Giustizia amministrativa: sui limiti della culpa in vigilando del segretario comunale

NOTA

Il segretario comunale che non riveste qualifica di dirigente generale non risponde del danno erariale provocato dalla ritardata attivazione della procedura di recupero di un credito comunale, laddove, come nella specie,

non sussista nesso eziologico fra l’asserito “disordine organizzativo” dell’ufficio contenzioso comunale (cui l’azione di vigilanza del segretario avrebbe dovuto porre rimedio) e l’evento produttivo di danno erariale (ossia l’inerzia causativa della prescrizione);

non sussista colpa grave, avendo il segretario comunale operato nella consapevolezza dell’esistenza di un apposito ufficio deputato alla trattazione degli affari riguardanti il contenzioso, per giunta supportato dall’azione di professionisti esterni incaricati della ricognizione del contenzioso comunale.

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279/2012/A

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

CORTE DEI CONTI

SEZIONE PRIMA GIURISDIZIONALE CENTRALE

Composta dai seguenti magistrati:

Dott.ssa Piera MAGGI Presidente

Dott. Mauro OREFICE Consigliere

Dott.ssa Rita LORETO Consigliere relatore

Dott. Piergiorgio DELLA VENTURA Consigliere

Dott. Massimo DI STEFANO Consigliere

ha pronunziato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di appello iscritto al n. 37250 del Registro di segreteria, proposto da Y.X., rappresentata e difesa dall’Avv. Luigi Medugno, elettivamente domiciliata presso lo studio del difensore in Roma, Via Panama n. 58;

avverso la sentenza n. 698/2009, depositata in data 23.11.2009 dalla Sezione Giurisdizionale Regionale della Corte dei conti per la regione Calabria;

Visti la documentazione di causa ed il relativo atto di appello;

Uditi, nella pubblica udienza del giorno 10 febbraio 2012, il Consigliere relatore dott.ssa Rita Loreto, l’Avv. Luigi Medugno per l’appellante Y.X. ed il Pubblico Ministero nella persona del Vice Procuratore Generale dott. Amedeo Federici;

Considerato in

FATTO

Con la sentenza impugnata la Sezione giurisdizionale regionale per la Calabria ha condannato la signora X. Y.ed il signor Z. Z., nella loro rispettiva qualità rivestita all’epoca dei fatti, la prima di Segretario comunale ed il secondo di Vice Segretario comunale e responsabile dell’area amministrativa del comune di OMISSIS, al pagamento in favore dell’ente della somma complessiva di euro 14.215,50 (di cui euro 11.913,90 per mancata riscossione ed euro 2.298,60 per spese di giudizio), ripartita in quote uguali, oltre rivalutazione monetaria, interessi legali e spese di giudizio, per avere gli stessi arrecato danno alle finanze dell’ente a causa della mancata esecuzione di una sentenza di condanna emessa dalla Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la regione Calabria, n. 22/93, comunicata in forma esecutiva il 14 gennaio 1994.

In particolare ai due convenuti è stato contestato il totale disinteresse dimostrato, nel corso degli anni, nell’adempiere all’incarico ricevuto dal Commissario prefettizio, di dare esecuzione alla predetta sentenza n. 22/93

Risulta infatti dagli atti di causa che il signor Z., cui era assegnato l’Ufficio contenzioso, ed il Segretario comunale signora X. Y., avevano il compito di curare l’esecuzione della sentenza.

Dopo la notifica della sentenza alle parti soccombenti, avvenuta nel luglio 1994 a cura del signor Z., nessun’ altra attività esecutiva era stata effettuata, per cui con delibera di Giunta n. 231 del 23 ottobre 2003 era stato conferito incarico a legali per il recupero di somme a favore del Comune ma gli obbligati si opponevano alla richiesta di pagamento spontaneo per intervenuta prescrizione.

Entrambi i convenuti hanno proposto appello avverso la suddetta sentenza.

Il signor Z., nel proprio gravame, ha chiesto ed ottenuto la definizione agevolata del giudizio, accolta con decreto di questa Sezione di appello n. 1/2012/A depositato il 9 gennaio 2012, che ha posto a carico dell’appellante dr. Z. Z. l’obbligo di versare a favore del Comune di OMISSIS la somma di euro 2.000,00 oltre all’importo di euro 243,28 relativo alle spese di giudizio di primo grado.

L’appellante Y.X., in particolare, ha ritenuto ingiusta ed erronea la decisione gravata sostenendo in sintesi:

– l’inesistenza del nesso eziologico per carenza di collegamento fra il supposto disordine organizzativo, a lei erroneamente imputato, e l’evento produttivo di danno erariale. Difatti l’interessata non era corresponsabile delle funzioni gestionali dei dirigenti i quali, a mente dell’art. 107, co. 6, del D.L. n. 267 del 2000 sono direttamente responsabili; in via esclusiva, della correttezza amministrativa, della efficienza e dei risultati della gestione.

