Edilizia e urbanistica: sul momento rilevante per l'individuazione delle tariffe applicabili al condono in Lombardia

NOTA

La sentenza in rassegna si pronuncia sull’impugnazione degli atti del Comune di Milano relativi alla determinazione degli oneri da versare ai fini del condono ex L.R. Lombardia 3 novembre 2004 n. 31.

La Sezione ritiene che:

1.- in ossequio all’art. 4, co. 6, L.R. Lombardia 3 novembree 2004 n. 31, gli oneri di urbanizzazione e il contributo sul costo di costruzione dovuti ai fini della sanatoria, sono determinati applicando le tariffe vigenti all’atto del perfezionamento del procedimento di sanatoria; pertanto, non sono accoglibili pretese di ancorare il momento di determinazione delle tariffe a fasi precedenti, quali la fase introduttiva o di iniziativa o la fase istruttoria.

Osserva al riguardo la Sezione che “In mancanza di indicazioni in un determinato senso da parte della legge – che invece nella specie è chiaramente effettuata da parte della legge regionale, facendo riferimento al perfezionamento del procedimento di sanatoria e quindi al momento del rilascio del provvedimento favorevole – non sarebbe stato irragionevole fare riferimento alla legge vigente al momento nel quale l’istanza di condono viene esaminata, è cioè “matura”, nel senso di avere effettuato tutte le valutazioni, la decisione amministrativa, oppure al momento nel quale viene presa formalmente la decisione amministrativa nel procedimento di sanatoria.

La legge regionale è però chiara, come detto, nel far riferimento alle tariffe o costi contributivi vigenti al momento del perfezionamento del procedimento di sanatoria e tale perfezionamento non può non coincidere con l’adozione del provvedimento finale, avvenuta nella fattispecie dopo l’adeguamento tariffario.

La ratio della scelta del legislatore regionale è, come osservato anche dalla Corte nella sua ordinanza n.105 del 17 marzo 2010, di privilegiare l’interesse pubblico alla adeguatezza della contribuzione ai costi reali rispetto a quello antitetico del cittadino alla piena previsione dei costi incombenti al momento della formazione del consenso.

Il Comune, quindi, correttamente, ha determinato il contributo applicando gli oneri di urbanizzazione nella misura indicata nella delibera del Consiglio Comunale 73 del 2007, che, divenuta efficace in data 8 gennaio 2008, era vigente al momento del definitivo perfezionamento del procedimento di rilascio del titolo edilizio in sanatoria, perfezionamento avvenuto successivamente alla nuova determinazione dei contributi .“;

2.- l’incremento percentuale dei diritti e oneri previsto dall’art. 32, co. 40, D.L. 22 novembre 2003 n. 269 (secondo cui “Alla istruttoria della domanda di sanatoria si applicano i medesimi diritti e oneri previsti per il rilascio dei titoli abilitativi edilizi, come disciplinati dalle Amministrazioni comunali per le medesime fattispecie di opere edilizie. Ai fini della istruttoria delle domande di sanatoria edilizia può essere determinato dall’ Amministrazione comunale un incremento dei predetti diritti e oneri fino ad un massimo del 10 per cento da utilizzare con le modalità di cui all’articolo 2, comma 46, della legge 23 dicembre 1996, n.662. Per l’attività istruttoria connessa al rilascio delle concessioni in sanatoria i comuni possono utilizzare i diritti e oneri di cui al precedente periodo, per progetti finalizzati da svolgere oltre l’orario di lavoro ordinario“) è applicabile non agli oneri concessori relativi all’intervento edilizio, ma ai diritti ed oneri correlati all’istruttoria delle domande finalizzate al rilascio del titolo abilitativo; diritti ed oneri che il Comune ha facoltà di incrementare in relazione al maggior impiego di risorse (personale e mezzi) che qualsiasi sanatoria – implicante un afflusso eccezionale di istanze da istruire ed evadere in aggiunta all’attività ordinaria – notoriamente richiede.

