Sulla procedura negoziata prevista dall’art. 3, punto 40 e 56, comma 4, d. lg. 12 aprile 2006 n. 163 e s.m.i.

NOTA

La stazione appaltante può limitare la partecipazione alla fase negoziale che segue all’individuazione della migliore offerta in procedura negoziata anche ad un solo operatore economico .

Tale possibilità trova fondamento nell’art. 56, comma 4, d. lg. n. 163/06, che espressamente prevede la possibilità di costruire il procedimento svolgendolo “in fasi successive per ridurre il numero di offerte da negoziare”.

Il Collegio osserva che la giustificazione pratica di tale soluzione interpretativa risiede nel fatto che “Il “rilancio” dell’offerta pur provvisoriamente vincitrice può infatti essere opportuno per portare il risultato della gara oltre il limite al di sotto del quale la stazione appaltante non intende stipulare il contratto, ed inoltre costituisce pur sempre una possibilità per di migliorare anche la più favorevole proposta contrattuale, ottenendo così un ulteriore risparmio per l’Amministrazione. Inoltre, qualora più operatori siano ammessi alla fase negoziata, gli stessi possono non trovare motivo per presentare la migliore offerta nella prima fase della procedura, presentandola invece nella successiva fase di confronto diretto, e ribassando la proposta nella sola misura in cui ciò sia necessario per superare le offerte degli altri concorrenti.”.

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N. 03642/2011REG.PROV.COLL.

N. 00490/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 490 del 2007, proposto da Poste italiane s.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avv. Angelo Clarizia, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Principessa Clotilde n. 2;

contro

Malpensa logistica Europa (MLE) s.p.a. in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avv. Francesco Cardarelli, Giovanni Cocco, con domicilio eletto presso l’avv. Francesco Cardarelli in Roma, via Giovanni Pierluigi Da Palestrina n. 47;

nei confronti di

Alha Airport s.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avv.ti Andrea Abbamonte, Luca Breveglieri e Dario De Pascale, con domicilio eletto presso l’avv. Andrea Abbamonte in Roma, via degli Avignonesi n. 5;

per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo della Lombardia, sede di Milano, Sezione I, n. 00008/2007, resa tra le parti, concernente AGGIUDICAZIONE SERVIZIO DI HANDLING AEROPORTUALE DI POSTA IN PARTENZA E ARRIVO

Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 aprile 2011 il Cons. Manfredo Atzeni e uditi per le parti gli avvocati Clarizia, Cardarelli e Soprano, per delega dell’avvocato Abbamonte;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso al Tribunale amministrativo della Lombardia, sede di Milano, rubricato al n. 3005/2006, MLE, Malpensa logistica Europa s.p.a., impugnava l’atto con il quale Poste italiane s.p.a. all’esito della procedura negoziata, indetta con bando inviato all’Ufficio pubblicazioni ufficiali della Comunità europea in data 20 luglio 2006, aveva aggiudicato ad Alha airport s.p.a. il servizio di “handling” aeroportuale di posta in partenza ed in arrivo nell’aeroporto internazionale di Milano Malpensa, unitamente agli atti presupposti tra i quali, in particolare, il bando di gara ed il capitolato d’oneri con i relativi allegati.

La società sosteneva che illegittimamente la stazione appaltante dopo l’individuazione delle migliori offerte aveva limitato la fase negoziata alla sola migliore offerta, chiedendo quindi l’annullamento dei provvedimenti impugnati; chiedeva inoltre la reintegrazione in forma specifica ovvero il risarcimento per equivalente previa declaratoria di nullità o inefficacia del contratto eventualmente stipulato.

Con la sentenza in epigrafe il Tribunale amministrativo della Lombardia, sede di Milano, Sezione I, accoglieva il ricorso, annullando gli atti dell’intera procedura di gara e disponendo la sua ripetizione a partire dal bando.