– l’assenza di sua colpa grave, per essere stata la pratica affidata alla competenza ed alla responsabilità di soggetti diversi, fra cui il signor Z., che con atto commissariale n. 212 del 13 giugno 1994 era l’unico responsabile dell’ufficio competente a provvedere ed aveva personalmente curato l’avvio della pratica di recupero.

– Rileva infine che i legali incaricati per il recupero delle somme dal Comune avevano avuto a disposizione otto mesi prima che maturasse il termine prescrizionale per notificare un atto interruttivo, evitando il verificarsi della prescrizione.

In conclusione la signora Y.ha chiesto l’accoglimento dell’appello e, per l’effetto, il suo proscioglimento da ogni addebito, con il riconoscimento del suo diritto al rimborso delle spese ed onorari di lite per entrambi i gradi di giudizio.

Il Procuratore Generale, con atto depositato il 16.01.2012, ha ritenuto infondati l’appello e le censure mosse dalla signora Y., in ragione della posizione di segretario comunale rivestita e dell’inerzia a lungo protratta.

Alla pubblica udienza del 10 febbraio 2012, udito il Consigliere relatore, dott.ssa Rita Loreto, l’Avv. Medugno ha insistito per l’assoluzione della signora X. Y.per mancanza di colpa grave, mentre il Pubblico Ministero, nella persona del Vice Procuratore Generale dott. Amedeo Federici, ha confermato la richiesta di rigetto dell’appello.

Considerato in

DIRITTO

L’appello merita accoglimento.

La decisione gravata è giunta all’affermazione di responsabilità della dott.ssa Y., ritenendola compartecipe dell’illecito gestorio ascritto in via principale al dott. Z., nell’assunto che l’odierna appellante, nella sua qualità di Segretario comunale, avrebbe “omesso di vigilare sull’attività dell’Ufficio contenzioso e [ risulterebbe ] quindi anche responsabile del disordine in cui si è trovato ad operare l’ufficio contenzioso”.

Alla dott.ssa Y.viene quindi imputata una culpa in vigilando, tradottasi in un comportamento omissivo consistente nel non aver adottato appropriate misure organizzative idonee ad evitare i disservizi che hanno provocato la mancata tempestiva attivazione della procedura di recupero.

Peraltro risulta dagli atti che l’ odierna appellante non rivestiva la qualifica di direttore generale e non era, quindi, corresponsabile delle funzioni gestionali dei dirigenti, i quali, ai sensi dell’art. 107 co. 6, del D.L. n. 267 del 2000 “sono direttamente responsabili, in via esclusiva, in relazione agli obiettivi dell’ente, della correttezza amministrativa, della efficienza e dei risultati della gestione”.

Risulta ancora per tabulas che il dott. Z., in qualità di responsabile dell’area amministrativa del Comune, era l’unico responsabile dell’Ufficio contenzioso, in ragione dell’investitura funzionale ricevuta con atto commissariale n. 212 del 13 giugno 1994.

Pertanto, deve ragionevolmente presumersi – non essendo stata fornita prova del contrario – che egli abbia sempre mantenuto la disponibilità del fascicolo, custodito nel luogo a ciò deputato, e cioè nel relativo archivio.

Il Z., inoltre, aveva personalmente curato l’avvio della pratica di recupero, attendendo alla notifica della sentenza ai destinatari della condanna pecuniaria.

Alla luce di quanto premesso appare difficile poter affermare l’esistenza di un collegamento eziologico tra il preteso “disordine organizzativo”, imputato dalla sentenza di prime cure alla signora Y., e l’evento produttivo del danno erariale, imputabile invece all’inerzia causativa della prescrizione: giacchè le ipotetiche disfunzioni, per ovviare alle quali avrebbe dovuto attivarsi la signora Y., risulterebbero prive di concreta efficienza causale. Appare pertanto fondato il presente motivo di appello.

Ciò posto, l’appellante Y.reputa non perfettamente aderente alla realtà l’affermazione contenuta nella motivazione della sentenza gravata, secondo la quale i convenuti avrebbero conferito l’incarico al legale per il compimento degli atti esecutivi soltanto nel mese di novembre 2004, e dunque quando il termine di prescrizione era già spirato, essendo invece già stati nominati due avvocati esterni per la revisione di tutti i fascicoli.