Osserva il Collegio che “L’espressione utilizzata dal legislatore nel comma 40 dell’art. 32 deve essere intesa in senso atecnico, e riferita, omnicomprensivamente, a tutto ciò che il privato deve corrispondere alla pubblica amministrazione per il rilascio di un titolo autorizzatorio edilizio, con l’intenzione di precisare che ciò che il privato deve corrispondee, a fronte dell’istruttoria della domanda di sanatoria, deve essere comunque identico a ciò che egli avrebbe corrisposto per il rilascio “regolare” del titolo autorizzatorio edilizio.

Ciò premesso, proprio perché si tratta di procedimenti “a sanatoria”, ed in considerazione degli aggravi per l’attività amministrativa derivanti da tali procedure, il legislatore consente all’amministrazione di aumentare del 10% i “predetti diritti ed oneri”.

Ed infatti, per un verso, non avrebbe alcun senso, nell’ambito di una norma tutta dedicata alla “istruttoria della domanda”, inserire una norma di incremento della misura degli oneri di urbanizzazione. Per altro verso, l’aggravio degli oneri amministrativi per effetto dei procedimenti edilizi in sanatoria non può ragionevolmente giustificare un aumento degli oneri di urbanizzazione (aumento che, peraltro, la legge statale e regionale hanno già disposto), mentre ben sorregge un aumento della prestazione pecuniaria inerente ad una obbligazione connessa all’espletamento di attività amministrativa procedimentale.

Contrariamente a quanto affermato dall’appellante incidentale, i “diritti ed oneri” per il rilascio della concessione in sanatoria – che devono essere identici a quelli dovuti per il normale rilascio dei titoli abilitativi edilizi – devono essere dunque riferiti esclusivamente a quelli inerenti all’istruttoria della domanda”, e non coinvolgono affatto i ben diversi oneri di urbanizzazione, che trovano la loro giustificazione causale non già nel “disbrigo” di pratiche amministrative, bensì nell’autorizzazione all’esercizio dello ius aedificandi da parte del privato.“.

* * *

N. 04825/2012REG.PROV.COLL.

N. 09333/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9333 del 2011, proposto da:
Avi Real Estate Srl, rappresentato e difeso dagli avv. Stefania Galbiati, Anna Laura Ferrario, con domicilio eletto presso Giovanni Corbyons in Roma, via Maria Cristina n. 2;

contro

Comune di Milano, rappresentato e difeso dagli avv. Maria Rita Surano, Raffaele Izzo, Antonello Mandarano, Maria Giulia Schiavelli, con domicilio eletto presso Raffaele Izzo in Roma, Lungotevere Marzio, 3;

nei confronti di

Regione Lombardia, Ati Esino;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA – MILANO: SEZIONE II n. 00818/2011, resa tra le parti, concernente permesso di costruire in sanatoria – determinazione contributi di urbanizzazione

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Milano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 maggio 2012 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati Mandarano Antonello e Maria Rita Surano;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con l’appello in esame la società Avi Real Estate srl impugna la sentenza 28 marzo 2011 n. 818, con la quale il TAR per la Lombardia, sez. II, ha in parte accolto, in parte respinto il suo ricorso proposto, tra l’altro, avverso la nota della Direzione centrale sviluppo del territorio, Settore sportello unico per l’edilizia, Ufficio condono del Comune di Milano.

Con tale nota è stata comunicata l’emissione del permesso di costruire in sanatoria per un immobile in via Pietro Maestri, 2, il quale è stato oggetto di impugnazione nella parte in cui determina i contributi di urbanizzazione primaria e secondaria e il costo di costruzione in complessivi Euro 36.361,26.

Giova precisare che la società è proprietaria di immobile nel Comune di Milano, in via Cesare Maestri 2, e per tale immobile la precedente proprietaria aveva presentato in data 9 dicembre 2004 allo Sportello Unico per l’edilizia del Comune di Milano, domanda per permesso di costruire in sanatoria, ai sensi della legge 326 del 2003, per opere realizzate senza titolo, consistenti nel “cambio di destinazione da magazzino spp a laboratorio senza realizzazione di opere eseguito al piano interrato”.