2. Avverso la predetta sentenza propone l’appello in epigrafe Poste italiane s.p.a., contestando gli argomenti che ne costituiscono il presupposto e chiedendo la sua riforma, previa sospensione, ed il rigetto del ricorso di primo grado.

Con l’ordinanza n. 545 in data 30 gennaio 2007 è stata accolta l’istanza cautelare.

Si è costituita in giudizio MLE, Malpensa logistica Europa s.p.a., chiedendo il rigetto dell’appello principale e proponendo appello incidentale, con il quale propone i seguenti nuovi motivi, non dedotti in primo grado:

A) l’aggiudicataria ha ceduto il contratto ad altro soggetto, del quale non è stato verificato il possesso dei requisiti generali e speciali, ai sensi dell’art. 51 del codice degli appalti, e comunque il nuovo soggetto non doveva essere ammesso al subentro;

B) l’istruttoria relativa all’aggiudicataria è stata comunque insufficiente;

C) la commissione di gara non era competente per la fase negoziale.

L’appellante incidentale ribadisce inoltre le argomentazioni a sostegno della sua impugnazione.

Le parti hanno depositato memoria.

La causa è stata assunta in decisione all’udienza del 5 aprile 2011.

3. L’appello principale è fondato.

Nel caso in esame la stazione appaltante ha impostato una gara fra più imprese, procedendo poi alla rinegoziazione dell’offerta con quella che aveva presentato la proposta migliore.

Ad avviso della parte appellata, le cui considerazioni sono state fatte proprie dal primo giudice, sarebbe contrario alla normativa nazionale e comunitaria e comunque illogico avviare la contrattazione con una sola impresa, in quanto la mancanza della concorrenza renderebbe antieconomico, per quest’ultima, proporre ulteriori ribassi.

Le pur acute osservazioni proposte dall’appellata non possono essere condivise.

La controversia riguarda l’applicazione dell’art. 3, punto 40, del D. Lgs.12 aprile 2006, n. 163, ai sensi del quale le procedure negoziate sono quelle in cui “le stazioni appaltanti consultano gli operatori economici da loro scelti e negoziano con uno o più di essi le condizioni dell’appalto”.

L’enunciato della norma impone di condividere la deduzione dell’appellante principale, in quanto non esclude affatto la possibilità di condurre la procedura negoziata con un solo operatore economico.

Inoltre, l’art. 56, quarto comma, del D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, espressamente prevede la possibilità di costruire il procedimento svolgendolo “in fasi successive per ridurre il numero di offerte da negoziare” specificando solo che “il ricorso a tale facoltà è indicato nel bando di gara o nel capitolato d’oneri”.

La normativa nazionale è conforme a quella comunitaria, in quanto l’art. 1 § 11, lett. d), della direttiva 31 marzo 2004 n. 2004/18/CE e l’art. 1 § 9, lett. c), della direttiva 31 marzo 2004 n. 2004/17/CE sono sostanzialmente identici al richiamato art. 3, punto 40, del D. Lgs.12 aprile 2006, n. 163.

L’appellata chiede la rimessione degli atti alla Corte di giustizia, al fine di accertare l’effettiva portata della normativa comunitaria applicabile, ma l’istanza non può essere accolta in quanto già con decisione della Quinta Sezione 31 dicembre 2003 , n. 9305, questo Consiglio di Stato ha affermato che “non è possibile la rimessione alla Corte di giustizia delle Comunità europee, ai sensi dell’art. 234, trattato Cee, della questione relativa all’interpretazione del d.lg. n. 157 del 1995, nella parte in cui introduce misure limitative dell’accesso alle procedure d’appalto, laddove non sussistano dubbi interpretativi sull’applicazione del trattato e i principi, univoci nella loro portata vincolante per gli Stati membri, risultino rispettati.”

Il principio è conforme all’orientamento pacifico del giudice comunitario (fra le tante, Corte di giustizia, sentenza del 15 settembre 2005 in causa 495/03).