La doglianza appare fondata. I giudici di prima istanza hanno, infatti, omesso di considerare – ancorchè questa circostanza fosse stata segnalata negli scritti difensivi – che con deliberazione n. 231 del 23 ottobre 2003 la Giunta comunale, al dichiarato scopo di procedere al recupero delle somme liquidate dalle sentenze rimaste ineseguite, aveva conferito a due professionisti esterni (gli avvocati Campisi e Macrì del Foro di Vibo Valentia) uno specifico incarico consistente nell’ “effettuare una ricognizione di tutto il contenzioso del Comune”.

A tale fine i predetti legali furono espressamente autorizzati ad accedere ai documenti di causa, onde poter assumere ogni opportuna iniziativa.

Ebbene, posto che per interrompere un termine di prescrizione è sufficiente un atto stragiudiziale di costituzione in mora del debitore, è agevole desumerne che i due professionisti incaricati della succitata indagine ricognitiva hanno avuto a disposizione oltre otto mesi di tempo per consultare il fascicolo, reperibile nell’archivio comunale, ed inviare ai soggetti destinatari della condanna rimasta ineseguita una lettera interruttiva della prescrizione, evitando in tal modo il verificarsi della stessa.

Il rilievo appena svolto induce anche il collegio ad escludere la ricorrenza, nella condotta della dott.ssa Y., di un atteggiamento psicologico che possa attingere la soglia della colpa grave, avendo la medesima operato nella giustificata consapevolezza dell’esistenza di un apposito ufficio deputato alla trattazione degli affari riguardanti il contenzioso; delle specifiche responsabilità operative demandate, in tale ambito, al dott. Z.; del fatto che costui aveva assunto in carico la gestione della pratica, tanto da curare personalmente – come confermato dalla stessa decisione appellata – la notifica della sentenza oggetto di esecuzione; della presenza del relativo fascicolo nell’archivio affidato alla custodia dello stesso dott. Z., che non ne ha mai denunciato la scomparsa o il prelevamento da parte di chicchessia; dell’avvenuto affidamento a professionisti esterni dell’incarico di censire, con piena libertà di accesso alla relativa documentazione, le posizioni creditorie non ancora definite, assumendo – con il conforto della loro competenza tecnica – tutte le iniziative necessarie ad evitare possibili decadenze, ivi inclusa quella di cui si discute.

Per le considerazioni che precedono, l’appello della signora X. Y.appare meritevole di accoglimento, con conseguente riforma della sentenza gravata.

A seguito dell’intervenuta assoluzione, si ritiene di porre a carico dell’Amministrazione di appartenenza della signora X. Y.il rimborso, in favore dell’appellante prosciolta, delle spese legali del presente giudizio, che si liquidano in euro 1.000,00 (Mille/00), ai sensi dell’art. 3 comma 2-bis della legge n. 639/1996: norma che appunto prevede il ristoro delle spese legali da parte dell’amministrazione di appartenenza, nel caso di definitivo proscioglimento nel merito e la cui portata è stata precisata con la legge n. 248/2005, di conversione del d.l. n. 203 del 30/9/2005, che all’art. 10-bis, comma 10, così recita: ”Le disposizioni dell’art. 3, comma 2-bis, del d.l. 23/10/1996 n. 543, convertito, con modificazione, dalla legge 20/12/1996 n. 639, e dell’art. 18, comma 1, del d.l. 25/3/1997 n. 67 convertito, con modificazioni, dalla legge 23/5/1997 n. 135, si interpretano nel senso che il Giudice contabile, in caso di proscioglimento nel merito, e con la sentenza che definisce il giudizio, ai sensi e con le modalità di cui all’art. 91 c.p.c., liquida l’ammontare degli onorari spettanti alla difesa del prosciolto, fermo restando il parere di congruità dell’Avvocatura dello Stato da esprimere sulle richieste di rimborso avanzate all’amministrazione di appartenenza”..

P.Q.M.

La Corte dei conti – Sezione Prima Giurisdizionale Centrale – definitivamente pronunciando in ordine all’appello in epigrafe:

– ACCOGLIE l’appello n. 37250, proposto dalla signora X. Y.avverso la sentenza n. 689/2009, depositata il 23 novembre 2009, della Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la regione Calabria e, per l’effetto, assolve la signora Y.dalla domanda attrice.

– PONE a carico dell’Amministrazione di appartenenza della signora X. Y.il rimborso, in favore dell’appellante prosciolta, delle spese legali dalla stessa sostenute per la difesa nel presente giudizio, che si liquidano in euro 1.000,00 (Mille/00), ai sensi dell’art. 10 bis, comma 10, della legge n. 248/2005.

– MANDA alla Segreteria per gli adempimenti di competenza.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 10 febbraio 2012.

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

F.to Rita LORETO F.to Piera MAGGI

Depositato in Segreteria il 1/6/2012