L’istante determinava la somma a titolo di oblazione per “ristrutturazione modifiche della destinazione d’uso”, per complessivi Euro 7.575,00 e l’importo dovuto a titolo di anticipazione in Euro 2.272,50, prevedendone il versamento in tre rate..

Con nota del 21 maggio 2010, il Comune chiedeva documentazione integrativa, necessaria ai fini dell’esame della domanda di condono, e tale adempimento veniva espletato dall’istante in data 26 luglio 2010.,

In data 5 ottobre 2010 il Comune di Milano ha rilasciato il permesso di costruire in sanatoria, rideterminando il contributo ex artt. 16 e 19 DPR n. 380/2001 in Euro 36.361,26.

Avverso tali atti la società ora appellante ha proposto ricorso giurisdizionale al TAR Lombardia.

La sentenza in questa sede appellata afferma:

– alla luce di quanto statuito dalla Corte Costituzionale con ordinanza 17 marzo 2010 n. 105, è legittima la pretesa del Comune di Milano “di determinare gli oneri di urbanizzazione relativi al titolo in sanatoria, tenendo conto delle tariffe di cui alla delibera 73/2007, vigenti all’atto del rilascio del permesso, sulle quali calcolare l’aumento di cui alla delibera 2644/2004”;

– ciò in quanto è legittimo quanto disposto dall’art. 4, co. 6, l. reg. 31/2004, secondo il quale gli oneri di urbanizzazione e il contributo sul costo di costruzione dovuti ai fini della sanatoria, sono determinati applicando le tariffe vigenti all’atto del perfezionamento del procedimento di sanatoria”;

– ai sensi dell’art. 32, co. 40, d.l. n. 269/2003, l’incremento percentuale ivi previsto “è applicabile non agli oneri concessori relativi all’intervento edilizio, ma ai diritti ed oneri correlati all’istruttoria delle domande finalizzate al rilascio del titolo abilitativo”, di modo che non è ammissibile l’applicazione della norma di legge (e della delibera n. 2493/04), effettuata dagli Uffici del Comune di Milano, “secondo i quali essa autorizzerebbe un (ulteriore) incremento (non dei diritti ed oneri di istruttoria ma) degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria”.

Avverso tale sentenza, vengono proposti i seguenti motivi di appello:

a) error in procedendo; violazione art. 74 Cpa; omessa e insufficiente motivazione; poiché il giudice ha errato a pronunciare sentenza in forma semplificata e, anche in questo caso, “la motivazione deve rinvenirsi nel corpo della stessa (sentenza) non potendola mai supplire con il mero richiamo numerico a sentenze già rese, come è invece avvenuto nella sentenza qui gravata”;

b) error in iudicando; omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia; violazione art. 111 Cost; violazione d.l. n. 269/2003, art. 117 Cost, in relazione alla l. reg. Lombardia n. 31/2004, poichè le censure dedotte in I grado non sono risolte dalla pronuncia della Corte Costituzionale, sia in quanto la stessa non è vincolante; sia in quanto, “data la finalità dell’incremento in parola ossia l’adeguamento della contribuzione ai costi reali . . . o si ancora la tariffa al 2004 e la si maggiora dell’incremento percentuale deliberato o si applicano le tariffe del 2007 senza alcun incremento essendo già di per sé adeguate”. Operando in modo diverso, il Comune di Milano ha superato la finalità della legge, con “introduzione di una sanzione pecuniaria non prevista dalla normativa sul condono”. In questo ultimo caso, “la sanzione a maggior ragione deve essere predeterminata non solo nell’an, ma nel quantum a monte di qualsiasi scelta e non può . . . rimettersi nella sua quantificazione ad eventi futuri”. Inoltre, se si tratta di sanzione “assume decisiva rilevanza il rispetto dei tempi procedimentali”, poiché “è evidente che dal mancato rispetto e dal ritardo . . . del tempo procedimentale da parte della P.A., se gli oneri sono da determinare al tempo del rilascio, viene a dipendere la concreta quantificazione degli oneri”.infine, all’intervento in parola non è applicabile il costo di costruzione;