Atteso che nel caso di specie le disposizioni comunitarie applicabili non presentano dubbi intepretativi, non vi è luogo a rinvio pregiudiziale.

Ciò premesso, l’osservazione proposta dall’appellata circa l’illogicità dell’apertura della negoziazione ad un solo contraente non consente di superare l’univoca espressione utilizzata dal legislatore.

Inoltre, la denunciata illogicità non sussiste.

Il “rilancio” dell’offerta pur provvisoriamente vincitrice può infatti essere opportuno per portare il risultato della gara oltre il limite al di sotto del quale la stazione appaltante non intende stipulare il contratto, ed inoltre costituisce pur sempre una possibilità per di migliorare anche la più favorevole proposta contrattuale, ottenendo così un ulteriore risparmio per l’Amministrazione.

Inoltre, qualora più operatori siano ammessi alla fase negoziata, gli stessi possono non trovare motivo per presentare la migliore offerta nella prima fase della procedura, presentandola invece nella successiva fase di confronto diretto, e ribassando la proposta nella sola misura in cui ciò sia necessario per superare le offerte degli altri concorrenti.

Afferma, in conclusione, il Collegio che ai sensi dell’art. 3, punto 40, del D. Lgs.12 aprile 2006, n. 163, il quale riprende il contenuto dell’art. 1 § 11, lett. d), della direttiva 31 marzo 2004, n. 2004/18/CE, e dell’art. 1 § 9, lett. c), della direttiva 31 marzo 2004 n. 2004/17/CE, la stazione appaltante è legittimata a limitare la partecipazione alla fase negoziale che segue all’individuazione della migliore offerta anche ad un solo operatore economico, evidentemente quello che ha presentato la suddetta proposta.

L’appellata sostiene, in subordine, che la normativa di gara non prevede l’ammissione di un unico imprenditore alla fase negoziata.

L’appellante principale contesta tale affermazione, rilevando che tale scelta è univocamente esplicitata nell’art. 11 del bando.

Ad avviso del Collegio la problematica non è rilevante, in quanto la normativa in commento, sopra riportata, impone alla stazione appaltante esclusivamente di prevedere già nella normativa di gara lo svolgimento della fase endoprocedimentale di “rilancio”, ma non prevede affatto di esplicitare “a priori” la scelta di limitare quest’ultima ad una sola offerta.

Tale scelta rientra quindi nella discrezionalità della stazione appaltante che, a seconda delle circostanze, e soprattutto del contenuto delle diverse offerte, può decidere quali imprenditori ammettere alla fase conclusiva.

Atteso che l’appellata non contesta la logicità della scelta di cui ora si discute, essendosi limitata ad affermare l’illegittimità complessiva di tale impostazione, l’appello principale deve essere condiviso.

4. Il Collegio deve quindi prendere in esame l’appello incidentale con il quale vengono dedotti profili di impugnazione non proposti in primo grado, riguardanti la mancata approvazione del verbale di gara, la mancata verifica dei requisiti dell’aggiudicataria, dopo la conclusione della fase negoziale, e dei requisiti del ramo d’azienda, scorporato, cui è stato affidato il contratto, la tardiva presentazione della fidejussione, il difetto di motivazione in ordine alla restrizione della fase negoziale ad un solo soggetto e l’incompetenza della commissione di gara in ordine allo svolgimento della fase negoziale.

L’appellante incidentale lamenta la mancata acquisizione di tutti gli atti del procedimento al giudizio di primo grado, circostanza che legittimerebbe la proposizione di nuove censure in appello.

La tesi non è condivisibile (art. 354 c.p.c., all’epoca applicabile anche al giudizio amministrativo).

