra elementi stressanti ed usuranti (lavoro notturno) che hanno influito in modo determinante su un soggetto particolarmente dedito al dovere ed al servizio” ed ancora “l’abito psicologico premorboso caratterizzato da una particolare preoccupazione per l’espletamento del proprio lavoro”, che “nell’assenza di preesistenze cardiovascolari si acclara la subordinazione degli eventi cardiologici ad una correlata attività di per sé stressante per il X” ed infine che “il crescente manifestarsi del disturbo ansioso-depressivo nel post-infarto, può essere altrettanto spiegato in quel senso di inadeguatezza personale a svolgere le identiche prestazioni risultando fonte di maggior preoccupazione atteso l’abito psicologico premorboso del soggetto”.

Alle udienze del 14.1.2010 e 17.6.2010 sono stati ordinati incombenti istruttori a carico dell’IPOSTI.

In data 10.8.2010 il Direttore Generale dell’IPOST ha depositato istanza di interruzione del giudizio ai sensi degli artt. 299 e 300 c.p.c. in relazione all’art. 7 del D.L. n. 78/2010 che ha soppresso l’IPOST e previsto la successione dell’INPS in tutti i rapporti attivi e passivi.

All’udienza del 9.11.2010 sono stati disposti altri incombenti istruttori a carico della Direzione generale delle POSTE s.p.a ed all’udienza del 25.3.2011, comparendo il difensore dell’INPS e chiedendo un rinvio della discussione per formalizzare la costituzione in giudizi, la trattazione della causa è stata ancora rinviata all’udienza del 27.5.2011.

A tale udienza sono stati disposti altri incombenti istruttori a carico dell’INPS ed oneri di produzione a carico della ricorrente.

In data 27.7.2011 l’INPS ha depositato memoria difensiva con cui ha chiesto il rigetto del ricorso deducendo la legittimità del provvedimento impugnato perché conforme al parere espresso dall’U.M.L. del Ministero della Sanità in data 21.4.1997 richiamando giurisprudenza del giudice amministrativo secondo cui l’adesione al parere di tale organo confermativo di quello del C.P.P.O. non necessità di ulteriore motivazione da parte dell’amministrazione circa la non condivisione del difforme giudizio della C.M.O..

All’esito dell’udienza del 18.10.2011, nel corso della quale l’avv. Luisa de Sanctis per l’INPS si è riportata alla memoria difensiva ed ha insistito per il rigetto del ricorso, il giudizio è stato definito come da dispositivo, letto nella stessa udienza, di seguito trascritto.

MOTIVI DELLA DECISIONE

In via preliminare deve osservarsi che la giurisdizione pensionistica spettante alla Corte dei Conti è estesa alla cognizione dell’intero rapporto sostanziale dedotto in giudizio e cioè dei diritti soggettivi in materia di pensioni civili, militari e di guerra e non di meri interessi legittimi, onde l’oggetto di questa giurisdizione non riguarda l’accertamento della legittimità degli atti dell’Amministrazione, bensì la fondatezza della pretesa pensionistica. Ne consegue che, in presenza di una domanda giudiziale diretta a conseguire la pensione privilegiata è sulla fondatezza di tale pretesa che va limitata la cognizione e la pronuncia, senza che assumano rilievo i supposti vizi di legittimità degli atti amministrativi posti in essere nel corso del procedimento amministrativo preordinato a tal fine, pure dedotti (come anche nel caso di specie, nel senso di violazione di norme ed eccesso di potere) in sede di ricorso.

Sempre in via preliminare deve poi escludersi la giurisdizione di questa Corte in relazione alla domanda, pure contenuta nel ricorso in esame, tesa a conseguire l’equo indennizzo per la medesima patologia su cui si fondava l’istanza di pensione privilegiata. Invero, secondo il pacifico insegnamento della Cassazione “la controversia promossa dal pubblico dipendente, in attività di servizio, per ottenere la corresponsione di un equo indennizzo per infermità, secondo la previsione dell’art. 68 ottavo comma del d.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3, esula dalla giurisdizione esclusiva della Corte dei conti in materia pensionistica e spetta a quella del giudice amministrativo, poiché non investe un trattamento successivo alla cessazione del rapporto d’impiego, ma bensì un diritto che insorge nell’ambito di tale rapporto e nei confronti dell’amministrazione datrice di lavoro (cfr. ex plurimis Sez. U, Sentenza n. 3601 del 28/05/1986).

Nel merito il ricorso è privo di giuridico fondamento e va rigettato.

La rilevanza causale attribuita dal perito di parte all’attività lavorativa stressante svolta dal ricorrente, comunque ritenuto di “abito psicologico premorboso caratterizzato da una particolare preoccupazione per l’espletamento del proprio lavoro” non può essere condivisa.

La patologia diagnosticata dalla C.M.O. di Bari, in data 1.2.1989, come “stato ansioso depressivo in post-infarto” ed in data 31.5.1993 come “cardiopatia ischemico-sclerotica in coronaropatico con esiti di pregresso infarto del miocardio, turbe del ritmo in soggetto con stato ansioso” ha alla base fattori di certo estranei al servizio.

Questo, come descritto nella relazione dell’amministrazione in atti, è stato caratterizzato dallo svolgimento, prima, di mansioni di carico e scarico, trasporto e ripartizione di corrispondenza e poi di messaggere viaggiante secondo turnazioni orarie anche notturne, nel periodo dicembre 1962 – maggio del 1985. Successivamente l’interessato ha svolto servizio interno di operatore specializzato. Si tratta in sostanza di attività che, per quanto impegnative, non caratterizzate da effettiva gravosità o surmenage psico-fisico, come correttamente rilevato dal C.P.P.O., sicché tutte le considerazioni svolte dal perito di parte circa l’incidenza dello stress lavorativo risultano fuori luogo perché non rapportabili all’obbiettività dell’attività lavorativa svolta dal dante causa della ricorrente.

Deve, invece, ritenersi che se lo stress abbia avuto una qualche incidenza sulla patologia cardio-vascolare in questione questo sia dovuto non all’attività lavorativa in quanto tale bensì alla componente caratteriale del soggetto, posta in luce anche dal perito di parte, evidenziata nello stato ansioso e depressivo della descrizione diagnostica.

In definitiva, condividendo il parere espresso dall’UML del Ministero della Salute, espresso nell’ambito del procedimento amministrativo, deve ritenersi che la patologia cardiovascolare, eminentemente legata a fattori endogeno-costituizonali degenerativi, non può riportarsi al servizio svolto.

La mancata esibizione, da parte della ricorrente, della documentazione sanitaria relativa all’infarto del miocardio, subito dal defunto coniuge presumibilmente prima del 1988, pure espressamente richiesta in sede istruttoria da questo giudice, rafforza la convinzione che la malattia cardiovascolare di che trattasi sia collegata a fattori di rischio specifici non rapportabili al servizio.

Posto che le amministrazioni costituite non hanno esposto né reclamato spese di giudizio reputa congruo questo giudice disporne la completa compensazione tra le parti.

PER QUESTI MOTIVI

la Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti per la Regione Puglia, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, rigetta il ricorso n. 16616 proposto dalla sig.ra X Carmelità.

Spese compensate.

Così deciso, in Bari, all’esito della pubblica udienza del 18 ottobre 2011.

IL GIUDICE

F.to(Pasquale Daddabbo)

Depositata in Segreteria il 02/11/2011

IL DIRIGENTE

Il Funzionario di Cancelleria

F.to (dott. Pasquale ARBORE)