c) riproposizione del primo motivo di ricorso in I grado: omessa violazione su un punto decisivo della controversia; violazione art. 111 Cost; violazione, travisamento e falsa applicazione d.l. n. 269/2003, in part. artt. 32, co. 34; illegittimità costituzionale del’art. 4 l. reg. n. 31/2004, nella parte in cui attribuisce ai Comuni il potere di incrementare gli oneri concessori, riservato invece dalla legge quadro nazionale alla regione e dalla legge regionale; violazione ed elusione della sentenza della Corte Cost. n. 196/2004; incompetenza assoluta del comune ad incrementare gli oneri concessori; nullità della relativa D.G.C. 2644/2004;

d) riproposizione del secondo motivo di ricorso in I grado: omessa motivazione su un punto decisivo della controversia; violazione art. 111 Cost.; violazione d. lgs. n. 267/2000, in part. art. 42; art. 16 DPR n. 380/2001, d.l. n. 269/2003; incompetenza della Giunta municipale ad incrementare gli oneri concessori; violazione ed elusione della sentenza Corte Cost. n. 196/2004; in subordine: eccesso di potere per sviamento, per deviazione dalla causa tipica, per motivazione solo apparente e contraddittoria; per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto; incompetenza; ciò in quanto la deliberazione di incremento avrebbe dovuto essere assunta dal Consiglio comunale;

e) riproposizione del terzo motivo di ricorso in I grado: omessa motivazione su un punto decisivo della controversia; violazione art. 111 Cost.; violazione della l. n. 326/2004 e, in particolare, dell’art. 32, co. 34; eccesso di potere per carenza dei presupposti di fatto e d diritto; per sviamento; per avere introdotto una sanzione pecuniaria; per ingiustizia manifesta;

f) riproposizione parziale del quarto motivo di ricorso in I grado: violazione l. n. 326/2003, in part. art. 32, co. 40; violazione l. reg. 12/2005; violazione, travisamento e falsa applicazione del. C.C. 73/2007; eccesso di potere per carenza e travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, per difetto di istruttoria ed errata qualificazione dell’opera; per violazione del legittimo affidamento del privato; per ingiustizia manifesta; poiché all’intervento in oggetto “non è applicabile la tabella relativa alle nuove costruzioni, interventi di ristrutturazione con demolizione e ricostruzione”; al contrario, “all’intervento di cui si discute può – al massimo – applicarsi la differente tabella relativa alle ristrutturazioni che, nello specifico, è la metà di quelle applicate (la stesa delibera prevede “per le opere di ristrutturazione l’aumento del 20% e non già del 50%, come pretesamente applicato dal Comune”) e “l’intervento in questione non è soggetto a costo di costruzione”.

Si è costituito in giudizio il Comune di Milano, che ha richiesto il rigetto dell’appello principale, stante la sua infondatezza, ed ha altresì proposto appello incidentale, proponendo il seguente motivo:

errata interpretazione; violazione art. 32, co. 40, d.l. n. 260/2003, poiché legittimamente la maggiorazione del 10% è “applicata sia ai diritti di segreteria, sia agli oneri di urbanizzazione”

All’udienza di trattazione, la causa è stata riservata in decisione.