Come ha chiarito questo Consiglio (Sez., VI, 6 settembre 2010, n. 6473), la produzione di nuovi documenti, atti e doglianze sulla cui base vengono formulati nuovi motivi in grado di appello è preclusa dall’art. 345 c.p.c., così come la produzione di nuovi documenti e prove a sostegno della domanda non introdotti in primo grado. Ciò perché, nel giudizio amministrativo, all’appello è applicabile l’art. 345 c.p.c., onde è inammissibile la produzione di nuove prove e di nuovi documenti, tranne che tale produzione tardiva non sia giustificata dalle ragioni specificamente indicate dalla norma citata (per causa non imputabile alla parte, forza maggiore, scoperta tardiva o fatto dell’avversario).

Infatti, i motivi aggiunti sono ammessi nel processo amministrativo per dedurre censure che si siano potute formulare solo in seguito alla produzione di documenti da parte dell’amministrazione e dei contro interessati, sicché la legge 21 luglio 2000, n. 205, che ha modificato l’art. 21 l. n. 1034 del 1971, ammettendo la proposizione dei motivi aggiunti anche per impugnare nuovi provvedimenti, emessi in corso di giudizio, connessi con l’oggetto del ricorso e concernenti le stesse parti, va intesa nel senso che, in assenza di un’espressa e inequivoca estensione al grado di appello, si riferisce al solo giudizio di primo grado.”

Osserva il Collegio che l’appellante incidentale non può dedurre, a giustificazione della proposizione delle censure solo in secondo grado, l’impossibilità di accedere alla documentazione di gara durante il primo grado del giudizio, in quanto questo è stato definito dal primo giudice con sentenza semplificata, a seguito della discussione in camera di consiglio dell’istanza cautelare pendente il procedimento per l’accesso agli atti, in assenza di una richiesta di rinvio della medesima camera di consiglio.

L’appello incidentale deve quindi essere dichiarato inammissibile.

5. La parte appellata ripropone la censura assorbita dal primo giudice, con la quale lamentava la violazione dell’art. 226, terzo comma, del D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, in quanto la stazione appaltante non avrebbe risposto ad una sua richiesta di chiarimenti circa l’effettiva volontà di negoziare con una sola impresa, in tal modo impedendole di formulare la propria offerta in termini tali da consentirle di essere ammessa alla successiva fase procedimentale.

Osserva il Collegio come l’argomentazione confermi quanto già affermato al § 3.

Invero, la stessa parte conferma che, qualora più operatori economici siano ammessi alla fase negoziale, questi possono avere convenienza a proporre ribassi non eccessivi, riservandosi di ribassare ulteriormente nel confronto con le altre imprese, e nei limiti evidenziati dal confronto stesso.

Comunque, l’argomentazione deve essere disattesa, prescindendo anche dalla questione relativa alla ricezione, da parte della stazione appaltante, della richiesta di chiarimenti, in quanto l’art. 11 del capitolato in termini univoci manifesta la volontà di aprire la fase negoziata “in favore dell’impresa che avrà presentato l’offerta annua complessiva più bassa”.

Di conseguenza, il chiarimento richiesto appare manifestamente superfluo, per cui la mancata risposta non ha influito sulla regolarità della procedura.

6. In conclusione, l’appello principale deve essere accolto, mentre l’appello incidentale deve essere dichiarato in parte inammissibile e in parte infondato.

Le spese dei due gradi del giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello principale n. 490 del 2007, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, in riforma della sentenza gravata e previa reiezione dell’appello incidentale nei sensi indicati in motivazione, respinge il ricorso di primo grado.

Condanna l’originario ricorrente al pagamento di spese ed onorari, che liquida in complessivi € 8.000,00 (ottomila/00) oltre agli accessori di legge, per entrambi i gradi del giudizio, in favore di ciascuna delle controparti costituite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 aprile 2011 con l’intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti, Presidente

Rosanna De Nictolis, Consigliere

Maurizio Meschino, Consigliere

Bruno Rosario Polito, Consigliere

Manfredo Atzeni, Consigliere, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 15/06/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)