DIRITTO

2. L’appello principale è infondato e deve essere, pertanto, rigettato, per le ragioni di seguito esposte

Quanto al primo motivo di appello (sub a) dell’esposizione in fatto), giova osservare che la scelta di decidere la controversia in forma semplificata, sia nella vigenza dei precedenti artt. 21 e 26 l. n. 1034/1971, sia in vigenza dell’attuale art. 60 Cpa, spetta al giudice ed alla sua valutazione, in relazione al thema decidendum ed alle risultanze processuali, in ordine alla concreta esperibilità di tale tipo di pronuncia,

Quest’ultima non si caratterizza per particolari regole di forma, ma, come tutte le sentenze, ben può essere oggetto di impugnazione, laddove ritenuta errata o carente. Si intende affermare che ciò che può costituire oggetto di impugnazione (e segnatamente di appello) non è la “scelta in sé” del tipo di pronuncia e dell’esistenza (o meno) dei presupposti per addivenire a sentenza in forma semplificata, bensì la congruità della decisione assunta, in relazione ai motivi di ricorso proposti avverso gli atti impugnati.

Ma ciò costituisce oggetto di specifici motivi di impugnazione afferenti ai singoli punti della decisione, non già motivo formale di impugnazione riferito alla scelta operata dal giudice in I grado.

Da quanto esposto, consegue l’infondatezza e dunque il rigetto del primo motivo di appello.

3. Quanto al secondo motivo di appello (sub b) dell’esposizione in fatto), occorre osservare che è pacifico in fatto che il completamento della produzione documentale si è verificato soltanto in data 26 luglio 2010, sicchè nè in precedenza può ritenersi verificato alcun silenzio-accoglimento o assenso alla decorrenza dei termini di legge, né può ritenersi, prima di quel tempo, in relazione alla prima istanza, concretata la presentazione di istanza debitamente e completamente documentata.

In ordine al regime applicabile nella determinazione delle tariffe, l’articolo 4 l.r. Lombardia n.31 del 2004, al comma 6, vagliato dalla Corte Costituzionale, prevede che in caso di condono edilizio, si applichino le tabelle degli oneri di urbanizzazione vigenti all’atto del perfezionamento del procedimento di sanatoria.

Come ha osservato nella menzionata ordinanza il Giudice delle leggi, la normativa applicabile potrebbe indifferentemente fare riferimento alla entrata in vigore della legge di condono, alla presentazione della domanda, al momento della chiusura dell’istruttoria, al momento della decisione amministrativa, al momento dell’effettivo rilascio del provvedimento favorevole.

Nella specie, la legge regionale abilita il riferimento al momento della fase decisoria (“il perfezionamento”) del procedimento di sanatoria, per cui sono non accoglibili le pretese di ancorare il momento di determinazione delle tariffe a fasi precedenti, quali la fase introduttiva o di iniziativa o la fase istruttoria.

In mancanza di indicazioni in un determinato senso da parte della legge – che invece nella specie è chiaramente effettuata da parte della legge regionale, facendo riferimento al perfezionamento del procedimento di sanatoria e quindi al momento del rilascio del provvedimento favorevole – non sarebbe stato irragionevole fare riferimento alla legge vigente al momento nel quale l’istanza di condono viene esaminata, è cioè “matura”, nel senso di avere effettuato tutte le valutazioni, la decisione amministrativa, oppure al momento nel quale viene presa formalmente la decisione amministrativa nel procedimento di sanatoria.

La legge regionale è però chiara, come detto, nel far riferimento alle tariffe o costi contributivi vigenti al momento del perfezionamento del procedimento di sanatoria e tale perfezionamento non può non coincidere con l’adozione del provvedimento finale, avvenuta nella fattispecie dopo l’adeguamento tariffario.

La ratio della scelta del legislatore regionale è, come osservato anche dalla Corte nella sua ordinanza n.105 del 17 marzo 2010, di privilegiare l’interesse pubblico alla adeguatezza della contribuzione ai costi reali rispetto a quello antitetico del cittadino alla piena previsione dei costi incombenti al momento della formazione del consenso.

Il Comune, quindi, correttamente, ha determinato il contributo applicando gli oneri di urbanizzazione nella misura indicata nella delibera del Consiglio Comunale 73 del 2007, che, divenuta efficace in data 8 gennaio 2008, era vigente al momento del definitivo perfezionamento del procedimento di rilascio del titolo edilizio in sanatoria, perfezionamento avvenuto successivamente alla nuova determinazione dei contributi .

E’ infondata ogni censura che tende a sostenere la precedente formazione del silenzio-assenso, così come ogni censura che lamenta l’inerzia colpevole del Comune, prima della integrazione documentale intervenuta soltanto in data 26 luglio 2010, al fine di farne derivare l’applicazione delle previgenti tariffe; così come non possono trovare alcun ingresso doglianze riferite ad una presunta natura “sanzionatoria” dell’incremento deliberato.

Infatti, è noto (in tal senso art. 32, comma 37 legge n.326 del 24 novembre 2003) che la disciplina del silenzio-assenso e del titolo abilitativo tacito debba presupporre la completezza della documentazione prodotta, affinchè la fattispecie possa dirsi integrata.

D’altronde, se la parte istante avesse prodotto sin dall’inizio una documentazione completa, alla procedura si sarebbero applicate le pregresse determinazioni, risalenti all’anno 2004, prima degli intervenuti successivi aggiornamenti.

Inoltre, la parte istante non può dolersi della inerzia amministrativa successiva alla produzione documentale, in quanto tale integrazione è in ogni caso successiva rispetto al periodo, in ipotesi, in grado di garantire il perfezionamento del titolo tacito, che nella specie non si è formato e essa stessa non ha in precedenza asserito la possibile completezza documentale.

Da quanto esposto, consegue l’infondatezza del secondo motivo di appello.

4. Anche gli ulteriori motivi di appello – consistenti in motivi che si assume essere stati pretermessi dal giudice di I grado ed a prescindere da ogni valutazione circa la esattezza di tale prospettazione, alla luce della motivazione della sentenza – sono infondati e devono essere, pertanto, respinti.

Con il terzo motivo (sub c), l’appellante in sostanza lamenta una violazione della legge quadro nazionale in tema di condono edilizio (d.l. n. 269/2003), perché il potere di incrementare gli oneri concessori deve intendersi demandato alle sole Regioni, che a tanto potrebbero provvedere solo con legge regionale.

Orbene, nel caso di specie, il più volte citato art. 4 l. n. 31/2004, prevede (comma 1) che “con apposita deliberazione, da assumersi entro il termine perentorio di trenta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, il comune definisce i termini e le modalità di versamento degli oneri di urbanizzazione connessi alla sanatoria delle opere abusive, nonché del contributo sul costo di costruzione nei casi di cui al comma 5. Inoltre. può disporre che gli oneri di urbanizzazione relativi alla realizzazione di opere abusive riconducibili alle tipologie di merito numeri 1, 2 e 3, di cui all’allegato l al d.l. 269/2003, convertito dalla 1. 326/2003, siano incrementati, rispettivamente, fino al massimo del 50, 30 e 20 per cento.”.

Come è dato osservare, è la legge regionale che stabilisce la possibilità di incremento degli oneri di urbanizzazione, così come a tali fini è sempre la medesima legge che, in relazione alle diverse tipologie di abuso, fissa la misura massima di incremento.

Ciò che viene attribuito ai Comuni, dunque, non è l’esercizio del potere di incrementare gli oneri concessori (circostanza già in generale prevista dalla legge regionale), né tantomeno di determinare (in esplicazione concreta del detto potere) la misura dell’incremento (anch’essa fissata, sia pure nel tetto massimo, dalla medesima legge regionale). I Comuni possono solo decidere se avvalersi o meno, in relazione alla concreta valutazione del fenomeno dell’abusivismo sul proprio territorio, degli effetti di un potere di incremento degli oneri di urbanizzazione già esercitato dalla Regione e per il tramite di legge regionale, provvedendo essi solo, in caso positivo, a specificare – entro il limite massimo predefinito dalla legge regionale – la misura puntuale dell’incremento.

Pertanto, il motivo di appello (sub c) dell’esposizione in fatto) deve essere respinto, stante la sua infondatezza.

Anche il quarto motivo (sub d) dell’esposizione in fatto), con il quale l’appellante sostanzialmente deduce l’incompetenza della Giunta Municipale ad incrementare gli oneri concessori, è infondato e deve essere, quindi, respinto.

Giova osservare che la deliberazione del Comune di Milano che ha determinato, con concreto riferimento al caso in esame, l’aumento degli oneri concessori è la delibera del consiglio comunale 21 dicembre 2007 n. 73, della quale si duole l’appellante (v. pag. 3 appello). E’ a tale delibera, dunque, che occorre fare riferimento per individuare, con riferimento al caso sottoposto alla cognizione di questo giudice amministrativo, l’atto di concreto esercizio del potere di determinazione degli oneri concessori.

Né possono trovare accoglimento gli ulteriori profili di doglianza avanzati dall’appellante con il motivo in esame, posto che l’aumento degli oneri si inquadra, alla luce delle motivazioni addotte dall’amministrazione comunale, nell’esercizio di un potere coerente con la legge (statale e regionale), e che non configura, come sostiene l’appellante – anche per le ragioni esposte al precedente punto 3), nel rigettare il secondo motivo di appello – una “sanzione economica”

Anche il motivo sub e) dell’esposizione in fatto è infondato, poiché le doglianze relative ad una pretesa determinazione dei contributi sganciata dal presupposto del “costo reale delle urbanizzazioni”, non appaiono supportate da argomentazioni condivisibili, atteso il tenore degli atti adottati dal Comune di Milano, ed alla luce di quanto già esposto al precedente punto 3). Per le medesime ragioni, deve ritenersi manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 l. reg. n. 31/2004.

Quanto all’ultimo motivo di appello (sub f) dell’esposizione in fatto), il Collegio condivide le considerazioni della sentenza appellata, laddove questa – rilevato che “l’abuso è qualificato dalla stessa ricorrente . . . come illecito di tipologia 1” – afferma che “la creazione di uno spazio lavorativo con permanenza di persone, anche se realizzato senza opere, configura una vera e propria trasformazione urbanistico – edilizia del territorio”. Né l’appellante sorregge con persuasive argomentazioni, al di là della esposizione della doglianza, la sua indicazione di rubricare l’intervento da condonare tra le “ristrutturazioni”, anziché tra le “nuove costruzioni, interventi di ristrutturazione con demolizione e ricostruzione”, con conseguente, diversa applicazione della misura degli oneri.

Per tutte le ragioni sin qui esposte, l’appello proposto dalla società Avi real estate srl deve essere respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

5. L’appello incidentale proposto dal Comune di Milano è infondato e deve essere, pertanto, rigettato.

L’art. 32, co. 40, d.l. n. 269/2003, prevede che:

“Alla istruttoria della domanda di sanatoria si applicano i medesimi diritti e oneri previsti per il rilascio dei titoli abilitativi edilizi, come disciplinati dalle Amministrazioni comunali per le medesime fattispecie di opere edilizie. Ai fini della istruttoria delle domande di sanatoria edilizia può essere determinato dall’ Amministrazione comunale un incremento dei predetti diritti e oneri fino ad un massimo del 10 per cento da utilizzare con le modalità di cui all’articolo 2, comma 46, della legge 23 dicembre 1996, n.662. Per l’attività istruttoria connessa al rilascio delle concessioni in sanatoria i comuni possono utilizzare i diritti e oneri di cui al precedente periodo, per progetti finalizzati da svolgere oltre l’orario di lavoro ordinario”

La sentenza appellata ha ritenuto che l’incremento percentuale ivi previsto “è applicabile non agli oneri concessori relativi all’intervento edilizio, ma ai diritti ed oneri correlati all’istruttoria delle domande finalizzate al rilascio del titolo abilitativo; diritti ed oneri che il Comune ha facoltà di incrementare in relazione al maggior impiego di risorse (personale e mezzi) che qualsiasi sanatoria – implicante un afflusso eccezionale di istanze da istruire ed evadere in aggiunta all’attività ordinaria – notoriamente richiede”.

Non è ammissibile, dunque, secondo il primo giudice, l’applicazione della norma di legge (e della delibera n. 2493/04), effettuata dagli Uffici del Comune di Milano, “secondo i quali essa autorizzerebbe un (ulteriore) incremento (non dei diritti ed oneri di istruttoria ma) degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria”.

Al contrario, secondo il Comune di Milano, appellante incidentale, mentre con l’espressione “diritti” il legislatore intende riferirsi ai “diritti di segreteria”, invece con l’espressione “oneri” egli intenderebbe riferirsi “agli oneri di urbanizzazione, poiché il rilascio del permesso di costruire non comporta la corresponsione di alcun altro tipo di onere.

Il Collegio condivide l’interpretazione offerta dalla sentenza appellata.

L’espressione utilizzata dal legislatore nel comma 40 dell’art. 32 deve essere intesa in senso atecnico, e riferita, omnicomprensivamente, a tutto ciò che il privato deve corrispondere alla pubblica amministrazione per il rilascio di un titolo autorizzatorio edilizio, con l’intenzione di precisare che ciò che il privato deve corrispondee, a fronte dell’istruttoria della domanda di sanatoria, deve essere comunque identico a ciò che egli avrebbe corrisposto per il rilascio “regolare” del titolo autorizzatorio edilizio.

Ciò premesso, proprio perché si tratta di procedimenti “a sanatoria”, ed in considerazione degli aggravi per l’attività amministrativa derivanti da tali procedure, il legislatore consente all’amministrazione di aumentare del 10% i “predetti diritti ed oneri”.

Ed infatti, per un verso, non avrebbe alcun senso, nell’ambito di una norma tutta dedicata alla “istruttoria della domanda”, inserire una norma di incremento della misura degli oneri di urbanizzazione. Per altro verso, l’aggravio degli oneri amministrativi per effetto dei procedimenti edilizi in sanatoria non può ragionevolmente giustificare un aumento degli oneri di urbanizzazione (aumento che, peraltro, la legge statale e regionale hanno già disposto), mentre ben sorregge un aumento della prestazione pecuniaria inerente ad una obbligazione connessa all’espletamento di attività amministrativa procedimentale.

Contrariamente a quanto affermato dall’appellante incidentale, i “diritti ed oneri” per il rilascio della concessione in sanatoria – che devono essere identici a quelli dovuti per il normale rilascio dei titoli abilitativi edilizi – devono essere dunque riferiti esclusivamente a quelli inerenti all’istruttoria della domanda”, e non coinvolgono affatto i ben diversi oneri di urbanizzazione, che trovano la loro giustificazione causale non già nel “disbrigo” di pratiche amministrative, bensì nell’autorizzazione all’esercizio dello ius aedificandi da parte del privato.

Per le ragioni esposte, l’appello incidentale deve essere respinto, con conseguente conferma, anche per questa parte, della sentenza appellata.

6. In conclusione, sia l’appello principale, sia l’appello incidentale devono essere respinti, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

Stante la natura delle questioni trattate e l’esito del giudizio, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello proposto da Avi Real Estate s.r.l. (n. 9333/2011 r.g.):

a) rigetta l’appello principale;

b) rigetta l’appello incidentale proposto dal Comune di Milano;

c) per l’effetto, conferma la sentenza appellata;

d) compensa tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio dei giorni 8 maggio – 26 giugno 2012 con l’intervento dei magistrati:

Gaetano Trotta, Presidente

Raffaele Greco, Consigliere

Raffaele Potenza, Consigliere

Andrea Migliozzi, Consigliere

Oberdan Forlenza, Consigliere, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 11/09/2012

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)